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Capitolo 2 IL RUOLO DELL’INTERAZIONE NELLO SVILUPPO LINGUISTICO TIPICO E ATIPICO

2.1 Il ruolo dell’adulto nel promuovere lo sviluppo del linguaggio

2.1.4 Riformulazione ed espansione

In relazione al modello linguistico proposto, molti studi hanno focalizzato l’attenzione sulle riformulazioni da parte degli adulti delle frasi del bambino. Con riformulazione (o ristrutturazione o ricomposizione Bonifacio, Hvastja Stefani, 2004) (recast, Fey, Proctor-Williams, 2000), si intende una frase dell’adulto che segue immediatamente la frase del bambino e ne condivide il referente, il significato e molti termini contenuti nella frase infantile. Allo stesso tempo la riformulazione modifica uno o più aspetti fonologici, sintattici e morfologici, spesso correggendo errori strutturali prodotti dal bambino (es. “queto gatto” - “ questo è il gatto?”; “bimo ato du” – “il bimbo è caduto giù”). Si tratta di una strategia spontanea dell’adulto, che ricorre naturalmente

durante gli scambi comunicativi tra adulto e bambino (Cross, 1978; Farrar, 1990) e che in letteratura è presentata come una modalità linguistica di contingenza dell’adulto alle produzioni del bambino. La riformulazione semplice fornisce un feedback con piccoli cambiamenti strutturali della frase (“è cane” – “sì questo è un cane”); in forma complessa la riformulazione restituisce la frase del bambino corretta e aggiunge informazioni (espansione, Tannock, Girolametto, 1992) (es. “cane mangia” – “il cane mangia un bell’osso”) (Conti-Ramsden, Hutcheson, Grove, 1995). I risultati di tutti questi studi confermano che le riformulazioni facilitano lo sviluppo grammaticale creando un ambiente ottimale di confronto per il bambino tra la forma prodotta e la forma corretta. Questa correlazione positiva viene ricondotta al fatto che la correzione dell’adulto è costruita sulla piattaforma verbale fornita dal bambino (e con lo stesso significato) rende più semplice per il bambino percepire la correzione (Fey, 1986). Tuttavia, per quanto riguarda la differenza tra le ristrutturazioni semplici e complesse, alcuni risultati indicano che i bambini che a 22 mesi hanno punteggi più elevati negli indici sintattici hanno madri che utilizzano un numero maggiore di ristrutturazioni semplici e con minor frequenza ristrutturazioni complesse, rispetto ai bambini con livelli sintattici inferiori; gli stessi bambini mostrano una crescita linguistica superiore a 27 mesi rispetto ai secondi (Nelson, 1980). Allo stesso modo, uno studio recente, che analizza le riformulazione rivolte ai bambini d’età prescolare che imparano l’inglese come seconda lingua (e dunque hanno un livello in produzione inferiore dei coetanei di madrelingua inglese), mostra che per favorire l’apprendimento dell’inglese, quando è la lingua con cui i bambini hanno difficoltà, sono più efficaci le riformulazioni semplici (Tsybina, Girolametto, Weitzman, Greenberg, 2006). Questi risultati sono stati interpretati in riferimento a bambini più grandi con disturbo di linguaggio e dunque con un livello linguistico paragonabile ai bambini dello studio della Nelson; Conti- Ramsden (1990) ipotizza che le ristrutturazioni semplici siano le più adeguate per sollecitare la processazione del linguaggio nei bambini di 2 anni d’età o con un livello linguistico paragonabile. Nel suo studio (Conti-Ramsden, 1990) ha esaminato e confrontato la frequenza e la tipologia delle riformulazioni usate dalle madri di bambini (3;6-5;4) con e senza un disturbo di linguaggio (di varia natura). Le conversazioni madre-bambino sono state videoregistrate durante 15 minuti di gioco libero; le riformulazioni materne sono state codificate come semplici e complesse (secondo

le definizioni descritte nel paragrafo 2.1). I risultati mostrano che, sebbene non ci siano differenze nella LME fra i due gruppi le madri dei bambini con disturbo di linguaggio utilizzano significativamente meno riformulazioni complesse delle madri di bambini con sviluppo tipico di linguaggio. Secondo questa autrice le ristrutturazioni semplici forniscono al bambino una risposta informativa e semplice da analizzare e lo aiutano a scoprire nuove modalità per formare frasi. A differenza di strategie, soprattutto cliniche, che si basano sulla richiesta di imitazione di una forma corretta fornita dall’adulto, la riformulazione non richiede al bambino nessuno sforzo che potrebbe interferire con l’analisi della nuova forma e l’incorporazione nelle strutture grammaticali esistenti (Camarata, Nelson, 1992; Nelson, Welsh, Camarata, Butkovsky, Camarata, 1995). In effetti, diversi lavori hanno documentato che anche i bambini con DSL rispondono in modo adeguato alle riformulazioni materne (Camarata et al., 1992; Camarata, Nelson, Camarata, 1994; Nelson, Camarata, Welsh, Butkovsky, Camarata, 1996). Questa osservazione riporta la discussione al livello di competenza dei bambini e a come questo abbia un ruolo centrale nel determinare l’efficacia di alcune strategie conversazionali adulte. In proposito sembra necessario che l’adulto sia sensibile alle abilità che il bambino possiede e pronto a rispondere alle verbalizzazioni del bambino in modo contingente e appropriato alle possibilità del bambino di analizzare quell’input. Nell’insieme, questi studi indicano l’importanza delle competenze già acquisite del bambino per metterlo in grado di usufruire delle diverse caratteristiche presenti nell’input materno. Secondo questa prospettiva, in relazione alla semplificazione sintattica, Fey (1986) suggerisce di produrre enunciati con uno o due elementi in più rispetto a quelli prodotti dal bambino. In altre parole si evidenzia il ruolo attivo del bambino nel processo di apprendimento del linguaggio, sottolineando una relazione bidirezionale tra le caratteristiche del linguaggio rivolto dall’adulto al bambino e le competenze di cui il bambino dispone (Yoder et al., 1989).

Nel complesso, i numerosi studi sul ruolo delle modalità linguistiche comunicative adulte nello sviluppo linguistico del bambino hanno individuato delle caratteristiche che risultano più efficaci per promuovere lo sviluppo lessicale e sintattico infantile durante l’interazione. Nello specifico, dagli studi più recenti emergono due fondamentali indicazioni: 1) i risultati esposti, anche quelli

sorprendentemente chiari nell’indicare la contingenza delle comunicazioni dell’adulto alle comunicazioni infantili come strategia chiave della promozione dello sviluppo linguistico infantile durante la conversazione. L’efficacia delle contingenza delle produzioni materne nel favorire l’acquisizione linguistica del bambino risulta tanto determinante da annullare l’effetto negativo di altre caratteristiche dell’input materno (storicamente definite non positive, come la direttività). 2) L’importanza della sensibilità dell’adulto agli interessi del bambino sottolineano e confermano il ruolo attivo del bambino nell’acquisizione del linguaggio e l’importanza delle competenze di cui dispone durante il processo di apprendimento per beneficiare di certi aspetti dell’input adulto. Nell’analisi degli aspetti dell’interazione che facilitano il percorso di apprendimento del linguaggio è stato ampiamente indagato il ruolo delle caratteristiche linguistiche e comunicative adulte, ma non sufficientemente messo in relazione con le competenze possedute del bambino. Dai lavori che lo hanno fatto, emerge con chiarezza che sono pochi gli aspetti linguistici che possono essere considerati strategie efficaci trasversali alle diverse età del bambino, ma piuttosto che ogni fase e dunque ogni livello di competenza, beneficia di aspetti diversi. In letteratura l’importanza delle competenze possedute dal bambino è stato magistralmente teorizzato da Vygotskij con il concetto di Zona di Sviluppo Prossimale (Vygostkji, 1962). Vygostkij sostiene che il processo di apprendimento è migliore e più rapido con la guida di un partner esperto che lo aiuti ad utilizzare le funzioni cognitive potenziali, ma ancora inespresse. Lo scarto tra le competenze possedute dal bambino e quelle potenziali che possono essere apprese attraverso un educazione adeguata viene definito dall’autore Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP). La ZSP è individuale e legata al livello di sviluppo del bambino, dunque varia non solo a livello interindividuale (da un bambino ad un altro) ma a livello intraindividuale, sia in relazione alle sue fasi di sviluppo sia ai differenti ambiti di sviluppo. Poiché l’aiuto dell’adulto promuove lo sviluppo infantile quando si colloca all’interno della ZSP, la definizione della ZSP sulla base delle capacità che il bambino possiede in quel momento è fondamentale per decidere quali strategie sono più adatte per sostenere il suo processo di sviluppo (Levorato, 2002). La funzione di scaffolding fornita dall’adulto consiste proprio nel modulare il proprio stile interattivo e il proprio linguaggio in funzione delle possibilità cognitive del bambino; questo aiuta il bambino a progredire in modo commisurato alle sue possibilità in quel

momento (Bruner, 1983). Questo aspetto è particolarmente rilevante nel dibattito sulle relazioni tra modalità comunicative e interattive materne e lo sviluppo linguistico infantile nel caso di percorsi rallentati o atipici di sviluppo del linguaggio. Sulla base del concetto di ZSP e dei risultati degli studi più recenti sull’efficacia di certe caratteristiche dell’input materno, è necessario considerare le competenze possedute dal bambino per capire cosa è appropriato per sostenere il loro sviluppo linguistico. Tuttavia, sono ancora pochi gli studi che analizzano l’efficacia delle caratteristiche dell’input adulto nel facilitare l’acquisizione linguistica dei bambini con ritardo o con sviluppo atipico del linguaggio. Fino ad oggi la maggior parte dei lavori si è focalizzata sull’analisi dell’input comunicativo e linguistico adulto rivolto ai bambini con sviluppo atipico di linguaggio per descriverne le caratteristiche ed eventualmente evidenziarne le differenze rispetto alle comunicazioni rivolte ai bambini con sviluppo tipico. Si sa ancora poco dell’influenza di certe strategie conversazionali adulte sullo sviluppo atipico di linguaggio, in parte anche per la difficoltà di coinvolgere famiglie con bambini con disturbi del linguaggio in progetti di ricerca longitudinali.