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Uno riguarda la città, e la maniera di costruire la città, quind

posto oltre a Evora in cui sia messa in scena questa dinamica tra la grande e la piccola scala, tranne qualche città antica. Mi è capitato di visitare per esempio Palazzola Atreide, nella Sicilia Orientale, vicino a Ragusa. E' una città di fondazione che viene ricostruita dal seicento, settecento in avanti fino al novecento. Ha degli elementi che fanno fondere paradossalmente la fine floreale dello stile settecentesco, che diventava sempre più ridondante, con il floreale del liberty dei primi del novecento. Delle maestranze confondono gli elementi, utilizzano quelli dell'uno trasferiti nell'altro, però continuando a legare tutta la città con dei dettagli ricorrenti che si ritrovano in ogni casa, disegnano come un filo che si muove e che corre in tutta la città. Questo è uno degli esempi, ma esempi se ne possono fare tanti. Ma di città contemporanee in cui si possono leggere elementi di questo rapporto tra la grande scala e la piccola scala, della interazione reciproca, della legittimazione reciproca, io non ne conosco tanti. Evora è un caso. Quindi il primo elemento è di natura urbana e tiene in rapporto l'architettura e la città. Il secondo elemento riguarda il tempo. Evora è una città che si sta costruendo ancora oggi, siamo nel '94 ed inizia nel'77, quindi sono diciassette anni, sono tanti. Questo significa che anche nella vita di Siza, Evora non è comunque un progetto qualsiasi: rispetto ad altre opere ha un tempo diverso, che marcia più lentamente: è un altro terreno sperimentale, relativamente opposto a quello delle ville private. La differenza non sta tanto nel tempo, quanto nella concentrazione dell'opera. Perchè anche alcune ville durano molti anni, in questo senso funzionano da laboratorio.

Però funzionano da laboratorio anche perchè l'opera è privata, e concentrata, e nasce da un rapporto specialissimo, molto affettivo, molto reciproco, si crea dentro una tensione sadomasochistica...

Basti pensare alla Ferreira Da Costa, che è stata comprata dal figlio, per esempio produce rapporti maniacali di questo genere. In mezzo c'è l'enorme mole dei lavori pubblici che hanno un altissimo livello di responsabilità. Allora la casa singola ed Evora sono ai due estremi, perchè tutt'e due sono di natura affettiva: una perchè e privata, come abbiamo detto, l'altro perchè è un lavoro politico. Nasce da una situazione politica, è l'eredità che deriva dall'aver partecipato a un

processo rivoluzionario, quindi di grande partecipazione. L'ultimo punto è questo qui: come cambia il rapporto nel tempo rispetto alla propria sicurezza e insicurezza di architetto. Questo rapporto viaggia attraverso la necessità dì monotonia dei primi interventi (che devono garantire la durata e la resistenza dell'intervento, la capacità di continuare a riprodursi), fino all'estrema elasticità raggiunta da Siza negli ultimi sette - otto anni, mano a mano che la città consolidava il suo impianto, diventava sempre più abitata, e che gli abitanti ormai da soli ne avrebbero garantito il futuro. Noi siamo abituati, in Italia, ad avere bisogno di una garanzia istituzionale che ci permetta di concludere un progetto. A Evora c'è un paradosso rispetto a questa situazione di lavoro, un paradosso che dovrebbe essere la norma, nel senso che la vita di una città riproduce la città, non certo gli architetti. Siza è dentro questo processo, lo inizia, all'inizio non è nessuno, è solo un architetto che fa un progetto, un consulente. Il processo lungo produce una lenta legittimazione di questo progetto, e alla fine, mano a mano che ci si avvicina ad un risultato, non finale, ma un risultato sempre più esteso, aumenta in proporzione la vitalità autonoma del progetto e va diminuendo l'intervento dell'architetto. Siza può andare più raramente e la città comincia a vivere quell'automatismo che è tipico di tutte le città che continuano a costruirsi sapendo come fare, gli errori minimi non sono più importanti, perchè non è importante che un dettaglio sia quel dettaglio. E' una lezione fantastica: la maggior parte degli architetti sono legati in un modo isotropo in ogni momento della loro vita, in ogni punto della loro opera, a difendere isometricamente la validità di un dettaglio, mentre è importante in un punto e assolutamente irrilevante in un altro, perchè in quell'altro è rilevante un altro tipo di processo. Siza inizia con la costruzione della condotta, che è un analogo della condotta seicentesca, che funziona come elemento resistente, elemento di geografia che permette di addossare le case, viene tradotto in un principio funzionale di insediamento della città nuova, e diventa la garanzia per Siza. Il quale fa costruire per prima la condotta (che è innanzi tutto la garanzia funzionale, è l'impianto, è come fare la fogna, come fare la strada, l'infrastruttura: lui fa costruire l'infrastruttura, dopo comincia a costruire le case), è un po' più garantito sulla durata della città, ma non abbastanza. Comincia

a lavorare ai tipi in una maniera assolutamente ripetitiva: quindi le varianti sono pochissime. Mano a mano che la città si sviluppa, Siza stesso va assumendo una cosa di cui all'inizio si scandalizzava, per esempio il fatto che tra gli abitanti alcuni vogliano aprire il patio, vogliano affacciarsi sulla strada, che altri decorino la casa, che altri ancora mettano una quantità impressionante di piante e così via. Superata la paura di natura purista che riguarda il linguaggio, la paura di vedere capovolto il senso di una cosa, a poco a poco Siza stesso prende questi elementi e li riutilizza con una logica conseguente e lui stesso comincia a trasgredire, in un modo sempre più rigoroso, ampliando il sistema dei modelli, cioè fornendo ancora altri modelli a chi probabilmente continuerà a costruire la città nei prossimi anni. Questo processo è straordinario.