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Rileggere la storia dell’educazione: nuove fonti e “nuove”

Miller si è domandato se gli oggetti hanno una voce, se sono in grado di raccontare la storia del loro proprietario, il presente contributo si chiede se gli oggetti stessi hanno una storia e, se così fosse, cosa ci possono raccontare dei loro proprietari. Nel settore storico raramente è possibile sentire la voce dei diretti interessati, più probabile è che essi siano “fantasmi”, che siano, cioè, una proiezione, un riflesso di qualcos’altro. Ne consegue che per consultare questi “testimoni” si debbano utilizzare una serie di documenti in grado di dare forma e organicità alle loro voci.

Fuori di metafora si tratta di una conoscenza indiretta e, in quanto tale, necessita di un surplus di dati e fonti per una piena comprensione: è impossibile intervistare gli studenti di inizio Novecento, ma è possibile interrogare ciò che di loro è rimasto. Per lo più si tratta di residui materiali, come libri, diari, vestiario, quadri, penne, ecc. Insomma, una serie molto ampia di lasciti, di sovente involontari, ricchi di significati e significanti da essere simili al racconto diretto di sé. Lo mette bene in evidenza Alessandra Castellani nel suo “Vestire degenere. Moda e culture giovanili”, soffermandosi con particolare attenzione sui processi omologanti, rivoluzionari e surreali connessi alle stoffe, ai vestiti, al make-up e ai tagli di capelli . Un esempio calzante è il blue-jeans 72

come abito di una specifica classe sociale, quella degli operai, poi divenuto simbolo di un anti-conformismo tipico della lotta sociale degli anni Sessanta, e, infine, nuovamente

Cfr. A. Castellani, Vestire degenere. Moda e culture giovanili, Roma, Donzelli Editore, 2010,

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omologante. Altro esempio sono le camice dei Beatles che, prive di colletto, hanno sconvolto e cambiato un pubblico vastissimo, o, ancora, gli abiti delle lady-doll come totale sovversione della realtà. Sono esempi lampanti – e lo sono persino per coloro che non sono stati dei contemporanei dei Beatles: quale giovane non aveva nell’armadio una camicia con il colletto alla coreana? – che dimostrano, oltre l’importanza della materialità, gli effetti inconsci che gli oggetti hanno sulle persone, spesso vasti gruppi di persone. Inconsci poiché le cose veicolano messaggi inosservati, apparentemente inespressi, ma che trovano un saldo appiglio nell’intimità umana. In particolare sembrerebbero svolgere una funzione importante nella costruzione e formazione del pensiero e, forse, anche la materialità scolastica ha assolto (e assolve ancora) alla medesima funzione.

Per poter comprendere questa capacità sommersa credo sia necessario indagare meglio l’oggetto di ricerca. Il materiale scolastico, per come è stato definito, cioè una gamma di oggetti che hanno caratterizzato i processi formativi degli alunni, sottende un’ulteriore distinzione in sussidio didattico, ovvero un oggetto integrato al processo di apprendimento, utile per le finalità di una specifica disciplina, e l’arredo scolastico, una serie di oggetti con finalità meno esplicite del precedente gruppo. Tale distinzione è utile a fini classificatori poiché permette di comprendere se l’oggetto fa parte di un quadro di riferimento specifico (per esempio i programmi Washburne) oppure fa parte di un quadro di riferimento trasversale a più periodi storici (per esempio il banco scolastico). Tale distinzione risulta utile per poter iniziare a fare un distinguo fra le tipologie di documenti che sono stati raccolti durante le ricerche sul campo e permette un primo raggruppamento in grado di fornire uno spaccato sull’entità dell’oggetto in analisi. Altre categorie prese in esame sono: il luogo di produzione degli oggetti, la ditta produttrice, l’anno di produzione, le dimensioni dell’oggetto, il costo per l’istituto scolasico, il luogo di conservazione e l’immagine del medesimo.

• Il luogo di produzione sarà necessario, ai fini della ricerca, per contestualizzare il materiale ritrovato, legandolo alle specificità del territorio, degli studenti e degli insegnanti;

• La ditta produttrice è utile per comprendere la storia del materiale scolastico, la provenienza fisica, lo scopo di tale produzione e il sistema produttivo sottostante, ovvero il sistema della domanda e dell’offerta;

• L’anno di produzione, invece, è strettamente legato alla possibilità di disporre cronologicamente e ordinatamente tale materiale, anche grazie a una disposizione ordinata e organica degli atti normativi che lo hanno reso obbligatorio e/o raccomandato;

• Le dimensioni, e il costo degli oggetti, confrontati con la situazione socio- economica di un dato periodo, possono accreditare o smentire la presenza/assenza di taluni oggetti; non è raro trovare nei cataloghi scolastici finora consultati esempi come il seguente, riguardante le dimensioni e costi delle lavagne della casa editrice Bemporad nel 1924 : Una delle più comuni lavagne del periodo poiché 73

particolarmente economica e di dimensioni ridotte, come sottolinea il documento stesso – «Misure più in uso»;

Supplemento del bollettino bibliografico Bemborad, Materiale scolastico obbligatorio o

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raccomandato per le scuole elementari secondo le ultime disposizioni ministeriali, n. 7, Luglio,

• I luoghi di conservazione saranno tenuti presenti anche in relazione ai contributi di Juri Meda e collaboratori, i quali hanno fornito un mapping e una catalogazione dei musei della scuola e delle scuole museo presenti sul territorio italiano . 74

• Le immagini degli oggetti raccolti e documentati, così da dare al lettore un supporto visivo.

Le categorie individuate forniscono i primi dati esplorativi di un territorio molto vasto e in continua crescita, dato il crescente interesse mostrato da differenti studiosi su tutto il territorio nazionale. Lo strumento che intendo fornire è dunque incompleto, ma potrebbe rappresentare uno strumento di catalogazione del materiale contenuto nei numerosi musei dell’educazione, della pedagogia e della didattica.

Inoltre, i dati ottenuti con questo strumento possono essere ulteriormente arricchiti grazie a un ampliamento delle categorie, oppure una riduzione delle stesse. Quest’ultima opportunità potrebbe tener conto di raggruppamenti tipo materiale strutturato, non strutturato, strutturabile oppure oggetti murali, da terra, trasportabili, con obiettivo di mostrare la crescita/decrescita di un dato sussidio . Come detto 75

precedentemente, questa fase prende la forma di una descrizione delle fonti interessata alla raccolta e catalogazione dei dati.

Un secondo momento dell’analisi prevede il confronto di una seconda tipologia di fonti, provenienti dal dettato normativo, in relazione a quanto emerso dai cataloghi scolastici. L’intreccio delle fonti è fondamentale per comprendere il reale stato delle scuole elementari dell’Otto-Novecento, infatti la presenza dei materiali didattici e di arredo è in prima istanza dettata dalla normativa vigente di un determinato periodo, dalle politiche scolastiche e dall’interesse dei governanti, oltre che dall’interesse della comunità docente. Escludere il dettato normativo vorrebbe dire non avere un principio di realtà (soprattutto economico) con il quale confrontarsi.

Cfr. J. Meda, Musei della scuola e dell’educazione. Ipotesi progettuale per una

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sistematizzazione delle iniziative di raccolta, conservazione e valorizzazione dei beni culturali delle scuole, in «History of Education & Children’s Literature», V, n. 2, 2010, pp. 489-501. Si

veda inoltre l’iniziativa di J. Meda, et. al., Mappa dei Musei della scuola in Italia alla pagina http://www.unimc.it/cescom/it/openmuse/Mappa-Musei-scuola (sito consultato in data 25/05/2015).

In appendice 1 è possibile visualizzare lo strumento messo a punto per la raccolta dei dati.

Sebbene centrale nell’impianto della tesi, l’intreccio dei documenti cartacei (documenti ufficiali e cataloghi per il materiale scolastico) non è sufficiente per fornire uno spaccato plausibile delle condizioni scolastiche. Per questo scopo è necessario ricorrere a ulteriori metodologie di indagine relativamente nuove e innovative. In particolare, faccio riferimento alle metodologie di indagine della Visual History e della

Oral History, poiché rappresentano un ulteriore punto di vista dal quale guardare la

storia materiale della scuola elementare.

Dunque, si tratta di intrecciare fonti scritte, fonti iconografiche e fonti orali non solo dal punto di vista della fonte in sé, ma anche sul piano metodologico. L’analisi dei documenti trattati singolarmente e separatamente comporterebbe una riduzione della ricerca a mero collezionismo, non in grado di dare risposte ai quesiti dell’indagine. Difatti, l’interesse a elencare cronologicamente l’evoluzione dei sussidi e degli arredi scolastici è dettato dalla volontà di sviluppare una base sufficientemente solida per poter sopportare considerazioni teoriche in merito alla cultura materiale.