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Il rinnovamento politico, religioso e sociale nella proposta etico-politica capitiniana

“Non perdiamo tempo a dimostrare se c’è o non c’è bisogno di rinnovamento. Sappiamo bene che vi sono i soliti pigri, i pesi morti della società, che piuttosto che avventurarsi nel nuovo, accettano tutto: villanie, schiaffi in faccia, lacci al collo, bavagli e parecchie sanguisughe attaccate a ripetizione e infine, la guerra. Ed il brutto è che non si accorgono di ricevere tutto questo in compenso del loro supino rispetto, dell’autorità, del loro servilismo, della loro pigrizia mentale. Non perdiamo tempo; questi pesi morti saranno trasformati, loro malgrado, dal tempo. Ricordiamo invece che per arrivare ad un miglioramento delle condizioni sociali desiderate da tutti, occorre il nuovo tipo di uomo sociale, politico, economico, psicologico, estetico, morale”121.

Per il filosofo umbro, “senza un atteggiamento nuovo, non si avrà un uomo nuovo: il cittadino del mondo”. Il rinnovamento sociale deve incominciare dall’individuo attraverso la prassi e allora, il rinnovamento politico verrà di conseguenza. “Si parla tanto di uguaglianza e mai di doveri. Da Mirabeau, che voleva proclamare i doveri e non i diritti dell’uomo e dalla Rivoluzione Francese non

120 Cit. G. Fofi, La vocazione minoritaria. Intervista sulle minoranze (a cura di O.

Pivetta), Laterza, Bari, 2009, p. 93.

121 Estratto inedito della relazione di Aldo Capitini, tratto dal Convegno per il

Giuliana Mannu

La filosofia dell’azione e della libertà di Aldo Capitini. Con un carteggio inedito con Augusto Del Noce.

Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali. Indirizzo in Filosofia, psicologia, pedagogia Università degli Studi di Sassari

58 abbiamo dunque imparato che i diritti dell’uomo sono affermazioni

di disuguaglianze essendo il corrispettivo del volere personale, mentre il dovere mette tutti sullo stesso piano. Vi è chi non comprende la differenza tra i diritti naturali, i diritti umani e i diritti sociali, chi non ha il minimo senso della giustizia, eppure fa il capo- popolo. Si parla di libertà e di giustizia, eppure siamo rimasti all’era preistorica. Quale differenza c’è fra il sacrificio umano delle tribù barbare e la pena di morte al servizio del parossismo dogmatico?”122.

I regimi politici, osserva Capitini, non hanno mai consentito alcun miglioramento della società umana per via del sopravvivere di quella sovranità che permetteva la suggestione dell’autorità e che rese possibile la sopraffazione e impossibile il benessere economico e spirituale della comunità politica e sociale.

L’individuo, come cittadino del mondo, deve agire secondo impegni pratici e precisi, che siano il preludio di un rinnovamento e dell’instaurarsi di una nuova socialità.

Il progetto capitiniano di rinascita non può essere affidato alle istituzioni religiose. Esse infatti: “quanto più si ergono superbe e totalitarie (cioè con la pretesa di abbracciare tutto), tanto più sono lussuria di potenza e ostacolo diabolicissimo, o storico, o umano o mondano che si voglia dire, all’emergere di quella compresenza pura o realtà di tutti, che solo amore e valore ha per confine, e che ha per fondamento incrollabile l’intimità e la libera aggiunta: spiritus ubi vult spirat (lo spirito soffia dove vuole). Questa realtà di tutti (…) è l’unica realtà che può giungere a toccare la realtà liberata iniziantesi “tra noi”. Non certo lo possono le istituzioni quali che esse siano”123.

Non si può lavorare attivamente ad una nuova forma di vita religiosa, politica e morale se non si riduce al minimo il potere delle istituzioni124. Capitini, precisa Bozzi “identifica la religione statica con

122 Ibidem.

123 Cit. A. Capitini, Il potere di tutti, La Nuova Italia, Firenze , 1969, p. 260.

124 Al riguardo osserva: “Scossa perciò la fiducia nelle religioni tradizionali, si vuole

tuttavia conservare e moltiplicare l’essenza della religione: l’intimità e l’amore infinito. Molti dei migliori si raccolgono, invece, in un modo di sentire che può

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59 quella tradizionale e istituzionalizzata, fondata su principi, dogmi e

riti; (…) e la religione dinamica con quella il cui centro è l’essere vivente e il cui atto di fede (di persuasione) è la libera aggiunta, non la sostituzione forzata alla infinita capacità decisionale delle coscienze. Questa posizione riformata di cui egli si fa banditore ed apostolo, e che designa con il nome di religione aperta, si concretizza nell’azione, non nell’attesa dell’al di là; l’azione, anzi, prende il posto dell’estasi”125.

Il filosofo umbro era fermamente persuaso che per un rinnovamento politico, religioso e morale, ciascun individuo fosse chiamato a prendere una posizione, nel pensiero e nell’azione, con un impegno attivo e una decisa e continua responsabilità morale. Ecco dunque, precisa De Sanctis, come “il liberalsocialismo capitiniano poteva essere equiparato ad un metodo di rinnovamento politico della società, volto a far cadere ogni barriera mentale o istituzionale che si fosse frapposta al libero sviluppo della personalità umana. Si presupponeva uno spontaneo motto dal basso. Suonava alquanto significativo il richiamo a Mazzini, che apriva la quarta parte degli Elementi. Proclamando l’esigenza che il popolo vivesse “repubblicanamente autonomo e consapevole”, Mazzini aveva corroborato quello sviluppo della modernità che, da San Francesco a Lutero, decretava il primato dell’anima e della coscienza, rifiutando di “conformarsi ad un universalismo di provenienza esterna”.

Il primato dell’anima, della coscienza, il valore della interiorità dell’individuo rappresentano la cifra più vera ed autentica dell’azione politica e religiosa di Aldo Capitini, nella quale il valore attribuito

chiamarsi etico politico: la realizzazione sociale cui tendono è l’ordine e la giustizia, l’intonazione è stoicizzante. (…) L’eticità più assoluta guadagna dall’accendersi di un soffio religioso: l’onestà va portata al calore di fusione; la legge morale, non perdendo nulla del suo comando, deve suscitare amore e farsi slancio limpido; dobbiamo essere musica e non statua. Questo sembra un sogno, un qualche cosa di poetico; e credo invece che sia prova di realismo”. A. Capitini, Elementi di

un’esperienza religiosa, Laterza, Bari, 1937, pp. 16-19.

125 Cit. F. Bozzi, Teorie della società aperta. Un confronto fra Aldo Capitini e la

filosofia politica del Novecento, in Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, (a

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60 all’intensificazione della vita ne arricchisce il percorso filosofico-

morale.