• Non ci sono risultati.

La ripartizione delle competenze tra autorità di settore e Antitrust

4. Giudice amministrativo, rinvio pregiudiziale e autorità indipendenti: alla ricerca d

4.3. La ripartizione delle competenze tra autorità di settore e Antitrust

Il secondo filone individuato in relazione all’uso dello strumento del rinvio pregiudiziale in materia di Autorità indipendenti, riguarda la determinazione del quadro istituzionale e la ripartizione delle competenze sanzionatorie tra le Autorità.

In particolare, la problematica è riferita al conflitto di competenza in materia di pratiche commerciali scorrette fra l’Antitrust e le autorità di settore.

La risoluzione di tale conflitto è divenuta oggetto di una serie di rinvii pregiudiziali effettuati nei primi mesi del 2017 dal Consiglio di Stato e dal Tribunale amministrativo del Lazio51, cui sono seguite inoltre numerose ordinanze di sospensione “impropria” di altri giudizi, in attesa della pronuncia della Corte di giustizia.

Il cuore del problema è costituito dalla potenziale sovrapposizione delle funzioni sanzionatorie dell’AGCM e delle altre autorità di regolazione nei casi in cui si verifichino pratiche commerciali scorrette nei settori regolamentati che corrispondano anche a violazioni delle discipline di settore alla cui vigilanza le singole autorità sono preposte.

La competenza trasversale dell’AGCM porta infatti con sé un doppio rischio: da un lato, il pericolo che l’agire dell’amministrazione appaia oscura e non prevedibile, in netta violazione del principio del buon andamento della pubblica

49 Corte giust., 28 luglio 2016, C-240/15 (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni).

50 G.M.BARSI, Il finanziamento delle autorità di regolazione tra contribuzione “di scopo” degli

operatori e tagli alla spesa pubblica. Il caso AGCM. Commento a Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 28 luglio 2016 nella causa C-240/15, in Rivista della regolazione dei

mercati, 2/2016.

51 Si tratta dell’ordinanza del Consiglio di Stato, 17 gennaio 2017, n. 167 e delle ordinanze del Tar

128

amministrazione, ex art. 97 Cost.; dall’altro, la potenziale doppia azione sanzionatoria – con violazione del principio del ne bis in idem – per una medesima condotta che integri una violazione della normativa di settore e al contempo si manifesti quale pratica commerciale scorretta52.

Da qui una serie di tentativi, giurisprudenziali e legislativi, tesi a chiarire i criteri per individuare in modo chiaro l’ambito di applicazione della normativa e, in modo conseguente e connesso, lo spazio di azione di ciascuna autorità53. Tentativi

che, tuttavia, non hanno impedito alla Commissione europea, nel 2013, di attivare una procedura di infrazione per mancata attuazione della direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali scorrette54.

Neppure l’introduzione del nuovo co. 1 bis all’art. 27 del Codice del Consumo55 ha determinato il venir meno dei dubbi circa la concreta sfera operativa del potere sanzionatorio delle autorità, al punto che il Consiglio di Stato, trovandosi a dover definire un “conflitto di competenza” tra AGCM e AgCom, ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria per verificare la corretta interpretazione del neointrodotto co. 1 bis56.

52 G.M.BARSI, Il conflitto di competenze in materia di pratiche commerciali scorrette nei settori

regolati approda in Corte di Giustizia, in Rivista della Regolazione dei mercati, 1/2017, p. 151; R.

CAPONIGRO, L’actio finium regundorum tra l’Autorità antitrust e le altre Autorità indipendenti, in

www.giustizia-amministrativa.it, aprile 2013;

53 Tra tali interventi si ricorda in particolare la pronuncia del Consiglio di Stato, A.P., 13 giugno

2012, n. 12, che ha sostenuto la tesi della specialità (e dunque della prevalenza) della disciplina di settore su quella disciplina generale consumeristica; successivamente l’intervento del legislatore che ha tentato di definire il riparto di competenze con l’art. 23 co. 12 quinquiesdecies del d.l. n. 95/2012. Per una ricostruzione dello sviluppo della vicenda e della giurisprudenza, si veda: G.M. BARSI, Il conflitto di competenze in materia di pratiche commerciali scorrette nei settori regolati

approda in Corte di Giustizia, cit., p. 157; P. FUSARO, Il riparto di competenze tra Autorità

amministrative indipendenti nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, in federalismi.it,

3 aprile 2013; F. DELL’AVERSANA, L’actio finium regundorum tra le Autorità amministrative indipendenti nella repressione delle pratiche commerciali scorrette: la posizione del Consiglio di Stato, in forumcostituzionale.it, 26 giugno 2012.

54 Si tratta della procedura di infrazione n. 2169/2013, avviata con lettera della Commissione

all’Italia in data 18 ottobre 2013.

55 Cfr. art. 27 co. 1 bis (comma inserito dall’articolo 1, comma 6, lettera a), del d.lgs. 21 febbraio

2014, n. 21): “Anche nei settori regolati, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, la competenza ad

intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell’Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze”.

129

In tale occasione, l’Adunanza plenaria ha adottato una soluzione ambigua, ritenendo che la condotta di partica commerciale scorretta sanzionata rendesse evidente il rapporto di strumentalità tra la violazione delle regole di settore e la commissione di un illecito anticoncorrenziale tanto da dare vita ad una ipotesi di “specialità per progressione”, per cui la prima figura doveva intendersi assorbita e ricompresa nella seconda, con conseguente assorbimento della competenza sanzionatoria da parte di AGCM57.

La Sezione rimettente, tuttavia, non ritenendosi sufficientemente soddisfatta dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria ha ritenuto opportuno investire la Corte di giustizia con quattro differenti quesiti58 vertenti sulla compatibilità di una normativa nazionale (intesa come diritto vivente come risultante

57 Cfr. Cons. St., A.P., 9 febbraio 2016, n. 4.

58 Cfr. Cons. St., ord. 17 gennaio 2017, n. 167, par. 15.3: “1) se la ratio della direttiva ‘generale’

n. 2005/29/CE quale ‘rete di sicurezza’ per la tutela dei consumatori, nonché il considerando 10 e l’art. 3, comma 4, della medesima direttiva n. 2005/29/CE, ostino ad una disciplina nazionale che riconduca la valutazione del rispetto degli obblighi specifici, previsti della direttiva settoriale n. 2002/22/CE a tutela dell’utenza, nell’ambito di applicazione della direttiva generale n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali scorrette, escludendo, per l’effetto, l’intervento dell’Autorità competente a reprimere una violazione della direttiva settoriale in ogni ipotesi che sia suscettibile di integrare altresì gli estremi di una pratica commerciale scorretta/sleale; 2) se il principio di specialità sancito dall’art. 3, comma 4, della direttiva n. 2005/29/CE debba essere inteso quale principio regolatore dei rapporti tra ordinamenti (ordinamento generale e ordinamenti di settore), oppure dei rapporti tra norme (norme generali e norme speciali), oppure, ancora, dei rapporti tra Autorità preposte alla regolazione e vigilanza dei rispettivi settori; 3) se la nozione di «contrasto» di cui all’art. 3, comma 4, della direttiva n. 2005/29/CE possa ritenersi integrata solo in caso di radicale antinomia tra le disposizioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette e le altre norme di derivazione europea che disciplinano specifici aspetti settoriali delle pratiche commerciali, oppure se sia sufficiente che le norme in questione dettino una disciplina difforme dalla normativa sulle pratiche commerciali scorrette in relazione alle specificità del settore, tale da determinare un concorso di norme (Normenkollision) in relazione ad una stessa fattispecie concreta;

4) se la nozione di norme comunitarie di cui all’art. 3, comma 4, della direttiva n. 2005/29/CE abbia riguardo alle sole disposizioni contenute nei regolamenti e nelle direttive europee, nonché alle norme di diretta trasposizione delle stesse, ovvero se includa anche le disposizioni legislative e regolamentari attuative di principi di diritto europeo;

5) se il principio di specialità, sancito al considerando 10 e all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE, e gli artt. 20 e 21 della direttiva 2002/22/CE e 3 e 4 della direttiva 2002/21/CE ostino ad una interpretazione delle corrispondenti norme di trasposizione nazionale per cui si ritenga che, ogniqualvolta si verifichi in un settore regolamentato, contenente una disciplina ‘consumeristica’ settoriale con attribuzione di poteri regolatori e sanzionatori all’Autorità del settore, una condotta riconducibile alla nozione di ‘pratica aggressiva’, ai sensi degli artt. 8 e 9 della direttiva 2005/29/CE, o ‘in ogni caso aggressiva’ ai sensi dell’Allegato I della direttiva 2005/29/CE, debba sempre trovare applicazione la normativa generale sulle pratiche scorrette, e ciò anche qualora esista una normativa settoriale, adottata a tutela dei consumatori e fondata su previsioni di diritto dell’Unione, che regoli in modo compiuto le medesime ‘pratiche aggressive’ e ‘in ogni caso aggressive’ o, comunque, le medesime ‘pratiche scorrette’».

130

dall’interpretazione datane dall’A.P.) con le direttive europee in materia, ossia la direttiva “generale” n. 2005/29/CE e le direttive 2002/22/CE e 2002/21/CE. Il rinvio del Consiglio di Stato costituisce anche un caso di prima applicazione del principio espresso dalla Corte di giustizia, nel caso Puligienica, in materia di rapporto tra obbligo di rinvio pregiudiziale e obbligo di attenersi all’indirizzo dell’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 co. 3 c.p.a. (salva l’obbligo di rimettere nuovamente la questione alla Plenaria)59.

Tale vicenda si mostra dunque rivelatrice, da un lato, della necessità di coinvolgimento del giudice europeo in una questione che affonda le radici nel diritto europeo (da cui deriva il bisogno di una maggiore chiarezza del significato delle disposizioni delle direttive anche ad escludere contraddizioni e profili antinomici in esso) e, dall’altro, della necessità di risolvere profili istituzionali interni cui né intervento legislativo né l’intervento giurisprudenziale sono fino ad ora riusciti a definire compiutamente.

Come già anticipato, a tale rinvio sono seguiti quelli del Tar Lazio, chiamato a decidere su provvedimenti sanzionatori emessi dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato impugnati anziché, secondo l’opinione del ricorrente, da parte dell’autorità ritenuta competente (ossia l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il servizio idrico) e numerose ordinanze del Tar Lazio che, preso atto dei precedenti rinvii hanno ritenuto opportuno sospendere il giudizio in attesa della pronuncia della Corte60.

59 Vd. retro, cap. 3, § 7.

60 Cfr., ex multis, Tar Lazio, ord. 6 febbraio 2017, n. 1882 (competenza AGCM e AgCom); ord. 16

marzo 2017, n. 3590 (competenza AGCM e IVASS); ord. 17 maggio 2017, n. 5849 (competenza AGCM e AEEGSI); ord. 24 luglio 2017, n. 8902 (competenza AGCM e AgCom); ord. 24 luglio 2017, n. 8903 (competenza AGCM e AgCom); ord. 24 luglio 2017, n. 8904 (competenza AGCM e AgCom); ord. 6 settembre 2017 n. 9618 (competenza AGCM e AEEGSI); ord. 6 settembre 2017 n. 9619 (competenza tra AGCM e AEEGSI); ord. 11 ottobre 2017, n. 10196 (competenza AGCM e AgCom); ord. 11 ottobre 2017, n. 10197 (competenza AGCM e AgCom); ord. 11 ottobre 2017 n. 10204 (competenza AGCM e AgCom); ord. 12 gennaio 2018, n. 388 (competenza AGCM e AgCOM).

131 Conclusioni

Al termine di questo lavoro, possono essere compiute alcune osservazioni conclusive.

Il dialogo tra giudice amministrativo e Corte di giustizia si pone entro un contesto più ampio di rapporti tra organi giurisdizionali in un sistema pluriordinamentale. Il rinvio pregiudiziale, come si è visto nel I capitolo, rappresenta lo strumento formale ed istituzionale privilegiato per lo sviluppo di tale rapporto, sebbene la rete di cooperazione tra Corti si alimenti anche attraverso altri strumenti che favoriscono pratiche e scambio di visioni utili all’applicazione sempre più effettiva del diritto eurounitario1.

Anche il giudice amministrativo, si è visto, è parte di questo network. E la sua relazione con il giudice europeo si trova, guardando i dati e la tipologia di questioni oggetto del rinvio, dentro ad un processo di crescita ed evoluzione. Se da un lato la giustizia amministrativa – ed in particolare il suo organo maggiore, il Consiglio di Stato – ha mostrato agli inizi la maggior resistenza tra le giurisdizioni nazionali non solo nel ricorrere al rinvio pregiudiziale ma anche nell’applicare senza remore le fonti comunitarie/europee, dall’altro tale posizione si è rovesciata nel tempo.

Tale mutato atteggiamento può essere addebitato a diversi fattori.

Senza dubbio si assiste ad una accresciuta coscienza da parte del giudice amministrativo quale giudice comune dell’ordinamento eurounitario, nell’ambito della quale emerge la necessità della ricerca di una corretta interpretazione del diritto europeo.

Al contempo, non può negarsi che in talune circostanze sia prevalsa la consapevolezza che il giudice europeo possa costituire una sponda utile (e persino

1 In questo senso, nell’ottica di perseguire un dialogo “informale”, si segnala il Protocollo di

Accordo sulla cooperazione tra la Corte di giustizia dell’Unione europea e il Consiglio di Stato

sottoscritto il 26 maggio 2017 tra i Presidenti dei due organi giurisdizionali. Tale accordo nasce dalla condivisa consapevolezza della necessità di rafforzare la cooperazione tra le Corti e nella prospettiva di creare, come già auspicato in altre sedi, una “Rete giudiziaria dell’Unione Europea” tra le Corti costituzionali e supreme degli Stati membri e la Corte di Giustizia, da realizzarsi mediante una piattaforma di scambio di informazioni e di dialogo. Con tale accordo è stato designato il corrispondente per tale Rete in seno al Consiglio di Stato.

132

necessaria) alla risoluzione di vicende che trovano difficile risoluzione entro i parametri giuridici interni.

In rari casi, poi, ha prevalso, per il giudice di ultima istanza, il timore che il mancato rinvio potesse generare una responsabilità in capo al soggetto giudicante2. Aspetto, quest’ultimo, che se da un lato si mostra speculare (e dunque positivamente apprezzabile) all’uso spesso ingiustificato che era stato fatto in passato della giurisprudenza Cilfit sulla deroga all’obbligo del rinvio, potrebbe al contrario anche far ritenere tale atteggiamento una forma di deresponsabilizzazione del giudice rimettente, a scapito della rilevanza ed utilità del quesito oggetto di rinvio.

Poste tali premesse, possono evidenziarsi in particolare alcuni elementi utili alla valutazione del fenomeno nel complesso ed alcuni interrogativi che restano aperti. In primo luogo, si è rilevato come il rinvio pregiudiziale del giudice amministrativo abbia contribuito a mettere in discussione principi posti a fondamento dell’ordinamento giuridico nazionale (si pensi al tema del rispetto del giudicato o della funzione nomofilattica delle giurisdizioni superiori). Appare evidente che lo strumento del rinvio pregiudiziale abbia assolto – ed assolva – un ruolo strategico nella costruzione di un ordinamento plurale, in cui si compenetrano sfere d’azione diverse.

In secondo luogo, emerge in modo piuttosto evidente come sia prevalente l’uso del rinvio pregiudiziale c.d. improprio ossia finalizzato non tanto (o quantomeno non solo) all’ottenimento della corretta interpretazione della disposizione eurounitaria da parte dell’organo competente a farlo (ossia la Corte di giustizia), quanto soprattutto ad ottenere un giudizio di compatibilità della normativa interna con il diritto europeo.

Anche il tenore dei quesiti pregiudiziali – o le motivazioni a corredo – mostrano come il giudice nazionale deleghi al giudice europeo quella valutazione di compatibilità che egli stesso invece dovrebbe compiere, una volta chiariti i dubbi ermeneutici, con conseguente eventuale disapplicazione della normativa interna confliggente con il diritto europeo così come interpretato dalla Corte.

2 Cfr. in particolare Cons. St., 2 marzo 2018, n. 1306, 1307 e 1308 ove tale timore è espresso in

133

Dunque, anche dall’analisi del rinvio pregiudiziale operato dal giudice amministrativo emerge che tale strumento ha acquisito sempre più una natura di giudizio di “legittimità europea”, sebbene – chiaramente – con nessuna conseguenza formale diretta sul piano interno.

Tuttavia, nel prendere in esame l’esperienza del rinvio pregiudiziale del giudice amministrativo emergono alcuni interrogativi.

Il primo di essi costituisce l’altra faccia della medaglia della prima considerazione svolta sopra. L’intervento del giudice europeo su aspetti e principi dell’ordinamento quali l’intangibilità del giudicato e la prerogativa circa l’indirizzo nomofilattico, mostrano come l’intervento interpretativo della Corte porti con sé conseguenze assai rilevanti anche sul piano processuale, sul quale gli Stati conservano in linea di massima la loro autonomia e competenza. Il principio di effettività sembra richiedere pertanto una tutela che sottopone ad un forte stress elementi cardine del sistema.

Ci si potrebbe domandare ora fino a quali estremi è possibile portare gli effetti – potenzialmente dirompenti – delle pronunce della Corte e quali conseguenze ciò possa avere sul piano interno.

Altrettanto aperta a sviluppi rimane la questione relativa al mancato rinvio pregiudiziale da parte del giudice di ultima istanza. Come si è esaminato nel I capitolo in via generale e, più specificamente per il giudice amministrativo, nel III capitolo, il tema della portata dell’obbligo risulta anche per il giudice amministrativo un elemento soggetto ad una valutazione ampia, che tiene in considerazione la nozione di rilevanza, le risultanze del filone giurisprudenziale scaturito dalla sentenza Cilfit, il timore di conseguenze (specie in termini di responsabilità civile dei magistrati) per il mancato rinvio. Si tratta a ben vedere di una valutazione che, se esercitata in modo bilanciato, conferisce al giudice nazionale una centralità sistemica nel rapporto fra ordinamenti. Se la valutazione dovesse invece risultare sbilanciata sui criteri dell’obbligo indipendente da ogni valutazione sulla rilevanza o sul pericolo di sanzioni, il rinvio diverrebbe un acritico adempimento formale, con conseguenze negative sia per il giudice rimettente, che perderebbe autorevolezza, sia per il giudice europeo, che si

134

troverebbe dinanzi ad una – poco utile – misura di rinvii, la cui gestione risulterebbe difficoltosa.

Un’ultima considerazione deve essere compiuta con riferimento alle materie oggetto dei rinvii pregiudiziali.

Si è vista nell’ultimo capitolo l’incidenza rilevante delle pronunce pregiudiziali su materie economicamente assai rilevanti, che, stante la pervasività del diritto europeo nell’ordinamento nazionale, rendono il dialogo tra giudice amministrativo e Corte di giustizia uno decisivo fattore di creazione e conformazione delle regole del mercato economico europeo.

E ciò entro una sinergia naturale tra giudice amministrativo e Corte di giustizia, entrambi tesi, attraverso la difesa di una equilibrata regolazione, ad una tutela dell’iniziativa economica dall’arbitrio del potere pubblico e al contempo del cittadino dall’arbitrio del potere pubblico e del mercato.

Si può dunque osservare come, nell’ambito della giustizia amministrativa, il rinvio pregiudiziale abbia acquisito una apparenza multiforme, segno di una crescente integrazione pur in un contesto caratterizzato da grandi incertezze.

135

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini, Milano, Giuffrè, 2008.

ADAMO U., Nel dialogo con la Corte di giustizia la Corte costituzionale è un organo

giurisdizionale nazionale anche nel giudizio in via incidentale. Note a caldo sull’ord. n. 207/2013, in Forum di Quaderni Costituzionali, 24 luglio 2013.

ALBANESI E., Pluralismo costituzionale e procedura d’infrazione dell’Unione europea,

Giappichelli, 2018.

ANTONIOLI M., Inoppugnabilità e disapplicabilità degli atti amministrativi, in Rivista

italiana di diritto pubblico comunitario, 1999, p. 1347.

ANTONIOLLI L., Corte di Giustizia delle Comunità europee, in Enciclopedia del diritto,

Giuffrè, Ann. I, 2007, p. 437.

ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Edizioni scientifiche

italiane, Napoli, 1999.

BARBIERI E.M., Ancora sulla disapplicazione di provvedimenti amministrativi contrastanti

con il diritto comunitario, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2000, p.149.

BARLETTA M., La funzione nomofilattica dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in

diritto.it, pubblicato in data 26.09.2012.

BARONE A., Public administrations and national courts within the European

“nomofilachia” network, in Giustamm.it, n. 10/2012, 18 ottobre 2012.

BARSI G.M., Il finanziamento delle autorità di regolazione tra contribuzione “di scopo”

degli operatori e tagli alla spesa pubblica. Il caso AGCM. Commento a Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza del 28 luglio 2016 nella causa C-240/15, in Rivista della

136

BARSI G.M., Il conflitto di competenze in materia di pratiche commerciali scorrette nei

settori regolati approda in Corte di Giustizia, in Rivista della Regolazione dei mercati,

1/2017, p. 151.

BARTOLE S., Pregiudiziale comunitaria ed “integrazione” di ordinamenti, in Le Regioni,

2008, p. 808.

BARTOLINI A., Una decisione poco europea, commento a Consiglio di Stato, A.P., 25

febbraio 2014 n. 9, in Giornale di diritto amministrativo, 10/2014, p. 932.

BATTINI S., Aggiornamento sul ricorso straordinario al Capo dello Stato: l’ircocervo esiste,

in Giornale di diritto amministrativo, 12/2014, p. 1176.

BERGAMINI E.,NASCIMBENE B., Le tariffe professionali degli avvocati: un nuovo rinvio

pregiudiziale alla Corte di giustizia. Consiglio di Stato, sez. V, ord. 31 maggio 2007, n. 2814, in Corriere giuridico, 2008, Vol. 25, fasc. 1, p. 85.

BRANCA M., La nomofilachia nella giurisdizione amministrativa, in federalismi.it, 20/2009,

21 ottobre 2009.

BRIGUGLIO A., voce Pregiudizialità comunitaria, in Enciclopedia Giuridica, Roma, 1997,

vol. XXIII, 1 ss., 3.

CANNIZZARO E., Il diritto dell’integrazione europea. L’ordinamento dell’Unione,

Giappichelli, 2015.

CANNIZZARO E., La Corte costituzionale come giudice nazionale ai sensi dell’art. 234 del

Trattato CE: l’ordinanza n. 103 del 2008, in Rivista di Diritto Internazionale, 2008.

CAPONIGRO R., La giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nel

137

CAPONIGRO R., L’actio finium regundorum tra l’Autorità antitrust e le altre Autorità

indipendenti, in www.giustizia-amministrativa.it, aprile 2013.

CAPRARA A., «In house providing» e mercato: rette parallele o incroci pericolosi?, in

Analisi giuridica dell’economia, 2/2015, p. 515.

CARANTA R.,Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Casa Editrice Jovene, Napoli,

1992.

CARANTA R., La questione della diretta applicabilità della normativa comunitaria in

materia di caccia, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1992, p. 508.

CARBONARA L., Il giudicato a formazione progressiva e l’efficacia delle sentenze della

Documenti correlati