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The Administrative judge and the Court of Justice: the Dialogue in the light of the Preliminary ruling

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Genova

Dottorato di ricerca in Diritto

Curriculum di Sistemi costituzionali comparati

XXX ciclo

Il giudice amministrativo e la Corte di giustizia: il dialogo

alla luce del rinvio pregiudiziale

Coordinatore:

Chiar.mo Prof. Pasquale Costanzo

Tutor:

Chiar.mo Prof. Pasquale Costanzo

Candidato:

Dott. Andrea Macchiavello

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I

INDICE

Capitolo 1

Il rinvio pregiudiziale quale strumento qualificato del dialogo tra giudici

1.Introduzione ... 1 2. Il rinvio pregiudiziale quale “chiave di volta” dell’ordinamento eurounitario ... 1 3. Le condizioni di ricevibilità delle domande pregiudiziali: la pendenza del giudizio e gli organi giurisdizionali nazionali ... 5 4. (segue): la rilevanza della questione nel giudizio a quo ... 9 5. Obbligo e facoltà del rinvio. La sentenza Da Costa e la sentenza Cilfit ... 11 6. Il giudice nazionale e la procedura di rimessione. Cenni al giudizio dinanzi alla Corte ... 14 7. La pronuncia pregiudiziale e i suoi effetti nei confronti del giudice nazionale ... 17 8. La violazione dell’obbligo di rinvio tra tutela dell’ordinamento europeo e tutela dei diritti soggettivi. ... 20

Capitolo 2

Il giudice amministrativo e il diritto europeo.

La concezione del rapporto tra gli ordinamenti e il problema del provvedimento amministrativo incompatibile con il diritto dell’Unione.

1.Premesse ... 27 2. Il Consiglio di Stato e il diritto europeo ... 28

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II

3. I Tribunali amministrativi regionali e il diritto europeo ... 34 4. (segue): due casi significativi su disapplicazione normativa ed interpretazione alla luce del diritto europeo. Fratelli Costanzo e Lega per l’ambiente ... 37 5. I provvedimenti amministrativi in contrasto con il diritto europeo ... 41

Capitolo 3

Il Giudice amministrativo ed il rinvio pregiudiziale

1. Premesse e brevi riferimenti statistici ... 52 2. Il giudice amministrativo italiano e rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia: primi approcci di Tar e Consiglio di Stato. Evoluzione storica ... 53 3. La natura del rinvio pregiudiziale all’esame del giudice amministrativo: tempi processuali, presupposti e obbligo del rinvio ... 58

3.1. Elementi del rinvio pregiudiziale nel giudizio amministrativo ... 58 3.2. Il “metarinvio” del Consiglio di Stato per dirimere alcuni dubbi sull’interpretazione dell’art. 267 TFUE ... 62 3.3. Il mancato rispetto dell’obbligo del rinvio da parte del Consiglio di Stato e questioni di giurisdizione ... 69

4. (segue): il rinvio pregiudiziale e la rimessione alla Corte costituzionale. Problemi di doppia pregiudizialità ... 71 5. Il Consiglio di Stato e la nozione di “organo giurisdizionale”. Il caso Garofalo e il suo impatto sul piano esterno ed interno ... 78 6. Il giudice amministrativo tra rinvio pregiudiziale, giudicato nazionale e diritto europeo. Il caso Pizzarotti ... 87

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III

7. Rinvio pregiudiziale e funzione nomofilattica dell’Adunanza Plenaria. Verso una

nomofilachia “policentrica” ... 96

Capitolo 4 Giudice amministrativo, rinvio pregiudiziale e mercato 1. Il giudice amministrativo come giudice dell’economia ... 107

2. Il rinvio pregiudiziale nel mercato delle gare pubbliche: questioni di diritto sostanziale e di diritto processuale ... 110

3. Il rinvio pregiudiziale nella configurazione del mercato dei servizi pubblici. Il caso dell’affidamento in house ... 116

4. Giudice amministrativo, rinvio pregiudiziale e autorità indipendenti: alla ricerca di regole su chi regola il mercato ... 120

4.1. Questioni di interpretazione della normativa sulla concorrenza e l’AGCM .... 121

4.2. Il finanziamento delle Autorità indipendenti ... 122

4.3. La ripartizione delle competenze tra autorità di settore e Antitrust ... 127

Conclusioni ... 131

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1

Capitolo 1

Il rinvio pregiudiziale quale strumento qualificato del dialogo tra giudici

1.Introduzione – 2. Il rinvio pregiudiziale quale “chiave di volta” dell’ordinamento eurounitario – 3. Le condizioni di ricevibilità delle domande pregiudiziali: la pendenza del giudizio e gli organi giurisdizionali nazionali – 4. (segue): la rilevanza della questione nel giudizio a quo – 5. Obbligo e facoltà del rinvio. La sentenza Da Costa e la sentenza Cilfit – 6. Il giudice nazionale e la procedura di rimessione. Cenni al giudizio dinanzi alla Corte – 7. La pronuncia pregiudiziale e i suoi effetti nei confronti del giudice nazionale – 8. La violazione dell’obbligo di rinvio tra tutela dell’ordinamento europeo e tutela dei diritti soggettivi.

1. Introduzione.

Prima di procedere ad esaminare in modo specifico quale uso – e con quali esiti – abbia fatto il giudice amministrativo italiano dello strumento privilegiato di dialogo con la Corte di giustizia, ossia il rinvio pregiudiziale, occorre ricostruire, seppure brevemente, i caratteri essenziali di tale strumento, verificandone in modo particolare i profili di impatto sul sistema costituzionale ed ordinamentale interno. In questo senso, il rinvio pregiudiziale costituisce l’istituto maggiormente valorizzatore del ruolo del giudice nazionale, che è, da un lato, giudice comune e naturale dell’ordinamento europeo chiamato ad applicarne il diritto e disapplicare la normativa nazionale contrastante e, dall’altro, anello di congiunzione con l’organo giurisdizionale deputato a garantire, in tale ordinamento, la coerenza e l’uniformità del sistema giuridico.

2. Il rinvio pregiudiziale quale “chiave di volta” dell’ordinamento eurounitario.

Il rinvio pregiudiziale, come disciplinato dagli artt. 19 co. 3 lett. b) TUE e 267 TFUE, costituisce uno degli strumenti più efficaci di integrazione tra l’ordinamento eurounitario e gli ordinamenti nazionali1. La sua funzione

1 E.CANNIZZARO, Il diritto dell’integrazione europea. L’ordinamento dell’Unione, Giappichelli,

2015, p. 203 ss. L’espressione “chiave di volta” è stata utilizzata dalla Corte di giustizia nel Parere 2/13 del 18 dicembre 2014, emesso ai sensi dell’art. 218, par. 11, TFUE relativo all’adesione

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fondamentale all’interno dell’ordinamento giuridico europeo discende dal fatto che esso costituisce “il più naturale momento di raccordo tra il livello

comunitario e quelli nazionali”2, nonché una sorta di “cerniera” tra essi3. Senza dubbio, può essere individuato come lo strumento che più esalta quel ruolo così “pervasivo ed originale”4 svolto dalla Corte di giustizia per l’edificazione dell’ordinamento giuridico eurounitario5.

La ratio dello strumento discende dalla necessità di assicurare un’applicazione uniforme del diritto comunitario in tutti gli Stati membri, attribuendo alla Corte di giustizia la funzione di giudice ultimo del significato e validità delle norme di tale diritto. D’altra parte, è facile osservare che l’applicazione del diritto comunitario è demandata per lo più alle amministrazioni e agli organi giurisdizionali di ciascuno Stato membro. Per tale ragione, dunque, occorre che sia stabilito un “punto di chiusura” dell’ordinamento che assicuri omogeneità nell’interpretazione, dovendosi altrimenti accettare uno scenario nel quale si verrebbero a creare – almeno potenzialmente – tanti filoni interpretativi quanti sono gli organismi giurisdizionali di ultima istanza degli Stati membri.

In ragione della necessaria collaborazione tra giudice nazionale e giudice eurounitario, il rinvio pregiudiziale è il meccanismo che più di tutti sintetizza lo stretto rapporto di interoperatività tra gli ordinamenti6. E tale cooperazione si fonda, a ben vedere, su un profondo legame di fiducia tra i giudici che sono

dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

2 L’espressione è di F. ASTONE, Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa,

Edizioni scientifiche italiane, 1999, p. 137.

3 Così P. Costanzo in P. COSTANZO L. MEZZETTI A. RUGGERI, Lineamenti di diritto

costituzionale dell’Unione europea, Giappichelli, 2014, p. 360.

4 Così M.P.CHITI, I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto

amministrativo europeo, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1991, 3, p. 796.

5 L.ANTONIOLLI, Corte di Giustizia delle Comunità europee, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè,

Ann. I, 2007, p. 437 ss.

6 Si veda ancora, da ultimo, Corte di giust., sent., C-42/17 (M.A.S. e M.B., conosciuta anche come

Taricco-bis): “22. Occorre anzitutto ricordare che il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE instaura un dialogo da giudice a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati membri, il quale mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione nonché la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 176]. 23. Il procedimento ex articolo 267 TFUE funge dunque da strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C-614/14, EU:C:2016:514, punto 16)”.

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3

chiamati ad esercitare tali funzioni7. Il giudice europeo può e deve contare sui giudici nazionali per poter efficacemente pronunciarsi su questioni di validità o di interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione; al contempo, il giudice del rinvio può e deve guardare alla Corte per ottenerne il necessario ausilio e nella consapevolezza di costituire, come giudice comune europeo, il perno di un sistema complesso e interdipendente.

L’uso del meccanismo di rinvio realizza, peraltro, molteplici obiettivi: garantisce l’uniformità nell’interpretazione del diritto comunitario, consente una continua progressione in tema di integrazione degli ordinamenti e – almeno indirettamente – contribuisce ad un controllo di compatibilità tra le disposizioni di diritto nazionale e gli atti dell’Unione europea. Da tutto ciò discende, come corollario imprescindibile, una tutela giurisdizionale indiretta del cittadino europeo, garantito nell’interpretazione e nella corretta applicazione del diritto eurounitario. La forza innovatrice e strutturale del meccanismo del rinvio pregiudiziale emerge chiaramente già dalla nota sentenza Van Gend en Loos ove la Corte rilevava che la novità dell’ordinamento giuridico della comunità europea si deduce anche dalla funzione attribuita alla Corte di giustizia dall’art. 177 del Trattato CEE (ora 234 TFUE) che costituisce la riprova del fatto che gli Stati hanno riconosciuto al diritto comunitario un’autorità tale da poter essere fatto valere dai loro cittadini davanti a detto giudice8.

Le origini del meccanismo del rinvio in ambito europeo possono essere rinvenute, quantomeno nella struttura dell’istituto, sin dal momento dell’istituzione della Comunità economica del carbone e dell’acciaio. L’art. 41 del Trattato istituivo prevedeva, infatti, la possibilità di un rinvio pregiudiziale di validità con riferimento alle deliberazioni dell’Alta Autorità e del Consiglio9.

Ma è con i Trattati di Roma che il rinvio pregiudiziale assume i caratteri che ancora oggi conosciamo, con l’introduzione, in particolare, della fondamentale

7 P.PESCATORE, Il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 177 del trattato CEE e la cooperazione tra la

corte ed i giudici nazionali, in Foro It., 1986, V, p. 26 ss.

8 Corte di giust., sent. 5 febbraio 1963 (C-26/62, Van Gend en Loos).

9 Cfr. art. 41 Trattato CECA: “Solo la Corte è competente a giudicare, a titolo pregiudiziale, della

validità delle deliberazioni dell'Alta Autorità e del Consiglio, qualora una controversia proposta avanti un tribunale nazionale ponga in causa tale validità”. Si veda, sul punto, T.GIOVANNETTI,

L’Europa dei giudici. La funzione giurisdizionale nell’integrazione comunitaria, Giappichelli,

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funzione interpretativa che si aggiunge a quella relativa al giudizio di validità degli atti10.

Tali caratteristiche si sono mantenute – con lievi modifiche – nella disciplina prevista dall’art. 234 TCE e, infine, in quella attuale.

Nella sua odierna configurazione, l’art. 267 TFUE attribuisce alla Corte di Giustizia due distinte competenze: da un lato, la competenza ad interpretare i Trattati, dall’altro la competenza a pronunciarsi sulla validità e sull’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione.

Occorre subito notare, dunque, che la competenza della Corte, per quanto riguarda i Trattati, è limitata ad un’azione interpretativa (stante la loro natura “costituzionale”), mentre con riferimento al diritto derivato è competente a pronunciarsi, oltre che sull’interpretazione di essi, anche sulla loro validità11. L’attività di pronuncia pregiudiziale della Corte non ha mai, né può avere, alla luce della normativa presa ora in esame, quale oggetto del giudizio la normativa interna agli Stati membri. La Corte non può spingersi, infatti, ad interpretare o giudicare la validità di disposizioni dell’ordinamento nazionale. Ciò non toglie, tuttavia, che il rinvio pregiudiziale di interpretazione si sia spesso tramutato – di fatto – in un giudizio di compatibilità tra la normativa interna e la normativa eurounitaria, nella misura in cui la Corte rilevi che una determinata interpretazione del diritto europeo non permetta l’esistenza di disposizioni di diritto interno palesemente contrarie. Così facendo, il giudizio si è trasformato in

10 Il primo rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 177 del Trattato viene effettuato dalla Corte

d’Appello dell’Aia con sentenza 30 giugno 1961, cui seguirà la pronuncia della Corte di giustizia del 6 aprile 1962 (C-13/61). Interessanti sono in proposito le considerazioni svolte dall’Avvocato generale Maurice Lagrange nelle sue Conclusioni, ove si afferma che «Il presente giudizio – il

primo che si svolge dinnanzi a Voi in forza dell’art. 177 del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea – è degno di rilevo appunto perché pone in opera un sistema di rinvio in caso di questioni pregiudiziali che è presumibilmente destinato ad avere una funzione essenziale nell’applicazione del Trattato. La progressiva inserzione del Trattato nella vita giuridica, sociale ed economica dei Paesi membri renderà infatti sempre più frequenti le occasioni nelle quali esso dovrà essere applicato – quindi, eventualmente, interpretato – in controversie interne di diritto privato o pubblico».

11 Va considerato fra l’altro che, come noto, il TFUE prevede all’art. 263 un ulteriore specifico

strumento di controllo della legittimità degli atti dell’Unione: si tratta dell’azione di annullamento che può essere attivata mediante il ricorso diretto alla Corte di giustizia entro due mesi dalla pubblicazione – o dalla notificazione o dalla data in cui l’interessato ne abbia avuto conoscenza – dell’atto che si ritiene illegittimo. La parallela possibilità di sollevare una questione pregiudiziale di validità di un atto consente dunque di mantenere a garanzia del cittadino europeo uno strumento di controllo anche oltre il ristretto termine in cui è possibile attivare il ricorso diretto.

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un giudizio di natura “para-costituzionale”12, senza però che ciò comporti conseguenze dirette sul piano dell’ordinamento interno. Rimane, infatti, sempre compito del giudice rimettente prendere in considerazione il conflitto rilevato dalla Corte di Giustizia e procedere alla eventuale disapplicazione delle disposizioni interne al momento del giudizio.

3. Le condizioni di ricevibilità delle domande pregiudiziali: la pendenza del giudizio e gli organi giurisdizionali nazionali

L’art. 267 TFUE delinea un meccanismo il cui utilizzo è soggetto alla sussistenza di alcune condizioni, che riguardano, da un lato, l’applicabilità materiale dell’istituto (c.d. presupposti esterni o statici) e, dall’altro, la rilevanza interna della questione che viene sollevata in relazione alla controversia dinanzi al giudice a quo (c.d. presupposti dinamici o funzionali)13.

Tra i primi ritroviamo due aspetti fondamentali, costituiti dalla pendenza di un giudizio a quo e dalla natura di tale giudizio, riassunta nell’espressione – soggettivizzante – “organo giurisdizionale”.

Se si prende in esame il primo di tali presupposti, si può osservare che la funzione del rinvio e la sua efficacia è subordinata alla possibilità che la decisione della Corte trovi applicazione nel giudizio da cui il rinvio trae origine e, conseguentemente (nonché eventualmente) nei giudizi di impugnazione successivi, e sia ancora possibile per il giudice a quo conformarsi alla pronuncia del giudice europeo14.

Quanto al secondo presupposto, la nozione di «organo giurisdizionale nazionale», è stata nel tempo precisata ed interpretata dalla giurisprudenza della stessa Corte, che ha dato forma e limiti a tale categoria.

12 Sulla natura “costituzionale” o “para-costituzionale” si veda anche la Relazione su taluni aspetti

dell’applicazione del Trattato sull’Unione europea, redatta dalla Corte di Giustizia CE, in Riv.

Dir. Eur., 1996, p. 336.

13 G.RAITI, La collaborazione giudiziaria nell’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario,

Giuffrè, 2003, p. 6.

14 Come osserva G. Raiti, nell’opera appena citata, la giurisprudenza della Corte sul punto è

piuttosto eterogenea, indulgendo talvolta su controlli di “non pendenza” basati non tanto sull’oggettivo requisito tecnico della pendenza della lite quanto piuttosto sulla sua perdurante utilità in ragione dei mutati presupposti che avevano originato il rinvio nell’ambito del giudizio a quo, in analogia ad una sorta di sopravvenuta carenza di interesse (si veda, ad esempio, C- 314/96,

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Peraltro, nel percorso definitorio seguito dalla Corte, la categoria di organo giurisdizionale è stata elaborata in modo autonomo, ossia, in altre parole, interpretata secondo criteri sostanziali ed effettivi propri e non secondo la configurazione formale prevista dai singoli ordinamenti.

Sin dalle prime pronunce, in questo senso, è stato ritenuto necessario che la competenza dell’organo in questione sia stabilita con legge, che tale organo sia permanente, che definisca una controversia con effetti obbligatori per le parti e sulla base dell’applicazione di norme giuridiche ed infine che esso sia terzo ed indipendente ed eserciti la propria funzione facendo uso del principio del contraddittorio15.

È pertanto accaduto che tali caratteristiche siano state rinvenute per organi che formalmente non ricadevano nella categoria degli organi giurisdizionali alla luce del diritto interno, così pure che organi tradizionalmente riconosciuti come tali dal diritto interno siano risultati privi di uno o dell’altro requisito e dunque ritenuti inidonei alla formulazione di quesiti pregiudiziali nei confronti della Corte di giustizia.

Non aderendo né ad un criterio organico16, né totalmente ad un criterio di natura funzionale17, la Corte ha dato prova di utilizzare, nella definizione dei limiti della nozione di “organo giurisdizionale”, un approccio di natura induttiva, ricavando le caratteristiche qualificanti di tale organo dai casi concreti su cui si è trovata a dover giudicare l’ammissibilità o meno del rinvio. Il percorso logico seguito dalla

15 Cfr. ex multis, Corte di giust., sent. 17 novembre 1997, C-54/96: “Per valutare se l'organo remittente possegga le caratteristiche di un giudice ai sensi dell'art. 177 del Trattato, questione unicamente di diritto comunitario, la Corte tiene conto di un insieme di elementi quali l'origine legale dell'organo, il suo carattere permanente, l'obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l'organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente”; cfr. altresì sent. 30 giugno 1966, causa 61/65, Vaassen-Göbbels; sent. 11 giugno

1987, causa 14/86, Pretore di Salò/X; sent. 17 ottobre 1989, causa 109/88, Danfoss; sentenza 27 aprile 1994, causa C-393/92, Almelo e a.; infine, sent. 19 ottobre 1995, causa C-111/94, Job

Centre, secondo cui: “i giudici nazionali possono adire la Corte unicamente se dinanzi ad essi sia pendente una lite e se essi siano stati chiamati a statuire nell'ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale”, nonché “Raccomandazioni

all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (2016/C 439/01), punto 4. Sul punto si veda anche P.COSTANZO –L.MEZZETTI – A. RUGGERI, Lineamenti di diritto costituzionale dell’Unione europea, cit., p. 364; E.

CANNIZZARO, Il diritto dell’integrazione europea, cit., p. 204.

16 Sebbene in passato vi è stata dottrina che aveva riconosciuto valido l’utilizzo di tale criterio,

almeno con riferimento a parte della giurisprudenza, vedasi P.PESCATORE, Il rinvio pregiudiziale

di cui all’art. 177, cit., p. 42.

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Corte è stato definito in dottrina come “teleologico-funzionale” nella misura in cui la Corte procede all’estensione dei confini della nozione di “giurisdizione” in forza di un approccio pragmatico che permette di adattare in modo elastico la categoria per ammettere il rinvio in tutti i caso in cui l’ipotesi contraria (ossia l’ipotetica non ammissibilità) andrebbe a frustrare l’effetto utile del rinvio pregiudiziale, consistente, come già detto, nella necessità di conferire uniformità e certezza nell’interpretazione del diritto eurounitario18. Pertanto, l’elasticità dei

confini della nozione di giurisdizione è comprensibile entro una logica che, ad un’impostazione dogmatica e sistematica, predilige un approccio politico, finalizzato ad impedire che possa venire a mancare l’apporto interpretativo e collaborativo della Corte in riferimento al caso concreto da cui il rinvio origina19. Proprio per tale ragione la nozione di cui si tratta ha conosciuto negli anni una considerevole evoluzione, generata dalla proposizione di rinvii provenienti da organismi che, per le loro caratteristiche, rientravano nell’ampia zona grigia in cui la Corte è chiamata ad esprimersi per dare forma e significato al carattere giurisdizionale richiesto dal Trattato.

Per quanto d’interesse ai fini del presente lavoro, si vedrà in seguito20 come, sul piano dell’esperienza di dialogo tra la Corte e gli organi giurisdizionali nazionali, nell’ambito delle controversie amministrative sia stato considerato quale organo giurisdizionale anche il Consiglio di Stato nell’ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, nonostante la natura prevalentemente consultiva (o – quantomeno – ibrida) dell’organo in tale sede. Al contempo, nessuna obiezione è mai stata posta, quanto alla sua natura, per il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia, ove parte dei membri non è togata ma nominata dalla Giunta regionale (sebbene, a garanzia dell’indipendenza dell’organo, la carica non sia rinnovabile)21.

18 M.T.D’ALESSIO N.PECCHIOLI, Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e rinvio

pregiudiziale: la logica fuzzy della Corte di Giustizia, in Riv. It. Dir. Pubbl. com., 1998, p. 699.

19 G. RAITI, La collaborazione giudiziaria…, cit., p. 27. 20 Vd. infra, cap. 3, § 5.

21 Sempre in tema di controversie di natura amministrativa, con riferimento ai casi in cui il giudice

del rinvio era costituito da autorità pubbliche, la Corte ha compiuto alcune distinzioni. Ha, infatti, considerato ammissibili i rinvii pregiudiziali proposti da commissioni di ricorso in materia di appalti pubblici (Corte di giust., sent. 17 settembre 1997, Dorsch Consult, C-54/96) e dall’Autorità spagnola per la concorrenza (Corte di giust., sent. 16 luglio 1992, Asociacion Espanola de Banca

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Sempre con riferimento all’ordinamento italiano, particolarmente significativo è poi l’atteggiamento tenuto dalla Corte costituzionale nei confronti della possibilità di proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, stante la necessità di (auto)comprendere se la prima potesse rientrare nella nozione di organo giurisdizionale così come richiamato (inizialmente) dall’art. 177 del Trattato nonché se potesse individuarsi quale organo di ultima istanza.

Posta una iniziale ritrosia, espressa chiaramente in alcune pronunce22, la posizione

della Corte costituzionale si è modificata in modo definitivo con l’ordinanza 15 aprile 2008, n. 103 pronunciata nell’ambito di un giudizio di legittimità costituzionale in via principale. In tale occasione la Corte, ha ritenuto di dover sospendere il giudizio sul presupposto che essa, “pur nella sua peculiare

posizione di supremo organo di garanzia costituzionale nell’ordinamento interno, costituisce una giurisdizione nazionale ai sensi dell’art. 234, terzo paragrafo del Trattato CE e, in particolare, una giurisdizione di unica istanza (in quanto contro le sue decisioni – per il disposto dell’art. 137 terzo comma Cost. – non è ammessa alcuna impugnazione): essa, pertanto, nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale è legittimata a proporre questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia CE” aggiungendo altresì che “in tali giudizi di legittimità costituzionale, a differenza di quelli promossi in via incidentale, questa Corte è l’unico giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia”. Con tale

pronuncia, dunque, la stessa Corte costituzionale ha ritenuto che vi fossero le condizioni per aprire un canale di dialogo con la Corte di giustizia, osservando

concorrenza greca (Corte di giust., sent. 31 maggio 2005, Syfait, C-53/03) e dalla Commissione austriaca di controllo in materia di telecomunicazioni (Corte di giust., 6 ottobre 2005, Telekom

Austria, C-256/05).

22 A tal proposito si veda, in primo luogo, la sentenza n. 13 del 1960, ove la Corte non ritiene di

non potersi qualificare quale organo giurisdizionale, poiché, sebbene “la sua attività si svolge

secondo modalità e con garanzie processuali ed è disciplinata in modo da rendere possibile il contraddittorio fra i soggetti e gli organi ritenuti più idonei”, ritiene che debba essere respinta

l’opinione secondo cui “la Corte possa essere inclusa fra gli organi giudiziari, ordinari o speciali

che siano, tante sono, e profonde, le differenze tra il compito affidato alla prima, senza precedenti nell'ordinamento italiano, e quelli ben noti e storicamente consolidati propri degli organi giurisdizionali"; in secondo luogo, si veda l’ordinanza n. 536 del 1994, nella quale si legge “che detto giudice comunitario non può essere adito - come pur ipotizzato in una precedente pronuncia (sentenza n. 168 del 1991, cit.) - dalla Corte costituzionale, la quale "esercita essenzialmente una funzione di controllo costituzionale, di suprema garanzia della osservanza della Costituzione della Repubblica da parte degli organi costituzionali dello Stato e di quelli delle Regioni" (sentenza n. 13 del 1960)”, ritenendo che sia il giudice rimettente a doversi fare carico di adire la Corte di

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che, se nei giudizi in via principale non fosse possibile effettuare il rinvio pregiudiziale, sarebbe risultato leso l’interesse generale all’applicazione uniforme del diritto europeo, così come interpretato dalla Corte di giustizia23.

L’originario orientamento della Corte secondo cui il rinvio sarebbe stato proponibile solo nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale in via principale è stato però presto superato con l’ordinanza del 18 luglio 2013, n. 207, con cui la Corte ha ammesso il rinvio anche per i giudizi in via incidentale, riconoscendo pacificamente la sua natura di giurisdizione nazionale, ai sensi dell’art. 267 TFUE, anche in tali giudizi24.

4. (segue): la rilevanza della questione nel giudizio a quo

Venendo ora all’esame dei presupposti ‘dinamici’ del rinvio, occorre ricordare che l’art. 267 TFUE sottopone la facoltà o l’obbligo del rinvio (par. 2 e 3) da parte del giudice nazionale alla condizione che la pronuncia della Corte – sia essa di interpretazione o di validità – sia “necessaria per emanare la sua sentenza”. Tale giudizio circa la rilevanza o pertinenza della questione costituisce un punto di contatto forte tra il giudice nazionale e quello europeo, con l’eventualità – del tutto verosimile – di interferenze circa l’esercizio di tale competenza.

A ben vedere, la lettera della disposizione del Trattato sembra piuttosto netta nell’attribuire la competenza di tale valutazione al giudice nazionale, vero

dominus del giudizio a quo e responsabile della pronuncia che ne determinerà

l’esito.

23 Sull’ordinanza del 2008 si veda: M.CARTABIA, La Corte costituzionale e la Corte di giustizia:

atto primo, in Giurisprudenza Costituzionale, 2008, p. 1288 e 1312; S.BARTOLE, Pregiudiziale

comunitaria ed “integrazione” di ordinamenti, in Le Regioni, 2008, p. 808; E.CANNIZZARO, La

Corte costituzionale come giudice nazionale ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE: l’ordinanza n. 103 del 2008, in Rivista di Diritto Internazionale, 2008; L. PESOLE, La Corte costituzionale

ricorre per la prima volta al rinvio pregiudiziale. Spunti di riflessione sull’ordinanza n. 103 del 2008, in federalismi.it, 23 luglio 2008; I.SPIGNO, La Corte costituzionale e la vexata quaestio del

rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, in Osservatorio sulle fonti, 2/2008.

24 Con riferimento all’ordinanza della Corte costituzionale 207/2013 si veda invece: U.ADAMO,

Nel dialogo con la Corte di giustizia la Corte costituzionale è un organo giurisdizionale nazionale anche nel giudizio in via incidentale. Note a caldo sull’ord. n. 207/2013, in Forum di quaderni

costituzionali, 24 luglio 2013; L. UCCELLO BARRETTA, La Corte costituzionale e il rinvio

pregiudiziale nel giudizio in via incidentale (nota a Corte cost. ord. n. 207/2013), in Osservatorio

dell’Associazione Italiana dei costituzionalisti, novembre 2013; B. GUASTAFERRO, La Corte

costituzionale ed il primo rinvio pregiudiziale in un giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale: riflessioni sull’ordinanza n. 207 del 2013, in forumcostituzionale.it, 21 ottobre 2013.

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In questo senso, soltanto il giudice rimettente può reputare la necessità o meno, alla luce dell’iter logico giuridico che intende seguire nel giudizio da lui conosciuto, dell’intervento pregiudiziale della Corte, che nulla potrebbe o dovrebbe obiettare al riguardo.

Dall’altra parte, anche sul piano concreto, solamente il giudice nazionale è nella posizione di poter conoscere il contesto non solo normativo ma anche fattuale della causa25.

Ciò, tuttavia, non elimina in modo assoluto la facoltà per la Corte di pronunciarsi in merito ad ipotesi di irrilevanza della questione, sebbene tale facoltà debba essere opportunamente circoscritta e limitata.

Tra i limiti individuabili alla sfera d’azione della Corte, scarso ausilio è fornito dal dato positivo. Nel silenzio dell’art. 267 TFUE, può farsi riferimento, quale strumento ermeneutico, al Regolamento di procedura che individua all’art. 99 i limitati casi in cui la Corte può pronunciarsi mediante ordinanza motivata (sentito l’Avvocato generale) anziché con sentenza26, in ragione di una situazione di manifesta non utilità della pronuncia.

Guardando alla giurisprudenza della stessa Corte di giustizia, quest’ultima ha, nel corso del tempo, emanato ordinanze di irricevibilità motivate in ragione di (almeno) tre fattori.

In primo luogo, nei casi in cui il giudice rimettente abbia superato i limiti della discrezionalità che gli è propria circa la rilevanza nel caso concreto (ad esempio, per totale assenza di connessione con l’oggetto della causa27, per rinvio effettuato

25 Cfr. C. Giust., sent. 29 novembre 1978, C-83/78, Pigs Marketing Board; sent. 28 novembre

1991, C-186/90, Durighello; sent. 16 luglio 1992, C-343/90, Lourenco Dias, ove si afferma che nell’ambito dello strumento di cooperazione costituito dal rinvio pregiudiziale, “il giudice

nazionale, che l’unico ad avere conoscenza dei fatti di causa, è nella situazione più idonea per valutare, tenuto conto delle peculiarità di questa, la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere posto in grado di emettere una sentenza” (par. 15).

26 Ciò accade quando una questione pregiudiziale è identica ad una questione sulla quale la Corte

ha già statuito, quando la risposta a tale questione può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta alla questione pregiudiziale non dà adito a nessun ragionevole dubbio.

27 Si veda in proposito C. Giust., ord. 26 gennaio 1990, C- 286/88, Falciola, ove la Corte si

dichiara non competente a decidere ex art. 92 del Regolamento. Nel caso di specie, infatti, il Tribunale amministrativo della Lombardia aveva sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali che miravano in realtà ad ottenere una pronuncia sul ruolo dei giudici italiani e sulla essenza della loro funzione giurisdizionale in relazione all’approvazione della legge 13 aprile 1988, n. 117 sulla risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie ed alla responsabilità civile dei magistrati. L’ordinanza della Corte ha rilevato, dunque, che non sussiste il requisito della

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nell’ambito di un giudizio concluso28, per domande aventi carattere meramente ipotetico29, per inapplicabilità nel caso concreto del diritto europeo30).

In altri casi l’irricevibilità è stata pronunciata in ragione della carenza di motivazione da parte del giudice a quo o carenza di illustrazione del contesto normativo e fattuale del giudizio pendente31.

Infine, la Corte ha ritenuto irricevibili i rinvii nell’ambito delle controversie “fittizie”, sebbene in taluni casi la Corte abbia preferito pronunciarsi comunque in ragione dell’utilità che il suo dictum avrebbe avuto nell’economia del rafforzamento del diritto e dell’ordinamento europeo32.

5. Obbligo e facoltà del rinvio. La sentenza Da Costa e la sentenza CILFIT.

Considerata la centralità dello strumento del rinvio pregiudiziale e la sua finalità prevalente, indirizzata alla costruzione di un ordinamento giuridico europeo coerente ed omogeneo, il sistema contempla un – almeno parziale – regime obbligatorio di rinvio.

L’art. 267 delinea, più precisamente, un sistema a doppio regime: da un lato (par. 3), l’obbligatorietà del rinvio per gli organi giurisdizionali nazionali, avverso le

necessità ai fini della controversia a quo. Si veda altresì C. Giust., sent. 19 dicembre 1968 (C-13/68, Salgoil) nonché sent. 16 giugno 1981 (C- 126/80, Salonia) in cui la Corte ha affermato che l’art. 177 del Trattato,, basato sulla netta separazione fra le funzioni dei giudici nazionali e quelle della Corte, non consente a quest’ultima di sindacare la motivazione del provvedimento di rinvio salvo che risulti in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario o l’esame della validità di una norma comunitaria non abbiano alcuna relazione con l’effettività o l’oggetto della causa principale.

28 Si veda in proposito C. Giust., sent. 21 aprile 1988 (C-338/85, Pardini) ove la Corte si è ritenuta

incompetente a pronunciarsi sul rinvio pregiudiziale promosso dal pretore di Lucca nell’ambito di un procedimento d’urgenza al cui esito il giudice, contestualmente al rinvio, concedeva il provvedimento cautelare. Il procedimento, pertanto, era da ritenersi concluso e la decisione della Corte avrebbe potuto essere utile soltanto per il giudizio di merito che fino a quel momento non era ancora stato promosso e si sarebbe in ogni caso svolto dinanzi ad un giudice differente.

29 Si veda in proposito C. Giust., sent. 16 luglio 1992 (C-343/90, Lourenço Dias), con particolare

riferimento al punto 17 ove si afferma che la funzione della Corte è quella di “contribuire

all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri su questioni generali o ipotetiche”.

30 Cfr. Corte di giust., sent. 29 maggio 1997 299/95, Kremzow) e sent. 10 gennaio 2006

(C-302/04, Ynos).

31 Cfr., ex multis, Corte di giust., sent. 19 aprile 2007 295/05, Asemfo) e ord. 3 maggio 2012

(C-185/12, Ciampaglia).

32 Tra i casi ritenuti “artificiosi” e dunque conclusosi con una ordinanza in cui si ritiene non

competente a pronunciarsi, vi è la vicenda Foglia c. Novello, (C-104/79 e C-244/80), in cui la Corte ritiene che la domanda pregiudiziale compiuta dal giudice rimettente mirava in realtà non ad una pronuncia pregiudiziale bensì ad una pronuncia dichiarativa di inadempimento relativa alla condotta di uno Stato membro.

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cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno; dall’altro (par. 2), per tutti gli altri organi, la mera facoltà di rinvio.

Anche sotto questo profilo, la determinazione della lettera della disposizione del Trattato lascia ampi spazi di interpretazione. Ciò a partire dall’individuazione degli organi giurisdizionali per i quali è previsto l’obbligo del rinvio, che può essere effettuata, potenzialmente, secondo un criterio meramente gerarchico (ossia, individuando gli organi giurisdizionali deputati nell’ordinamento a svolgere una funzione formalmente nomofilattica) o secondo un criterio – preferito dalla Corte – connesso alla definitività del provvedimento emesso, che permetterebbe un più fedele risultato sotto il profilo dell’effetto utile e della funzione di consolidamento di una giurisprudenza uniforme nell’ordinamento europeo.

La previsione dell’obbligo è, tuttavia, da considerarsi non come assoluta ed inderogabile, stante l’individuazione di ipotesi di deroghe che ne hanno temperato la portata.

D’altra parte, il vincolo cui è soggetto il giudice nazionale di ultima istanza è soggetto in ogni caso a quella preliminare verifica – di cui già si è detto – del presupposto della rilevanza in relazione alla necessarietà della pronuncia della Corte ai fini della decisione del caso concreto. La necessità di tale giudizio di rilevanza deve essere riconosciuto, sebbene il par. 3 non lo citi espressamente, anche in capo al giudice di ultima istanza33.

Quanto alla ragione della differenziazione tra gli organi giurisdizionali di ultima istanza e la categoria residuale, essa è comprensibile alla luce di alcune considerazioni. Per un verso, l’obbligo di rinvio per i giudici di ultima istanza permette di evitare che si vadano consolidando indirizzi giurisprudenziali sul piano del diritto nazionale che non si pongono in conformità con il diritto comunitario: in questo senso, la Corte di giustizia tende ad assumere una veste di organo deputato alla interpretazione nomofilattica per l’intero ordinamento eurounitario.

Per l’altro verso, la discrezionalità lasciata in capo agli organi giurisdizionali non di ultima istanza permette di non sovraccaricare eccessivamente l’attività della

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Corte, risultando sempre possibile che, in caso di mancato rinvio alla Corte nei gradi inferiori, possa comunque provvedere in tal senso il giudice di ultima istanza qualora venga proposto appello.

Tuttavia, il regime stabilito dalla lettera dell’art. 267 TFUE ha trovato un certo temperamento in alcuni indirizzi giurisprudenziali sviluppati dalla stessa Corte di giustizia.

In particolare, in tema di obbligo di rinvio, si devono segnalare due casi rilevanti. Con il primo di essi (Da Costa34) la Corte ha escluso l’obbligo del rinvio qualora

la questione di diritto con riferimento alla quale occorrerebbe compiere la rimessione sia materialmente identica ad una già precedentemente sottoposta in relazione ad analoga fattispecie35.

Successivamente, con la sentenza Cilfit36, resa a seguito di un’ordinanza di rimessione proposta dalla Corte di cassazione italiana, la Corte di giustizia è ritornata sulla interpretazione dell’obbligo di rinvio per le giurisdizioni di ultima istanza. Dopo aver ribadito la deroga già stabilita con la sentenza Da Costa ed estendendola anche ai casi in cui una costante giurisprudenza della Corte possa risolvere il punto litigioso anche se non si trovi dinanzi ad una piena identità tra le materie del contendere, la Corte ha escluso l’obbligo del rinvio anche nel caso in cui la corretta interpretazione del diritto comunitario si imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi37. La Corte ha specificato, tuttavia, che tale eventualità deve essere valutata attentamente dal giudice nazionale il quale deve maturare il convincimento che la medesima evidenza di chiarezza della questione potrebbe (e dovrebbe) essere rilevata anche dai giudici degli altri Stati

34 Corte di giust., sent. 27 marzo 1963, cause riunite 28, 29, 30/62.

35 Nel caso di specie, la questione pregiudiziale era stata sollevata dalla Tariefcommissie, supremo

organo giurisdizionale olandese in materia fiscale, con riferimento all’interpretazione dell’art. 12 del Trattato CEE. La Corte rileva peraltro che se un organo di ultima istanza solleva comunque una questione pregiudiziale anche qualora vi sia già stata una pronuncia su analoga questione, la Corte è tenuta a pronunciarsi sulla domanda. Dal momento che non viene ravvisato alcun nuovo elemento viene fatto rinvio alla precedente sentenza.

36 Corte di giust., sent. 6 ottobre 1982, C-283/81.

37 La Corte, investita della questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 177 del Trattato

rilevava che, posto l’obbligo stabilito dal terzo comma per le giurisdizioni di ultima istanza, tale obbligo veniva meno in tre ipotesi: nel caso in cui la questione sollevata dalle parti non sia pertinente e dunque rilevante per la decisone del caso; quando la questione sollevata sia materialmente identica ad altra questione già decisa in via giurisprudenziale (vedi caso Da Costa) o comunque sussista una giurisprudenza costante della Corte che risolava il punto di diritto in questioni analoghe ma non identiche; infine, l’ipotesi dell’interpretazione chiara, di cui si è detto.

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membri e dalla stessa Corte di giustizia. Inoltre, la valutazione del giudice nazionale deve sempre tenere in considerazione le caratteristiche proprie del diritto europeo e le specifiche difficoltà che la sua interpretazione presenta dovendosi valutare le diverse versioni linguistiche, l’uso di terminologie e nozioni giuridiche proprie dell’ordinamento comunitario nonché il contesto, le finalità e lo stadio di evoluzione al momento in cui deve essere data applicazione38.

L’indirizzo giurisprudenziale espresso nella sentenza Cilfit riprende, per altro verso, la teoria, elaborata dalla giurisprudenza francese – specialmente dal quella amministrativa – del c.d. acte claire, ossia dell’esonero dalla richiesta della corretta interpretazione laddove il significato della norma appaia chiaro e palese. La teoria, che nasceva all’interno dell’ordinamento francese in ambito estraneo ai rapporti con l’ordinamento comunitario, è stato poi esteso anche a tali circostanze, spesso utilizzandola per evitare rinvii anche su questioni non così chiare e incontroverse.

È evidente che la teoria della manifesta chiarezza dell’atto, la cui valutazione ricade esclusivamente sul giudice nazionale può rischiare di trasformarsi in strumento di abuso teso ad evitare il rinvio. E un tale atteggiamento si è invero verificato soprattutto nel primo periodo di applicazione (o, rectius, non applicazione) dello strumento.

Come si vedrà in seguito, anche il giudice amministrativo – ed in particolar modo il Consiglio di Stato – non è rimasto indenne da un utilizzo talvolta ingiustificato delle deroghe riconosciute all’obbligo di rinvio.

6. Il giudice nazionale e la procedura di rimessione. Cenni al giudizio dinanzi alla Corte.

Come già accennato, il rinvio pregiudiziale si configura come incidente processuale all’interno di un giudizio dinanzi al giudice nazionale. La rimessione è disposta dal giudice a quo con provvedimento (normalmente con ordinanza) con

38 Corte di giustizia, sent. 6 ottobre 1982, C-283/81, parr. 17-20; cfr. P.PESCATORE, Il rinvio

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cui si dispone contestualmente la sospensione del giudizio39 e la trasmissione degli atti alla Corte di Lussemburgo.

Ai sensi dell’art. 94 del Regolamento di procedura della Corte, il provvedimento di rinvio deve contenere tre elementi: un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti o quantomeno una illustrazione delle circostanze di fatto su cui si basano le questioni; il contenuto delle norme nazionali applicabili a tale fattispecie (e l’eventuale giurisprudenza sul punto); l’illustrazione dei motivi che hanno spinto il giudice stesso ad interrogarsi sull’interpretazione o la validità della disposizione dell’Unione europea nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale40. Inoltre, è richiesto al giudice di indicare in modo chiaro e se possibile in una parte distinta – preferibilmente all’inizio o alla fine – i quesiti che intende rivolgere alla Corte.

Le fonti eurounitarie non pongono alcuna regola in merito al momento o alla fase processuale in cui il rinvio debba essere proposto. La giurisprudenza della Corte ha peraltro affermato in più occasioni che la scelta della fase processuale nella quale sottoporre ad essa la questione pregiudiziale è rimessa al giudice nazionale41. Tale orientamento è riportato anche nelle Raccomandazioni della Corte ai giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale42 ove la Corte ha ribadito che il giudice nazionale si trova, infatti, nella posizione migliore per valutare in quale fase del procedimento occorra formulare tale domanda”43, aggiungendo, tuttavia, che “è necessario che la

decisione di effettuare un rinvio pregiudiziale venga presa in una fase del procedimento nella quale il giudice del rinvio sia in grado di definire con

39 Nell’ordinamento italiano occorre fare riferimento all’art. 295 c.p.c. (cui pure è necessario

rinviare ai sensi dell’art. 79 c.p.a.).

40 Cfr. Anche Corte di giust., sent. 26 gennaio 1993 (cause C-320/90, C-321/90. C-322/90,

Telemarsicabruzzo) ove la Corte non statuisce sui quesiti proposti dal pretore di Frascati in quanto

«le ordinanze di rinvio sono particolarmente laconiche e avare di particolari quanto agli elementi

di fatto e di diritto che consentirebbero di identificare lo scopo delle questioni poste e quindi di comprenderne il senso e la portata».

41 Cfr. Corte di giust., sent. 10 marzo 1981, C-36/80 e C-71/80, Irish Creamery; sent. 30 marzo

2000, C-236/98, JamO; sent. 17 luglio 2008, C- 303/06, Coleman.

42 Si tratta delle “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione

di domande di pronuncia pregiudiziale” (2016/C 439/01) pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale

dell’Unione europea del 25 novembre 2016.

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sufficiente precisione il contesto di fatto e di diritto del procedimento principale nonché le questioni giuridiche che esso solleva”44.

Tuttavia, risulta comprensibile l’indirizzo talvolta espresso dalla Corte circa la preferenza per il rinvio disposto una volta che i fatti di causa siano accertati e l’ambito giuridico nazionale definito in modo da dare alla Corte piena conoscenza di tali elementi che possono avere rilievo per l’interpretazione che essa deve dare45.

Si vedrà in seguito come, nell’ambito dei giudizi introdotti dinanzi alla giustizia amministrativa, si sia verificato anche il caso di un rinvio pregiudiziale disposto dal giudice di primo grado a seguito di un appello in sede cautelare davanti al Consiglio di Stato durante il quale era stata fornita una differente interpretazione della disposizione rilevante nel caso di specie46.

Una volta pronunciato, il provvedimento di rimessione deve essere notificato dall’organismo giurisdizionale nazionale alla cancelleria della Corte che provvederà a sua volta a notificare il medesimo provvedimento alle parti in causa, agli Stati membri e alla Commissione, nonché all’istituzione, all’organo o all’organismo dell’Unione47 che ha adottato l’atto di cui è in discussione la validità o l’interpretazione.

Soffermandosi solo brevemente sulla procedura del giudizio dinanzi alla Corte, si rileva che entro due mesi dall’ultima notificazione, le parti sopra citate possono presentare alla Corte memorie o osservazioni scritte. Si compie così la prima delle due fasi di cui si compone il giudizio, nella sua forma ordinaria48. Alla fase scritta segue, infatti, una eventuale fase orale, da svolgersi in udienza pubblica.

44 Cfr. Raccomandazioni, cit., p. 13.

45 Corte di giust., sent. 10 marzo 1981, cause riunite C-36/80 e C-71/80, Irish Creamery (par. 6). 46 Vd. infra, cap. III.

47 A tali soggetti si devono aggiungere, ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte e dell’art. 96

del Regolamento di procedura, da un lato, gli Stati aderenti all’accordo SEE, diversi dagli stati membri, nonché l’Autorità di vigilanza AELS, quando alla Corte sono sottoposte questioni pregiudiziali concernenti uno degli ambiti applicativi di tale accordo; dall’altro, gli Stati aderenti ad un accordo concluso dal Consiglio in un determinato settore quando l’accordo lo prevede ed un organo giurisdizionale di uno Stato membro pone alla Corte una questione pregiudiziale concernente l’ambito di applicazione di tale accordo.

48 Il Regolamento di procedura disciplina peraltro due procedimenti di rinvio pregiudiziale

“speciali”. Il primo (art. 105 ss.) è il procedimento pregiudiziale accelerato che può essere disposto dal Presidente della Corte su domanda del giudice del rinvio o, eccezionalmente, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un rapido trattamento. Il secondo (art. 107 ss.) è il procedimento pregiudiziale d’urgenza che può essere disposto dal presidente della Corte sulla base di domanda

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La Corte, durante la fase istruttoria, può richiedere alle parti di produrre documenti ed informazioni che essa ritenga desiderabili49, può chiedere agli Stati membri ed alle Istituzioni, organi ed organismi che non siano parti in causa le informazioni che ritiene necessarie50, può disporre perizie51 e procedere all’audizione di testimoni52. Inoltre, sentito l’Avvocato generale, può chiedere chiarimenti al giudice del rinvio53.

Conclusa la fase orale (o quella scritta nel caso quest’ultima non sia celebrata) e una volta presentate le osservazioni da parte dell’Avvocato generale, la Corte, salvi i casi previsti dall’art. 99 del Regolamento, si pronuncia con sentenza, che produce effetti vincolanti dal giorno in cui è pronunciata.

Come accennato, la Corte non si pronuncia con sentenza bensì con ordinanza nelle tre ipotesi indicate dall’art. 99 ossia limitatamente al caso in cui la questione pregiudiziale sia identica ad altra questione sulla quale la Corte ha già statuito, quando la risposta a tale questione possa essere desunta chiaramente dalla giurisprudenza o quando la risposta alla questione pregiudiziale non dia adito a nessun ragionevole dubbio.

7. La pronuncia pregiudiziale e i suoi effetti nei confronti del giudice nazionale

Se il risultato del dialogo tra giudice nazionale e Corte di giustizia è costituito dalla pronuncia di quest’ultima, è anche vero che gli effetti di tale pronuncia si esplicano sia nell’ordinamento di appartenenza del giudice rimettente – il quale è chiamato a confrontarsi, nel suo operare successivo, con la decisione del giudice europeo – sia negli ordinamenti dei restanti Stati membri.

Guardando agli effetti della sentenza pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale, occorre distinguere tra i casi di pronuncia su giudizi di natura interpretativa e pronuncia in giudizi di validità.

motivata del giudice del rinvio o d’ufficio in relazione ai rinvii pregiudiziali vertenti sui settori previsti dal titolo V del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (spazio di libertà, sicurezza e giustizia).

49 Art. 24, co. 1 Statuto Corte di giustizia. 50 Art. 24, co. 2 Statuto Corte di giustizia. 51 Art. 25, Statuto Corte di giustizia. 52 Art. 26, Statuto Corte di giustizia. 53 Art. 101, Regolamento di procedura

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Nella prima ipotesi, la sentenza ha quale fine precipuo, come già detto, quello di individuare e definire il significato e la portata della normativa eurounitaria oggetto del quesito posto dal giudice nazionale rimettente.

Se è vero che il Trattato nulla dice sulla efficacia della sentenza resa in sede pregiudiziale, è anche vero che non si può dubitare che la statuizione della Corte vincola il giudice rimettente, che deve attenersi all’interpretazione fornita ed eventualmente disapplicare la normativa interna che riconosce in contrasto con quella europea alla luce della medesima interpretazione. Ammettere una tesi differente significherebbe svuotare di senso il meccanismo dell’art. 267 TFUE riducendo il dictum della Corte a mero parere consultivo54. L’unico possibile rimedio che potrebbe adottare il giudice a quo sarebbe quello di sollevare eventualmente una nuova questione pregiudiziale, in ragione di ulteriori motivi e necessità interpretative, ma senza poter in alcun modo contestare l’efficacia della sentenza già emessa.

Quanto agli effetti della pronuncia nei confronti degli altri giudici, si è osservato che non si possa parlare in senso stretto di efficacia erga omnes, quanto piuttosto di effetti sostanzialmente analoghi, temperati però dalla possibilità di sottomettere nuovamente un quesito alla Corte con l’obiettivo di sollecitare un mutamento nell’indirizzo precedente. Non v’è dubbio, d’altra parte, che le sentenze della Corte abbiano un effetto normativo nell’ambito dell’ordinamento eurounitario, costituendo parte integrante del c.d. acquis communautaire55.

54 Sul punto si veda Corte di giust., sent. 3 febbraio 1977, C-52/76, Benedetti, all’esito di un rinvio

pregiudiziale in cui il giudice rimettente (il pretore di Cittadella) chiedeva se ciò che la Corte “dice per diritto” vincolasse il giudice di merito alla stessa stregua di come esso è vincolato dal “punto di diritto” stabilito dalla Corte di Cassazione. La Corte, in tale occasione, pur dichiarandosi non competente ad interpretare il diritto interno, e non potendo pertanto procedere ad effettuare confronti tra gli effetti prodotti dal giudice nell’ordinamento interno con quelli delle proprie pronunce, affermava che essa è «competente a “pronunciarsi” sull’interpretazione del “presente

trattato” e su quella degli “atti compiuti dalle istituzioni della Comunità”. Ne consegue che una sentenza emessa in via pregiudiziale ha lo scopo di risolvere questioni di diritto e vincola il giudice nazionale quanto all’interpretazione delle norme e degli atti comunitari cui essa si riferisce».

55 Con riferimento all’ordinamento italiano si veda la sentenza della Corte costituzionale n.

113/1985 ove è stata affermata la primazia del diritto comunitario anche nella misura in cui esso sia costituito dalle statuizioni della Corte di giustizia: «La normativa comunitaria […] entra e

permane in vigore, nel nostro territorio, senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge ordinaria dello Stato,; e ciò tutte le volte che soddisfa il requisito dell’immediata applicabilità. Questo principio […] vale non soltanto per la disciplina prodotta dagli organi della CEE mediante regolamento, ma anche per le statuizioni risultanti […] dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia».

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Purtuttavia, può essere richiamata ancora una volta la citata sentenza Cilfit, nella parte in cui fa riferimento all’esonero dell’obbligo di rinvio nel caso di una giurisprudenza costante ed univoca circa l’interpretazione di una disposizione. È evidente che da ciò si ricava come il giudice che intenda adeguarsi a tale indirizzo giurisprudenziale possa non disporre il rinvio, ma, al contempo, si desume che, laddove esso intenda discostarsene, sia tenuto a investire la Corte della questione. Con la conseguenza, pertanto, che la possibilità di mutare interpretazione è possibile solo laddove la Corte muti la propria giurisprudenza56.

Anche se non vi sono espliciti pronunciamenti, deve invece escludersi che la Corte sia vincolata ai propri precedenti, in applicazione di un modello di stare

decisisis.

Non mancano, infatti, casi in cui la Corte ha dato dimostrazione di modificare il proprio orientamento, anche in assenza di elementi che permettessero di discostarsi dai casi precedenti.

Quanto alle decisioni relative ai rinvii pregiudiziali di validità, anche in questo caso non può affermarsi un’efficacia formale erga omnes57. Al contempo, tuttavia, come la Corte ha avuto modo di precisare, proprio in considerazione dello scopo che tale strumento di rinvio possiede, la pronuncia pregiudiziale, sebbene abbia quale destinatario diretto solo il giudice che si è rivolto alla Corte, “costituisce per

qualsiasi altro giudice un motivo sufficiente per considerare tale atto non valido ai fini di una decisione ch’esso debba emettere”58, cosicchè essi sono pienamente legittimati a trarre, per le cause instaurate dinanzi ad essi, le debite conseguenze da una sentenza della Corte emessa in relazione ad una controversia tra altre parti59.

Ciò, tuttavia, non priva il giudice nazionale dalla competenza relativa al rinvio pregiudiziale che certamente può riproporre in relazione allo stesso atto normativo

56 R.CARANTA, Giustizia amministrativa e diritto comunitario, cit., p. 278; E.CANNIZZARO, Il

diritto dell’integrazione europea, cit., p. 224; P. COSTANZO – L. MEZZETTI – A. RUGGERI,

Lineamenti di diritto costituzionale dell’Unione europea, cit., p. 364 ss.

57 Parla espressamente di efficacia relativa del giudicato o giudicato inter partes P. Pescatore in Il

rinvio pregiudiziale di cui all’art. 177, cit., p. 41.

58 Cfr. Corte giust., sent. 13 maggio 1981, C-66/80, Spa International Chemical Corporation, par.

13.

59 Come osservato dalla Corte di Giustizia nelle sentenze 19 ottobre 1977 (cause riunite C-117/76

e C-16/77 e cause riunite 124/76 e 20/77), anche il Consiglio e la Commissione, autori di atti normativi invalidi sono tenuti a trarre le debite conseguenze dalla pronuncia della Corte.

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qualora sussistessero “questioni relative ai motivi, alla portata ed eventualmente

alle conseguenze dell’invalidità precedentemente accertata”60.

Posto ciò, non può non rilevarsi che gli effetti delle sentenze pregiudiziali di invalidità sono differenti da quelli derivanti da una pronuncia a seguito di un’azione di annullamento di cui all’art. 263 e 264 TFUE, per mezzo della quale si perviene all’espunzione della disposizione dall’ordinamento eurounitario. Per ciò che riguarda gli effetti della sentenza in una prospettiva temporale, la pronuncia pregiudiziale ha effetti ex tunc e vincola i giudici nazionali (nella misura in cui si è detto poc’anzi) anche con riferimento a rapporti sorti precedentemente alla pronuncia stessa61. A tale regola generale si accompagna, tuttavia, la possibilità per la Corte di regolare e limitare in via eccezionale gli effetti temporali qualora un’applicazione dell’interpretazione proposta potrebbe portare a “gravi sconvolgimenti […] nei rapporti giuridici stabiliti in buona

fede”62. Tale possibilità è comunque riservata alla competenza esclusiva della Corte che deve stabilirne la portata nella sentenza e in nessun caso può essere oggetto di diversa determinazione del giudice nazionale.

8. La violazione dell’obbligo di rinvio tra tutela dell’ordinamento europeo e tutela dei diritti soggettivi.

Quanto già osservato con riferimento al dovere-potere di rinvio pregiudiziale da parte dell’organismo giurisdizionale nazionale deve porsi in naturale relazione con la problematica circa la responsabilità nel caso in cui il giudice ometta di compiere un rinvio da ritenersi doveroso.

La sanzione per l’omesso rinvio non trova una specifica disciplina positiva ma è possibile individuare sia nell’ordinamento dell’Unione, sia nell’ordinamento interno strumenti efficaci che rendono “sconsigliabile” l’ipotesi di non rinvio nei casi in cui il giudice sia tenuto a proporlo.

Alcuni di questi strumenti operano sul piano della tutela dell’interesse oggettivo dell’ordinamento, nella consapevolezza che l’inottemperanza all’obbligo di rinvio costituirebbe un vulnus per l’intero ordinamento europeo. Altri, invece, trovano la

60 Ibidem, par. 14.

61 In tal senso si veda Corte di giust., sent. 27 marzo 1980, C-61/79, Denkavit italiana. 62 Ibidem, par. 17; sul punto anche Corte di giust., sent. 8 aprile 1976, C-43/75, Defrenne.

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loro forza nell’interesse soggettivo del cittadino europeo a non vedersi sottratto un’efficace strumento di tutela.

Guardando ai primi, occorre rilevare una certa debolezza sanzionatoria nei confronti dell’inottemperanza dell’obbligo del rinvio, se si considera, in particolare, il persistente indirizzo della Commissione che non ha mai ritenuto di attivare, in tali circostanze, la procedura di infrazione ai sensi dell’art. 258 TFUE. Tale ritrosia nell’utilizzo della procedura di infrazione è stata giustificata dalla stessa Commissione sul presupposto che tale strumento non costituirebbe il mezzo più adeguato per garantire una applicazione corretta del meccanismo del rinvio e da riservare, in ogni caso, ai casi più gravi, ove la mancata applicazione fosse determinata da ignoranza manifesta o da un atteggiamento deliberato63.

È stato anche osservato che, per un verso, il rifiuto di agire ai sensi dell’art. 258 TFUE sarebbe legato alla indisponibilità del meccanismo da parte del privato che realmente sarebbe interessato all’effettiva sanzione di tale comportamento, e che, per l’altro verso , tale tesi non consideri affatto l’interesse sistemico e ordinamentale che soggiace ad una corretta applicazione dello strumento di dialogo fra le Corti64.

Tutto ciò appare peraltro in contrasto con quanto la Commissione affermava con una Comunicazione del 2002, ove individuava tra le infrazioni che mettono in causa i fondamenti della Comunità di diritto proprio quelle infrazioni che ostacolano il ricorso dinanzi alla Corte di giustizia per una richiesta di pronuncia pregiudiziale65.

La stessa Corte di giustizia ha riconosciuto che la violazione dell’art. 234 TCE (ora 267 TFUE) rientra nel novero delle violazioni del diritto europeo che può essere oggetto di un giudizio promosso dalla Commissione66.

63 G.RAITI, La collaborazione giudiziaria nell’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario,

cit., p. 303.

64 E. ALBANESI, Pluralismo costituzionale e procedura d’infrazione dell’Unione europea,

Giappichelli, 2018, p. 273 ss.

65 Cfr. Comunicazione della Commissione sul miglioramento nel controllo dell’applicazione del

diritto comunitario, COM(2002)725, p. 12.

66 Cfr. Corte di giust., ord. 3 giugno 2005, C-396/03 Magnus Killinger c. Repubblica Federale

della Germania, ove si afferma che «nell’organizzazione dei rimedi giurisdizionali, come prevista

dal Trattato, una violazione del diritto comunitario da parte delle autorità nazionali, circostanza che include una violazione dell’art. 234, terzo comma, CE, può essere sollevata dalla Commissione o da altro Stato membro dinanzi ai giudici comunitari oppure può essere sollevata da qualsiasi persona fisica o giuridica dinanzi ai giudici nazionali competenti» (par. 28).

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