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Riparto di competenze, effettività del servizio pubblico, modelli di gestione e principio di democraticità.

Nel documento Il risarcimento del danno ambientale (pagine 52-55)

5. Il ridimensionato ruolo degli enti territoriali alla luce del principio di sussidiarietà 1 Legittimazione procedimentale e processuale a tutela degli interessi collettivi.

5.4 Riparto di competenze, effettività del servizio pubblico, modelli di gestione e principio di democraticità.

Il tema della efficace tutela dell’ambiente appare spesso influenzato dalle questioni relative al riparto delle competenze tra i vari livello di governo e ai modelli di gestione dei servizi ambientali (gestione rifiuti e servizio idrico per esempio).

Si è a lungo discusso su quale sia il livello di governo del territorio più adatto a gestire le emergenze ambientali e se in questa materia, in cui emergono rilevanti profili di interesse pubblico legati ai diritti fondamentali della persona umana (come la salute per esempio), possa essere giustificata una deroga al principio di sussidiarietà verticale, che governa la ripartizione di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali.

Come si è visto, il codice dell’ambiente marginalizza il ruolo dell’ente locale, soprattutto in materia di risarcimento del danno ambientale, anche se permangono poteri e responsabilità attributi al Comune, sul quale alla fine grava la responsabilità finale delle emergenze ambientali.

Altro tema del dibattito politico, giuridico ed economico è quello legato ai modelli di gestione dei servizi ambientali e alle refluenze di tali scelte sulla tutela dell’ambiente, di particolare attualità anche alla luce dei quesiti referendari in tema di gestione del servizio idrico recentemente presentati in Cassazione. Nella relazione di accompagnamento agli stessi si legge, infatti, che la scelta che il legislatore ha compiuto con il cd. decreto Ronchi152 di privatizzare i servizi pubblici locali, compreso quello idrico, “al di là della retorica efficientista che lo accompagna, rappresenta un danno per l’ambiente, la salute e non da ultimo per l’occupazione”, sulla base delle considerazioni che “il proprietario reale è colui che gestisce il bene ed eroga il servizio” e che “un bene è pubblico se è gestito da un soggetto formalmente e sostanzialmente pubblico, nell’interesse esclusivo della collettività”.

La dottrina ha, tuttavia, rilevato come non sia opportuno attribuire un rilievo centrale alle forme giuridiche di gestione dei servizi pubblici, in quanto occorre dare prevalenza agli

152

I quesiti referendari sono tre: 1) abrogazione dell’art. 23 bis (12 commi) della l. n. 133 del 2008 relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, così come modificato dall’art. 15 della legge di conversione n. 166 del 2009; 2) abrogazione dell’art. 150 (quattro commi) del d. lgs. n. 152 del 2006, relativo alla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato; 3) abrogazione dell’art. 154 del d. lgs. n. 152 del 2006, limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa costituisce corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto dell’adeguata remunerazione del capitale investito.

obblighi assunti nei confronti degli utenti di rendere servizi accessibili e qualitativamente accettabili153.

I temi del riparto di competenze e dei modelli di gestione dei servizi pubblici in rapporto alla tutela ottimale dell’ambiente trovano applicazione concreta nel caso degli A.T.O. rifiuti della Regione Sicilia.

Gli Ambiti Territoriali Ottimali in materia di rifiuti sono, come previsto dal codice dell’ambiente (art. 201), strutture dotate di personalità giuridica costituite in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla Regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti. Tale modello, pur non mancando esempi virtuosi, si è dimostrato ampiamente fallimentare, tant’è che è stato soppresso dal legislatore154.

La Corte dei conti, in una recente relazione sul fenomeno della gestione dei rifiuti in Sicilia155, ha evidenziato le seguenti principali ragioni dell’aumento dei costi e dei disservizi:

1) il maggiore costo (del 30% circa) del contratto di FederAmbiente applicato al personale trasferito agli A.T.O. rispetto a quello degli enti locali relativo al personale prima in servizio presso i Comuni, in particolare per il personale A.S.U.;

2) il trasferimento di beni strumentali (automezzi ed attrezzature) insufficienti nel numero ed in pessime condizioni d’uso;

3) l’elevato costo di smaltimento in discarica;

153

I. M. MARINO, Effettività, servizi pubblici ed evoluzione dei sistemi <<a diritto amministrativo>>, Diritto e processo amministrativo, 1/07, 67: “le forme giuridiche di gestione dei servizi pubblici rimangono meno rilevanti (…), in quanto l’effettività si riferisce anzitutto agli obblighi assunti al pubblico (dagli enti territoriali) di rendere servizi (qualitativamente accettabili ed) accessibili per la gran parte della collettività, rimanendo meno rilevante la modalità con cui il servizio viene gestito se non per l’aspetto che ne viene a restringere o ad ampliare l’utenza. (…) pur nella consapevolezza che il difficile equilibrio fra la logica del mercato e gli aspetti sociali incide notevolmente sull’effettività dei servizi, a partire dalla loro effettiva accessibilità”.

154 Cfr. il comma 186-bis dell'art. 2 della legge 23.12.2009, n. 191, aggiunto dal comma 1-quinquies dell'art. 1

del D.L. 25.1.2010, n. 2, nel testo integrato dalla legge di conversione 26.3.2010 n. 42: “Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d'ambito territoriale di cui agli articoli

148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine,

ogni atto compiuto dalle Autorità d'ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201

del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore

della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

155 Corte dei conti, sezione del controllo per la Regione siciliana, delibera n. 32 del 29 aprile 2008, Indagine sul

funzionamento degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.) limitatamente alla gestione dei rifiuti, e disamina dei correlati profili finanziari.

4) l’applicazione dell’IVA del 10% sulle fatture emesse dalle società d’ambito, solitamente S.p.A. esterne ai singoli comuni, “con conseguente ulteriore aumento finale dei costi e della pressione fiscale a carico dei cittadini”;

5) in passato i Comuni richiedevano il rimborso di una percentuale dei costi del servizio di circa il 50%-60%, compensandolo con la fiscalità generale, mentre con il passaggio a tariffa, gli A.T.O. fatturano direttamente ai cittadini il 100% dei costi; 6) gli A.T.O. dovrebbero essere soltanto una sorte di “autority” con funzioni, quindi, non

comprendenti la gestione del servizio, mentre ciò spesso non è avvenuto, con uno snaturamento delle loro funzioni di dubbia legittimità comunitaria;

A queste considerazioni della Corte dei conti occorre aggiungere che la crisi della gestione degli ATO si è maggiormente evidenziata nei casi di totale passaggio della gestione del servizio e della riscossione della tariffa all’ATO stesso. L’inefficienza degli ATO nella riscossione della tariffa (con conseguente crollo della stessa) generato dall’insofferenza dei cittadini nei confronti di una tariffa incrementata nel corso degli anni in maniera esponenziale a fronte di un servizio di scarsa qualità e dei fenomeni di accumulo dei rifiuti per le strade a causa degli scioperi del personale delle ditte aggiudicatarie del servizio per i cronici ritardi nel pagamento degli stipendi, ha provocato una crisi ambientale senza precedenti, che ha comportato danni alla salute e ambientali di notevole rilievo.

La crisi finanziaria e di gestione degli ATO ha scaricato sugli enti locali soci delle società d’ambito le conseguenze economiche e sociali del fenomeno. Il Comune, pur essendo talvolta formalmente spogliato della responsabilità (quantomeno diretta) del servizio per aver trasferito all’ATO anche la riscossione (come nel caso dell’ATO CT 3), si è visto comunque coinvolto con continue richieste di somme a titolo di anticipazione (una sorta di prestito del socio nei confronti della società) da parte dell’ATO stessa, con la gestione della protesta dei cittadini che vedono nel Comune comunque il loro interlocutore, con la gestione dell’emergenza che gli altri enti tendono a delegare al Sindaco, quale organo responsabile nel territorio della salute dei cittadini, competente anche ad emanare le ordinanze contingibili ed urgenti previste dal codice dell’ambiente (art. 191) e dal t.u. enti locali n. 267/2000.

La consapevolezza della crisi degli ATO ha spinto il legislatore della Regione Sicilia ha riformare il sistema di gestione dei rifiuti, riducendo drasticamente il numero degli stessi e attribuendo ai Comuni la responsabilità del servizio, con un coinvolgimento diretto nella fase

della riscossione e nei rapporti con il gestore del servizio156, avvalendosi di una società consortile per ogni ATO per l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge stessa.

L’esperienza della Regione Sicilia in materia di gestione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti dimostra come l’ente locale Comune sia il naturale referente del cittadino nella materia ambientale e rappresenti il livello di governo maggiormente coinvolto nella gestione dell’emergenza ambientale. Allo stesso deve, pertanto, essere riconosciuto un ruolo adeguato nella materia ambientale, supportato dai livelli di governo provinciale e regionale quando la natura dell’emergenza coinvolge un territorio più ampio rispetto a quello comunale.

Il fallimento delle ATO dovrebbe, altresì, spingere il legislatore ad interrogarsi sulla opportunità di attribuire a soggetti formalmente privatistici funzioni e compiti di fondamentale rilievo pubblicistico, legati a servizi che devono comunque essere garantiti alla collettività anche nel caso di mancata riscossione della tariffa. In altre parole, poiché l’Autorità pubblica non può tollerare che i rifiuti non vengano raccolti (per gli evidenti rischi per la salute pubblica) e non può interrompere il servizio nei confronti di quei soggetti che non ne paghino il corrispettivo (come può fare, viceversa, per il servizio idrico, elettrico, ecc.), appare chiaro che l’utilizzo del modello privatistico, astrattamente utile in considerazione della natura economica del servizio, deve essere attentamente valutato.

Nel documento Il risarcimento del danno ambientale (pagine 52-55)