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La riproducibilità in serie della realtà

Modernismo Postmodernismo

3. La riproducibilità in serie della realtà

Nel 1982, in occasione di una conferenza a New York, Fredric Jameson affronta lo spinoso argomento del rapporto tra postmodernismo e società dei consumi, che prenderà forma e si concretizzerà con la pubblicazione del saggio Postmodernism, or the Cultural

Logic of Late Capitalism47 in cui l’autore considera il postmodernismo come la

dominante culturale, l’ideologia del tardo capitalismo che tende alla giustificazione di tale ordine economico. Sulla questione della scelta fra un atteggiamento positivo e uno negativo nei confronti del postmodernismo, Jameson afferma:

Intendo proporre una posizione dialettica, nella quale il postmoderno non sia considerato né come un fenomeno immorale, frivolo e condannabile per la sua mancanza di dignitosa serietà, né come un fenomeno positivo in senso celebrativo alla McLuhan, quasi si trattasse dell’arrivo di una meravigliosa nuova realtà utopica. Elementi dell’uno e dell’altro scenario si stanno realizzando contemporaneamente. Certi aspetti del postmodernismo possono essere giudicati in modo relativamente positivo, come per esempio il ritorno al gusto di raccontare storie dopo quella specie di romanzi in poesia che il modernismo amava produrre. Altri aspetti sono ovviamente negativi (la perdita del senso della storia, per esempio).48

Infatti anche Jameson, come Lyotard, problematizza la riduzione di qualsiasi oggetto a merce, la generalizzazione del valore di scambio, fino alla scomparsa di quello d’uso. Una società consumistica che domina gusto e moda e una cultura dello spettacolo che comporta la dissoluzione del senso della realtà riducendolo a feticcio, immagine, simulacro. Jameson evidenzia così le due caratteristiche culturali del mondo socio- economico del tardo capitalismo: la mercificazione e il feticismo delle merci che hanno comportato il crollo della distinzione fra cultura di élite e cultura di massa:

Il postmoderno ha infatti subito tutto il fascino di questo paesaggio «degradato» di schlock e kitsch, di serial televisivi e cultura da «Reader’s Digest», di pubblicità e motel, di show televisivi, film hollywoodiani di serie b e della cosiddetta paraletteratura con i suoi

47 Fredric Jameson, Postmodernism or the cultural logic of late capitalism, Duke University press,

Durham 1975, trad. it. Postmodernismo. Ovvero la logica culturale del tardo capitalismo, Fazi, Roma 2007.

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paperback da aeroporto, divisi nelle categorie del gotico o del romanzo rosa, della biografia romanzata e del giallo, della fantascienza e del fantasy: materiali che nel postmoderno non vengono semplicemente citati, ma incorporati in tutta la loro sostanza.49

Anche Baudrillard, nel saggio La società dei consumi, sostiene che la distinzione tra materiale e simbolico – nelle società tardo-capitaliste – è ormai sfumata e il consumo non si riferisce più al miglioramento della vita umana, ma al contrario, proprio a partire dal consumo di massa, la realtà viene trasformata in un “pastiche” di immagini e pseudoeventi privo di significato: la sfera del consumo trionfa su quella della produzione:

Entriamo qui nel mondo dello pseudo-avvenimento, della pseudo-storia, della pseudo- cultura, di cui ha parlato Boorstin nel suo libro L’image. Vale a dire di avvenimenti di storia, di cultura, di idee non prodotte a partire da un’esperienza mobile, contraddittoria, reale, ma prodotti come artefatti a partire da elementi del codice e della manipolazione tecnica del medium. È questo e null’altro ciò che definisce ogni significato, qualunque esso sia, come consumabile. È questa generalizzazione della sostituzione del codice al referenziale che definisce il consumo dei mass media... È nella forma che è cambiato tutto: vi è dunque sostituzione, in luogo e al posto del reale, di un neoreale completamente prodotto a partire dalla combinazione degli elementi di codice.50

Così, la necessità di un bene non va inteso come «una relazione tra un individuo e un oggetto», ma va richiamato a segni che sono parte di un sistema culturale che «sostituisce un ordine sociale di valori e classificazioni a un modo contingente di bisogni e piaceri»51. Nel tardo-capitalismo non solo la produzione ma anche il consumo viene disciplinato e razionalizzato per favorire la riproduzione della struttura economica, e il soggetto si ritrova impotente nei confronti del sistema degli oggetti, tanto che rimane solo un insieme di «segni autoreferenziali» fondato sulla ricorrente generazione di differenze simulate, una «iperrealtà», che si colloca al di là della distinzione tra reale e immaginario.

Viviamo così al riparo dei segni e nella negazione del reale... Il contenuto dei messaggi, i significati dei segni, sono largamente indifferenti... Secondo lo stesso schema si può affermare che la dimensione del consumo, così come l’abbiamo qui definita, non è quella

49 Intervista di Jameson a Stephanson in Remo Ceserani, Raccontare il postmoderno, cit., p. 10.

50 Jean Baudrillard, La società dei consumi: i suoi miti e le sue strutture, Il Mulino, Bologna 1976, pp.

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della conoscenza del mondo, ma neppure più quella dell’ignoranza totale: è quella del disconoscimento.52

I media e il vertiginoso moltiplicarsi delle merci sono dunque i veicoli attraverso cui si crea un mondo simulato caratterizzato dalla supremazia del significante, in cui gli individui non sono altro che schemi di consumo predeterminati. Gli oggetti stessi diventano segni intercambiabili, senza rimandare ad altro che a se stessi, e perdono il loro contenuto.

Questa modificazione nella percezione delle immagini e degli oggetti viene causata principalmente sia dall’avvento prepotente dei mass-media che hanno modificato i sistemi di informazione e di relazione sociale in tutti i livelli e gli aspetti della vita umana, sia dalla sfera culturale che viene riassorbita nel vortice totalizzante del capitale e del mercato: tutto diventa culturale, non esistono più dei criteri di discernimento per distinguere ciò che è arte da ciò che non lo è, e la cultura stessa diventa una figura bidimensionale, una superficie opaca, un’immagine che si ripete su se stessa perdendo il suo referente ultimo, in un gioco di rimandi che si risolve nella reificazione dell’immagine stessa e nella perdita della profondità53

. Inoltre si assiste a una totale colonizzazione della natura da parte della cultura e alla mercificazione della cultura stessa, all’esaltazione del mercato, della commistione di mercato e media, e all’abolizione di ogni distanza critica tra merce e immagine:

In postmodern culture, “culture” has become a product in its own right; the market has become a substitute for itself and fully as much a commodity as any of the items it includes within itself: modernism was still minimally and tendentially the critique of the commodity and the effort to make it transcend itself. Postmodernism is the consumption of sheer commodification as a process.54

Ciò comporta inoltre la stessa alienazione dell’opera d’arte:

The very experience of art itself today is alienated and made “other” and inaccessible to too many people to serve as a useful vehicle for their imaginative experience … the experience of the production of such art forms is inaccessible to most people (including critics and

52 Jean Baudrillard, La società dei consumi: i suoi miti e le sue strutture, cit., p. 15. 53 Cfr. Gaetano Chiurazzi, Il postmoderno, Mondadori, Milano 2002, p. 16.

54 Fredric Jameson, Postmodernism or the cultural logic of late capitalism, Duke University press,

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intellectuals), who thereby find themselves thrown back on an experience of both kinds of art as sheer reception. 55

In questo panorama descritto da Jameson si sviluppa la teoria del simulacro di Baudrillard, che «prende vita in una società in cui il valore di scambio si è talmente generalizzato da cancellare la stessa memoria del valore d’uso»56

. Infatti Baudrillard afferma che il capitalismo maturo tende a porre in secondo piano la soddisfazione dei bisogni primari, dati per acquisiti in una società opulenta, e privilegia piuttosto i valori connessi alla costituzione del prestigio sociale e alla comunicazione. Nella società postmoderna, infatti, la realtà sarebbe stata sottoposta a un progressivo processo di smaterializzazione, tale per cui la simulazione e la riproduzione indotte delle comunicazioni di massa avrebbero spodestato qualsiasi riferimento alla natura o al bisogno. A tale proposito Baudrillard, in Lo specchio della produzione, esalta la portata del cambiamento tecnologico in atto e condanna la perdita dei valori umani e la morte delle società tradizionali:

Nel cuore stesso dell’informazione è la storia a essere ossessionata dalla propria scomparsa… Nel cuore della sperimentazione, è la scienza a essere ossessionata dalla scomparsa del proprio oggetto… Dappertutto lo stesso effetto stereofonico, di prossimità assoluta del reale: lo stesso effetto di simulazione… L’essenza originaria della musica, il concetto originale della storia sono scomparsi, perché non potremmo più isolarle dal loro modello di perfezione, che è contemporaneamente il loro modello di simulazione, dalla loro assunzione forzata in un’iperrealtà che le cancella.57

Tra gli aspetti innovativi di questo periodo si possono ritrovare l’esigenza e il tentativo di confrontarsi con un mondo sempre più eterogeneo e confuso e perciò irrappresentabile, e il tentativo di riscrivere la cartografia cognitiva dell’uomo. Questa trasformazione non interessa solamente il valore dell’opera d’arte ma anche il soggetto che da alienato diverrà frammentato, così come le sue emozioni:

If the great negative emotions of the modernist moment were anxiety, terror, the being- unto-death, … what characterizes the newer “intensities” of the postmodern, … can just as well be formulated in terms of the messiness of a dispersed existence, existential messiness

55 Fredric Jameson, Postmodernism or the cultural logic of late capitalism, cit., p. 146.

56 Jean Baudrillard, La società dei consumi: i suoi miti e le sue strutture, Il mulino, Bologna 1976, p. 38. 57

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… the structural distraction of the decentered subject now promoted to the very motor and existential logic of late capitalism itself.58

Infatti, l’opera d’arte viene concepita come pura merce, anti-auratica, volta alla moltiplicazione seriale, senza alcuna distinzione fra arte bassa e quella alta, né presuppone – oramai – la sua originalità, in quanto intesa come citazionismo infinito, perpetuo e autoreferenziale. Bell, a tale proposito, descrive il postmodernismo come l’esaurimento del modernismo «attraverso l’istituzionalizzazione degli impulsi creativi da parte della “massa culturale”, come segno dell’edonismo irrazionale del consumismo capitalistico»59. In sintesi lo stato e il sistema capitalistico hanno sensibilmente influenzato la percezione del lavoro, dell’individuo, creando nuovi bisogni e controllando ogni aspetto dell’esistenza umana. Pertanto il postmodernismo si figura come l’imitazione delle pratiche sociali, economiche e politiche in vigore nella società, con particolare attenzione alla creazione successiva e sovrapposizione di mondi diversi, riconoscendo «le molteplici forme della diversità»60, tutte ugualmente accettate e mostrate nella loro simultaneità contingente.

58 Fredric Jameson, Postmodernism or the cultural logic of late capitalism, cit., p. 117. 59 David Harvey, La crisi della modernità, cit., p. 82.

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