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2.1.1 Crisi Finanziaria

"Nell’autunno del 2008 il mondo è entrato nella recessione più profonda mai registrata

dalla Seconda guerra mondiale" [28]

All’origine della crisi finanziaria internazionale del 2007 c’è stato lo scoppio nel mercato americano della bolla speculativa nel settore immobiliare e il conseguente crollo del valore dei titoli subprime, ovvero dei titoli rappresentativi dei prestiti e dei mutui erogati dagli istituti di credito a clienti ad alto rischio. La cartolarizzazione dei mutui in titoli ha fatto sì che la crisi si sia diffusa in tempi rapidi nel resto del mondo, comportando una contrazione dell’attività economica a livello globale e una forte instabilità nei mercati internazionali. Alla base della concessione di tali prestiti, oltre alla possibilità di ottenere ampi margini di profitto, vi erano aspettative economiche che si sono rivelate inesatte, ovvero l’aspettativa di una continua crescita del prezzo delle case (in caso di inadempienza del mutuatario le banche si aspettavano di rientrare del prestito vendendo all’asta gli immobili ad un prezzo tale da non provocare perdite a bilancio) e l’aspettativa che i tassi di interesse si sarebbero mantenuti ad un livello basso.

Quando, a partire dal 2005, la Fed ha iniziato ad aumentare i tassi di interessi (che erano stati abbassati in conseguenza della crisi degli anni 2000), una gran parte di mutuatari, che avevano stipulato contratti a tasso variabile – più conveniente di un tasso fisso1, vd. figura 2.3 -, si sono ritrovati nell’incapacità di ripagare i propri debiti. È stato allora che le banche hanno visto in breve tempo un enorme quantità di titoli rischiosi diventare titoli spazzatura a bilancio, i clienti non erano in grado di ripagare i mutui sulle case e non vi era la possibilità di poter rivendere gli asset immobiliari a prezzi tali da coprire gli investimenti.

L’esempio della crisi finanziaria, che da molti economisti è considerata la peggior crisi avvenuta nell’epoca del capitalismo, dà un’idea dell’influenza che può avere una modifica del tasso di interesse e soprattutto delle problematiche che si possono trovare ad affrontare le società che sono soggette, fra tutti, anche al rischio di tasso di interesse.

2.2

Il Rischio di Tasso di Interesse

Il rischio di tasso di interesse può essere definito come il rischio che il valore delle at- tività e delle passività possa cambiare a causa di una variazione nella struttura a termine dei tassi di interesse2. Può essere ritenuto una delle più importanti forme di rischio che le

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La scelta di un tasso fisso comporta una sorta di assicurazione per il mutuatario perché il tasso resterà invariato per tutta la durata del contratto qualunque cosa accada a livello macroeconomico, la scelta di un tasso variabile invece si tramuta in un’incognita in quanto il tasso di interesse potrà mutare in base al mercato.

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Figura 2.3: Tassi Storici a Breve e a Lungo (Fonte Bloomberg)

istituzioni bancarie devono affrontare nel loro ruolo di intermediari finanziari dato che la maggior parte delle loro linee di business genera esposizioni a tale forma di rischio. Il rischio di tasso di interesse può colpire non solo l’attività bancaria, che per sua natura ne è profondamente esposta, ma pure le società finanziarie e non e gli investitori individuali. A seconda del soggetto a cui ci si riferisce il rischio può avere una connotazione diversa, infatti nel caso del singolo investitore può essere espresso come il rischio che il rendimento di un investimento possa essere inferiore a quello atteso, altrimenti nel caso di una socie- tà industriale può essere espresso come il rischio di un maggior costo del capitale. Per quanto riguarda le imprese non finanziarie i tassi di interesse rappresentano il costo per l’utilizzo delle disponibilità liquide. Il rischio per questa tipologia di società è quello che un incremento nei tassi d’interesse comporti un aumento degli oneri finanziari pagati sul- l’indebitamento a tasso variabile, in altri termini è il rischio di una diminuzione del ritorno su di un investimento industriale dovuto ad un aumento delle uscite per oneri finanziari sul debito a tasso variabile. Il rischio risulta amplificato quanto maggiori sono i livelli di indebitamento indicizzato al tasso variabile della società e quanto contenuti sono i margini reddituali. Nel caso di imprese con posizione finanziaria netta positiva sussiste il rischio inverso che una riduzione dei tassi comporti una diminuzione dei proventi finanziari. Le alternative in mano ad una società industriale per coprire tale rischio sono la decisione di indebitarsi soltanto a tasso fisso o quella di coprirsi stipulando contratti finanziari de- rivati. Per quanto riguarda gli intermediari finanziari, che per mestiere scambiano titoli, e i detentori di obbligazioni a tasso fisso, una variazione del tasso di interesse durante la vita del prestito obbligazionario provoca un rischio di prezzo e/o un rischio di reinvesti-

2.2 Il Rischio di Tasso di Interesse 21

mento. Il rischio di prezzo riguarda la possibilità che il valore di mercato di un’attività finanziaria possa subire modificazioni nel corso del tempo a seguito della dinamica dei tassi di interesse di mercato, ciò comporta una differenza tra valore di mercato e valore al quale lo strumento è entrato a bilancio dell’intermediario con la successiva necessità di intervenire nella contabilizzazione ogniqualvolta la normativa di settore richieda una va- lutazione mark-to-market. Si individua una correlazione inversa tra prezzo e rendimento del titolo a scadenza. Il rischio di reinvestimento è legato alla possibilità che i tassi a cui vengono investiti i flussi di cassa derivanti dall’attività possano essere maggiori/minori di quelli impliciti nel tasso di rendimento a scadenza dello strumento finanziario. Ad esempio se i tassi di interesse aumentano, le cedole di un titolo potranno essere reinvestite ad un tasso maggiore garantendo un rendimento superiore a quello calcolato ex ante. Il rischio di prezzo e il rischio di reinvestimento hanno effetti opposti sul valore del portafoglio.

L’attività bancaria è l’attività che maggiormente tende ad essere sottoposta al rischio di tasso inteso come il rischio che l’andamento dei tassi sul mercato possano determinare variazioni del rendimento medio degli impieghi e del costo medio della raccolta, creando ripercussioni sul margine di interesse e di conseguenza una volatilità nella redditività e nel valore economico dell’istituto. La motivazione principale è legato al fatto che uno degli elementi caratterizzanti l’attività bancaria è la trasformazione delle scadenze. L’articolo 10 del Testo Unico Bancario, comma I, enuncia che “la raccolta di risparmio tra il pubblico

e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria”. Il rischio di tasso scaturisce dal

fatto che, per loro natura, attività e passività bancarie hanno differenti scadenze e/o istanti di revisione del tasso (per le poste a tasso variabile); tipicamente una banca raccoglie fondi con depositi a vista o a breve termine per finanziare operazioni nell’attivo a lungo termine (prestiti finanziari) che possono essere stipulati a tasso fisso. Questo mismatch, qualora si verifichi una variazione del tasso di interesse di mercato, va ad influire sulla redditività bancaria in quanto l’istituto si troverebbe nella condizione di finanziarsi ad un tasso più alto (aumento dei tassi) o più basso (diminuzione dei tassi) modificando conseguentemente i margini di interesse. Ad esempio se si finanziano operazioni di impiego ad un anno con raccolta a sei mesi, dopo sei mesi è necessario effettuare una nuova operazione di raccolta; se nel frattempo i tassi di mercato sono aumentati, il margine sull’operazione di restringe, mentre si amplia in caso di diminuzione.

Il comitato di Basilea (1997) identifica quattro principali fonti di rischio di interesse a cui è esposta la banca:

• Rischio di revisione del tasso: "la forma principale di rischio deriva dagli sfasamenti

temporali delle scadenze (per le posizioni a tasso fisso) e nella data di revisione del tasso (per le posizioni a tasso variabile) delle attività, passività e strumenti fuori bilancio" [12]. Il rischio può prendere la forma di rischio di rifinanziamento (scadenze attività > scadenze passività) o di reinvestimento (scadenze attività < scadenze

passività). Il rischio può presentarsi anche qualora le scadenze tra attività e passività coincidano ma il periodo di revisione dei tassi sia differente.

• Rischio di curva dei rendimenti: le asimmetrie nelle scadenze e nel repricing possono esporre una banca anche a mutamenti nella forma (inclinazione e conformazione) della struttura a termine dei tassi. Il rischio emerge qualora variazioni della curva abbiano effetti sul reddito della banca. Ad esempio il valore economico di due posi- zioni, una lunga su titoli statali a 10 anni e una corta a copertura in titoli a 5 anni, può diminuire in caso di aumento dell’inclinazione della curva, anche se la posizione è coperta contro spostamenti paralleli alla curva.

• Rischio di base: è la fonte di rischio derivante da un’imperfetta correlazione nel- l’aggiustamento dei tassi sulle attività e sulle passività. Ad esempio se la banca concede un finanziamento ad un anno con revisione basata sul rendimento dei BTP mediante un deposito con stessa scadenza ma con revisione basata sul tasso LIBOR, essa è esposta al rischio di un improvviso cambiamento nello spread tra i due tassi di riferimento. Tale tipologia di rischio sorge qualora le operazioni a copertura non uguaglino perfettamente le caratteristiche dell’operazioni principale.

• Rischio di opzione: è il rischio derivante dal diritto di opzione insito in molte attività, passività e strumenti fuori bilancio delle banche. Si tratta della facoltà concessa alla controparte di acquistare, vendere e/o modificare in qualche modo il flusso moneta- rio di uno strumento o contratto finanziario. Fra gli strumenti che implicitamente contengono un diritto di opzione bisogna annoverare le obbligazioni con clausole call o put e i prestiti che conferiscono al mutuatario la facoltà di rimborso anticipato.