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sviluppo del giacimento approvato all'atto del rilascio della concessione. La superficie di una concessione, compatta e delimitata da archi di meridiano e parallelo, è molto inferiore a quella di un permesso di ricerca ma non è in genere strettamente legata al giacimento evidenziato dalle operazioni di ricerca in quanto in tale area il concessionario può effettuare anche ulteriori ricerche (geofisica e perforazioni) per incrementare le riserve già evidenziate.

Naturalmente però l'attività principale nella concessione è la coltivazione del giacimento, cioè la produzione, con l’obiettivo di massimizzarla. La concessione, che non si può rilasciare per più di venti anni, può (anzi deve) essere però prorogata fino ad ulteriori dieci anni, in modo da non lasciare idrocarburi recuperabili.

Per quanto riguarda ricerca e coltivazione di idrocarburi, il territorio della Regione Emilia-Romagna è interessato dalle seguenti istanze e titoli minerari:

• n. 20 istanze di permessi di ricerca (aree oggetto di richiesta, non ancora interessate da alcuna attività mineraria in quanto è in corso il procedimento tecnico-amministrativo per il conferimento, che coinvolge varie amministrazioni e gli enti locali interessati);

• n. 35 permessi di ricerca vigenti (titoli esclusivi che consentono le attività di ricerca quali:

indagini geofisiche e perforazione del pozzo esplorativo per l’individuazione di un eventuale giacimento di idrocarburi);

• n. 4 istanze di concessione di coltivazione (aree di permessi di ricerca o parte di essi, richieste in concessione di coltivazione, ancora interessate da una fase istruttoria e da un iter tecnico-amministrativo che coinvolge varie amministrazioni e gli enti locali interessati);

• n. 36 concessioni di coltivazione vigenti [titoli esclusivi che consentono le attività di coltivazione (sviluppo e produzione) di un giacimento di idrocarburi liquidi e gassosi – i titoli di cui trattasi sono stati rilasciati nel corso di alcuni decenni, alcuni precedentemente alla normativa sulla V.I.A..

Di seguito viene altresì riportata la produzione di gas naturale e di olio nel territorio regionale (su terraferma). Come si nota, dette produzioni stanno progressivamente diminuendo, anche se si registra un nuovo interesse da parte di soggetti privati per lo sfruttamento dei pozzi non ritenuti più produttivi dai grandi operatori.

Gas naturale Olio greggio

Anno Produzione (Sm3) Anno Produzione (kg)

2004 282.218.420 2004 48.653.301

2005 241.915.753 2005 42.760.455

2006 220.800.230 2006 36.257.214

2007 216.337.069 2007 34.992.067

2008 190.089.804 2008 33.975.030

2009 157.829.126 2009 28.869.969

2010 121.749.959 2010 24.438.573

Tabella 3.5 – Produzione regionale di idrocarburi39

39Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico, Ufficio Minerario Nazionale per gli Idrocarburi e le Georisorse.

Aggiornamento al 31 ottobre 2010.

Titoli produttivi a gas Titoli produttivi ad olio

1. Barigazzo 1. Mirandola

2. Fornovo di taro 3. Gaggiola 4. Grecchia 5. Mirandola 6. Misano Ariatico 7. Monte Cntiere 8. Monteardone 9. Pigazzano 10. Poggio Castione 11. Pontetidone 12. Porto Corsini Terra 13. Quarto

14. Recovato 15. Salsomaggiore i 16. Santerno 17. Sillaro 18. Spilamberto 19. Trignano 20. Vetta

Aggiornamento al 30/11/2010

Tabella 3.6 – Titoli produttivi vigenti in Regione40

Superficie regionale (km2) 22.122

Centrali di raccolta e trattamento 30 0,00136 centrali per km2

Pozzi produttivi 223 0,01008 pozzi per km2

Pozzi di stoccaggio 132 0,00597 pozzi per km2

Pozzi ad altro utilizzo (potenzialmente produttivi, monitoraggio, reiniezione, altro) 9 0,00041 pozzi per km2 Area reale interessata dagli impianti (km2) 5,1 0,02% della superficie regionale Tabella 3.7 – Impatto sul territorio degli impianti di produzione e stoccaggio di idrocarburi in Regione41

3.4.2 Le risorse geotermiche

Il calore della Terra è una fonte di energia primaria disponibile anche in Emilia-Romagna.

Pur non essendo disponibili fonti geotermiche ad alta entalpia (T>150°C), nell’Appennino emiliano-romagnolo e nella pianura sono presenti sorgenti termali e pozzi con anomalie termiche positive, indicativi di sistemi a bassa e media entalpia che possono essere sfruttati soprattutto per usi diretti del calore.

Ad esempio, a Ferrara da molti anni è in corso uno sfruttamento di acque calde profonde (T≅100° C a profondità tra 1.100 e 1.500 m) per alimentare una centrale di teleriscaldamento mentre in Appennino, a Bagno di Romagna e Porretta, sono noti bagni termali fino dall’epoca romana.

Già all’inizio degli anni ’80 la Regione Emilia-Romagna ha promosso uno studio geologico sul potenziale geotermico del territorio regionale42. Una delle principali conclusioni di questo studio è che, data l’assenza di intrusioni magmatiche (plutoni) nel sottosuolo dell’Emilia-Romagna, le cause delle anomalie termiche positive sono da ricercare nella struttura tettonica di questo settore di catena. Non dimentichiamo, infatti, che l’Appennino è una catena ancora in formazione e che il vero fronte non coincide con il limite morfologico collina-pianura ma è localizzato in corrispondenza del Po, sepolto sotto i depositi quaternari padano-adriatici.

Poiché le condizioni geologiche che determinano le anomalie termiche positive delle zone termali sono presenti anche in altre aree della regione, la prospettive di trovare altre risorse geotermiche sono reali.

Gli studi geologici degli ultimi 20 anni hanno reso disponibile una notevole mole di nuove informazioni sul sottosuolo di tutto il territorio regionale.

Prendendo spunto dalle conclusioni dello studio sopra citato, sono stati revisionati i dati geologici disponibili sull’assetto tettonico dell’Appennino, della Pianura Padana e della costa adriatica.

E’ stata perciò realizzata una carta che mette a confronto i principali elementi tettonici della regione, sia unità che strutture, con la localizzazione di acque calde.

E’ interessante notare che le sorgenti termali sono soprattutto localizzate in particolari contesti geologici in cui affiorano gli orizzonti geologici generalmente più profondi (“finestre tettoniche”) e in corrispondenza di importanti strutture di sollevamento (Bobbio, Quara, Salsomaggiore Terme e Tabiano Bagni, S. Andrea Bagni), o in prossimità di zone di faglia di interesse regionale (Porretta Terme, Bagno di Romagna, Lesignano Bagni, Castrocaro Terme, Castel S. Pietro Terme, Riolo Terme, Monticelli Terme). Molte di queste strutture mostrano indizi di attività tettonica recente.

Inoltre, tutte le principali sorgenti termali (Bobbio, Quara, Porretta Terme, Bagno di Romagna) e anomalie termiche del settore appenninico sono ubicate a monte di un’importante struttura geologica profonda che provoca il sollevamento della crosta superiore di questo settore, con conseguente risalita verso la superficie di corpi geologici profondi (calcari mesozoici, successioni oligo-mioceniche) e l’erosione delle rocce di copertura (“Liguridi”) che in queste aree risultano fortemente ridotte o addirittura assenti.

In pianura le acque calde sotterranee sono localizzate al di sopra degli archi delle dorsali sepolte, in particolare tra Fiorenzuola d’Arda (PC) e Reggio Emilia, tra Reggio Emilia e Ravenna e lungo la costa tra Cervia (RA) e Rimini.

In sintesi, i dati indicano che le zone di maggiore interesse, in cui concentrare ulteriori approfondimenti, per la ricerca di serbatoi geotermici, dall’analisi preliminare sopra esposta, sono le zone di alto strutturale. In particolare sono aree di particolare interesse:

• la zona di Bobbio e della Val d’Aveto;

• il margine appenninico-padano tra la Val Trebbia e la Val d’Arda;

• la zona di Salsomaggiore e il margine appenninico-padano fino al Panaro;

• la zona tra Reggio Emilia e Fontanellato (PR);

• la Val Taro;

• l’alta Val Parma (Miano e zona sud-ovest);

• l’alta Val Secchia;

42RER & CNR (1982) – Caratteri geoidrologici e geotermici dell’Emilia-Romagna. Programmi e prospettive per lo sfruttamento delle risorse geotermiche regionali. Regione Emilia-Romagna e Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Collana di orientamenti geomorfologici ed agronomico-forestali. Pitagora Editrice, Bologna, pp 177.

• la zona di Gova e l’alta Val Dolo;

• il crinale emiliano tra il M. Cusna e Porretta Terme;

• la zona tra Novi (MO) e le valli di Comacchio;

• il margine appenninico-padano tra Castel S. Pietro Terme e Castrocaro Terme;

• il medio e alto Appennino romagnolo, in particolare tra le valli del Montone e del Tramazzo;

• le colline di Cesena, tra le valli del Bidente e del Rubiconde;

• l’alta valle del Savio (zona di faglia);

• la zona tra Cattolica e Cervia.

Studi di approfondimento effettuati in alcune di queste aree (Bondeno-Ferrara, zona nord della pianura modenese, Collecchio-Montecchio Emilia) hanno confermato la presenza di acquiferi d’interesse geotermico a profondità economicamente interessanti (T > 40 °C già a poche centinaia di metri dalla superficie).