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3.3 Le infrastrutture energetiche in Regione

3.3.5 Lo stoccaggio della CO 2

I combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) sono ancora oggi le fonti maggiormente utilizzate a livello mondiale per produrre energia, coprendo oltre 80% dei consumi energetici del pianeta. Al loro indiscusso primato è tuttavia collegata una parte del problema dell’emissione di anidride carbonica (CO2), la cui concentrazione in atmosfera è considerata causa principale dei cambiamenti climatici.

Della CO2 prodotta dalle attività umane, il 60% origina dalla combustione di fonti fossili (che quindi non è l’unica attività responsabile delle emissioni di CO2). L’esigenza di soddisfare la crescente domanda mondiale di energia, in particolare quella dei paesi emergenti, va quindi di pari passo con la necessità di contrastare i rischi di impatto sul clima derivanti dall’aumento di produzione di CO2.

La prima soluzione, quella più concreta nel breve periodo e immediatamente perseguibile, è l’efficienza energetica, vale a dire misure, comportamenti e tecnologie che favoriscano la riduzione dei consumi (si veda al riguardo il Cap. 5.2). Altra possibile soluzione è quella di utilizzare le fonti di energia alternative, che ricoprono per ora un ruolo relativamente modesto. Le biomasse e i materiali assimilati (sostanze legnose, rifiuti di vario genere) ricoprono il 10% del fabbisogno energetico mondiale, percentuale che è destinata a rimanere stabile. Discorso analogo per l’energia nucleare, che con l’idroelettrico ricopre l’8% del totale. Le altre energie rinnovabili (come l’eolico e il solare) sono in crescita, ma attualmente soddisfano l’1% del fabbisogno energetico del pianeta.

Le fonti fossili sono quindi destinate a rimanere protagoniste sullo scenario energetico mondiale ancora per decenni. Per ottenere già nel lungo termine una significativa riduzione delle emissioni di CO2

occorre agire subito, direttamente sul loro utilizzo.

Una delle soluzioni più efficaci per ridurre nel breve termine le emissioni di CO2nell’atmosfera è lo stoccaggio nel sottosuolo.

Tale operazione richiede però valutazioni molto attente delle caratteristiche geologiche e idrogeologiche locali e del rischio di fuga verso la superficie.

Lo stoccaggio geologico della CO2è praticabile in giacimenti di gas e olio esauriti, in giacimenti di carbone e in acquiferi salini.

Poiché in Emilia-Romagna non sono presenti giacimenti di carbone e la gestione de giacimenti di gas e olio esauriti è di competenza di ENI, l’attenzione da parte di società e pubbliche amministrazioni è necessariamente rivolta agli acquiferi salini.

Occorre tenere presente però che le strutture geologiche potenzialmente idonee per lo stoccaggio possono coincidere con quelle d’interesse geotermico. Per evitare dannose interferenze è quindi necessario considerare le zone già individuate come aree d’interesse per la geotermia.

Poiché una delle condizioni fondamentali per il successo dello stoccaggio della CO2 è il confinamento del serbatoio e la tenuta delle rocce di copertura, è necessario individuare trappole strutturali non interessate da faglie attive, preferibilmente in aree a bassa sismicità.

Per minimizzare il volume necessario allo stoccaggio e ridurre il rischio di fuga, la CO2 deve essere portata ad uno stato di alta densità (maggiore di 0,4 g/dm3, CO2supercritica) che si ottiene con condizioni di temperatura maggiori di 31 °C e pressioni superiori a 73 bar. Queste condizioni si raggiungono a profondità maggiori di 800 m. inoltre, considerando le pressioni presenti nel sottosuolo, gli attuali costi e tecniche di stoccaggio, non è per ora conveniente iniettare la CO2 a profondità

superiori a 2.500 m. in sintesi, i potenziali acquiferi idonei vanno ricercati in zone a bassa sismicità con alti strutturali compresi tra 800 e 2.500 m di profondità.

Il Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, sulla base dei dati attualmente disponibili e delle considerazioni precedenti ha realizzato una mappa preliminare delle aree potenzialmente idonee per lo stoccaggio di CO2in Emilia-Romagna riportata di seguito.

Figura 3.1 – Mappa preliminare della aree potenzialmente idonee per lo stoccaggio geologico della CO2

La Stogit ha in programma la realizzazione del Progetto Pilota per l’iniezione e il sequestro di CO2 nel giacimento di stoccaggio di Cortemaggiore, nell’area dei Comuni di Cortemaggiore e Besenzone, in Provincia di Piacenza. Si tratta di un’attività di test della durata massima di tre anni che ha lo scopo di verificare sia le tecniche di iniezione che la possibilità di utilizzare la CO2come “cushion gas” per migliorare l’efficienza del giacimento di stoccaggio.

Le attività previste dal Progetto Pilota sono del tutto simili alle operazioni di stoccaggio di gas naturale normalmente effettuate nel giacimento di Cortemaggiore fin dal 1964. Il progetto in particolare prevede:

• un pozzo che inietterà la CO2 a 1.400 metri di profondità in uno strato sabbioso già utilizzato per lo stoccaggio di metano;

• un impianto in superficie con quattro serbatoi di stoccaggio e delle pompe per iniettare la CO2;

• un sistema di controllo e monitoraggio sia all’interno del giacimento che in superficie.

La quantità di CO2 iniettata in giacimento sarà di 8.000 tonnellate all’anno, fino ad un massimo di tre anni.

Al termine del periodo di monitoraggio successivo all’iniezione, l’impianto di superficie di Cortemaggiore sarà smantellato e l’area interessata ripristinata.

Un altro importante contributo alla cattura e stoccaggio della CO2potrà essere dato dal sistema forestale regionale. Le foreste ed i suoli forestali costituiscono un importante serbatoio di carbonio (Carbon sink). I suoli forestali, in particolare, contengono anche in ambienti temperati più della metà del carbonio totale presente nell’ecosistema. Le foreste dei climi temperati, in particolare, presentano un bilancio del carbonio positivo, accumulando cioè attraverso i processi foto sintetici più CO2di quanta ne venga rilasciata dalla respirazione delle piante e della componente biologica dei suoli. Questa attività di fissazione netta potrebbe essere ulteriormente stimolata da un lato da attività di riforestazione e/o sviluppo dell’arboricoltura da legno, dall’altra attraverso una attenta e razionale gestione delle foreste esistenti attraverso piani di assestamento forestale in grado di massimizzare la quantità di carbonio sequestrata nei suoli, nelle piante e nei prodotti forestali.

Il Protocollo di Kyoto prevede la possibilità per i Paesi firmatari di controbilanciare le emissioni antropiche con attività di riforestazione o di afforestazione che portino alla immobilizzazione della CO2 nell’ecosistema forestale, sotto forma di biomassa vegetale o di sostanza organica del suolo.

Ciò, peraltro, avrebbe il grande vantaggio di coinvolgere in modo significativo i diversi territori anche a livello regionale, con un ruolo importante della nostra montagna.