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6. CONCLUSIONI

6.3. Risorse e limiti del lavoro di tesi

Avvicinandoci alla conclusione del lavoro, ci tengo a ribadire che i dati raccolti non hanno l’ illusa pretesa di fornire ai lettori una serie di strategie di efficacia immediata per prevenire la demotivazione. Spero, piuttosto che l’indagine da me svolta sia una traccia che possa orientare gli educatori a riconoscere il fenomeno in se stessi e nei colleghi. Il mio lavoro non vuole certo essere un’analisi critica delle condizioni di lavoro dei laboratori protetti del CARL, ma spero si riveli valida per l’istituzione, in quanto offre una panoramica generale sulle condizioni di lavoro presenti all’interno della struttura, sui punti di forza e sugli aspetti che, forse, meriterebbero maggiore cura. Dunque piuttosto una rilevazione degli elementi di criticità che mi auguro offrirà agli educatori e ai dirigenti un’occasione di riflessione, per trovare delle possibili misure d’intervento, sia per evitare un acutizzarsi degli aspetti critici visto che al momento sembrano essere monitorati, sia per il mantenimento e ampliamento dei fattori motivazionali.

L’intento del lavoro era sensibilizzare gli operatori e i dirigenti su una tematica a cui forse non si dedica ancora abbastanza attenzione, nel mio piccolo contributo ritengo di essere riuscita ad individuare delle dimensioni a cui è necessario prestare particolare attenzione. Durante i periodi di stage ho sempre ritenuto interessante la possibilità di collaborare con diversi educatori e trarre da ognuno di loro le modalità di intervento più efficaci; dunque, individuare un modello educativo a cui aspirare oppure, altrettanto importante, individuare gli atteggiamenti dell’educatore da evitare. Ripensando al percorso di ricerca, credo che il lavoro di tesi mi abbia offerto questa possibilità: la preziosa opportunità di aprire uno

spazio di dialogo in cui ho potuto confrontarmi con colleghi con più esperienza e indagare i loro vissuti e atteggiamenti in situazioni di difficoltà. Come futura

educatrice sarà sicuramente utile avere una conoscenza della tematica e di quali siano i sintomi e i segnali di allarme che precedono la demotivazione.

Come ogni lavoro l’indagine ha dei limiti, tra cui sicuramente quello di aver interrogato solo una parte della realtà del CARL. Sarebbe interessante indagare il vissuto degli educatori della dimensione abitativa del CARL e procedere con un confronto, per verificare se gli elementi critici prevalenti e le conseguenti strategie sono le medesime.

Al termine della mia ricerca, penso che potrebbe essere interessante in futuro approfondire attraverso quali azioni e modalità sia possibile curare concretamente l’applicazione dei provvedimenti proposti e con un’ analisi o valutazione dell’eventuale cambiamento. Inoltre, potrebbe essere interessante procedere con l’analisi e un confronto tra il CARL e un altro contesto di lungo-assistenza psichiatrica.

BIBLIOGRAFIA

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-­‐ BERNARDI F., Il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (CARL), L’intervento educativo nell’ambito psichiatrico, L’aspetto abitativo, Lavoro di diploma Scuola Cantonale Operatori Sociali, Mendrisio 1996

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-­‐ DE BENI R. , MOÈ A., Motivazione e apprendimento, Il Mulino, Bologna, 2000 -­‐ MAGRO G., ROSSATI A., Stress e burnout, Carocci, Roma, 1999

-­‐ LEITER M., MASLACH C., “Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro“, Erikson, Trento, 2000

-­‐ MEIER C., L’Inserimento lavorativo come strumento terapeutico nell’integrazione socio-professionale di pazienti definiti psicotici cronici lungodegenti, Marzo 1989

-­‐ OSTINELLI G., Motivazione e comportamento, Le variabili psicologiche necessarie per raggiungere obiettivi, Erikson, 2005

-­‐ REZZONICO G., C. MEIER, La riabilitazione nell’assistenza sociopsichiatrica, Milano, Unicopli, 1987

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-­‐ CAMARLINGHI R. , Intervista a Franca Olivetti Menoukian “L’operatore sociale leggero. Oltre la tentazione del carico, in Animazione Sociale, 2005

-­‐ FOLGHERAITER F., L’apparente paradosso del lavoro sociale, Lavorare sui casi o sulla società?, in Lavoro sociale, osservatorio, Università Cattolica, Milano

Moduli formativi SUPSI- DEASS Lavoro Sociale

-­‐ Teorie e metodologie dell’intervento sociale, Responsabile modulo Serenella Maida, 2012

-­‐ Processi comunicativi e relazionali, Responsabile modulo Francesco Pirozzi, 2012 -­‐ Mondi del lavoro, Seminario Laboratorio di psicopatologia del lavoro, Responsabile

modulo Christian Marazzi, 2014

-­‐ Processi nelle équipe, Responsabile modulo Angelo Nuzzo, 2014

-­‐ Modelli e concetti dell’azione educativa, Responsabile modulo Fulvio Poletti, 2015

Sitografia

-­‐ Psicologia del lavoro, http://www.psicologiadellavoro.org (consultato il 6 luglio 2015)

ALLEGATI

-­‐ Allegato 1: Antinomie e tensioni dialettiche relative alla pedagogia e all’educazione -­‐ Allegato 2: Interviste agli educatori dei Laboratori Protetti del CARL, 2015

ANTINOMIE E TENSIONI DIALETTICHERELATIVE ALLA PEDAGOGIA E

ALL’EDUCAZIONE

Tratto dal Modulo Modelli e concetti dell’azione educativa, Responsabile del

Modulo F. Poletti

Scientificità/rigore

Artisticità/creatività

Progettazione/pianificazione

Intuizione / spontaneità

Libertà

Autorità

Educare / educazione

Istruire / istruzione

Insegnamento

Apprendimento

Magistrocentrismo

Puerocentrismo

Distanza

Vicinanza

Autonomia

Dipendenza

Cognitivo

Affettivo

Cognitivo

Psicomotorio

Linearità

Complessità / sistemicità

Cultura generale

Specializzazione

Innato / biologico

Acquisito / culturale

Operatore esperto

Neofita

Spirito di adattamento

Spirito critico

Impegno etico-politico

Neutralità / equidistanza

Individualizzazione

Socializzazione

Differenziazione

Eguaglianza

(pari opportunità)

Delirio di onnipotenza

Impotenza

Continuità / armonizzazione

Discontinuità / rottura

Tutela / protezione

Presa di rischi, avventura

Esclusione

Inclusione

Simmetria/orizzontalità

Asimmetria/verticalità

Intervenire per modificare,

migliorare l’altro (la sua situazione)

Accettare l’educando per quello

che è

Fornire strumenti conoscitivi, abilità,

competenze

Forgiare, modellare, plasmare la

personalità

Promuovere un’azione educativa

tendente all’universale

Promuovere un’azione educativa

“situata” in un preciso contesto

Mirare a (ri)stabilire un ordine, un

quadro normativo (con regole precise)

per consentire lo svolgimento del

processo educativo

Improntare la relazione educativa

alla nonviolenza, evitando il

rapporto di forza (non direttività)

Limitarsi a relazioni strettamente

professionali.

Accettare che ogni relazione

umana è una transazione

affettiva.

INTERVISTE AGLI EDUCATORIDEI LABORATORI PROTETTI DEL CARL, 2015 (In ogni scala di valore proposta il numero 1 corrisponde al valore minimo, mentre il numero 6 alla massimo.)

1. Da quanto tempo opera come educatore? Pensa che questo possa influire sulla

sua motivazione al lavoro?

- Intervista 1: 18 anni che svolgo questa professione, penso che sia una professione che vada stimolata e coltivata la voglia di ricerca. Personalmente trovo funzionale poter

disporre, dopo un periodo di 6-7 anni, la possibilità di cambiamento (mobilità).

- Intervista 2: Tanti anni, troppi. Chiaro che le motivazioni tendano a svilire con il

crescere della “routine” quotidiana. Ho la fortuna di svolgere un’attività varia e

articolata o forse ho la fortuna di interpretare il mio lavoro in termini vari, articolati e

in continuo cambiamento.

- Intervista 3: 15 anni, a volte si, occorre sempre rinnovarsi.

- Intervista 4:Da parecchi anni ormai, 27 per l’esattezza. Penso che il lungo periodo non incida sulla motivazione anche se risulta difficile definire il proprio agire o pensiero con lo strumento dell’autovalutazione.

- Intervista 5: Da 20 anni, lavoro come educatore e non potrei cambiare professione poiché nonostante le difficoltà, è un lavoro che mi piace.

- Intervista 6: Lavoro al parco da gennaio 2014. Non credo il tempo influisca sulla mia motivazione, piuttosto la motivazione a volte mi viene a mancare per la non sempre

facile collaborazione con gli artigiani. Con gli utenti a parte qualche utente un po’

difficile si è instaurato un buon rapporto di reciproca fiducia.

- Intervista 7: Lavoro come educatore da 20 anni e il tempo non influisce sulla mia motivazione perché questa cresce giorno dopo giorno con me. Bisogna spesso però tornare al perché uno ha fatto questo tipo di scelta e non dare mai nulla per scontato, altrimenti il grosso rischio è quello di entrare nel vortice della routine dove il quotidiano ti divora e il tuo lavoro diventa un peso se non, a volte, un macigno e tutto appare sempre scialbo creando disagio e difficoltà al resto del gruppo

2. Da 1 a 6 quanto il suo lavoro rispecchia le sue aspettative? Perché?

1 2 3 4 5 6

- Intervista 1: Svolgo una funzione per me nuova ed è comprensibile che non possa corrispondere alle aspettative che avevo. D’altro canto ho la possibilità di costruire una mia identità professionale.

- Intervista 2: I freni sono solitamente dati dai vari contesti lavorativi. Di conseguenza le aspettative sono condizionate dal tipo di offerta.

- Intervista 3: Suddivisione dei ruoli e buona collaborazione fra colleghi con diverso ruolo.

- Intervista 4: In generale le professioni d’aiuto, devono prima o poi confrontarsi con

l’accumulo di frustrazioni che producono spesso situazioni di sofferenza negli operatori. Questo aspetto non si discosta dalle aspettative insite nella professione scelta.

- Intervista 5: Ci sono alcune difficoltà di condivisione di punti di vista che non

permettono di trovare soluzioni condivise

- Intervista 6: orario settimanale esclusi i weekend. Mi da soddisfazione lavorare e aiutare gli utenti ad essere partecipi di un risultato soddisfacente, nella cura del parco. Mi soddisfa il lavoro a contratto con la natura.

- Intervista 7: Perché ho la possibilità di mostrare le mie capacità, le mie competenze e scoprirne di nuove

3. Da 1 a 6 come valuterebbe la sua motivazione al lavoro? Perché?

1 2 3 4 1 5 6

- Intervista 1: La motivazione non può avere un andamento lineare, dipende dai

periodi e dai progetti.

            1     4     1             3     3     1    

- Intervista 2: Perché ho inculcata la vecchia teoria del “dovere”. A volte pesa, ma

normalmente rasserena perché comunque, anche il sacrificio, da soddisfazione.

Lavorando con la gente questo è tutto semplificato. - Intervista 3: Auto-motivazione

- Intervista 4: Vi sono componenti attorno alla professione, vedasi un sempre

maggiore interesse verso una gestione del lavoro basato su criteri economici, che disturbano parecchio la serenità e l’equilibrio degli operatori, quindi la motivazione presumibilmente (vedi pt.1), sempre buona le energie un po’ meno.

- Intervista 5: Alcuni cambiamenti hanno permesso di conciliare la vita personale e

professionale in modo migliore nonché per alcune caratteristiche del lavoro in sé.

- Intervista 6: Capitano giorni in cui non sempre tutto fila liscio ma vedere gli utenti che si

rispecchiano in ciò che fanno con un atteggiamento sufficientemente positivo mi ricarica da momenti e/o situazioni meno gratificanti.

- Intervista 7: Lavorando in un laboratorio, il lavoro con gli ospiti diventa una sfida in termini di relazione, di motivazione dell’ospite e di coinvolgimento e responsabilizzazione, coinvolgendoli in quelle che sono le problematiche reali del mondo del lavoro esterno.

4. Quali sono gli aspetti da cui trae motivazione?

                                                                                                               

97  Tre educatori su sette ritengono questo aspetto abbastanza influente sulla propria motivazione.  

Per niente Abbastanza Molto Totalmente

Fattori motivanti

Riuscita 0 3 97 4 0

Riconoscimento 0 1 5 1

Caratteristiche del lavoro di cura 0 0 6 1 Responsabilità 0 1 5 1 Avanzamento e crescita 3 4 0 0 Fattori igienici Condizioni di lavoro 0 2 4 1

Relazione con i colleghi 0 3 3 1

Relazione con i superiori 1 4 1 1

5. Dal suo punto di vista quali sono gli aspetti critici e le sfide più grandi che mettono alla prova la motivazione di un educatore?

- Intervista 1: La ricerca di energia per affrontare le difficoltà

- Intervista 2: Per me sono legati alle istituzioni, alle condizioni di lavoro, al rispetto

del ruolo, alla comunicazione, alla progettualità, all’onestà culturale. Se trovi queste

cose tutte in un colpo solo, cambia posto di lavoro.

- Intervista 3: Rapporto con i colleghi, clima e ambiente di lavoro, condizioni di stress lavorativo.

- Intervista 4: Un eccesso di idealismo nelle professioni di aiuto, unitamente alle connesse frustrazioni derivanti da esse portano spesso ad un disinvestimento. // una

routine nella propria professione senza l’ausilio di ambiti di decompressione come per

esempio supervisioni o formazioni penso possano risultare problematici alla lunga determinando di fatto una perdita del senso della propria scelta professionale. // Si va verso un’omogeneizzazione dell’offerta educativa nell’ottica di una verifica qualitativa del lavoro in ambito sociale: questo comporta senza dubbio uno spostamento dell’attenzione degli operatori verso tale sistema a discapito del lavoro “con” gli utenti.

- Intervista 5: La “routine” (ripetitività), incomprensione fra colleghi, difficoltà di

condivisione all’interno dell’équipe.

- Intervista 6: Collaborazione con l’équipe/servizi esterni . Relazione basata sull’ascolto e rispetto dell’altro. Atteggiamento positivo. Questi sono aspetti per me, molto importanti ma che sento un po’ scarsi. A volte ci si deve imporre e come ultima arrivata non sempre è facile.

6. Potrebbe indicare quanto questi aspetti hanno contribuito al sentimento di demotivazione?

Per niente Abbastanza Molto Totalmente Fattori motivanti (riformulati per l’indagine sull’aspetto della demotivazione)

Assenza di riuscita 1 3 3 0

Assenza di riconoscimento 1 5 0 1

Caratteristiche del lavoro di aiuto 0 5 1 1

Responsabilità carenti 1 6 0 0

Impossibilità di avanzamento 6 1 0 0

Fattori igienici (riformulati per l’indagine sull’aspetto della demotivazione)

Scarsa organizzazione del lavoro 0 2 4 1

Problematiche rispetto obiettivi 3 4 0 0

Carico di lavoro elevato 0 2 4 1

Tensioni in équipe 0 2 4 1

Divergenze con i superiori 1 4 1 1

Scarsa retribuzione 7 0 0 0

Percezione individuale

Sensazione di essere incompresi 1 3 2 1

Incompatibilità aspettative 0 4 3 0

Stress e stanchezza 0 1 5 1

7. Nella pratica della sua professione si è mai sentito demotivato e/o frustrato? (Sa quantificare indicativamente quante volte sia successo?)

(In caso non le fosse mai successo può rispondere direttamente alle domande 8, 11, 15)

Mai A volte Si Spesso Sempre

8. Come descriverebbe questa sensazione?

- Intervista 1: Frustrante, solitudine, stanco, stufo.

- Intervista 2: Pesante perché siamo chiamati ad interpretare dei ruoli e rischiamo di trasferire il nostro malessere.

- Intervista 3: Noia, polemicità, visione negativa, mancanza di volontà.

- Intervista 4: Frustrato senza dubbi, demotivato no in quanto è ben salto l’obiettivo

professionale. È umano in caso di sofferenza mostrare dei meccanismi difensivi a tutela

del proprio equilibrio ma disfunzionali al proprio lavoro per esempio un

disinvestimento energetico verso gli utenti.

    4 3   3   3            

- Intervista 5: Difficoltà ad investire energie per andare oltre al quotidiano

- Intervista 6: Senso di rabbia, di impotenza nel cercare di voler migliorare le cose

Intervista 7: Non userei il termine frustrazione ma demotivazione.

- Sì, a volte, ho provato questo sentimento soprattutto quando non riesci a collaborare con il tuo collega, quando non c’è sintonia. Un rapporto per sussistere ha bisogno di una sintonia, altrimenti non sussiste. Il primo fattore che realizza questa sintonia è che io riconosco il tuo valore perché il rapporto fra noi non è un fatto casuale ma decisivo per entrambi. E se questo non succede si fa veramente fatica a lavorare , si diventa insensibili, staccati da tutto quello che accade (vita degli ospiti e dei colleghi) diventando degli egoisti indifferenti.

9. Saprebbe indicare dei segnali d’allarme che precedono questo disagio?

- Intervista 1: Routine, stress, visione negativa, poca voglia nel ricercare soluzioni,

malumore.

- Intervista 2: La relazione con i colleghi, attendere morbosamente la fine del turno,

delegare senza motivo.

- Intervista 3: Dimenticanze mnemoniche di aspetti importanti legati al lavoro.

- Intervista 4: Una sensazione incombente di carenza di tempo con il risultato di allontanarsi motivamente dagli utenti. Di questa sensazione, inoltre, sentirsene ulteriormente in difficoltà e quindi continuamente alla ricerca del senso del lavoro: situazione inverno stressante.

- Intervista 5: Cercare soluzioni condivise ai problemi, che possono riguardare qualsiasi aspetto relativo alla pratica professionale, e non trovare interesse reale per trovare soluzioni condivise.

- Intervista 6: Svogliatezza con conseguente difficoltà ad organizzare l’attività giornaliera, irritabilità.

Intervista 7: I miei segnali d’allarme sono:

• Fatica a vedere il positivo nell’altro • Voglia di non incontrare amici • Desiderio di restare a casa • Polemico su tutto

10. In queste occasioni quali sono stati gli effetti?

Mai A volte Spesso Sempre

Effetti personali

Malessere 0 3 4 0

Rassegnazione 1 2 4 0

Disinvestimento relazioni personali 5 1 1 0

Effetti professionali

Senso di impotenza 0 6 0 1

Disinvestimento relazione utenti 0 5 1 0

Disinvestimento relazione colleghi 0 4 3 0

Deterioramento clima di lavoro 0 6 1 0

Disimpegno al lavoro 4 2 1 0

Distrazione ed errori 0 6 1 0

Assenteismo 7 0 0 0

Osservazioni:

Intervistato 6: Nel mio modo di essere ho sempre fatto in modo di fare uno spaccato tra

lavoro e relazioni extra lavorative. Ciò mi permette di mantenere un buon equilibrio psico- fisico

11. La struttura in cui lavora offre dei servizi per far fronte o prevenire fenomeni di

demotivazione? Sa indicare quali? Ne ha usufruito in qualche occasione?

- Intervista 1: Pochi e mal conosciuti. Si utilizza la possibilità di avere un colloquio

con il proprio superiore.

- Intervista 2: In generale sono importanti le riunioni di équipe e la supervisione. Il gruppo moderatori fanno la differenza. Ultimamente questi servizi sono carenti.

- Intervista 3: No. Talvolta sui generis.

- Intervista 4: In linea teorica vi sarebbero dei servizi preposti in tal senso, vedasi

supervisioni o formazioni personali; in pratica diventano essi stessi fonti di problemi o perché non efficace (supervisione) o come per le formazioni le quali possono

ulteriormente presentare la discrepanza fra teoria e pratica. A livello individuali il

richiamarsi al proprio operato con gli utenti funge da prevenzione e aiuto per evitare cadute in situazioni problematiche.

- Intervista 5: Credo che le supervisioni a volte possono essere uno strumento che

- Intervista 6: Finora ho avuto occasione di partecipare ad una giornata formativa e da qualche mese è partito un ciclo di supervisione che spero diano a tutti un aiuto a

migliorare la relazione e comunicazione in équipe. Personalmente partecipo a

seminari di Mindfulness.

- Intervista 7: Innanzitutto i tuoi diretti superiori (coordinatore e direttore), le riunioni d’équipe, la supervisione, la possibilità di confrontarti con colleghi medici e psicologi. A parte medici e psicologi ho usufruito di queste possibilità.

12. In che misura ha trovato sostegno dalle seguenti figure

Mai A volte Spess

o Sempr e Colleghi 1 4 1 1 Superiori 1 4 1 1 Supervisore 0 3 4 0

Altre figure professionali 4 3 0 0

Rete personale 0 2 2 3

13. In queste occasioni quali strategie ha messo in atto per far fronte alla situazione? Mai A volte Spesso Sempre Azioni relazionali

Utilizzo servizi offerti dall'istituzione 3 2 1 0

Condivisione delle difficoltà con i superiori 1 2 3 1

Condivisione delle difficoltà con l'équipe 1 2 3 1

Azioni dirette al contenuto del lavoro

Proposta di bilancio 1 2 3 1

Cambiamento e nuovi stimoli 0 1 4 2

Azioni individuali

Riflettere sulla scelta professionale 0 2 4 1

Condivisione difficoltà con altre figure prof. 4 2 1 0

Condivisione difficoltà con rete relazionale personale 0 3 1 3

14. Cosa consiglierebbe a colleghi demotivati per recuperare la motivazione ?

- Intervista 1: Di non isolarsi e di chiedere aiuto.

- Intervista 2: Mettersi in gioco. Dare sempre impronta professionale denunciare il

disagio nei giusti contesti (équipe ecc)

- Intervista 3: Auto-motivazione/ condivisione delle problematiche e discussione

- Intervista 4: Di ritornare al pensiero originare nella scelta della professione.

- Intervista 5: Ognuno ha i propri motivi. Bisognerebbe riflettere per trovare i motivi e a seconda se si tratta di fattori personali o meno, trovare le soluzioni da sé o condividendo i problemi con l’équipe.

- Intervista 6: Supervisione d’équipe (se l’équipe ci crede), supervisione personale,

seminari (ognuno scelga ciò che va meglio per sé al fine di ritrovare fiducia in se stessi).

- Intervista 7: Innanzitutto è fondamentale riconoscere il proprio malessere e parlarne, perché questo permette di fare ordine al disordine di idee e pensieri che scorrono come un fiume in piena creando danni. Il confronto con persone che hanno un lavoro diverso dal tuo spesso aiuta a capire che quello che tu stai vivendo, magari, non è una montagna insormontabile e poi, non da ultimo, fare memoria del perché hai scelto questo lavoro ricordando le tante soddisfazioni personali e professionali che hanno accompagnato, fino ad oggi, il tuo cammino di crescita umana e lavorativa.

15. Grazie a queste strategie è riuscito a superare il momento di disagio professionale?

Si 1 No

- Intervista 1: Lavorando con il disagio ci si abitua a trovar una convivenza, anche per le dinamica professionali- personali. Va sicuramente valutato e ricercato degli strumenti

o dinamiche Istituzionali ufficiale che siano di sostegno e supporto per far fronte a

queste situazioni.

- Intervista 2: Cambiare giova. - Intervista 3: -

- Intervista 4: -

- Intervista 5: Alcuni cambiamenti, strategie personali e pazienza in attendere i tempi

necessari. - Intervista 6: - - Intervista 7:- 6    

16. Eventuali osservazioni o considerazioni

- Intervista 1: -

- Intervista 2: Lavoro difficile e articolato ma c’è anche di peggio. - Intervista 3: -

- Intervista 4: Buon lavoro! - Intervista 5: -

- Intervista 6: “Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema. Comprendi?” Jack Sparrow

- Intervista 7: Le condizioni di lavoro sono quelle che sono ma possono essere sopportate se all’esterno, nella vita personale si ha un sostegno e una stabilità. Quando la situazione individuale ha dei problemi, questo si rifletterà anche sul lavoro, intaccando appunto anche la motivazione dell’educatore.

COMUNICAZIONE PROFESSIONALE

Tratto dalla teoria del Modulo Processi comunicativi e relazionali, Responsabile del Modulo Francesco Pirozzi

Proponendo come strategia una cura particolare all’aspetto relazionale penso sia opportuno chiarire secondo quanto appreso durante la formazione relazione e comunicazione sono la medesima cosa e che la comunicazione è “un processo sociale ed interpersonale di scambio di informazioni e di influenzamento reciproco che avviene fra due o più persone in un determinato contesto” 98. Adottare una comunicazione professionale significa possedere una modalità comunicativa efficace, consapevole e finalizzata al raggiungimento dei determinati obiettivi professionali. Per una comunicazione efficace è necessaria una cura ai seguenti aspetti:

- Feedback: intesa come controllo dei propri feedback alla comunicazione altrui e l’intenzione di cogliere le retroazioni dell’interlocutore. L’attenzione ai feedback è un segnale di apertura che permette di raccogliere il pensiero dell’altro.

- Effetti: previsione degli effetti della propria comunicazione e modulare il messaggio al

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