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1. Foreign aid: una panoramica sulla genesi degli aiuti occidentali e cinesi a

3.5 Eventuali critiche al “modello Cina” negli aiuti all’estero

3.5.6 Rispetto dei diritti umani

Alcuni analisti, etichettano troppo spesso la Cina come non promotrice dei diritti umani criticando i suoi programmi di aiuti come causa del rafforzamento dei rogue regimes dove, con i suoi interventi, si minerebbero i progressi di quanti insistono sulla democrazia e sui diritti umani. È vero, il tema dei diritti umani è attuale in Cina dove le torture, la detenzione arbitraria le restrizioni sono ancora realtà e la libertà di stampa e/o espressione vietata. In questo caso però, ad una più attenta analisi, la politica estera sembra non riscontrarsi con la politica interna. Come registrato dalla rispettata ONG Human Rights Watch, Pechino sta dando piccoli segnali di cambiamento. Nel 2013 “China publicly urged Sri Lanka to make efforts to protect and promote

human rights”, e “has become modestly more vocal in their public and private criticisms of North Korea338”, e sulla parte che riguarda i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo si sottolinea come “in some cases” è stata incapace di seguire gli standard lavorativi internazionali. Inoltre, registra l’Organizzazione, che nonostante i pochi successi ottenuti nel breve termine, nel 2013 la Cina ha preso parte ai dialoghi sui diritti umani organizzati dalle tavole rotonde di USA, Australia, e Unione Europea. I primi passi per un cammino, certo lungo. Tuttavia, è giusto notare ancora una volta, che alcuni stati con cui la Cina intrattiene i dialoghi e che dovrebbero rappresentare per lei un modello, non lo sono in realtà. Le banche europee e la China Eximbank statunitense hanno dato prestiti all’Angola, prima che la Cina offrisse i suoi finanziamenti, offerti tra l’altro, per ripagare il debito contratto con le banche occidentali durante i quaranta anni di guerra civile, dopo che la guerra per l’indipendenza era diventata la sede dei uno dei conflitti est

337

Stefano Casertano, op. cit., pag. 119.

338 Human Right Watch, World Report 2014, China, http://www.hrw.org/world-report/2014/country-

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ovest della guerra fredda339. Chevron e Shell hanno investito in Nigeria e la Exxon Mobil nella Guinea equatoriale340. La Rio Tinto e l’australiana-inglese BHP sono altresì significative fonti di investimento e guadagni per i dittatori in Sudan e Zimbabwe341. Perché nessuno testa e verifica i loro investimenti e i loro stati che si fanno promotori della democrazia e dei diritti umani?. Il Cameroon, governato dal dittatore Paul Biya dal 1982 e giudicato dalla ONG Freedom House come uno dei quattordici peggior stati dell’Africa, ma ricco di petrolio, ha ricevuto dalla Banca Mondiale, che come la Cina, non impone condizioni politiche sulla democrazia e sui diritti umani342 sui suoi programmi, aiuti pari a 1.7 miliardi di dollari nel 2006343.

Continuando con il confronto con gli aiuti occidentali, sono interessanti le parole dell’allora Presidente Festus Mogae del Botswana (alla presidenza dal 1998 al 2008): “I find that the

Chinese treat us as equals. The West treats us as former subjects344”. Si può notare in queste parole un po’ di stanchezza dei paesi beneficiari nel ricevere gli aiuti e le condizioni, spesso non commisurate ai bisogni e alle esigenze dei paesi destinatari, delle organizzazioni dell’Ovest. Ed è questa disillusione che, secondo Woods, avvicina questi paesi verso i “nuovi” donatori. Ma è nelle parole di Serge Mombouli, ambasciatore negli USA del Congo-Brazaville, che credo stia il giusto compromesso a cui i donatori, nuovi e tradizionali, dovrebbero aspirare: “We need both.

We cannot be talking just about democracy, transparency and good governance, At the end of the day, the population does not have anything to eat nor drink, no electricity at night, industry to provide work, so we need both. People do not eat democracy345”.

Se il modello cinese per gli aiuti, ufficiali e no, all’estero possa essere un modello per i paesi in via di sviluppo questo ancora non è stato verificato dagli studiosi. I posteri nelle prossime decadi potranno fare un bilancio ed accertare l’efficienza degli aiuti cinesi. Ma le prospettive sono buone: è proprio alla Cina che D. Moyo si rivolge nella sua critica agli aiuti occidentali perché ritenuti una delle motivazioni per cui l’Africa è diventata una beneficiaria passiva, non essendo questi accompagnati da commercio e investimenti diretti: “African nations should also focus on

339 Per una breve scorcio sui prestiti forniti dalle banche occidentali all’Angola, vedi D. Brautigam, op. cit., (2009), pag.273-277.

340 D. Brautigam, op. cit., (2009), pag.285. 341

Ibidem.

342 Secondo D. Brautigam l’unica condizione che impone la Banca Mondale è sulla corruzione, mentre in una report ad opera di Eurodad è emerso che “18 out of the 20 poor countries we assessed had privatization-related conditions attached to their development finance from the World Bank or IMF”, Eurodad (European network on debt and development), World Bank and IMF conditionality: a development injustice, Eurodad, giugno 2006, pag. 1-33. 343

World Bank, World development indicators 2007, in D. Brautigam, op. cit., (2009), pag 285. 344 Smyth, China masters the African game, citato in Woods, op. cit., pag. 1217.

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increasing trade; China is one promising partner. And Western countries can help by cutting off the cycle of giving something for nothing. It's time for a change346”.

Certo è che la crisi finanziaria ancora in corso sta inevitabilmente avendo ripercussioni anche e soprattutto nei paesi in via di sviluppo come rivelano i dati ufficiali della DAC “aid to the

poorest countries continued to fall… Bilateral aid to the least-developed countries fell by 16%347”, nonostante il Segretario Generale Angel Gurría rimanga positivo. E’ positiva anche

l’economista D. Moyo che vuole vedere nella crisi dei crediti, l’opportunità unica per l’Africa e i policy makers internazionali di cambiare la loro maniera compassata sui finanziamenti per sviluppo dell’Africa: “The current environment is precisely the moment for them to seize the

opportunity, innovate away from depending on aid-based development financing and throw themselves headlong into a strategy that seeks to raise money by building alliances and fostering trade with the most rapidly developing nations such as China and India348”.

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