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Un aspetto importante da prendere in considerazione sia in fase di progettazione che in fase di esercizio della pompa di calore geotermica, soprattutto in modalità di funzionamento continuativo come nel caso oggetto di analisi, è appunto il comportamento in virtù della potenza termica che gli viene estratta o conferita a seconda che la sorgente venga sfruttata in configurazione invernale o estiva. In questi casi si va infatti in contro ad un esaurimento della sorgente con conseguente depauperamento di energia termica o frigorifera a disposizione e risulta pertanto di fondamentale importanza una corretta “ricarica” del terreno. Ad oggi infatti la diffusione della pompa di calore geotermica, nonostante il grande potenziale dal punto di vista dell’efficienza energetica, è ostacolata da grandi incertezze circa le effettive performance dell’impianto durante il suo esercizio.

La soluzione ideale sarebbe utilizzare la sorgente geotermica per il soddisfacimento del fabbisogno di raffrescamento in percentuale pari al fabbisogno di riscaldamento.

In questo modo si lavorerebbe in condizioni di perfetto bilanciamento tra potenza in ingresso e potenza in uscita dal terreno, con un esercizio di carattere stagionale in grado di sfruttare a pieno l’elevata efficienza energetica della tecnologia. Possono però esistere casi in cui il funzionamento invernale (o estivo) è di gran lunga maggiore rispetto al corrispondente estivo (o invernale) oppure può succedere addirittura che, a causa dell’area climatica in cui l’edificio è ubicato o per la destinazione d’uso dello stesso, come ad esempio per un Data Center, l’impianto funzionerà solo ed esclusivamente per riscaldare o raffrescare. A tal proposito si parla del fenomeno della “Deriva Termica del Terreno” che consiste sostanzialmente in una alterazione del campo di temperatura del terreno a causa di una disomogeneità nello sfruttamento di tale sorgente.

Nel caso in cui l’impianto è ubicato in aree climatiche particolarmente fredde in cui è richiesto soprattutto il riscaldamento dell’edificio, come anticipato, per il fenomeno della deriva termica si registra una lenta e progressiva diminuzione della temperatura del terreno nell’intorno delle sonde (ovviamente di entità differente a seconda della distanza radiale da questa). Questo è dovuto al fatto che nel periodo “invernale”, la pompa di calore utilizza l’energia fornita dal terreno raffreddandolo. Nei periodi estivi il sottosuolo non riesce a rigenerarsi completamente in quanto l’influenza della temperatura dell’aria esterna e concentrata solo nei primi 5-7 metri di profondità. Risulta quindi evidente l’importanza di una corretta gestione della sorgente che preveda innanzitutto uno sfruttamento tale da consentire la rigenerazione termica del terreno con cui l’impianto di climatizzazione si interfaccia.

Per avere un’idea più chiara del fenomeno descritto, dalle figure seguenti si può vedere come lo sbilanciamento del funzionamento della sorgente porti ad un aumento o ad una diminuzione della temperatura media del terreno. Considerando una temperatura del terreno indisturbato pari a 15 °C e un funzionamento sbilanciato della durata di 7 mesi all’anno, si vede come si modifica la temperatura del terreno negli anni. In particolare il fenomeno viene visualizzato alle diverse posizioni radiali dal bordo della sonda.

Figura 6,1: andamento della Temperatura del terreno in condizioni di sbilanciamento del carico

Si evidenzia dunque che in seguito ad uno sbilanciamento nello sfruttamento della sorgente, se il rispristino dell’esercizio avviene prima della completa rigenerazione termica del terreno, si registrerà un aumento (o diminuzione) delle temperatura della sorgente con conseguente decadimento delle prestazioni attese. Ovviamente si sottolinea che l’entità di tale fenomeno si risente diversamente alla diverse posizioni radiali rispetto al bordo della sonda e che la variazione di temperatura è tanto più evidente quanto più la posizione considerata è vicina alla sonda stessa.

6.1- Tecniche di gestione esistenti

Nel caso di sbilanciamento invernale, sono state sperimentate e messe in pratica una serie di tecniche per il ripristino dello stato termico del terreno. Una di queste ad esempio consiste nell’applicazione di collettori solari interfaccianti con il terreno che nei periodi più caldi producano acqua calda utile al riscaldamento della sorgente. In questo modo è possibile rigenerare completamente il terreno (talvolta anche aumentarne la temperatura media), immettendo tutto il surplus di calore dato dal sole che altrimenti andrebbe sprecato. Come conseguenza di tale intervento si ottiene un graduale aumento del COP.

Lo stoccaggio dell’energia termica generata dai pannelli solari termici permette inoltre di utilizzare tale energia, che può essere considerata sostenibile e praticamente gratuita, in momenti successivi alla sua produzione evitando così di perdere quella parte di calore non immediatamente utilizzato.

La tecnologia sfrutta dunque il terreno come accumulo termico ed è conosciuta con l’acronimo di UTES (Underground Thermal Energy Storage ) la quale si suddivide principalmente in tre sottocategorie ovvero:

- ATES ( Aquifer Thermal Energy Storage) : sfrutta gli accumuli di acqua presenti nel terreno utilizzandoli per stoccare il calore in eccesso;

- BTES ( Borehole Thermal Energy Storage) : sfrutta le capacita di accumulo termico del terreno e utilizzando un particolare tipo di scambiatore di calore composto da sonde geotermiche inserite nel terreno, permette di usufruirne al momento opportuno;

- CTES ( Cavern Thermal Energy Storage) : ancora soggette a qualche incertezza soprattutto relativa ai costi elevati, sfrutta le cavità del terreno riempiendole di acqua allo scopo di utilizzarle come accumulo termico.

Figura 6,2: Tecniche di accumulo BTE

Nella seguente figura si evidenziano gli effetti dello stoccaggio nel terreno.

Con l’acronimo BHE si fa riferimento ad un impianto geotermico classico, ovvero un impianto soggetto ad esercizio stagionale sbilanciato senza prevedere alcun accorgimento, mentre con BTES si fa riferimento ad uno stesso impianto con integrazione solare.

Si può notare come la temperatura nel caso dell’impianto con l’uso di BTES cresca velocemente per i primi anni per poi stabilizzarsi. Come anticipato, si evidenzia dunque come tali accorgimenti oltre ad ovviare al problema di uno progressivo decadimento della temperatura del terreno, consentono addirittura un innalzamento della temperatura della sorgente con conseguenti benefici in termini di prestazioni della pompa di calore per il riscaldamento dell’edificio.

Figura 6,3: Effetti dell’accumulo sulla Temperatura della sorgente

Ovviamente, tutte le considerazioni riportate implicano la conoscenza delle caratteristiche termofisiche del terreno. Per la loro completa conoscenza va effettuata un’indagine geologica dell’area di ubicazione dell’impianto, effettuando delle relazioni geologiche sulla composizione del terreno.

In fase di realizzazione dell’impianto sarà possibile verificare la validità di tale analisi. In questo contesto le caratteristiche di maggior interesse sono la conduttività e la capacita termica. La prima rappresenta l’attitudine di un materiale a trasmettere calore. In geotermia tale valore determina la lunghezza ottimale delle sonde e varia in funzione del tipo di roccia presente nel sottosuolo. La seconda caratteristica è ottenuta dal prodotto tra calore specifico e densità e rappresenta il rapporto tra il calore che viene fornito ad un corpo ed il suo conseguente aumento di temperatura.

Il rapporto tra la conducibilità termica e la capacità termica rappresenta l’indice di diffusività termica α (m2/s) il quale descrive la propagazione di un campo termico in condizioni non stazionarie.

Se α avesse un valore elevato saremmo nel caso in cui il terreno possiede alta conducibilità ma anche alta densità e calore specifico. Con queste caratteristiche, a fronte di un gradiente termico, il flusso sarebbe elevato nei primi strati del materiale ma non riuscirebbe ad attraversare i successivi, garantendo un buon accumulo termico evitando che i l calore immesso nel terreno si disperda su un volume troppo elevato, arrivando cosi a livelli termici troppo bassi perché sia conveniente da utilizzare.

Figura 6,4: Proprietà termofisiche relative alla diversa natura del terreno

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