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III I stanze e oBIettIvI dI rIcerca

I.1.3 c rIterI dI Intervento

Il settore delle costruzioni consuma circa il 60% delle risorse estratte dalla terra, e circa il 30% dei rifiuti prodotti in Italia deriva da opere di demolizione e da lavori di ristrutturazione edilizia. A partire da questi dati, la necessità di trovare strumenti di ausilio per incentivare la dif- fusione del riuso e del riciclo trova conferma nelle disposizioni della Legge Merloni n. 109/94 e nel relativo regolamento di attuazione (art. 15, D.P.R. n.554/1999). In esso si dispone che la pro- gettazione debba essere uniformata “a principi di minimizzazione dell’impiego di risorse materiali non rinnovabili e di massimo utilizzo delle risorse naturali impegnate nell’intervento e di massima manutenibilità, durabilità dei materiali e dei componenti, sostituibilità degli elementi, compatibilità dei materiali ed agevole controllabilità delle prestazioni dell’intervento nel tempo”.

Una nuova cultura della sostenibilità deve prevedere l’uso di materiali ecocompatibili che, impiegati all’interno di soluzioni a cappotto per gli edifici del patrimonio edilizio recente, presenti- no alcune qualità fondamentali: la durabilità e la capacità di invecchiare bene; la leggerezza, legata non soltanto alle capacità resistenti dell’involucro bensì anche alla maneggiabilità e alla velocità di posa in opera a secco; la minimizzazione del consumo di energia in fase di loro ottenimento, lavorazione, posa in opera, riciclo o dismissione; la flessibilità e la reversibilità nel tempo in base alle esigenze dell’utenza.

Uno degli aspetti imprescindibili del progetto di ricerca consiste nella volontà di svilup- pare un sistema integrato che consenta di realizzare involucri in grado di adattarsi alla morfolo- gia dell’involucro esistente, permettendo conseguentemente di eseguire soluzioni “su misura”. Le istanze e gli obiettivi della ricerca riguardano proprio la definizione di procedimenti costruttivi ecocompatibili fondati sull’assemblaggio a secco di elementi prefabbricati leggeri, che rispettino tanto i requisiti prestazionali richiesti dalle attuali normative, quanto le esigenze di flessibilità pro- gettuale e resa estetica finalizzate a garantire esiti architettonici soddisfacenti.

Una analisi approfondita del patrimonio edilizio recente realizzato durante gli anni Sessanta e Ottanta, prevalentemente in conglomerato cementizio armato, induce al riconoscimento delle capacità strutturali, geografiche e spaziali di questi edifici: esse rappresentano un valido punto di partenza al fine di operare nell’ambito del loro recupero e della conservazione del loro scheletro strutturale.

Qualsiasi struttura esistente, legata a un preciso contesto storico-sociale e tecnico-costruttivo, può costituire una buona occasione di partenza per l’attuazione di strategie di riorganizzazione, seppur lievi ma radicali, provenienti direttamente dall’applicazione di sistemi tecnologici innova- tivi per la riabilitazione del patrimonio esistente. Il valore di questo legame con l’esistente deve essere riconosciuto e rispettato, attraverso l’attuazione di interventi coerenti che siano in grado di mantenerlo nel tempo.

Qualsiasi situazione urbana, così come qualsiasi alloggio esistente, presenta infatti le poten- zialità per assumere la natura di spazio peculiare, distinto dagli altri economicamente percorribili. Il patrimonio edilizio esistente rappresenta così un valido punto di partenza per lo sviluppo di nuove soluzioni progettuali, da esplorare nelle loro molteplici espressioni formali e morfologiche.

Oltre alle riflessioni legate alla storia architettonico-costruttiva e sociale, è importante valu- tare l’ipotesi di rinunciare alla loro demolizione, in quanto altri fattori comportano ulteriori valide motivazioni a favore di questo tipo di interventi:

• gli elevati costi di demolizione e ricostruzione che, talvolta, possono superare notevolmente l’ammontare dei costi previsti per un intervento di recupero (motivo per il quale è sempre necessario svolgere una attenta analisi costi-benefici prima di procedere con gli interventi, al fine di ottimizzare l’impiego di risorse economiche e materiali, nel rispetto di principi di ecosostenibilità);

• la carenza di altri edifici che possano ospitare, seppur temporaneamente, le stesse persone e le stesse funzioni, comportando importanti problematiche di carattere gestionale e sociale; • la perdita dell’eventuale valida occasione di recuperare una struttura esistente, per ottene-

re una struttura notevolmente migliorata, a livello architettonico e prestazionale, qualora la struttura di partenza non sia eccessivamente degradata7.

In un’ottica ecosostenibile, è dunque importante interrogarsi preliminarmente su quale livello di degrado della struttura esistente possa compromettere le sue prestazioni e le sue capacità di ga- rantire il naturale svolgimento della destinazione d’uso per le quali essa è stata progettata. Qualsiasi intervento di recupero permette di conferire uno sguardo nuovo, a posteriori, a ciò che già esiste e che si è sviluppato naturalmente nel corso degli anni, sotto le intenzioni progettuali di architetti e ingegneri e, al contempo, spontaneamente sotto l’azione degli abitanti.

Ispirandosi ai principi di sostenibilità e durabilità del settore delle costruzioni, attualmente imprescindibili, si avverte dunque un grande potenziale nella possibilità di recuperare gli edifici degradati, qualora una accurata analisi dei costi-benefici riporti esiti sfavorevoli nei confronti di una pratica alternativa di demolizione, e successiva ricostruzione di un fabbricato8.

7 “On se va beaucoup plus loin à partir de «quelque chose» plutôt que si l’on repart de zéro, en démolissant

par exemple. Une pratique basée sur la récupération d’une valeur que l’on utilise à un moment donné et que l’on peut pousser plus loin que si l’on revenait à un stade initial. Cette forme d’intelligence qui s’organise à «partir de quelque chose» est plus riche que la table rase. Elle me parait très intéressante à mettre en place pour idéaliser l’habitat.” (...) “Il semblerait qu’apparaisse aujourd’hui une opportunité fantastique pour exprimer cet idéal car la matière construite est déjà là, l’engagement politique et financier aussi.” (Druot F., Lacaton A. & Vassal J.-P., Plus, Editorial Gustavo Gili, Barcellona 2007.)

8 “Cela pose aussi directement la question de la modernité. Pour revenir à l’Afrique, je n’ai jamais rencontré

«d’attitudes» aussi «modernes» dans les façons de faire et de concevoir que là-bas. Est ce que cela à avoir avec le fait de situations difficiles, de situations contraintes? Oui, certainement. Mais ce qui est clair, c’est que nous traversons actuellement une époque où la façon de faire l’architecture, et de faire de l’urbanisme change radicalement. Et c’est d’autant plus difficile car l’on continue d’apprendre «le projet» comme on l’apprenait avant. A enseigner selon le prin- cipe de la feuille blanche. On ne part jamais d’un préalable si ce n’est dans des logiques patrimoniales. Le préalable

Il criterio di intervento perseguito consiste nella rinuncia a demolire, sottrarre o sostituire parti dell’edificio, per optare a favore di operazioni di aggiunta, trasformazione e utilizzo della stessa struttura originaria. Come sottolineano gli architetti Lacaton & Vassal, figure professionali francesi di riferimento per le pratiche di recupero dell’esistente, questo tipo di interventi “si fonda sulla precisione, la delicatezza, la gentilezza, l’attenzione: attenzione verso le persone, verso gli usi, le costruzioni, gli alberi, verso le strade e i prati, verso tutto l’esistente”9.

Dalle recenti linee di ricerca e dagli interventi sperimentali francesi, e in generale europei, si evince che, spesso, recuperare risulta più economico rispetto a demolire e ricostruire. Alla pratica di demolizione di edifici e interi quartieri del passato, emblema di “errori architettonici, tecnologici e sociali”10, si contrappone così la possibilità di attuare interventi di mantenimento e conservazione

in grado di cogliere l’opportunità per integrare tutte le dimensioni della riqualificazione.

Il progetto di ricerca sviluppato durante la Scuola di Dottorato è rivolto alla riqualificazione di dodici edifici scolastici, scelti all’interno del patrimonio edilizio scolastico del Comune di Bo- logna, selezionati per la tecnica costruttiva prevalentemente prefabbricata con la quale sono stati realizzati. A partire da una approfondita analisi delle diverse particolarità costruttive e tecnologi- che, architettoniche e funzionali degli edifici scelti, la ricerca è volta all’elaborazione di soluzioni progettuali che siano riproducibili e adattabili ad altri edifici e contesti analoghi e confrontabili con quelli di progetto per patologie edilizie, tecnologie costruttive, elevati consumi energetici, degrado urbano e disagio sociale.

L’obiettivo consiste nell’elaborazione di un processo da adottare nel campo del recupero de- gli edifici recenti, in grado di rispondere, attraverso interventi di adeguamento tecnologico, funzio- nale ed architettonico, all’eredità problematica che è stata lasciata dagli interventi realizzati durante gli anni Sessanta e Ottanta, prestando attenzione tanto alle problematiche costruttive e strutturali, quanto ai temi ambientali.

aujourd’hui c’est une ville complexe, riche, difficile et c’est avec cette matière là qu’il faut travailler. Je pense que la comparaison avec la musique urbaine est là aussi. On n’est pas obligé de revenir à la source pour faire de la création. On peut combiner des choses entre elles, les mettre cote à cote, en vis à vis, etc. Mais en architecture, on va rarement jusqu’au bout. Quand on doit transformer une usine en logements, la programmation conduit à construire les mêmes logements qu’ailleurs. On ne prend pas en compte une potentialité de l’existant pour se dire que l’habitation peut aussi changer considérablement. Je pense que l’utopie moderniste commence aujourd’hui, justement. Avec cette notion de recyclage de situations qui permet des stratégies d’assemblages, d’hybridation, de transformation, générant des complexités auxquelles on ne pourrait pas aboutir en gommant l’existant. Aujourd’hui nous avons accumulé assez de matière et il n’y a plus d’acte qui relève de la «création», au sens traditionnel et beaux-arts du terme. On est toujours en phase de modification d’une situation qui existe, liée à des facteurs économiques existants, à des territoires déjà occu- pés. Nous ne sommes plus dans la situation des années 70/80, durant lesquelles on lançait des commandes qui laissaient croire que l’on pouvait encore inventer la ville. Mais ça n’est pas être moins ambitieux que de dire aujourd’hui qu’on doit la modifier. La transformation est un acte culturel.”(Druot F., Lacaton A. & Vassal J.-P., Plus, Editorial Gustavo Gili, Barcellona 2007.)

9 Druot F., Lacaton A. & Vassal J.-P., Plus, Editorial Gustavo Gili, Barcellona 2007.

10 Delera A., Rota R., Riqualificazione energetica e architettonica dei grands ensembles degradati. L’esperienza