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III I stanze e oBIettIvI dI rIcerca

I.1.1 a sPettI norMat

Nella seconda metà del XX secolo, successivamente alla fase di ricostruzione postbellica e sviluppo urbano dovuto al boom economico degli anni Sessanta, il settore edilizio in Italia si dedica contemporaneamente alla nuova costruzione e al restauro e recupero del patrimonio edilizio esi- stente. Fino a quel momento, invece, il patrimonio dei beni culturali era stato regolato dalla Legge 1 giugno 1939, n. 1089 - Tutela delle cose d’interesse Artistico o Storico, e dalla Legge 29 giugno 1939, n. 1497 - Protezione delle bellezze naturali, o avente interesse architettonico, archeologico e storico-artistico.

Verso la fine degli anni Sessanta si assiste invece a un rinnovato interesse per i centri storici nel loro complesso, che porta a un ampio dibattito sul tema del Recupero, testimoniato in tal senso dalla Carta di Gubbio del 1970, in cui si afferma che “oggetto del recupero è tutto il patrimonio edilizio esistente”. La dichiarazione di Gubbio segna l’inizio di un dibattito sempre più acceso sulla necessità di elaborare strumenti e procedure adeguate agli interventi sul patrimonio edilizio esistente.

Un rilevante impulso in questo senso è segnato dall’approvazione della Legge 6 dicembre 1974, n. 394 - Legge Quadro sulle Aree Protette, a dimostrazione del recepimento a livello nor- mativo delle avanguardie culturali internazionali che identificano gli strumenti per uno sviluppo sostenibile nei principi della conservazione, valorizzazione e ricapitalizzazione delle risorse.

La differenziazione tra Restauro e Recupero risale al momento in cui la Legge 5 agosto 1978, n. 457 - Norme per l’edilizia residenziale consente di intervenire sul patrimonio edilizio storico, senza sottostare ai vincoli posti dalla Legge n. 1089 del 1939. Attraverso tale modifica legislativa, si attua una distinzione netta tra le diverse categorie di intervento2, differenziando tra gli interventi

2 “Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente sono così definiti:

a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti; b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; c) interventi di restauro e risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consoli- damento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;

d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme siste- matico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti;

e) interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale. (...)” (Legge 5 agosto 1978, n.457 - Norme per l’edilizia residenziale, Art. 31. Definizione degli interventi (implicitamente abrogato dall’articolo 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n.380)).

volti alla tutela degli oggetti monumentali e quelli riservati alla riqualificazione del costruito sto- rico.

Nella sostanza, però, questa distinzione formale svanisce durante il momento della applica- zione dei protocolli tecnici di intervento, venendo celata dall’omogeneità dell’approccio teorico e operativo con cui si affrontano uniformemente questo tipo di problematiche. Al di là di questa dif- ferenziazione, infatti, l’atteggiamento culturale e operativo da assumere per affrontare le pratiche di intervento, indistintamente negli ambiti di restauro, recupero, riuso, riabilitazione, consolidamento, dovrebbe rivolgersi al concetto di conservazione attiva, che fonda la scelta delle tecniche di inter- vento sul principio teorico della pratica manutentiva. Il concetto di manutenzione non deve essere inteso in opposizione con quello di conservazione, bensì in continuità, in quanto si può sostenere che non vi sia conservazione senza manutenzione3. La differenziazione tra gli specifici ambiti di

interesse scientifico è infine determinata dalle ulteriori sfumature che consentono di declinare le azioni in interventi architettonico-monumentali (restauro), edilizi e urbani (recupero e riuso), di conservazione e messa in sicurezza (riabilitazione e consolidamento).

In sintesi, gli interventi sul costruito si distinguono tra quelli appartenenti all’ambito del Re- stauro e del Recupero, in funzione della classificazione dell’oggetto di intervento. In particolare, il Restauro si occupa di edifici tutelati in accordo con il D.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 - Nuove

disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, mentre il Recupero riguarda gli interventi sul

patrimonio edilizio esistente non tutelato, in accordo con la Legge n. 457 del 1978 e con il D.P.R. 6 giugno 2001 – Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenta tori in materia edilizia.

Gli studi sull’approccio del Recupero vengono approfonditi anche attraverso un’attività nor- mativa volta a definire e sistematizzare gli strumenti per la conoscenza della gestione in itinere dei beni architettonici (UNI 7867-2: 1978 – Edilizia. Terminologia per requisite prestazioni. Specifica-

zione di prestazione, qualità e affidabilità, sostituita da UNI 10838: 1999 - Edilizia. Terminologia riferita all’utenza, alle prestazioni, al processo edilizio e alla qualità edilizia).

Il tema della tutela e valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico nazionale si afferma come obiettivo prioritario delle strategie di sviluppo sostenibile già con la Carta di Granada del 1985, in cui si afferma che: “il patrimonio architettonico costituisce una espressione irripetibile della ricchezza della diversità del patrimonio culturale d’Europa, una testimonianza inestimabile del nostro passato e un bene comune a tutti gli europei; è importante trasmettere un in- sieme di riferimenti culturali alle generazioni future, migliorare la qualità della vita urbana e rurale

3 “Non vi è conservazione senza manutenzione, e questo rapporto stretto rende i due termini, in alcuni casi,

intercambiabili. Tuttavia spesso si tende a richiamare l’attenzione, più sull’obiettivo teorico - la conservazione - che sull’azione processuale reale - la manutenzione - (...) Il Recupero è una parola degna di grande attenzione poiché allu- de, come la manutenzione, ad un’azione processuale, che vede come protagonista il bisogno umano e il senso, storico e attuale, degli oggetti da recuperare. Ancora una volta, pone al centro il rapporto tra gli uomini e le cose. Cioè la storia. Re-cupero, infatti, richiama etimolgicamente il ri-prendere - in esame, in carico - e, quindi, il com-prendere di nuovo.” (Manieri Elia M.)

e favorire contemporaneamente lo sviluppo economico sociale culturale; è importante accordarsi sugli orientamenti essenziali per una politica comune che garantisca la salvaguardia e la valorizza- zione del patrimonio architettonico”.

Il principio della salvaguardia dell’identità nazionale è nuovamente affermato nel Trattato di Maastricht del 1992 che, istituendo il principio di sussidiarietà tra gli Stati membri, legittima la necessità di raggiungere una sempre maggiore consapevolezza dell’identità del patrimonio locale.

Tale assunto culturale matura attraverso la Dichiarazione di Istanbul del 1996, sottoscritta dai capi di Stato e di governo riuniti a Istanbul per la Seconda Conferenza dell’ONU sugli insedia- menti umani. I temi fondamentali trattati in questa occasione vengono approfonditi nell’Agenda

Habitat II, con cui viene promossa la riqualificazione e la manutenzione degli edifici, dei monu-

menti, degli spazi pubblici e dei paesaggi di particolare valore storico, culturale, architettonico, naturale, religioso-spirituale.

Nel corso dei secoli, l’industrializzazione e l’uso sempre maggiore di combustibili fossili ha provocato progressivi cambiamenti della composizione atmosferica, e dunque del clima, aggravati da un sempre maggiore tasso di inquinamento ambientale. Nel XX secolo, l’aggravarsi di queste problematiche rende sempre più forte l’esigenza di promuovere una sensibilizzazione verso inter- venti di recupero basati sull’adozione di soluzioni capaci di favorire una crescita sostenibile.

L’Unione Europea ha riservato particolare importanza al miglioramento dell’efficienza ener- getica degli edifici esistenti, introducendo, proprio per questo proposito, la certificazione energe- tica attraverso la Direttiva Europea 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia. Nelle linee guida tracciate dalla direttiva si delinea in più passaggi un orientamento volto a incoraggiare una progettazione consapevole delle caratteristiche climatiche del luogo e attenta nei confronti dei fattori incidenti sul comportamento energetico degli edifici.

In Italia, tale Direttiva viene recepita dal D.lgs 27 luglio 2005, n. 187 - Norme per l’attuazio-

ne del Piano energetico nazionale in materia d’uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, ma soprattutto dal D.lgs 19 agosto 2005, n. 192 - At- tuazione della Direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia. Quest’ultimo

decreto introduce requisiti molto restrittivi sull’isolamento termico degli edifici, sui generatori di calore e sul fabbisogno di energia per la climatizzazione invernale, ma affronta poco il problema del benessere estivo. Tale decreto ha effettivamente portato a un ribaltamento del ruolo dell’involu- cro edilizio come elemento fondamentale per l’efficientamento delle prestazioni energetiche degli edifici e per il controllo dei loro consumi energetici.

Il D.lgs. 30 maggio 2008, n. 115 - Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all’effi-

cienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE

sotto il profilo di costi e benefici.

Nel 2009 viene pubblicata la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso di energia ri- cavata da fonti rinnovabili, seguita nel 2010 dalla Direttiva 2010/31/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla prestazione energetica nell’edilizia che aggiorna quella del 2002. Quest’ultima rientra tra i provvedimenti che l’Unione Europea ha definito per raggiungere gli obiettivi del Piano di Azione 20-20-20, che prevede di raggiungere entro il 2020 i seguenti obiettivi: la riduzione del 20% delle emissioni di CO2, l’aumento fino al 20% della quota di energia da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20% dell’efficienza energetica di tutti i settori. In particolare, la principale no- vità della nuova direttiva riguarda l’obbligo di costruire nuovi edifici solo ad “energia quasi zero” a partire dal 2020.

La Direttiva 2010/31/UE viene recepita dallo Stato Italiano con il D.lgs 4 giugno 2013, n. 63, il quale non comporta modifiche immediate fino all’approvazione dei decreti attuativi. Il nuovo provvedimento italiano stabilisce che, a partire dal 31 dicembre 2018, gli edifici di nuova costru- zione utilizzati da Pubbliche Amministrazioni e di proprietà di queste ultime devono essere proget- tati e realizzati quali edifici “a energia quasi zero”. Per questo, alcune Regioni si sono dotate di una propria disciplina per il contenimento dei consumi e per la certificazione energetica degli edifici. Tra queste compare anche la Regione Emilia Romagna, che ha emanato la Delibera di Assemblea Legislativa 4 marzo 2008, n. 156, le cui disposizioni sono entrate in vigore dall’1 luglio 2008.

Ad oggi, il processo di armonizzazione delle norme europee non si è ancora concluso. Per questo motivo, a integrazione della Direttiva Europea sui prodotti da costruzione (CPD - Contruc-

tion Products Directive), si applica il diritto del singolo paese in materia di edilizia per l’applica-

zione dei sei requisiti essenziali (ER - Essential Requirements): resistenza meccanica e stabilità, sicurezza in caso di incendio, sicurezza durante l’uso, protezione contro il rumore, risparmio ener- getico e dispersione termica, uso sostenibile delle risorse naturali.

In particolare, fra le materiali edili specificamente volti al miglioramento prestazionale ener- getico degli edifici esistenti nell’ottica di sostenibilità ambientale, acquistano un ruolo rilevante i sistemi a cappotto ETICS (External Thermal Insulation Composite System). Per questa categoria di sistemi di isolamento dell’involucro, la Commissione Europea ha affidato all’EOTA (European

Organization for Technical Approval) il compito di redigere le linee guida per l’approvazione dei

sistemi ETICS a livello europeo: così nasce la Linea Guida Tecnica - ETAG 004 (European Tech-

nical Approval Guideline) per Sistemi ETICS su supporti in muratura e calcestruzzo. Per utilizzi

diversi da questo, vengono elaborate singolarmente dai membri dell’EOTA linee guida specifiche, denominate CUAP (Common Understanding of Assesment Procedure).

Di seguito si riportano le normative vigenti a livello internazionale che riguardano, in par- ticolare, i materiali isolanti più comunemente impiegati per il Sistema di Isolamento Termico a

Cappotto, di tipo EPS (polistirene espanso sinterizzato) e MW (lane minerali):

• ETAG 004 - Linee guida tecniche europee per Sistemi Isolanti a Cappotto per esterni con intonaco;

• ETAG 014 - Linee guida tecniche europee per tasselli in materiale plastico per sistemi iso- lanti a cappotto;

• UNI EN 13162: 2009 Isolanti termici per edilizia - Prodotti di lana minerale (MW) ottenuti in fabbrica - Specificazione;

• UNI EN 13163: 2001 Isolanti termici per edilizia - Prodotti di polistirene espanso (EPS) ot- tenuti in fabbrica – Specificazione;

• UNI EN 13494: 2003 Isolanti termici in edilizia - Determinazione delle resistenze a trazione dell’adesivo e del rivestimento di base al materiale isolante;

• UNI EN 13495:2003 Isolanti termici in edilizia - Determinazione delle resistenze allo strap- po dei sistemi di isolamento per l’esterno (cappotti) (prove del blocco di schiuma espanso); • UNI EN 13496: 2003 Isolanti termici in edilizia - Determinazione delle proprietà meccaniche

delle reti in fibra di vetro;

• UNI EN 13497: 2003 Isolanti termici in edilizia - Determinazione delle resistenze all’impatto dei sistemi di isolamento termico per l’esterno (cappotti);

• UNI EN 13498: 2003 Isolanti termici in edilizia - Determinazione delle resistenze alla pene- trazione dei sistemi di isolamento termico per l’esterno (cappotti);

• UNI EN 13499: 2005 Isolanti termici per edilizia – Sistemi compositi di isolamento termico per l’esterno (ETICS) a base di polistirene espanso – Specifiche;

• UNI EN 13500: 2005 Isolanti termici per edilizia – Sistemi compositi di isolamento termico per l’esterno (ETICS) a base di lana minerale – Specifiche.

Inoltre, è importante rilevare che per i pannelli isolanti è sempre necessaria la marcatura CE per l’immissione dei prodotti sul mercato edile, la quale viene applicata in base alle norme di pro- dotto: ad esempio, per i sistemi in EPS (polistirene espanso sinterizzato) ci si riferisce alla UNI EN 13163, mentre per quelli in MW (lana minerale) alla UNI EN 13162.

Occorre precisare che la marcatura CE, pur rappresentando la “carta d’identità” del prodotto, non fissa i requisiti minimi prestazionali specifici per l’applicazione del Sistema a Cappotto e, di conseguenza, non è sufficiente per attestare l’idoneità dei pannelli isolanti a tale applicazione. Per- tanto, occorre tenere presente che l’azienda produttrice dell’isolante deve attestare l’idoneità del proprio prodotto per l’utilizzo in Sistemi ETICS, fornendo una adeguata documentazione tecnica al produttore del sistema.

In particolare, il produttore deve fornire l’attestazione di un ente esterno che certifichi, per i propri pannelli isolanti, il raggiungimento dei valori fissati come requisiti minimi dalla linea guida

europea relativa ai Sistemi a Cappotto (ETAG 004).

In aggiunta alle prescrizioni espresse dall’ETAG 004, eventuali norme nazionali possono prescrivere ulteriori caratteristiche e requisiti prestazionali. Mancando in Italia ulteriori riferimenti, si ritiene opportuno considerare le indicazioni delle norme UNI EN 13499:2005 (per il polistire- ne espanso - EPS) e UNI EN 13500:2005 (per la lana di roccia - MW), che esplicitano i requisiti prestazionali minimi per l’utilizzo dei pannelli isolanti nei Sistemi ETICS.

Infine, per essere idoneo all’utilizzo nei Sistemi ETICS, oltre a dover presentare le necessa- rie certificazioni e un valore di conduttività termica λ adeguato, un pannello isolante deve avere caratteristiche tecniche ben definite e verificate in un certificato di prova ETA, quali ad esempio la resistenza a trazione e a taglio, o ancora l’assorbimento d’acqua.