• Non ci sono risultati.

Riunione e separazione dei procedimenti

Nel documento IL GIUDIZIO ABBREVIATO (pagine 30-36)

Si è accennato (v. supra par. 1) alla indiscussa possibilità, per l’ente e per l’imputato - persona fisica, di optare per strategie processuali diverse.

Merita, di riflesso, particolare attenzione la disposizione contenuta nell’articolo 38 del D.Lgs. n. 231 del 2001.

La riunione dei procedimenti

A norma del comma 1 dell’articolo 38, il procedimento per l’illecito amministrativo dell’ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell’autore del reato da cui l’illecito dipende.

La disposizione costituisce inequivocabile espressione della tendenza legislativa all’accertamento simultaneo della responsabilità dell’imputato o indagato per il reato e della responsabilità dell’ente per il dipendente illecito amministrativo53.

Si vuole insomma che il giudice penale accerti nello stesso contesto la responsabilità penale, quella amministrativa dell’ente ed eventualmente quella civile

53In argomento, v. CERESA-GASTALDO, Il “processo alle società” nel D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Torino 2002, p. 20.

54V. in argomento BACCARI, Le modifiche in tema di connessione, riunione e collegamento investigativo; la disciplina a regime e quella transitoria (articoli 12, 17, 371), in AA.VV., Giusto processo. Nuove norme sulla formazione e valutazione della prova (legge 1° marzo 2001, n. 63), a cura di TONINI, Padova, 2001, p. 174 ss.

dell’imputato e dello stesso ente - responsabile civile (non, naturalmente, nel giudizio abbreviato che ne impone l’esclusione), o civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

Riunione dei procedimenti, e inevitabile appesantimento (soprattutto dei giudizi speciali, in particolare dell’abbreviato), come regola, separazione come eccezione:

questo emerge dalla struttura della disposizione e si tratta di una evidente inversione di rotta rispetto al passato anche recente (si pensi alla legge 1 marzo 2001, n. 63 che ha ulteriormente ridotto i casi di connessione di cui all’articolo 12 c.p.p.)54.

Si vedrà però che la discutibile regola, determinata da non meno discutibili convinzioni (segnatamente dalla convinzione che l’identità, pur parziale, dell’oggetto dell’accertamento in relazione alle diverse responsabilità possa facilitare l’opera del giudice, evitando decisioni contraddittorie o inutili duplicazioni di attività istruttorie, magari tecnicamente complesse o dispendiose), è ampiamente neutralizzata dalla vastità delle eccezioni.

Casi di separazione dei procedimenti previsti dall’articolo 38, comma 2

A norma del comma 2, si procede separatamente per l’illecito amministrativo dell’ente “soltanto” quando: a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 71 c.p.p. per l’incapacità dell’imputato di parteciparvi coscientemente; b) il procedimento è stato definito con il giudizio abbreviato o con l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. ovvero è stato emesso il decreto penale di condanna; c) l’osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario.

Va subito notato che l’avverbio “soltanto”, che sembrerebbe limitare le eccezioni a quelle catalogate nel comma 2, non può essere inteso alla lettera non fosse altro perché sono numerose le ipotesi previste dal D.Lgs. n. 231 del 2001 in cui la separazione del procedimento per l’illecito amministrativo è imposta da ragioni interne al procedimento medesimo, non da ragioni esogene, derivate dal procedimento penale, come è nei casi elencati dalla disposizione in esame (a questo si aggiunga, come tra breve si ribadirà, che la lettera c) del comma 2 anziché enunciare casi di separazione prevede una clausola generale di ampia interpretazione, tale - è opportuno chiarirlo subito - da ricomprendere sia le disposizioni processuali contenute nel codice di procedura penale e nelle norme di attuazione, sia quelle dettate dal D.Lgs. n. 231 del 2001).

Casi in cui la separazione del procedimento per l’illecito amministrativo è imposta da ragioni interne al medesimo

Ai casi di separazione che la lettera b) enuncia pensando all’imputato, casi accomunati dall’idea che solo l’imputato acceda ai riti differenziati ovvero non si opponga al decreto di condanna, sicché l’accertamento della responsabilità dell’ente segua il percorso ordinario o comunque strade diverse, vanno equiparati, sotto il

profilo della necessaria separazione dei processi, i casi diametralmente opposti, quelli cioè in cui sia l’ente ad effettuare, perché lo vuole o perché vi è costretto dalla legge (si vedrà, ad esempio, che l’ente non può accedere al giudizio abbreviato qualora l’illecito contestatogli implichi una sanzione interdittiva definitiva) opzioni diverse rispetto a quelle dell’imputato.

Il riferimento dell’articolo 38, comma 2, lettera b), alla “definizione” del giudizio abbreviato o del procedimento di applicazione della pena è opportuno chiarirlo -non può essere inteso alla lettera; -non avrebbe senso, invero, attendere che il giudizio abbreviato sia definito per disporre la separazione del diverso procedimento; è sufficiente, in altre parole, che il giudizio abbreviato sia disposto e sarà in quel momento che il giudice procederà alla separazione qualora l’imputato o l’ente voglia o debba percorrere strade processuali diverse55.

Quanto al patteggiamento, è invece logico che il giudice disponga la separazione solo nel momento in cui, accogliendo la richiesta, pronunci la relativa sentenza (o la sentenza di cui all’articolo 129); se dovesse, invero, respingerla, i processi potrebbero anche proseguire riuniti.

Si pensi, poi, alle numerose disposizioni processuali contenute nel D.Lgs. n.

231/2001 che impediscono il simultaneus processus, segnatamente agli articoli 43, 65 e 8.

Il comma 4 dell’articolo 43 stabilisce che se non è stato possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dai commi che lo precedono o comunque mediante consegna al legale rappresentante anche se imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo, l’autorità giudiziaria deve disporre nuove ricerche e qualora esse non diano esito positivo, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, è tenuto a sospendere il procedimento. La necessità che l’ente abbia avuto effettiva conoscenza del processo ha indotto il legislatore ad adottare detta soluzione ma è evidente che essa non ha certo la forza di bloccare anche il processo per l’accertamento del reato che proseguirà pertanto la propria strada in vista, se possibile, di eventuali successive riunioni con quello a carico dell’ente.

L’articolo 65 stabilisce che, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, “il giudice può disporre la sospensione del processo se l’ente chiede di provvedere alle attività di cui all’articolo 17 e dimostra di essere stato nell’impossibilità di effettuarle prima”.

Si tratta delle condotte risarcitorie, riparatorie e riorganizzative di cui tratta anche l’articolo 49, dettato con riguardo alla sospensione delle misure cautelari.

L’articolo 65 si premura, infatti, di precisare che “si osservano le disposizioni di cui all’articolo 49”. Il giudice può, in altre parole, disporre la sospensione del processo se l’ente chiede di realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l’esclusione di sanzioni interdittive a norma dell’articolo 17 e prevede, all’articolo 12, comma 2, la circostanza attenuante della riduzione della sanzione pecuniaria da un terzo alla metà).

In presenza di tale richiesta, il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene di accoglierla, determina una somma di denaro a titolo di cauzione, dispone la

55 Nel senso di una necessaria sospensione del processo contro l’ente in attesa della conclusione del giudizio abbreviato si è invece espresso GARUTI, I profili soggettivi del procedimento, in AA.VV., Responsabilità amministrativa degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di GARUTI, Padova 2002, p. 280.

sospensione del processo e indica il termine per la realizzazione delle anzidette condotte riparatorie (articolo 49, comma 1, secondo periodo).

Come si è visto, peraltro, la richiesta è inammissibile se formulata dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, perché si vuole evitare lo svolgimento dell’istruzione dibattimentale, inutile in caso di intervenuta riparazione (l’ente deve, inoltre, dimostrare di essere stato nell’impossibilità di effettuare le condotte anzidette in un momento precedente)56.

Ecco dunque un altro caso in cui il processo di accertamento del reato e quello di accertamento dell’illecito amministrativo procederanno separatamente.

E’ opportuno rilevare, aprendo una breve parentesi, che il D.Lgs. n. 231 del 2001 non disciplina le interferenze dell’istituto appena esaminato con l’udienza preliminare e con i giudizi speciali, pur lasciando intendere che le condotte riparatorie devono, se possibile, essere attuate in fase predibattimentale.

E così ragionevolmente sarà tutte le volte in cui sia richiesta, nella fase delle indagini preliminari, l’applicazione nei confronti dell’ente di una misura cautelare interdittiva. Nulla sembra impedire, peraltro, che la richiesta dell’ente sia presentata nella fase dell’udienza preliminare con la conseguente applicabilità alla stessa del modulo previsto dall’articolo 65.

Problemi si intravedono invece nel caso in cui l’azione penale sia esercitata con richiesta di giudizio immediato. e, come si è detto, all’ente è concessa la possibilità di attivare il meccanismo in questione nell’udienza preliminare e prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ne deriva che, una volta che il processo riprenda il suo corso, l’ente sarà ancora nei termini per presentare richiesta di giudizio abbreviato (o di applicazione concordata della pena).

In una situazione più complessa viene, invece, a trovarsi l’ente qualora l’azione penale sia esercitata con richiesta di giudizio immediato. a un lato, infatti, l’ente è vincolato all’osservanza del termine di quindici per la richiesta dei riti alternativi, dall’altro, qualora decida di accedervi scoprirà l’assenza di disposizioni che gli consentano di attivare le condotte riparatorie nell’ambito dei relativi giudizi.

Analogo discorso, anche se con riferimento al solo all’articolo 12, può essere fatto con riferimento al procedimento per decreto nel quale la richiesta di riti differenziati va proposta mediante l’opposizione al decreto di condanna da presentarsi nel medesimo termine di quindici giorni.

Scaturiscono inevitabilmente alcuni interrogativi, che sono poi in sostanza proposte di soluzione delle relative questioni.

Una prima ipotesi è che l’ente possa, nel tempo che intercorre tra la data di notificazione del decreto di giudizio immediato o, se successiva, del relativo avviso al proprio difensore, e la scadenza del termine anzidetto, presentare al giudice per le indagini preliminari la richiesta di realizzare le condotte riparatorie e che, di conseguenza, il giudice debba disporre la sospensione del processo, rectius della decorrenza del termine decadenziale previsto per la formulazione della richiesta di accesso ai riti differenziati.

56Si legge nella Relazione cit., 545, che “deve trattarsi di vera impossibilità, e non anche di difficoltà in qualche modo superabili”.

Altra ipotesi è che l’ente sia comunque tenuto a presentare la richiesta di rito differenziato accompagnandola con la richiesta riparatoria per modo che il giudice, se del caso, sospenda la decisione sulla richiesta di rito alternativo.

Si potrebbe inoltre supporre che la richiesta possa essere presentata dall’ente nel giudizio speciale, con la conseguenza che la sospensione debba essere lasciata al giudice del medesimo.

Infine, si potrebbe sostenere che sia questo un caso in cui l’ente dovrà attendere la fase dell’esecuzione per ottenere, a norma dell’articolo 78, la conversione in pecuniaria della sanzione interdittiva applicatagli nel giudizio di cognizione qualora le condotte di cui all’articolo 17 siano state poste in essere tardivamente.

Quest’ultima soluzione è la prima da escludere rivelandosi in ogni caso più gravosa per l’ente, vuoi perché la conversione in executivis non si estende all’analogo beneficio di cui all’articolo 12, vuoi soprattutto perché non può privarsi l’ente della possibilità di evitare, come l’articolo 16, del quale tra breve si dirà, gli consente, l’applicazione in via definitiva di sanzioni interdittive proprio avvalendosi dei meccanismi di cui all’articolo 17.

Delle altre, nel silenzio del legislatore, e ad evitare diversità di trattamento di dubbia legittimità costituzionale, lo sforzo creativo preferibile sembra il secondo tra quelli ipotizzati, cioè quello di considerare applicabile per analogia l’articolo 65 in modo da sospendere la decisione sulla richiesta di rito differenziato nel caso in cui sia accompagnata dalla richiesta di attivazione delle condotte riparatorie.

Potrebbe peraltro essere praticabile anche l’idea di consentire all’ente di presentare la richiesta di cui all’articolo 17 nel giudizio speciale.

Sospendere la decorrenza del termine preclusivo della richiesta di rito differenziato e lasciare l’ente libero di decidere, venuta meno la ragione della sospensione, se accedere o meno al rito differenziato, non sembra invece la via più

“economica” da seguire, atteso che se l’ente non è intenzionato a praticare la strada dei riti alternativi, potrà contare nel giudizio sulla diretta applicazione dell’articolo 65.

Altre disposizioni da considerare sono - come sopra si diceva - quelle contenute nell’articolo 8 del D.Lgs. n. 231 del 2001.

La responsabilità dell’ente sussiste - si legge nel comma 1 - anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile ovvero il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia.

In questi casi, dunque, il processo contro l’ente viene separato e prosegue.

Non però se il reato sia estinto per amnistia (neppure se l’imputato rinunci alla sua applicazione) perché in tal caso si estingue anche l’illecito amministrativo dipendente e quindi non si procede nei confronti dell’ente (comma 2), a meno che non sia lo stesso ente a rinunciare all’amnistia (comma 3).

La separazione dei processi si impone in tal caso qualora, come si è detto, l’imputato rinunci all’applicazione dell’amnistia e l’ente no.

Casi in cui la separazione dei procedimenti è imposta da disposizioni del codice di procedura penale

Non meno rilevanti sono le disposizioni del codice di procedura penale che impediscono il simultaneus processus.

E’ da escludere, invero, che l’articolo 38 del D.Lgs. n. 231 del 2001 inibisca l’applicazione dell’articolo 18 c.p.p., disposizione da osservarsi, in virtù del richiamo di cui all’articolo 34 del D.Lgs. n. 231 del 2001, anche nel processo di accertamento della responsabilità dell’ente57.

Anche le disposizioni processuali in esso contenute devono essere osservate e se la loro osservanza la rende “necessaria” sarà disposta la separazione.

Si pensi, ad esempio, al caso, contemplato nella lettera) del comma 1 dell’articolo 18, in cui nell’udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni sia possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni sia necessario acquisire ulteriori informazioni a norma dell’articolo 422, ovvero, come già si è avuto modo dire, integrare indagini incomplete.

Orbene, non sembra esservi dubbio che in tal caso il giudice, salvo che ritenga la riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti, debba disporre la separazione dei processi, compreso quello nei confronti dell’ente.

Oppure si pensi, ancor più in generale, a tutti i casi in cui il procedimento a carico dell’ente subisca un inevitabile arresto (ad esempio, per la nullità degli atti introduttivi del giudizio) o comunque una dilatazione per impulso dello stesso ente (come, ad esempio, nel caso in cui sia l’ente, una volta ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ad avvalersi delle potenzialità di integrazione investigativa offerte dall’articolo 415-bis) e quello a carico dell’imputato debba invece necessariamente proseguire per problemi legati alla decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Nondimeno, le stesse scelte dell’imputato, a parte quanto già si è detto in ordine alle opzioni per riti alternativi, determinano la necessaria separazione.

Si pensi al caso in cui, a norma dell’articolo 419, comma 5, l’imputato rinunci all’udienza preliminare e l’ente non faccia la stessa scelta.

E naturalmente è ipotizzabile anche lo scenario inverso.

D’altra parte, che sia l’imputato a rinunciare all’udienza preliminare o che lo faccia l’ente, la scelta non ha effetti di trascinamento.

In particolare la “dipendenza” dell’illecito amministrativo e della conseguente responsabilità dell’ente dal reato, non è stata dal legislatore tradotta in termini di dipendenza (bensì di autonomia) dell’accertamento se non nei casi di cui agli articoli 17 e 60.

L’articolo 17 prevede infatti che non si proceda all’accertamento dell’illecito amministrativo dell’ente qualora l’azione penale non possa essere iniziata o proseguita nei confronti dell’autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità.

L’articolo 60 afferma, a sua volta, che non può procedersi alla contestazione dell’illecito amministrativo quando il reato da cui dipende l’illecito è estinto per prescrizione.

Non di meno tale eccezione ha una portata limitata: infatti, se al momento della contestazione il reato non è ancora estinto, questa viene elevata legittimamente e la

57In senso contrario v. FERRUA, Il processo penale contro gli enti: incoerenze e anomalie nelle regole di accertamento, in AA.VV., Responsabilità amministrativa degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di GARUTI, Padova 2002, p. 226.

successiva prescrizione risulta irrilevante ai fini della prosecuzione del procedimento nei confronti dell’ente.

Né possono essere trascurate, per concludere, le scelte del pubblico ministero: si pensi al caso in cui il pubblico ministero, sussistendone le condizioni, presenti o citi l’imputato per il giudizio direttissimo oppure richieda al giudice per le indagini preliminari l’emissione di decreto di giudizio immediato. La separazione sarà inevitabile qualora, come sopra si diceva, non sussistano le condizioni per contestare l’illecito all’ente negli stessi modi.

A tale proposito si è osservato che “rimane oscuro il motivo per cui l’eventuale definizione del processo penale con rito immediato o direttissimo non rientri tra le cause di separazione dei procedimenti”58.

A ben vedere, peraltro, si tratta proprio di uno di quei casi di separazione ai quali allude, con formula volutamente vaga, l’articolo 38, comma 2, lett. c); è infatti proprio l’osservanza da parte del pubblico ministero delle disposizioni dettate con riguardo a detti procedimenti speciali che rende necessaria la separazione.

Nel documento IL GIUDIZIO ABBREVIATO (pagine 30-36)

Documenti correlati