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La Rivoluzione francese: progetto politico o corrente di pensiero?

1.2. Ordinamento degli studi, personalità dello Stift e correnti di pensiero

1.2.3 La Rivoluzione francese: progetto politico o corrente di pensiero?

166 Per uno studio approfondito dell’influenza del platonismo a Tubinga e sulla sua ricezione da parte di Hörderlin, Schelling e Hegel, cfr. M. Franz, Tübinger platonismus. Die gemeinsamen philosophischen Anfangsgründe von Hörderlin, Schelling und Hegel, Tübingen, Narr Franke Attempto Verlag GmbH + Co. KG, 2012.

114 Gli anni universitari di Hegel coincidono con quelli della rivoluzione francese. Il rapporto Hegel-Rivoluzione francese167, considerata l’importanza del tema nella speculazione del filosofo, è sempre stato oggetto di studio, sia in opere specifiche sull’argomento, sia all’interno di altri lavori che si occupavano del pensiero politico del filosofo. È soprattutto nel Novecento, tuttavia, in seguito alla francese Hegel-

renassaince ad opera dei vari Kojève, Hyppolite, Koyrè, che si avviano gli studi specifici sul rapporto tra Hegel e gli ideali della rivoluzione. Fino alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento, infatti, prima della pubblicazione dell’opera di Dilthey sulla giovinezza di Hegel e al conseguente interesse da parte degli studiosi alle opere giovanili del filosofo e al periodo in cui egli era a più stretto contatto con gli eventi rivoluzionari, l’opinione corrente e diffusa era quella che Rudol Haym aveva proposto nella sua opera Hegel und seine Zeit: Hegel era il pensatore del sistema, il dittatore filosofico della Germania e la sua filosofia non era altro che la dimora speculativa della restaurazione prussiana. Con l’uscita dei suoi Lineamenti di

filosofia del diritto, Hegel aveva dato una svolta al suo sistema, che si traduceva, secondo Haym con la divinizzazione della potenza dello stato prussiano, contrapposta alla libertà dell’individuo. Haym descrive con parole infuocate il denigrazione che la

Filosofia del diritto di Hegel rappresentava per la filosofia:

167 Fra gli studi più importanti sull’argomento si v. H. Marcuse, Reason und Revolution: Hegel and the

rise of social theory, London, Routledge & Kegan Paul Ltd., 1954, tr. it. di A. Izzo, Ragione e rivoluzione: Hegel e il sorgere della teoria sociale, Bologna, Il Mulino, 1997; J. Hyppolite, La signification de la Révolutiuon Française dans la Phénomélogie de Hegel, Paris, Rivière, 1955, tr. it., S. T. Regazzola, Saggi su Marx e Hegel, Milano, Bompiani, 1963; J. Ritter, Hegel und die französische Revolution, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1965, tr. it. A. Carcagni, Hegel e la Rivoluzione Francese, Napoli, Guida, 1970; J. Gebhardt, hrsg. von, Die Revolution des Geistes: politisches Denken in Deutschland 1770 - 1830 : Goethe, Kant, Fichte, Hegel, Humboldt, München, List, 1968; M. Rossi, M. Rossi, Marx e la dialettica hegeliana: Hegel e lostato, Roma, Editori riuniti, 1960; R. Racinaro, Rivoluzione e società civile in Hegel, Napoli, Guida, 1972; H. König, Geist und Revolution: Studien zu Kant, Hegel und Marx, Stuttgart, Klett-Cotta, 1981; R. Racinaro, Rivoluzione come Riforma: filosofia classica tedesca e Rivoluzione francese, Milano, Guerini, 1995; Hans Friedrich Fulda, hrsg. von, Rousseau, die Revolution und der junge Hegel, Stuttgart, Klett-Cotta, 1991; D. Losurdo, La catastrofe della Germania e l'immagine di Hegel, Milano, Guerini e associati, 1987; D. Losurdo, Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazione tra rivoluzione e reazione, Napoli, Gerini e Associati Spa, 1997 ; P. Pallavidini, Hegel critico dell’autoritarismo: il confronto critico con la Rivoluzione francese alle origini dei modelli teorici hegeliani, Firenze, Arnaud, 1992.

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Non molto dopo la sua naturalizzazione in Prussia, egli scrisse la sua ultima grande opera. Era una rappresentazione della sua filosofia riconvertita al lato della vita pratica e della realtà statale. La filosofia del diritto che usciva nel 1821 traduceva e formulava una controparte della Logica e della metafisica, lo Spirito restauratore, al quale ogni logica e ogni metafisica e al quale l’intero sistema d’ora in poi si trivializzò. In un periodo, nel quale la mancanza di idee in quanto tale si prende la libertà di burlarsi delle ideologie dei filosofi, non è affatto un’operazione felice mettere alla berlina un sistema filosofico. Noi per questo omaggiamo solo la potenza delle idee. Poiché in verità la filosofia non ha perso la sua validità attraverso l’opposizione dei potenti e delle regole di un governo. Lei stessa nella sua discriminazione ha dovuto ammettere, che lei stessa poteva aprire le porte all’influsso dei suoi elementi nemici. La filosofia del diritto di Hegel è solo uno scritto cioè, ma un grande passo verso questa autodistruzione. Essa è essenzialmente responsabile del destino che la più grande scienza sia caduta in disprezzo e quasi impotente si contrapponga alla violenza della realtà168.

E mentre fin qui le infuocate critiche di Haym si rivolgevano soprattutto alla

Filosofia del diritto hegeliana e alla conseguente decadenza della filosofia, successivamente si estendono alla considerazione del sistema di Hegel in generale, e alla sua totale adesione alla filosofia della Restaurazione e dello stato prussiano.

La filosofia del diritto, come detto, giocò nel modo più chiaro questa svolta, o io dico preferibilmente, questo destino dell’insegnamento di Hegel, la trasformazione dell’Assoluto in un idealismo della Restaurazione. Con ragione è famigerata la prefazione di questo libro che non è altro innanzitutto che una scientifica formulata giustificazione dello stato poliziesco del Karlsbaden e dell’azione demagogica169.

È chiaro che il giudizio di Haym, così estremo, influenzò per parecchio tempo i lettori di Hegel, tanto più che il biografo nella sua opera, accompagna le sue affermazioni ad una motivata e minuziosa analisi dell’opera hegeliana, soprattutto della prefazione, volta a dimostrare le sue tesi; tanto più che fino ai primi anni del Novecento, prima della diltheyana opera sulla giovinezza di Hegel e della pubblicazione delle Jugendschriften a opera del Nohl, l’Hegel prevalentemente conosciuto dai lettori era quello del sistema.

L’Hegel-Renassaince che seguì a questa scoperta, produsse una rivalutazione delle opere giovanili e in particolar modo della Fenomenologia, considerata da più

168 R. Haym, Hegel und seine Zeit, cit., p. 361 (traduzione mia). 169 Ivi, p. 364 (traduzione mia).

116 parti il culmine e il momento conclusivo delle speculazioni giovanili del filosofo e una cerniera ideale tra l’Hegel che aveva condotto i suoi studi muovendosi prevalentemente in un orizzonte storico-religioso, e l’Hegel logico e politico del sistema maturo. La Rivoluzione francese e la sua influenza nello sviluppo del pensiero hegeliano tornano quindi a rivestire una notevole importanza negli studi sullo sviluppo del suo pensiero e producono una conseguente riesamina del rapporto tra Hegel e la restaurazione; questi studi gettano inoltre nuova luce sui rapporti tra gli ideali giovanili della rivoluzione e l’adesione matura ai principi della restaurazione e dello stato prussiano, ipotizzando una linea di continuità.

Non ci soffermeremo qui in maniera approfondita, poiché sarebbe fuorviante rispetto al leitmotiv del presente lavoro, su una disamina puntuale delle varie interpretazioni del rapporto Hegel-Rivoluzione francese, ma ci limiteremo ad accennare le posizioni più importanti che permettono perlomeno di inquadrare il problema storiografico.

Un illustre precursore dell’accostamento della figura di Hegel al concetto della Rivoluzione fu Michail Bakunin, secondo il quale con la sua logica della contraddizione Hegel era riuscito a esprimere la contraddittorietà del suo tempo ed aveva potuto introdurre il concetto di “azione negatrice” dell’uomo sulla realtà, che costituiva l’avamposto teoretico dell’ “azione rivoluzionaria”. Già a partire dalle osservazioni di Bakunin, ma ancor più, come vedremo, nel Novecento, il connubio su cui si gioca l’intero rapporto Hegel-rivoluzione, è quello di teoria-prassi: il pensiero hegeliano costituirebbe la rielaborazione teorica e lo speculum teoretico dell’azione storica compiuta dalla Rivoluzione. In realtà la logica di questo rapporto si innesta in una più ampia corrente di pensiero che vede nell’intera filosofia tedesca del periodo, lo specchio teorico della Rivoluzione francese: i francesi avrebbero fatto la Rivoluzione, i tedeschi l’avrebbero pensata, l’Aufklärung tedesca avrebbe cambiato il modo di pensare il mondo attraverso soprattutto il criticismo kantiano, la Francia avrebbe spezzato concretamente il filo d’acciaio dell’Ancien régime tagliando le teste ai suoi sovrani. Hegel, soprattutto dopo la composizione della Fenomenologia, diventerebbe il massimo teorico postumo della Rivoluzione. È questo uno dei temi

117 centrali delle riflessioni di Hyppolite. Egli sosterrà infatti questo stretto legame tra il pensiero di Hegel, soprattutto nella Fenomenologia e l’esperienza storica della Rivoluzione:

Questa forza delle cose che più tardi Hegel chiamerà l’inganno di Dio, è il vero banco di prova dell’idea; rivela al filosofo, che studia il movimento della storia, il significato esatto dell’idea che si attualizza nel corso del mondo. La Rivoluzione francese è come una vasta esperienza metafisica.170

Su un altro piano invece si muoverà la riflessione di Marcuse. Anche questo pensatore rifiuta l’idea di un Hegel conservatore e autoritario e nella sua opera

Ragione e Rivoluzione, del 1941, non si soffermerà sull’idea dello stato di Hegel come la base per uno stato dittatoriale e autoritario, bensì porrà l’accento sulla sua razionalità interna ed intrinseca : lo Stato realizza in maniera razionale l’individuo e il suo mondo.

Si diffondono intorno alla metà del ’900 anche le interpretazioni hegeliane di ispirazione neomarxista che, seppur indirizzate ideologicamente, presentano il merito di gettare nuova luce negli studi sul pensiero hegeliano e proporre nuove chiavi di lettura. È il caso ad esempio di Lukàcs, che nel suo Il giovane Hegel e i problemi

della società capitalistica, del 1948, si scosta dalla visione tradizionale e antidemocratica di Hegel, ponendo l’accento sui problemi della società industriale inglese, sulla Rivoluzione francese, e in generale su quella ampia gamma di problematiche che fanno capo alle più ampie e complesse dinamiche della società capitalistica.

Il contributo più originale, tuttavia, sul tema Hegel-Rivoluzione francese, è quello di Joachim Ritter. Nella sua opera Hegel e la Rivoluzione francese del 1957, egli interpreta la filosofia politica hegeliana in chiave “progressista” associandola maggiormente alla Rivoluzione francese piuttosto che alla Restaurazione. Il lavoro di Ritter sarà uno dei più diffusi e maggiormente tradotti sull’argomento. Esso avrà una grande eco negli anni successivi, almeno fino agli anni ’80 per svariati ordini di

170 J. Hyppolite, Il significato della Rivoluzione francese nella Fenomenologia di Hegel, in Saggi su

118 ragioni. In primo luogo il testo offre, pur non dichiarandolo apertamente, una valida alternativa alle letture marxiste di Hegel, molto in voga ai tempi in cui esso viene edito. In secondo luogo esso fornisce una nuova interpretazione della concezione hegeliana dello stato, nella quale si mantiene ferma l’idea di un principio e di un ordine della società che possa garantire la libertà umana. In terzo luogo l’opera di Ritter fornisce una nuova soluzione interpretativa del tema della rivoluzione all’interno della riflessione hegeliana: l’evento del 1789, propone, anche se non lo risolve, il problema della “realizzazione politica della libertà” che secondo la visione di Hegel, nella chiave interpretativa di Ritter, è il vero problema dell’età moderna. Il tema sostanziale della Rivoluzione sarebbe quello di trovare la forma giuridica della libertà, ossia trovare un ordinamento giuridico che permetta all’uomo di realizzare se stesso nel suo essere libero.

Il problema, che l’esigenza di libertà politica ha sollevato per mezzo della Rivoluzione, sta nel trovare la forma giuridica della libertà e cioè nel formare un ordinamento giuridico che sia conforme alla libertà di essere se stesso e le faccia giustizia rendendo possibile al singolo di essere se stesso e di giungere alla sua determinazione umana. Così la filosofia diventa per Hegel la chiave che gli schiude l’accesso all’epoca che si diffonde a mezzo dell’effettivo corso della Rivoluzione e del generale fermento che nasce da essa e al significato positivo, posto in questione, della svolta storica che si compie con essa. Mentre la Rivoluzione stessa e la sua teoria si costituiscono nell’emancipazione da tutti gli ordinamenti storici dati in precedenza e si determinano così anche in antitesi alla tradizione filosofica, la loro positività diventa per Hegel concepibile proprio per il fatto che egli comprende la libertà sostanziale della filosofia come il fondamento su cui, per suo tramite, «tutto è poggiato».171

Così come Hyppolite, quindi anche Ritter descrive il rapporto Hegel- rivoluzione francese come il riflesso di una più vasta esperienza concettuale. Se il problema della rivoluzione è quello di trovare una forma giuridica della libertà, il compito del filosofo è interpretare questa esigenza riflettendo teoricamente su di essa. Più che una politica dello Stato, la filosofia di Hegel, sarebbe stata, quindi, secondo Ritter, una filosofia della società civile guidata dagli ideali di quella rivoluzione dai quali il filosofo non si sarebbe mai allontanato durante la sua vita e che mai avrebbe

119 tradito nel corso dello sviluppo del suo pensiero. Ritter, quindi, sostiene l’ipotesi di una continuità speculativa del pensiero di Hegel rispetto al tema della rivoluzione, abbracciando in tal modo l’idea che seppur in toni diversi aveva proposto Marcuse, circa la razionalità dello Stato hegeliano.

Una soluzione diversa rispetto al discorso della continuità, ma sempre attenta al recupero dello spessore dell’hegelismo è quella proposta da Roberto Racinaro nel suo

Rivoluzione e società civile in Hegel, del 1972. L’autore muove dagli studi di Ritter e come questi afferma che Hegel non si è contraddetto in merito al suo pensiero sulla rivoluzione, ma ha articolato in modo diverso, dimostrando intelligenza storica, i suoi giudizi sulla rivoluzione da Jena a Berlino: Hegel era riuscito a distinguere tra gli aspetti teorici e iniziali della rivoluzione, criticandone poi i suoi storici sviluppi che avevano prodotto i momenti del terrore giacobino ed era anche stato capace, nonostante gli ideali giovanili rivoluzionari e repubblicani, di riconoscere l’importanza dell’esistenza di uno stato con un potere forte in un momento di disgregazione, proprio per riuscire a conservare gli ideali rivoluzionari.

La storiografia sull’argomento è molto vasta e non mancano di certo testimonianze diverse che in parte si distaccano o che arrivano a contraddire le proposte interpretative citate sino ad ora. Mario Rossi ad esempio, nella sua opera del 1960, Hegel e lo Stato, non solo propone l’ipotesi della discontinuità del pensiero di Hegel, ma, soprattutto, ridimensiona l’importanza del tema della rivoluzione francese nel pensiero del Nostro, non conferendogli il senso storico della svolta epocale. L’aspetto positivo della Rivoluzione francese risiede, secondo Rossi, nel fatto che essa costituisce un esempio di svolta concettuale. La figura della “libertà e del terrore” presente nella Fenomenologia, oltre a dimostrare la presa di distanza di Hegel nei confronti dell’evento rivoluzionario, costituirebbe un esempio di superamento concettuale della realtà. Fra le interpretazioni che si pongono in netta contraddizione con gli sviluppi della Hegel-renaissance, non può non essere ricordata, quella presentata da Karl Popper nella sua opera La società aperta e i suoi

120 matrice haymiana, Popper arriva a sostenere che il pensiero di Hegel abbia costituito l’arsenale teorico per tutti i regimi totalitari del Novecento.

Questo doveroso excursus non pretende certo di esaurire in queste poche righe la complessità e lo sviluppo del tema trattato, ma tenta solo di adempiere al suo compito di cenno storiografico. Esso è utile per capire che proprio la vastità e la diversità delle interpretazioni proposte sono il più grande testimone dell’importanza del tema nella speculazione del filosofo. Si può tuttavia rilevare una nota comune a tutte le interpretazioni: l’importanza e l’influenza del tema della rivoluzione maturano a livello teorico in Hegel solo più tardi. Solo nella Fenomenologia si trova una vera e propria analisi teoretica del fenomeno rivoluzione e dei concetti ad esso immediatamente connessi: libertà, negatività, azione negatrice-azione rivoluzionaria. Tutto ciò che accade prima della composizione di quest’opera, sebbene certamente l’elaborazione dei concetti fosse in fieri, è confinato solo a livello di un’esperienza storica. Ma qual è l’“esperienza storica” che Hegel fa della Rivoluzione francese? Non è un’esperienza politica né sociale, è l’esperienza di chi viene a conoscenza di ciò che accade fuori dal suo mondo e che vede ciò che accade fuori dal suo mondo in maniera certamente idealizzata e quasi poetica. Hegel fa esperienza della Rivoluzione francese dalle mura dello Stift. È chiaro che questo non toglie nulla all’ideale, all’entusiasmo, alla partecipazione ideologica, ma è anche evidente che tutto questo ha meno a che fare con la concretezza di una testimonianza diretta. Da molti critici, infatti, la partecipazione entusiasta di Hegel e di molti suoi amici dello Stift all'ideale della rivoluzione viene confinata al rango di una ubriacatura studentesca. Haym ad esempio dirà:

egli fu nello stesso tempo sorpreso ed entusiasmato dal gioco della rivoluzione francese. Tuttavia rimase molto più fedele all’amore per l’antichità classica.172

Se chiaramente risulta esagerata l’affermazione di Haym secondo la quale gli

Stiftler “giocassero a fare la rivoluzione”, nella citazione sopra riportata si può trovare

121 anche il senso di ciò che forse egli voleva intendere. Quando Haym dice che Hegel rimase più fedele all’amore per l’antichità classica, vuole probabilmente intendere che la rivoluzione e il relativo entusiasmo che essa suscitava tra gli studenti, erano solo un momento di passaggio e che il vero interesse di Hegel, vero nel senso di duraturo e essenziale rispetto alla sua persona, fosse lo studio e l’esperienza intellettuale. Il che sembra in effetti dimostrato dal fatto che anche la rivoluzione rimase confinata nella vita di Hegel ad una esperienza intellettuale.

Tuttavia, forse, sebbene gli Stiftler trovassero nell’adesione alla rivoluzione anche un modo per evadere dallo stato di costrizione nel quale vivevano tra le mura dello Stift e la loro entusiastica partecipazione si tingeva in parte dei colori di uno sfogo per uno stato di disagio che proveniva da altre parti, è fuorviante parlare dell’interesse per la rivoluzione solo nei termini di una ubriacatura studentesca. Ci sono diverse testimonianze sull’“attività rivoluzionaria” all’interno delle mura dello

Stift. Rosenkranz, Haering, Lacorte, Harris, lo stesso Haym ci riportano in vari passi delle loro opere il fermento tubingese legato agli avvenimenti francesi. Si discuteva degli ideali della libertà, si leggevano i giornali francesi, si cantava la marsigliese, si piantavano alberi della libertà173. Lo stesso Haym, malgrado la sua teoria del

Revolutionsspiel, ci fornisce un quadro parecchio suggestivo dell’“atmosfera rivoluzionaria dello Stift”.

Tra gli studenti si formava, attraverso l’influenza degli studenti molpegardesi un club politico. Si cominciava a fare politica insieme come in comune si erano condotti sinora i loro studi. Come Kant e Platone, così si leggevano le sedute dell’Assemblea nazionale e i ragionamenti dei giornali francesi. C’erano dibattiti, cortei, dimostrazioni. Tra gli emigranti francesi e i giovani clubisti di Tubinga ci furono ripetuti conflitti, e solo tramite l’intervento dei superiori il gioco della Rivoluzione nel monastero fu calmato. Anche Hegel medesimo aveva partecipato. L’album dei suoi anni universitari era pieno di motti e simboli repubblicani. E’ chiaro che egli era socio di un gruppo politico: qui si incontrò e fece amicizia con Schelling174

173 È famigerata la vicenda che Hegel, Schelling e Hörderlin abbiano piantato nel giardino dello Stift un albero della libertà. Le notizie incerte in merito tuttavia ci permettono solo di considerare l’episodio come una leggenda che restituisce tuttavia il clima di quegli anni.

122 Da tutte le testimonianze risulta che Hegel fosse molto attivo in relazione all’atmosfera rivoluzionaria dello Stift, che addirittura fosse il più grande oratore della Rivoluzione. Rosenkranz lo definì «il più entusiastico oratore della libertà e dell’eguaglianza»175 Se si parla, quindi, di una ubriacatura studentesca per la Rivoluzione francese, si deve allora affermare anche, che essa durò perlomeno sino alla condanna della dittatura giacobina. Così infatti si esprime il Lukàcs a proposito del rapporto tra Hegele la rivoluzione francese:

Il giovane Hegel ha tenuto un atteggiamento ostile verso il giacobinismo plebeo. Ma la posizione speciale di Hegel fra i suoi contemporanei tedeschi non consiste nel suo radicalismo politico. […]La posizione