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Le rivoluzioni liberali del XVIII secolo e il pen-

2.5 Contrattualismo e giusnaturalismo

2.5.2 Le rivoluzioni liberali del XVIII secolo e il pen-

Fino a questo momento gli scrittori hanno tentato di individuare la giustificazione politica del diritto di resistenza, cercandola soprattutto nelle ragioni che hanno dato origine allo stato, in particolare in quella sovranità popolare che non viene alienata e che permette di controllare i governanti. Ma limitando il diritto di resistenza ad un elemento di controllo affidato ad un soggetto collettivo66

, si tralascia la resistenza individuale. Saranno le esperienze rivoluzionarie, quella americana e

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G. Garancini, op.cit., p. 118.

66

la francese, a far emergere l’importanza dell’obiezione e della disobbe- dienza individuale, elevando la volontà del singolo a ‹‹rango di dog- ma giuridico››67

, non solo per il diritto privato ma anche per quello costituzionale. Queste rivoluzioni liberali hanno anche messo in luce alcune problematiche e debolezze di un riconoscimento giuridico del- la resistenza, che si ripresenteranno all’indomani della seconda guerra mondiale.

In Francia la Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen del 178968

e quella del 179369

riconoscono la resistenza all’oppressione co- me vero e proprio diritto, nel 1973 si definisce come ‹‹il più sacro dei diritti e indispensabile dei doveri››70

. Si riconoscono, quindi, i dirit- ti fondamentali dell’uomo, propri di ogni individuo in quanto “perso- na” e, di conseguenza, insopprimibili ed inviolabili. La dicotomia in- dividuo/stato vede la prevalenza e l’anteriorità dei diritti del primo sull’attività del secondo ed il riconoscimento formale di tale priorità.

Tuttavia, il diritto di resistenza non rimarrà “positivizzato” a lungo: nella Costituzione del 1795 scompare ogni riferimento. Significativo, a questo proposito, l’intervento di Boissy d’Anglas, in cui emergono le preoccupazioni riguardo alla possibilità di riconoscere in Costituzione un vero e proprio diritto alla resistenza:

"voi converrete che è immorale, impolitico ed eccessivamente pericoloso stabilire, in una costituzione, un principio di disorganizzazione tanto funesto come quello che provoca l’insurrezione contro gli atti dell’intero governo."71

Era stato recepito nella Dichiarazione in modo acritico e solenne, venne accolto per ragioni ideali, ma fu notevolmente ridimensionato circoscrivendolo nei limiti della legge, a garanzia dei diritti individua- li. Nel 1793 si tentò di svincolarlo maggiormente dai limiti legali, ma

67

Ibidem.

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Art. 2: “Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione”.

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Art. 33: “La resistenza all’oppressione è la conseguenza degli altri diritti dell’uomo”.

70 Art. 35 : “Quando il governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è per il

popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri”.

la delegalizzazione portò ad un’identificazione della resistenza con la rivoluzione, facendo perdere alla prima la sua funzione restauratrice.

Differenziare e allontanare queste due manifestazioni dell’opposizio- ne è stato proprio l’impegno dei pensatori americani, che non dubita- vano certo dell’esistenza di questo diritto. La rivoluzione americana ha trovato nel contrattualismo di Locke un contribuito che le ha permesso di darle unità e coerenza, ‹‹trasformando gli istinti di rivolta in consa- pevoli linee politiche››72

. A questo punto è necessario soffermarci sul suo pensiero, che mostra una forte sintonia con quello dei monarcoma- chi, anzi possiamo dire che si ponga in linea di continuità con questo, caratterizzandosi, però, per un individualismo maggiore che permette- rà alla coscienza personale di farsi criterio di giudizio dell’obbedienza o della disobbedienza alle leggi.

Il tema della resistenza è affrontato nel Secondo trattato sul gover- no. Locke muove da una rappresentazione dello stato di natura diversa da quella di Hobbes: lo stato di natura non è una condizione di bellum omnium contra omnia, ma una condizione tendenzialmente pacifica che è retta dalla legge di natura, ovvero dalla legge di ragione73

, dove gli uomini sono liberi ed eguali. La libertà, però, non è un illimitato di- ritto su tutto, ma vuole che si rispettino i limiti previsti dalla legge di natura e che si rispettino i diritti degli individui, garantiti solo da una forma di autotutela. L’eguaglianza, invece, è un’eguaglianza giu- ridica, come eguale ripartizione del potere. Nonostante questo non sia uno stato di guerra, il suo equilibrio è precario, infatti le leggi naturali possono essere violate, le violazioni devono essere punite da parte di un giudice imparziale, assente in uno stato di natura. Da qui deriva la necessità del contratto tra gli individui allo scopo di tutelare i loro diritti individuali e laproperty. Nasce la società civile e, successivamen- te, si istituirà il potere politico vincolato al mandato che il popolo gli conferisce mediante untrust74

. Nel testo si confondono due tipologie di resistenza: l’una consiste nella rimozione del potere esecutivo da parte

72

Ivi, p. 121.

73

‹‹Lo stato di natura ha una legge di natura che lo governa, la quale obbliga tutti: e la ragione, che è questa legge, insegna ad ogni uomo che soltanto la interroghi che, tutti essendo uguali ed indipendenti, nessuno deve ledere un altro nella sua vita, salute, libertà e proprietà›› (J.Locke, Il secondo trattato sul governo, cap.II, sez. 6).

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del legislativo; l’altra riguarda una forma di resistenza ad opera del popolo nei confronti del potere legislativo, che abbia violato le clausole del patto stipulato con il popolo stesso.

Tra queste, la più estrema è sicuramente quella del popolo nei con- fronti del potere legislativo, il quale non può andare oltre ciò che il popolo gli ha delegato, in virtù proprio di quel trust. Ma il popolo può opporsi anche all’esecutivo, qualora il legislativo non intervenga in maniera efficace. La titolarità di un diritto–dovere di resistenza in capo al popolo ed ai suoi rappresentanti si esplica in Locke nella possi- bilità della rimozione dell’esecutivo, anticipando l’istituto della fiducia parlamentare, che procedimentalizza la resistenza.

In questi due aspetti – resistenza al legislativo e rimozione dell’esecu- tivo – la dottrina moderna procede verso l’individuazione di strumenti che evitino il realizzarsi di un potere arbitrario. L’elemento centrale nel- la riflessione lockiana, che la distingue da quella di altri autori moder- ni che sostengono l’identificazione tra governati e governanti (Hobbes, Kant, Rousseau) e che in questo contributo risulta di grande rilevanza teorica, è proprio la scissione tra i due, per cui il legislatore rimane un mandatario del popolo 75

. In quest’ottica si apprezza la permanenza del diritto di resistenza come garanzia della sovranità popolare che è delegata non alienata; il potere politico trae la sua legittimazione da una vera e propria fiducia (trust) più che dal consenso.

Locke si sofferma anche sulla giustificazione del principio maggio- ritario, come miglior strumento deliberativo perché il confronto degli interessi permette di arrivare ad una deliberazione il più possibile vici- na al proprio interesse, considerando anche quello di ognuno di tutelare i propri diritti, per cui è l’unico rimedio per evitare la dissoluzione della società. Tuttavia, ne individua anche i limiti per impedire derive tiran- niche, dal momento che, come sottolineato poco sopra, Locke è lontano dalla concezione di Rousseau secondo cui la volontà della maggioranza è quella di tutti 76

. La delimitazione del principio maggioritario verrà ripresa dal costituzionalismo moderno, ad ulteriore giustificazione della teoria della sua diretta derivazione dal contrattualismo. Si evince come

75

Ivi, p. 109.

76

Per Rousseau l’obbligazione morale è liberamente assunta e auto–imposta, per cui il singolo obbedisce alla sua volontà perché questa coincide con quella della maggioranza. (G. Cosi, op.cit., p. 192).

il diritto di resistenza, in una teoria di tal genere, sia una conseguenza del contrattualismo, rappresentando una vera e propria clausola di re- scissione del contratto. Difatti, attraverso il patto si instaura una serie di garanzie, volte a tutelare i diritti individuali e, all’interno di queste garanzie, la più estrema e fondamentale è rappresentata proprio dal diritto-dovere di resistenza. Questo rappresenta la sanzione giuridica che deve tutelare i contenuti del contratto tra gli individui, quindi una garanzia per i loro diritti77

, nel momento in cui questi vengano violati. Ma chi si farà giudice dell’oppressione? Locke risponde che è il singolo individuo, o il popolo stesso, il quale ha la possibilità di ‹‹appellarsi al cielo, ogniqualvolta ritiene che vi sia motivo sufficiente››78

. Gli uomini hanno conservato, in base ad una legge superiore alle leggi positive, la decisione ultima, che consiste in questo ‹‹Appeal to Heaven››.

Questo è il principio accolto dai rivoluzionari americani: se lo stato viola i diritti inalienabili dell’uomo può essere sostituito dal popolo, che si riappropria della sua libertà. La resistenza si pone come gesto estremo per conservare il governo nell’ambito costituzionale; quando i governanti violano le norme costituzionali, ribellarsi non è più solo un diritto, ma undovere. I pensatori americani hanno cercato di legalizzare il diritto di resistenza, individuando i limiti stessi dell’istituto79

. Entrambe le rivoluzioni costituiscono un momento di svolta e di arrivo nei rapporti tra individuo e stato: il fondamento dello stato è la persona umana, considerata prius rispetto ad esso e il suo scopo è quello di preservarne i diritti inviolabili. Il dualismo individuo/stato sembra momentaneamente risolto, ma il diritto di resistenza inizia la fase discendente della sua parabola.

77

Ivi, p.116.

78 J. Locke, Il Secondo Trattato sul Governo, (1690), Rizzoli, Milano, 1998, par.

168.

79

G. Garancini, op.cit., p. 127. Le limitazioni che l’autore indica sono: la collet- tività del gesto, non può essere individuale, ma la maggioranza dei cittadini deve sconfessare il governo; vi devono essere più abusi di seguito; bisogna che il popolo prima tenti tutti gli altri mezzi; deve, cioè, essere rivolto verso leggi illegittime e in- giuste perché, prima di tutto, vi è l’obbligo di obbedire alle leggi; la natura e l’entità della resistenza devono essere commisurate alla natura ed all’entità dell’oppressione.

2.6

Il diritto di resistenza nei suoi rapporti