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Schede intorno al lemma ombre con significato di immagine riflessa nella letteratura francese medievale

E) Le roman de Renart

Il Roman de Renart non è un unico grande testo scritto da un solo autore, ma un insieme di parti denominate branches, composte tra la fine del XII e la metà del XIII secolo in lingua d’oïl. Raccontano delle avventure con al centro Renart, una volpe maliziosa, e attorno a lui altri animali quali il lupo Isengrin, sua moglie Hersent, l’orso Brun, il leone Noble etc.

1 The medieval french Roman d’Alexandre, vol. 2, Version of Alexandre de Paris, ed. E.C. ARMSTRONG

(Elliot Monographs, 37), Princeton-Paris 1937.

2 Il Lai di Narciso, a cura di M. MANCINI, Carocci, Roma, 2009, p. 8.

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Mettendo insieme tutte le parti, si tratta all’incirca di 30.000 versi, scritti in ottosillabi a rima baciata. La maggior parte delle branches sono anonime, tuttavia si conoscono tre nomi che hanno contribuito a comporre l’opera : Pierre de Saint-Cloud, Richard de Lison e le Prêtre de La Croix-en-Brie. I manoscritti che ci tramandano i testi sono quattordici; più o meno altrettanti sono quei codici che riportano brani parziali, cioè singole branches.

La prima edizione moderna completa è di D. M. Méon, del 1826.1 Ma la prima edizione con criteri scientifici si deve a Ernest Martin,2 che mise a frutto un lavoro durato ben quindici anni.

La critica moderna ha molto dibattuto sull’origine e la provenienza relative agli intrecci delle singole branches, orientandosi fra una matrice orale e popolare e, una matrice colta, greco-romana prima e mediolatina poi.3 A queste visioni oggi tende a sostituirsi «un paradigma critico più dinamico e articolato che tiene conto, caso per caso, della diversa predominanza dell’una o dell’altra fonte, ma soprattutto adotta categorie interpretative di stampo nuovo».4

L. Foulet, analizzando i testi concluse che la più antica branche del Renart fosse la numero II 5; che a sua volta rappresenta un lavoro incompleto. Acquista senso invece se a questa si accosta la branche Va. «Mediante l’integrazione della branche II con la

branche Va si ottiene il primo Romanzo di Renart creato dalla fantasia di un poeta di

genio : la sorgente di quel grande fiume che è il Roman de Renart giunto a noi nelle sillogi; il virgulto che ha messo tanti rami e tante fronde».6

Nella branche II si distinguono sei episodi; i primi quattro rappresentano Renart alle prese con animali più deboli, e, questi, sembrerebbero essere una rielaborazione della materia favolistica tradizionale. Gli ultimi due episodi, quelli della branche Va, raffigurano Renard alle prese con Isengrino e la sua famiglia. Non c’è dubbio che queste due branche siano parti di una stessa unità : «è la storia di una incomponibile guerra privata tra due “baroni”, Renard e Isengrin, la materia del poema. [..]»; inoltre importa

1 Le Roman du Renart, publié d’après les manuscrits de la Bibliothèque du Roi des XIIIe siècles ,par D. M.

MÉON, Paris, Treuttel et Würtz, 1826, 4 vol.

2 Le Roman de Renart, publié par E. MARTIN, Strasbourg, Trübner, 1882, 1887 («Préface» al I e III vol.). 3 Basti ricordare L. SUDRE per la prima teoria ( Les Sources du Roman de Renart, Paris, Bouillon, 1893) e

L. FOULET ( Le Roman de Renard, Paris, Champion, 1914) per la seconda.

4 Il romanzo di Renart la volpe, a cura di M. BONAFIN, Ed. Dell’orso, Torino, 1999, p. 10. 5 Secondo la numerazione di E. Martin.

6 A. Viscardi, op. cit. p. 295.

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rilevare che «la materia della branca II si ritrova puntualmente, e disposta anche quasi esattamente in un poema latino della prima metà del secolo XII, l’Ysengrimus, di Nivardo».1Anche le Favole di Maria di Francia raccolgono tre avventure presenti in Nivardo : De vulpe et gatto, De vulpe et columba e De vulpe et orsa.

L’autore dei primi rami del ciclo di Renard, Pierre de Sant-Cloud, da una parte - come abbiamo visto - si ricollega al poema di Nivardo, conosce la tradizione favolistica e l’opera di Maria di Francia, dall’altra, dimostra dimestichezza con la materia giuridica,2 presenta echi della letteratura cortese e romanzesca (imita specialmente il Lancillotto di Chrètien) e cita le opere maggiori del suo tempo, il Roman de Troie e il Tristano.3

Nella branche IV, Renart, Isengrino e il pozzo,4 si narra la vicenda di un gabbo da parte di Renard ai danni di Isengrino. Un giorno Renart si era avventurato fuori dal proprio territorio, e affamato cercava di procurarsi del cibo. Scorse a un certo punto un’abbazia e accanto a questa una fattoria. La fattoria era ben custodita da mura e da un fosso tutt’intorno. Riuscì a trovare un varco e andò diretto verso le galline appollaiate su un trave. Ne mangiò due e una terza se la portò appresso per cibarsene in un secondo momento; mentre se ne stava andando si accorse di avere sete. Si recò quindi al pozzo che stava in mezzo al cortile, e, in fondo al pozzo, vide la propria immagine riflessa; per prima cosa pensò fosse Hermeline, «sa femme qu’aime d’amor fine».5 La chiamò e sentì l’eco della propria voce; allora si appoggiò al secchio e cadde.

In quel momento si stava avvicinando Isengrino, anch’egli in cerca di cibo; venne al pozzo e cominciò a scrutarne il fondo intravedendo la propria immagine riflessa. Specularmente a Renart, pensò di vedere la moglie, Hersent, e credette che Renart fosse alloggiato là con lei.6 Dunque, avvilito, cominciò a sfogarsi con il riflesso quando, ad un certo punto, Renart gli rivolse la parola, facendo finta di essere un’ombra che parli

1 Ivi, p. 300.

2 Si veda l’episodio del processo a Renart presso la corte di Noble, accusato di aver usato violenza ai danni

di Hersent, moglie di Isengrino.

3 Cfr. A. Viscardi, op. cit., p. 300-01. 4

478 versi; questa branche è debitrice alla Disciplina Clericalis di Pietro Alfonsi, 1110 c.a.

5 M. Bonafin, Op. cit., p. 227, v. 160. Si tratta evidentemente di una parodia della fin amor.

6 Infatti nella prima branche Renart, caduto per sbaglio nella tana di Isengrino trova Hersent da sola con i

lupacchiotti, e non si fa problemi a godere dei favori della lupa. Qualche giorno dopo, venuto a conoscenza dell’accaduto, Isengrino e la moglie lo rincorrono per vendicarsi. Hersent lo incalza, ma Renart riesce a infilarsi nella tana; lei si incastra nell’apertura e Renart, uscito da un’altra parte, e avvicinatosi alla lupa imprigionata e impotente, le usa violenza. Il tutto sotto gli occhi di Isengrino che stava giungendo.

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dall’aldilà, e gli chiese perdono, ottenendolo. Renart cominciò a tessere le lodi del posto in cui si trovava, affermando che lì c’era tutto ciò di cui si abbisogni; così il lupo volle raggiungerlo. Il pozzo aveva una corda con due secchi, e una volta che Isengrino cominciò a scendere, la volpe posizionatasi nell’altro salì, invertendo così la loro situazione.

Il lemma ombre compare al v. 158, quando Renart credette di vedere Hermeline sua moglie, nel riflesso del pozzo :

Or a Renart le puis trouve: moult par le vit parfont et le. Seigneurs, or escoutez merveilles! En ce puis si avoit deus seilles: quant l’une vient, et l’autre vait. et Renars qui tant a mal fait, dessur le puis s’est acoutez grainz et marris et trespensez. Dedens commence a regarder et son ombre a aboeter: cuida que ce fust Hermeline sa femme qu’aime d’amor fine, qui herbergie fust leens.

( vv.149-161 )

(Ora Renart ha trovato il pozzo: / vide che era molto profondo e ampio./ Signori, udite che cosa meravigliosa! / In questo pozzo c’erano due secchi: / quando uno sale, l’altro scende. / E Renart, quel malfattore, / sopra il pozzo s’è appoggiato / triste, incerto e pensieroso. / Comincia a scrutare il suo riflesso: / crede che sia Hermeline, / sua moglie che ama d’amor fino, / che si trovi là dentro).1

1 M. Bonafin, op. cit., pp. 226-27.

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