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La rottura dell’alterità ivoriana: “Gli anni terribili della Guerra Civile”.

1.Il mancato putsch e la svolta nella crisi delle alterità ivoriane. La fragilità dell’“intesa” raggiunta dalle principali forze politiche nazionali attraverso

il Forum di riconciliazione, si evince dal fatto che questa non fu sufficiente a fornire alla Costa D’Avorio un riparo dello spettro dei colpi di Stato.

A seguito, infatti, del putsch del generale Gueï, la ricorrenza nel paese di tentativi d’insurrezione armata si fa sempre più frequente trasformando in normalità ciò che per lungo tempo era stata percepito come un evento impensabile della dialettica ivoriana: l’uso della violenza quale strumento di affermazione politica. Ad accompagnare e rendere possibile la deriva di quella che, la sociologa francese Claudine Vidal ha ben descritto attraverso l’espressione “brutalizzazione del campo politico ivoriano217”, fu l’entrata in scena di milizie armate di varia natura. Il responsabile dell’inizio di questa nuova stagione del comparto armato ivoriano può essere individuato proprio nel generale Gueï, che chiamato, negli anni del suo governo, a reinventare il settore218, decise di ristabilire l’ordine attraverso l’impiego di milizie dalla spiccata propensione alla repressione. Nei mesi successivi agli avvenimenti del Dicembre del 1999, infatti, s’impadronirono dell’arena civile ivoriana formazioni quali le Brigades Rouge, la Camora, Cosa Nostra, le Komojors, Pc- Crise. 219 Dato comune alle nuove protagoniste del panorama miliziano della Costa d’Avorio della giunta militare, fu la natura della loro leadership. Esse, infatti, erano guidate dai quei membri dell’esercito che avevano maggiormente contribuito al successo del colpo di Stato che aveva posto fine all’avventura di Konan- Bedié. Azoumana Ouattara rileva di come tali differenti fazioni militari abbiano svolto un ruolo di grande rilievo poiché costituirono il braccio armato a cui si sono appellati i diversi attori politico- militari, da tempo fermamente convinti che la transizione potesse trovare una via d’uscita soltanto per il tramite

217 Per maggiori informazioni si veda C. Vidal, La brutalisation du champ politique ivoirien, 1990- 2003, in J.B. Ouégraogo, E.Sall (a cura di), Frontiére de la citoyenneté et violence politique en Côte

d’Ivoire, Dakar, 2008, Codesria.

218 La necessità di dover intervenire attraverso una riforma dell’esercito ivoriano si era resa necessaria a seguito della crisi militare degli anni novanta. Sulle cause di tale crisi si veda il contributo di A. Ouattara, Le Coup d’ État de dècembre 1999 ou la fin de l’«exceptionmilitaire ivoirienne»: Les

mutations de l’armeé ivoirienne depuis 1960, in F.Akindes, (a cura di), Cote d’Ivoire: La réinvention de soi dans la violence. Dakar, 2011, Codesria.

219 Sulle attribuzioni di tali milizie si veda sempre il contributo di A. Ouattara, Le Coup d’ État de

dell’uso della forza220. Il connubio tra dimensione politica e militare, che caratterizzò l’esperienza ivoriana nelle prime battute del nuovo millennio, ha reso le strutture dell’esercito permeabile a quelle che sono state le inclinazioni della politica. Va da se, quindi, che la propensione della politica ad abbracciare la deriva etnocentrica abbia viaggiato di pari passo con la tendenza delle varie formazioni militari a organizzarsi secondo le ormai palesi linee etno- regionaliste presenti nel paese.221 Si potrebbe quindi pacificamente sostenere che negli anni del regime militare la crisi dell’alterità ivoriana abbia finito per interessare l’universo delle forze armate. A testimonianza di tale affermazione possono riportarsi tutta una serie di episodi che hanno portato alla luce la nuova dimensione assunta dalla crisi della diversità. Il riferimento va inevitabilmente al susseguirsi di complotti e falsi complotti, ammutinamenti, verificatosi nei mesi successivi all’instaurazione del CNSP. Tra questi uno dei più ricordati dalla letteratura storiografica è il Complotto del Cavallo Bianco. Era la notte ricompresa tra le giornate del 17 e del 18 Settembre del 2000 quando un gruppo di soldati guidato dal sergente capo Diomandé Souleymane, attaccò, senza successo, la residenza privata del generale presidente, allo scopo di impadronirsi del potere. Secondo quanto riportato dal comunicato ufficiale dell’allora governo in carica, durante gli scontri persero la vita due soldati fedeli al regime, quattro usurpatori ma soprattutto il cavallo del generale Gueï fu ritrovato morto. La propaganda di regime sottolineò tale particolare al fine di dimostrate il coinvolgimento di Ado e dei suoi nella vicenda. Poiché, infatti, il cavallo fu ritrovato con la gola sgozzata, pratica questa si disse, caratteristica del costume musulmano, gli esecutori materiali del complotto non potevano che essere legati all’Rdr222. La reazione del regime fu quindi durissima. Trentacinque soldati, tutti originari del settentrione furono arrestati e sottoposti a esecuzioni sommarie ad opera delle Brigades rouge di Boka Yapi. Il potere in carica non si limitò a intervenire solo a livello delle caserme ma decise di estendere le purghe all’interno della stessa compagine governativa. In particolare le epurazioni riguardarono il numero due e il numero tre del Cnsp, rispettivamente i generali Palenfo e Coulibaly. Quest’ultimo, all’epoca dirigeva Cosa Nostra, la cellula d’intelligence

220 Ivi.

221 Si ritiene che il responsabile di questo processo di progressiva assimilazione della dottrina dell’ivoirité da parte dei ranghi militari sia stato innescato dal tradimento del generale Gueï che invece di estirpare, come aveva promesso, il paradigma dell’odio decise di abbracciarlo.

222 Invero, va brevemente ricordato che non era la prima volta che il regime accusava l’ Rdr di voler destabilizzare il paese. Lo aveva già fatto in occasione dell’ ammutinamento indetto dai giovani militari nel Luglio del 2000. In tale occasione, infatti, il regime aveva accusato i ranghi superiori del fronte nordista di essere dietro la vicenda.

che era finita sotto l’occhio del ciclone del regime, poiché sospettata di essere un covo di nordisti che lavorava in gran segreto al fine di portare al potere Dramane Ouattara. È a loro che fu attribuita nell’immediato la paternità del complotto.

Gli uomini di Coulibaly, sono stati altresì i protagonisti di un’altra vicenda che ha rischiato di gettare nel caos la Costa d’Avorio, a poche settimane di distanza dalla controversa elezione di Laurent Gbagbo: il complotto della Mercedes Nera. Nella notte a cavallo tra il 7 e l’8 Gennaio del 2001, gli uomini di Ib attaccarono la sede della RTI223 e la sede della gendarmeria di Abidjan, al fine di liberare i generali Palenfo e Couibaly, dal novembre 2000 in custodia delle autorità carcerarie dopo i fatti del cavallo bianco. Il loro tentativo fu sventato dal regime a guida Fpi che subito individuò nel vicino Burkina Faso di Blaise Campaorè il complice dei golpisti. La cronista Fanny Pigeaud ha evidenziato quelle che sono state le conseguenze negative della vicenda. In particolare, a seguito del fallito putsch della Mercedes nera, le relazioni, già tese224, tra Costa d’Avorio e Burkina Faso peggiorarono ma soprattutto la posizione di Laurent Gbagbo e del Fpi divenne ancora più rigida. Le operazioni di controllo e di verifica delle identità dei cittadini originari del Nord e degli stranieri furono, infatti, rafforzate così come aumentarono gli abusi perpetrati dalle forze di polizia contro tali categorie.225

Tutto ciò non fece altro che aumentare quel clima di tensione e intolleranza che ormai da mesi aleggiava in Costa d’Avorio, ma soprattutto accrebbe l’insofferenza dei militari di provenienza del Nord. L’eventualità che questi potessero percorrere la via di un nuovo colpo di mano si profilava all’orizzonte. Tali sospetti si materializzarono la notte del 19 Settembre del 2002 quando questi misero in atto l’ennesimo putsch che sconvolse il panorama ivoriano. Approfittando della momentanea assenza nel paese di Gbagbo, un gruppo di militari prese d’assalto i principali centri del potere226 di Abidjan. Negli scontri persero la vita diverse persone, tra cui figure di rilievo quali il titolare del dicastero degli Interni, Émile Boga Doudou, il luogotenente- colonnello

223 La sigla sta per Radiodiffusion télévision ivoirienne ed indica la principale emittente televisiva nazionale pubblica.

224 Le relazioni tra i due paesi non erano delle migliori causa il fatto che le misure legislative approvate dai vari governi nel post- Boigny, in nome della dottrina dell’ivoirité avevano avuto ripercussioni negative sulla popolazione, in particolare, di origine burkinabé.

225 Cfr.in tal senso F. Pigeaud, France Côte d’Ivoire…, op.cit., p.29.

226 Nello specifico furono prese d’assalto la sede della gendarmeria, i domicili privati del capo di stato maggiore dell’esercito, del comandante superiore della gendarmeria, dei ministri della Difesa e degli Interni.

Dagrou Loula, il comandante militare della regione di Bouaké e il generale Gueï.227 Le autorità governative reagirono prontamente e individuarono sin dal principio in Ado e nei suoi affiliati i responsabili dell’accaduto. Nel caos di quei giorni il leader del Rdr riuscì a scampare all’ira delle milizie di regime e a rifugiarsi presso l’ambasciata francese. Ouattara e la moglie rimasero per qualche settimana sotto la protezione della diplomazia di Parigi prima di essere espatriati in Francia dove rimarranno fino al 2006. Gli avvenimenti del settembre nero ivoriano, nonostante il fallimento del golpe, saranno però ricordati dalla totalità dei commentatori poiché hanno aperto un nuovo capitolo nella crisi delle alterità. Per effetto del mancato putsch, infatti, i nodi irrisolti del patto nazionale ivoriano si cristallizzarono attorno a una guerra civile che ha visto alternarsi lunghe ed estenuanti fasi negoziali a episodi di efferata violenza.

Chi scrive ritiene che la guerra che per bene cinque anni, dal 2002 al 2007, ha occupato le pagine della storia ivoriana altri non è che la naturale evoluzione della sostituzione del compromesso houphouëttiano con il prisma dell’ivoirianità. È in tal senso, infatti, che la guerra civile può essere letta come il punto più alto della crisi delle alterità. Non è un caso, infatti, che i più attenti osservatori228 abbiano descritto tale evento alla stregua di una guerra d’identificazione, a livello della quale si sono affrontate due idee, due concezioni di cittadinanza; l’una aperta, cosmopolita, l’altra, invece, fondata su di un’ideologia dell’esclusione, xenofoba229. A farsi portavoce di queste due differenti visioni sono stati rispettivamente il Nord e il Sud del paese. Appare quindi come, attraverso la guerra civile, crisi della cittadinanza e crisi territoriale si siano definitivamente avvicendate in un tentativo di riscrittura dell’ormai obsoleto Patto Nazionale ivoriano di matrice houphoettiana.

2. Il Paese è diviso.

Dopo il mancato colpo di Stato, la crisi delle alterità entrò nel vivo della guerra civile. Nel volgere di qualche settimana, infatti, le milizie putschiste, autoproclamatesi forze ribelli, riuscirono a impadronirsi dei territori del Nord. Sotto la sigla del MPCI- Movimento patriottico della Costa d’Avorio- le forze ribelli, dirette da Ib,

227 Nonostante siano passati più di quindici anni ancora non è stata fatta luce su chi abbia ordinato la morte dell’ex generale- presidente. Entrambi i campi, sia quello di Ado che quello di Gbagbo si sono scambiati nel corso degli anni reciproche accuse

228 Si è espressa in tali termini, in particolare, R. Marshall- Fratani, The War of “Who is Who”:

Autochtony, Nationalism and Citizenship in the Ivorian Crisis, «African Studies Reviews», Settembre

2006, Vol.49, Nº 2.

229 Cfr. in tal senso R. Banégas, La politique du «Gbonhi». Mobilisations patriotiques, violence

conquistarono, ad una ad una, le principali roccaforti urbane del Nord. Com’ è stato possibile che un gruppo di giovani soldati male organizzati230 sia riuscito a impadronirsi di metà della Costa d’Avorio in così breve tempo? Alcuni analisti puntano il dito sulla complicità dei paesi vicini, in primis del Burkina Faso231, reo di aver spianato la strada ai ribelli e di aver fatto assumere al conflitto una dimensione regionale232.

Al di là dell’intromissione esterna, va detto che l’exploit della ribellione sia da attribuirsi a motivazioni di carattere interno. Senz’ombra di dubbio il successo del Mpci fu anche il risultato dell’incapacità dell’esercito regolare di contenerne l’avanzata. Dopo aver inutilmente tentato di riconquistare Bouaké, la seconda città più importante del Nord, l’esercito regolare fu costretto alla ritirata. Era il 6 ottobre del 2002 e quel giorno l’ira delle milizie ribelli si scagliò contro le forze di polizia, la gendarmeria e numerosi civili. Fu una vera e propria carneficina,233 resa possibile anche grazie alla connivenza delle popolazioni locali. Non è un mistero, infatti, che l’ascesa delle formazioni ribelli sia stata soprattutto favorita dal fatto che queste trovarono un terreno fertile nel tessuto socio- culturale del Nord.234 Nella loro prima apparizione pubblica, infatti, i membri del Movimento patriottico della Costa d’Avorio, dichiararono apertamente che loro intenzione era porre fine all’esperienza di governo di Laurent Gbagbo e di combattere l’ivoirité e tutte quelle forme di discriminazione che affliggevano quotidianamente le popolazioni del Nord. Dal tono di simili esternazioni è facile quindi intuire che le milizie ribelli dell’Mpci abbiano costituito, sin dal principio, il braccio esecutivo del partito di Ado, l’Rdr235. A esse fu affidato il compito di portare avanti, sul campo, le rivendicazioni nordiste. Le prime formazioni ribelli apparse nel Nord della Costa d’Avorio possono essere quindi

230 Sulla scarsa organizzazione delle forze ribelli si è espresso M. Galy, Politologie d’une rébellion.

Une «gouvernance par la violence» au Nord de la Côte d’Ivoire, «Cultures e Conflict», 2007, Nº 65,

che ha messo in luce, in particolare, la mancata strutturazione in senso gerarchico del movimento ribelle delle prime ore.

231 Sul presunto coinvolgimento del Burkina Faso nella vicenda del colpo di Stato che ha dato avvia alla guerra civile si vedano R. Banégas, R. Otayek, Le Burkina Faso dans la crise ivorienne. Effets

d’aubaine et incertitudes politiques, «Politique Africaine»,2003, Vol.1, Nº 89.

232 Sul ruolo delle potenze regionali nel conflitto ivoriano si veda F. Pigeaud, France Côte d’Ivoire…, op. cit.…, pp. 37-40. Interessante è anche la ricostruzione di R. Banégas, R. Marshall- Fratani, Côte

d’Ivoire, un conflict régional?, «Politique Africaine», 2003, Vol.1, Nº89.

233 Si veda a tal proposito la ricostruzione dei fatti in Côte d’Ivoire, une série de crimes impunis. De

Bouaké aux charniers de Doloa, de Monoko- Zahi et de Man, Amnesty International, reperibile online

in < https://www.amnesty.org/download/Documents/100000/afr310072003fr.pdf>.

234 Cfr. in tal senso, M. Fofana, Des Forces Nouvelles aux Forces Républicaine de Côte d’Ivoire.

Comment une rébellion devient républicaine, «Politique Africaine», 2011, Vol. 2, Nº122, p.168.

235 A riprova del legame tra milizie ribelli e Dramane Ouattara vi è il fatto, che quest’ultimo sembra abbia donato un milione di franchi Cfa a Soro, il leader della ribellione.

considerate il motore della rivoluzione Dioula. La corrispondenza tra forze ribelli e popoli dioula si evince chiaramente se si guarda alla composizione del movimento che, all’alba del nuovo millennio, scosse i destini ivoriani. L’eterogeneità che contraddistingue il termine dioula, infatti, abbraccia altresì la natura delle milizie ribelli. Di essa hanno fatto parte non solo cittadini ivoriani del Nord, ma anche mercenari dei limitrofi paesi saheliani236, parenti- tanto civili quanto militari- della leadership Rdr, gli esuli, vittime delle cicliche epurazioni di regime, i dozo237 ma soprattutto i giovani affiliati della Fesci. Furono questi ultimi in particolare, a impadronirsi delle strade cittadine del Nord. Mentre per le vie e i quartieri del Nord a farla da padrona erano le nuove generazioni affiliate alla fazione ribelle, al Sud, s’impadronivano della scena gli squadroni dell’Alliances des Jeunes Patriotes pour le sursuat national (AJPSN). Nato all’indomani del fallito golpe, il movimento in questione si rese protagonista il 2 Ottobre del 2002 di un’imponente manifestazione che ebbe luogo ad Abidjan, in Piazza della Repubblica. Il loro obiettivo era denunciare l’aggressione subita dalla Costa d’Avorio per mano delle forze ribelli. La neonata alleanza faceva parte della più ampia galassia dei Giovani Patrioti. Si trattava di una coalizione eterolitica238 sostenuta finanziariamente dal regime in carica di Laurent Gbagbo. I quadri dirigenti del Fpi, infatti, avendo compreso che la riconquista della Costa d’Avorio passava inevitabilmente per il controllo delle città, promossero la proliferazione di formazioni giovanili armate, all’indomani del fallito colpo di stato. Grazie alla loro strutturazione interna239, infatti, le milizie giovanili rappresentavano lo strumento ideale per la diffusione del messaggio ideologico del Fpi. Copiosa è la

236 In particolare di Sierra leone e Liberia. Sulla partecipazione dei mercenari liberiani si esprimono C. Ero, A. Marshall, R. Marchal, L’ouest de la Côte d’Ivoire: une conflict libérien?, «Politique Africaine», 2003,Vol.1, Nº89.

237 Con l’ espressione dozo si indicano le collettività di cacciatori caratteristiche dell’Africa Occidentale. Si segnala che nel caso ivoriano questo genere di collettività conosce una rapida espansione a far data dagli anni novanta per effetto degli sconvolgimenti che interessarono la regione a seguito dello scoppio delle guerre civili in Liberia e Sierra Leone. La loro comparsa nelle zone forestiere sembra abbia coinciso con il loro impiego da parte del regime di Félix- Boigny che si servì dei dozo per garantire l’ordine pubblico. Negli anni della guerra civile poi i dozo furono impiegati da entrambi i fronti, in particolare da quello del Nord in operazioni di controllo del territorio. Sul ruolo dei dozo nella guerra civile ivoriana si veda T. J. Basset, Containing the Donzow: The Politics of Scale in

Cote d’Ivoire, «Africa Today», 2004, Vol.50, Nº4.

238 Della galassia dei giovani patrioti facevano parte oltre alla già citata Ajsnp, l’Unione puor la libération totale de la Côte- d’Ivoire, la Coalition nationale des résistants de Côte- d’Ivoire, gruppi di autodifesa dei villaggi, varie formazioni paramilitari nate al fine di contrastare l’avanzata dei ribelli a Ovest e le milizie urbane di Abidjan.

239 Sull’articolazione territoriale del movimento dei Giovani Patrioti si veda R. Banégas, La politique du

letteratura con riguardo all’ideologia che ha ispirato l’azione dei Giovani Patrioti240. Brevemente va detto che questi divennero la cassa di risonanza di quel pensiero governativo che si nutrì della dottrina dell’ivoirité al fine di perorare la causa dell’ultranazionalismo. Questa tendenza divenne evidente, in particolar modo, sin dalle prime battute della guerra civile. I ribelli, infatti, furono presentati dal regime in carica alla stregua di un manipolo di soldati che agiva per conto di forze esterne minacciando la sovranità del paese e mettendo in discussione la legittimità delle sue istituzioni democraticamente elette. Il campo presidenziale, infatti, indossò sin dal principio le lenti della retorica di liberazione nazionale e interpretò la vicenda della guerra civile come una seconda guerra d’indipendenza, l’occasione per donare al paese la tanto agognata emancipazione politica e democratica. Una seconda guerra d’indipendenza il cui obiettivo doveva quindi essere quello di spezzare definitivamente le catene del giogo coloniale francese, considerato la fonte di tutti i mali del paese. Non è un segreto, infatti, che numerosi esponenti governativi e intellettuali ritenevano che dietro la ribellione vi fosse la longa manus di Parigi241. Le due formazioni militari giovanili emerse sin dalle prime battute del conflitto civile testimoniano di una scissione avvenuta in seno al movimento studentesco della Fesci. Anche qui, infatti, ha inciso il prisma dell’ivoiritè determinando uno scivolamento di quelle istanze democratiche emerse negli anni ottanta verso una crisi delle alterità che ha interessato anche la dimensione giovanile ivoriana. La rappresentazione plastica di tale frattura è rinvenibile nella circostanza per cui, due tra le più influenti personalità della Fesci, Ble Goudiè e Guillame Soro242si siano trovate, all’indomani dello scoppio delle ostilità alla testa rispettivamente dell’Ajsnp e dell’Mpci. La crisi delle alterità dell’universo giovanile ivoriano dimostra di come la mancata risoluzione della questione economica abbia determinato la sostituzione del compromesso houphouëttiano con il mondo giovanile con un nuovo modello di ascensione sociale che ha trovato nella militanza armata la sua ragion d’essere. Appartenere, infatti, alle milizie, sia dell’una che dell’altra parte, inizia progressivamente a essere percepita

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