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Il ruolo delle economie di scala

3. La malattia dei costi nel settore delle arti performative

3.2 Rimedi

3.2.1 Il ruolo delle economie di scala

Abbiamo fatto cenno, nella seconda parte, a diversi studi (Baumol e Bowen, 1966; Globerman e Book, 1974; Taalas, 1997) che si sono occupati di verificare la possibilità, o meno, per le organizzazioni operanti nel settore delle arti performative di beneficiare di economie di scala. Con questo termine si indica la diminuzione dei costi di produzione in seguito all’incremento delle dimensioni aziendali; nel caso delle performing arts questo significa che un’organizzazione può alleviare la pressione dei costi aumentando il numero di spettacoli messi in scena.

I primi a studiare gli effetti positivi di eventuale economie di scala sono stati Baumol e Bowen (1966). Dopo aver verificato che, nel campione di 11 orchestre americane oggetto dell’analisi, il livello minimo di costo è raggiunto dopo 90/150 concerti, i due autori propongono alcuni esempi per chiarire le modalità con cui un’organizzazione può sfruttare le economie di scala. Innanzitutto, per quanto riguarda le attività amministrative, un ipotetico aumento del 10 % del numero delle performance non si tradurrebbe in un aumento del personale; dunque un incremento del numero degli spettacoli riduce il costo amministrativo per concerto. Un’altra opportunità di fare economia nasce dalla possibilità di espandere il tempo delle prove in modo da coprire più performance. Si consideri ad esempio un’orchestra che ha realizzato tre programmi di spettacoli uguali in una stagione; la stessa orchestra decide di aumentare il numero di programmi a quattro. Se il costo delle prove per un’intera stagione è di 120000 dollari, con quattro serie invece di tre il costo delle prove per serie si riduce da 40000 a 30000 dollari. Secondo Baumol e Bowen la possibilità di raggiungere notevoli economie di scala spiega il perché in alcuni casi i costi di produzione non superano il livello generale dei prezzi. Schwarz (1983), nella sua ricerca sugli effetti delle economie di scala sul mix di fattori di produzione, conferma quest’ultima ipotesi. Lo studio di Schwarz rivela che aumentando il livello di output le economie di scala causano un cambiamento nel mix di input, ovvero differenze crescenti nelle quote di spesa imputabili alle diverse aree organizzative. In particolare, quando il numero di performance aumenta, il costo per il lavoro artistico decresce, mentre il costo connesso all’amministrazione e alle infrastrutture, rimane relativamente costante. Baumol e Bowen (1966) giungono a una conclusione simile, affermando che “i costi amministrativi cominciano ad aumentare ad un numero di spettacoli

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minore rispetto alle spese per il personale artistico”.114 Ciò significa che economie di scala

considerevoli possono essere raggiunte operando scelte a livello di personale artistico. Dunque “diminuire la quota di costi relativi al personale artistico è uno dei modi per tenere sotto controllo

la malattia dei costi che colpisce le arti”.115

Il contributo di Blau, Newman e Schwartz (1986) analizza le economie di scala dal punto di vista dello staff. 116 Gli autori, al fine di valutare l’impatto del personale amministrativo e tecnico sul totale dei costi, analizzano un campione di 302 organizzazioni di arti performative. La relazione tra la grandezza dell’istituzione e la componente staff, è analizzata tramite una funzione logaritmica doppia che considera tre categorie di lavoratori: personale stipendiato, personale non pagato e personale volontario. Dai risultati si evince che la quantità di lavoro non pagato e volontario cresce all’aumentare delle dimensioni aziendali. Dunque economie di scala più significative possono essere raggiunte dalle organizzazioni più grandi perché riescono ad attrarre più facilmente persone che donano il proprio tempo come apprendisti. Nello studio di Blau, Newman e Schwartz le economie di scala si realizzano tramite risparmi nei salari. A margine dell’analisi, gli autori fanno notare che tale fenomeno avvantaggia le grandi imprese for-profit, che hanno la possibilità di ridurre i costi unitari di produzione; ciò potrebbe comportare la scelta da parte di molte realtà di recente costituzione di assumere un assetto societario profit-seeking invece che non-profit.

Sebbene non riguardi organizzazioni operanti nel settore delle arti performative, lo studio di Jackson (1988) sui musei giunge a conclusioni differenti. 117 L’autore indaga il ruolo delle economie di scala individuando una funzione di costo che integra misure della grandezza aziendale, delle priorità istituzionali e della qualità. I risultati dimostrano che i costi medi diminuiscono per le istituzioni museali minori e aumentano per quelle in testa alla classifica per numero di presenze ed eventi organizzati. Dunque, nel caso dei musei, la pressione dei costi operativi è mitigata dalle economie di scala solo per i musei di piccola e media grandezza. Nel caso delle istituzioni maggiori invece i costi

114 WILLIAM J. BAUMOL (1996), p. 480. Orig.: “unit administrative costs typically begin to increase at a number of concerts smaller than the turning point in expenditures on performers’ salaries”.

115 SAMUEL SCHWARZ, “Differential economies and a decreasing share of artistic personnel costs”, in Journal of Cultural Economics, 7 (1), 1983, p. 30. Orig.: “decreasing the share of artistic personnel costs is one way of controlling the cost- disease besetting the arts”.

116 JUDITH R. BLAU, LAURIE NEWMAN, JOSEPH E. SCHWARTZ, “Internal economies of scale in performing arts organizations”, in Journal of Cultural Economics, 10 (1), 1986, pp. 63-76.

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sono fortemente legati alle presenze e potrebbero aumentare molto rapidamente a causa di diseconomie di scala.

In ogni caso, nel settore delle arti performative le organizzazioni possono abbassare il livello dei costi medi di produzione aumentando le dimensioni aziendali, ovvero incrementando il numero di performance. A prescindere dalla natura e dalle finalità, è opportuno che le organizzazioni valutino scelte strategiche che vadano in questa direzione, al fine di alleviare la pressione esercitata dalla “malattia dei costi”.