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Il ruolo del lavoro di pubblica utilità, da sanzione principe nel sistema olandese

Nei capitoli precedenti si è discusso sul ruolo del lavoro di pubblica utilità quale strumento dell’arsenale sanzionatorio italiano e olandese.

Come si è potuto vedere, nel sistema olandese il lavoro di pubblica utilità gioca un ruolo chiave nel sistema sanzionatorio: nel 2013 vi sono stati 81.746 verdetti di condanna, dei quali 22.163 al lavoro di pubblica utilità quale sanzione principale e 14.640 al lavoro di pubblica utilità combinato con altre sanzioni.350

La massiccia presenza del lavoro di pubblica utilità nel sistema olandese può essere spiegata anche se si tiene conto di una circostanza quale l’ampia discrezionalità concessa all’organo giudiziario nel decidere se infliggere o no questa sanzione.

Il giudice olandese, infatti, non si trova vincolato da limiti edittali o da tipologie di reato: egli è libero di applicare questa sanzione ogni qual volta ritenga il lavoro di pubblica utilità la giusta sanzione da infliggere al trasgressore.

Nel 2012 è stato approvato un emendamento all’art. 22b del Wetboek van Strafrecht: da allora è esplicitamente esclusa l’applicazione di una qualsiasi pena non detentiva, e dunque del lavoro di pubblica autorità, ai trasgressori recidivi e agli autori di reati sessuali o di reati violenti.

Come si è già posto l’accento, questo limite alla discrezionalità dell’organo giudicante è stato dettato più dalle polemiche dei media e dell’opinione pubblica che da una reale necessità di limitare la discrezionalità dei giudici, che d’altro canto non avevano mai dimostrato di cadere in eccessi nell’utilizzo della sanzione del lavoro di pubblica utilità.

In Italia, le condanne al lavoro di pubblica utilità secondo i dati aggiornati al mese di dicembre 2014 risultano 5.606, poco più di un sesto di quelle irrogate dai giudici olandesi.351

I giudici italiani non hanno la stessa discrezionalità del giudice olandese nello scegliere questa sanzione a discapito delle altre: il lavoro di pubblica utilità in Italia non è previsto quale condanna autonoma per tutte le tipologie di reati.

Com’è stato analizzato nel primo capitolo di questa ricerca, il lavoro di pubblica utilità nell’ordinamento italiano è previsto quale pena principale solo nel sottosistema

350EGGEN A.Th.J., KALIDIEN S.N. (2014) Criminaliteit en Rechtshandhaving 2013, Ontwikkelingen

en samenhangen, The Hague: Boom Juridische uitgeverns, CBS, WODC

351Fonte: Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automatizzazione di supporto dipartimentale – Sezione statistica

del giudice di pace, nel quale la sua irrogazione è subordinata all’espressa richiesta dell’imputato.

Per il resto, esso è previsto quale prestazione alla quale può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena nell’art. 165 c.p., quale sanzione sostitutiva per i fatti di lieve entità in materia di sostanze stupefacenti nell’art. 73 D.P.R. 309/90, quale sanzione amministrativa accessoria nell’art. 224-bis d.lgs. 285/92, quale sanzione sostitutiva per i reati di guida sotto l’influenza dell’alcool o in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti negli artt. 186 e 187 d.lgs. 285/92 e quale condizione per la concessione della messa alla prova nell’art. 168 bis c.p.352

Il giudice italiano non ha nel suo arsenale sanzionatorio la possibilità di applicare la pena del lavoro di pubblica utilità quale condanna autonoma poiché la sua applicazione appare limitata a una circoscritta serie di reati, ed anche con riferimento a questi essa è soltanto utilizzata quale sanzione sostitutiva o accessoria a una condanna principale.

Da questa rapida sintesi si evince come il ruolo che il legislatore italiano ha scelto di affidare al lavoro di pubblica utilità è alquanto marginale, soprattutto se si considera il ruolo ancora predominante nel nostro ordinamento giocato dalla pena detentiva.

Per tali ragioni, appare indispensabile ampliare l’ambito applicativo del lavoro di pubblica utilità.

In primis è opportuno utilizzare il lavoro a beneficio della comunità quale sanzione principale e autonoma anche nell’arsenale sanzionatorio del giudice ordinario: il suo utilizzo non dovrebbe più essere accessorio o sostitutivo ad altre pene principale, ma dovrebbe essere autonomo sì da sfruttare a pieno il potenziale rieducativo e da limitare l’utilizzo della pena detentiva, con conseguente riduzione della popolazione carceraria, a quei reati con un alto indice di offensività e gravità.

In secundis, una volta che si è prevista la pena del lavoro di pubblica utilità quale sanzione autonoma, sarebbe opportuno lasciare una certa discrezionalità all’organo giudicante nella scelta o meno di applicare questa sanzione.

Una restrizione in astratto dell’ambito applicativo della sanzione con riferimento a certi limiti edittali o a certe tipologie di reati non permetterebbe al giudice di tenere in considerazione una vasta serie di fattori che possono influire sull’offensività del reato stesso o sull’elemento psicologico dell’autore, sì da far ritenere il lavoro di pubblica utilità la sanzione più adatta a quelle particolari circostanze.

Obiezioni di questo tipo, d’altro canto, furono mosse dalla stessa dottrina olandese quando si cercò di limitare l’applicazione del werkstraf escludendo la possibilità di utilizzare questa sanzione per i reati contro la pubblica autorità, i reati sessuali e la violenza privata.

La modifica dell’art. 22b del codice penale olandese non ha in realtà avuto alcun impatto sulla discrezionalità del giudice penale olandese poiché già ex ante l’intervento della modifica, la sanzione del lavoro di pubblica utilità non era applicata a soggetti recidivi o ad autori di reati sessuali o violenti.

La scelta del legislatore italiano potrebbe dunque muoversi in un duplice senso, e dunque o scegliere di concedere la massima discrezionalità all’organo giudicante nell’applicare il lavoro di pubblica utilità, tenendo in considerazione che questa sanzione si pone quale intermezzo tra la pena pecuniaria e la pena detentiva, o scegliere di vincolare la discrezionalità dell’organo giudicante a una serie di parametri stabiliti.

A parere di chi scrive, tali parametri non dovrebbero essere ricercati né in limiti edittali né in determinate tipologie di reati con un alto indice di offensività in astratto poiché la presenza di determinate circostanze in concreto può far venire meno il disvalore della condotta del trasgressore.

Come si è evidenziato in precedenza, basti pensare a un’eventuale esclusione del reato di pedopornografia dal novero di quelli ai quali possa essere applicato il lavoro di pubblica utilità: se l’autore del reato sta guardando un “ordinario” film per adulti e non è consapevole del fatto che le attrici sono soggetti minorenni che hanno nascosto la loro vera età, è difficile negare che l’offensività della condotta in questo caso non risulti notevolmente scemata dell’assenza dell’elemento soggettivo del reato.353

Appare dunque più consona una delimitazione dell’ambito applicativo del lavoro di pubblica utilità basata sia sul disvalore in concreto della condotta del trasgressore, quale la gravità del reato, la violenza utilizzata nel perpetrare lo stesso, la lesione al bene giuridico tutelato, sia sull’atteggiamento del trasgressore, quale la convinzione nella commissione del reato, l’assenza di pentimento, l’indifferenza nei confronti della vittima o della lesione del bene giuridico.

Ad ogni modo, il lavoro di pubblica utilità dovrebbe essere prediletto in tutti quei casi in cui il giudice in astratto applicherebbe una pena detentiva di breve durata.

L’utilizzo di parametri ampi di certo aumenta la discrezionalità dell’organo giudicante nella valutazione di ognuno di essi: ma questo è il prezzo necessario da pagare onde evitare che al giudice sia impedito di applicare il lavoro di pubblica utilità a causa di rigidi parametri legislativi che non permettono di valutare in concreto tutte le circostanze del caso.

4. I tentativi di riforma del sistema sanzionatorio dalla