5. IL CASO SPAGNOLO
5.2. Il ruolo del Tribunal constitucional La sentenza 31/2010 e le sue critiche
Come prevedibile, nel 2006 il nuovo Statuto catalano fu impugnato davanti al Tribunal
Constitucional tramite vari ricorsi che lamentavano l’incostituzionalità di svariate delle
disposizioni controverse alle quali si accennava poco supra
476.
Fu così che ebbe inizio un vero e proprio “cuento de nunca acabar”
477, un iter
lunghissimo, contrastato e a tratti surreale destinato a concludersi solo quattro anni
dopo, con la sentenza 31/2010, cha ha sua volta avrebbe avuto un ruolo determinante
nello scatenare le recenti pulsioni indipendentiste in Catalogna, aggravando
ulteriormente la situazione.
Torniamo però al lungo periodo di attesa fra la presentazione dei ricorsi contro l’Estatut
e la pronuncia della Corte.
Visto il clamore e gli scontri, sia a livello regionale che nazionale, che avevano
accompagnato a suo tempo l’approvazione dello Statuto e considerate le indubbie
conseguenze politiche che una sua dichiarazione di incostituzionalità avrebbe generato,
non stupisce che anche la decisione del Tribunale Costituzionale su di esso fosse
oggetto di fortissime aspettative e speculazioni nel mondo politico e nell’opinione
pubblica iberici (in modo poi non molto dissimile da quello che si era avuto in Canada
nel 1998, sempre in attesa di una pronuncia giudiziale)
478.
A rendere particolarmente tesa l’atmosfera contribuirono poi ovviamente il tempo
trascorso, eccessivamente lungo (ben quattro anni) e funestato da incidenti e sospetti di
476 Come ricordano D
ELLEDONNE -MARTINICO, op. cit., p. 903, dapprima alcuni parlamentari del Partito Popolare presentarono un recurso de incostitucionalidad, mentre poco dopo 112 articoli e quattro disposizioni di altro tipo furono impugnate dal Defensor del Pueblo, “on the following grounds: the mention of Catalonia as a ‘nation’, the provisions concerning the language, the competence, the jurisdictional system, the discipline of bilateral relationships”. Infine si aggiunsero i ricorsi dei Governi delle Comunità Autonome di Murcia e Baleari.
477 Con questa pittoresca definizione si esprime A. M.R
USSO, Lo Stato “autonomico” spagnolo en la encrucijada: hechos differenciales, tentativi di secessione e proposte di riforma. ¿Como hemos llegado a esto? (presentazione effettuata il 26 gennaio 2016 alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nell’ambito del ciclo di seminari “Diritto pubblico comparato. Federalismi e regionalismi”), slide 26.
478 M
ARTINICO, The Importance of Consistent Interpretation in Subnational Constitutional Contexts: Old Wine in New Bottles, cit., p. 17, osserva (facendo proprio l’esempio di questa sentenza) che “Constitutional and Supreme Courts are more exposed and visibile, and each question pending before them inevitably acquires a certain degree of political tone”. Secondo l’autore, questo inconveniente potrebbe almeno in parte evitarsi dando maggiore spazio alle corti di livello inferiore, mediante “the chemistry represented by consistent interpretation and constitutional openness”, anche se le conoscenze e le qualifiche non sempre adeguate di questi ultimi giudici sconsigliano abusi di tali tecniche interpretative.
155
vario tipo
479, che senza dubbio non giovarono all’immagine di imparzialità che una
corte costituzionale dovrebbe dare di sé.
Alla fine, il Tribunalpronunciò la propria decisione, la sentenza 31/2010, che ha però
suscitato serie critiche (da parte principalmente della pubblica opinione catalana, ma
anche la dottrina non si è risparmiata)
480e gettato un’ombra di “politicità” sulla sua
condotta; vediamo perché, considerando che la sentenza è estremamente lunga e
articolata, anche per il grandissimo numero di disposizioni impugnate, e che, essendo
impossibile in questo contesto un esame troppo approfondito, ci concentreremo sui
punti maggiormente controversi e sulle notazioni generali
481.
Per prima cosa il Tribunale si concentra sul preambolo, nel quale erano state impugnate
le espressioni dedicate al riconoscimento dell’autogoverno della Catalogna, che trova i
propri fondamenti “en la Constitución así como en los derechos del pueblo catalán”, e
alla natura della Comunità stessa, che il Parlamento regionale ha definito, “recogiendo
el sentimiento y la voluntad de la ciudadanía de Cataluña”, “como nación”, mentre lo
stesso articolo 2 della Costituzione nazionale “reconoce la realidad nacional de Cataluña
como nacionalidad”, la quale è altresi dotata di un “derecho inalienable”
all’autogoverno
482.
Si tratta, ovviamente, di affermazioni estremamente delicate da fare per lo Statuto di
una Comunità Autonoma, in quanto implicano, almeno indirettamente, il
riconoscimento di uno status nazionale che la Costituzione conferisce alla sola Spagna.
Come prevedibile, dunque, la Corte interviene su questo punto.
479 Da ricordare, in particolare, la ricusazione del giudice Pérez Tremps richiesta dal Partito Popolare al plenum del Tribunale e da questo accettata, in quanto uesti, prima di essere nominato giudice costituzionale, aveva fatto parte di un comitato di giuristi incaricato di studiare la bozza di riforma dello Statuto, facendo temere per la sua imparzialità
(si vedano http://elpais.com/elpais/2007/02/05/actualidad/1170667027_850215.html e http://elpais.com/elpais/2007/02/13/actualidad/1171358223_850215.html ), le voci diffuse nel corso degli anni dagli stessi magistrati costituzionali sulle discussioni e i contrasti reciproci prima della sentenza e la morte del giudice García Calvo, che scatenò i dibattiti sulla sua successione (su tutto ciò si consulti AJA, op. cit., pp. 89 ss.).
480 F
ERRAIUOLO, Costituzione federalismo secessione, cit., p. 155, parla delle critiche mosse dalla dottrina, il cui peso può apparire addirittura “sorprendente” se si considerano sia il travagliato procedimento dinanzi al Tribunal che i contenuti effettivi della pronuncia, ma non risultano nemmeno del tutto immeritate.
481
Per il testo completo della sentenza si rinvia a https://boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2010- 11409.
482 Preambolo dello Statuto di autonomia catalano, citato dal 7 paragrafo dei Fundamentos jurídicos (equivalente al “considerato in diritto” delle sentenze della Corte Costituzionale italiana) della sentenza 31/2010 del Tribunal Constitucional.
156
Essa sancisce dunque che la parte in esame del Preambolo non ha, secondo la sua
consolidata giurisprudenza, valore normativo, neppure per l’interpretazione della legge
stessa
483, dato che dato che “Whilst a group is entitled to call itself a nation for the
purposes of political and cultural debate, there is only one nation in the Kingdom of
Spain, the Spanish nation”, come ricorda l’art. 2 Cost., e solo il popolo spagnolo nel suo
insieme è titolare della sovranità, laddove la Catalogna gode solo di un autogoverno che
ha comunque la sua fonte nella Costituzione e non in una presunta sovranità del
“popolo” catalano
484.
Per quanto formalmente corretta, e forse anche alquanto indulgente, visto il chiaro
dettato costituzionale che sembrerebbe non consentire alternative o scappatoie rispetto
alla semplice dichiarazione di illegittimità costituzionale, non si può fare a meno di
notare che questa decisione del Tribunale è stata probabilmente la parte della sentenza
che ha ricevuto la peggiore accoglienza da parte del mondo politico catalano.
Difatti, c’è da chiedersi se fosse proprio necessario insistere su questo aspetto, tutto
sommato secondario e dall’importanza principalmente simbolica, insistenza che ha
finito per far percepire la sentenza come un attacco alla stessa identità catalana,
ingiustamente sminuita e privata di ogni valore giuridico
485.
Molte altre disposizioni vengono recisamente dichiarate incostituzionali ed annullate,
soprattutto per quanto riguarda le parti maggiormente contestate dell’Estatut.
Fra di esse spiccano l’art. 6, 1° comma, che rompe l’equilibrio fra lingua castigliana e
catalana dando a quest’ultima uno status preferenziale
486, molte norme in tema di potere
giudiziario e competenze della Comunità Autonoma e alcune previsioni di ambito
finanziario, come quella che subordina la partecipazione catalana ad iniziative di
perequazione verso altre Regioni alla sussistenza di un “esfuerzo fiscal similar” da parte
loro
487.
483 Ibidem, parr. 7 ss. 484 D
ELLEDONNE -MARTINICO, op. cit., pp. 904 s. Difatti (par. 9 della sentenza) “El pueblo de Cataluña no es, por tanto, en el art. 2.4 EAC, sujeto jurídico que entre en competencia con el titular de la soberanía nacional cuyo ejercicio ha permitido la instauración de la Constitución de la que trae causa el Estatuto que ha de regir como norma institucional básica de la Comunidad Autónoma de Cataluña”.
485 A
JA, op. cit., p. 93 parla di “exceso de celo del TC sobre la posible influencia de estos conceptos para la interpretación de otras normas” e di “pronunciamiento sorprendente, gratuito e irritante para muchos catalanes”.
486 Sentenza 31/2010, par. 14. Al contario, l’art. 6, 2° comma, che prevede il dovere per i cittadini di conoscere il catalano in aggiunta al castigliano, è ritenuto passibile di un’intepretazione costituzionalmente conforme e quindi “risparmiato”.
487
157
Bisogna infatti ricordare che la materia economico-finanziaria è uno dei principali
oggetti del contendere nelle recenti dispute politiche fra Stato centrale e Catalogna.
La Catalogna, infatti, è una delle regioni più prospere della Spagna, tenuta quindi, ai
sensi dell’attuale sistema tributario, a versare un ammontare di tributi maggiore rispetto
alle Comunità più povere, che beneficiano di un meccanismo perequativo a scopo
solidaristico finanziato dalla fiscalità generale, mentre a carico della Comunità catalana
rimane un ampio residuo fiscale.
Tali contributi sono ritenuti eccessivi dalle forze politiche autonomiste, che vorrebbero
l’implementazione di un sistema fiscale diverso e maggiormente favorevole per sé,
simile allo status privilegiato del quale godono sotto questo profilo i Paesi Baschi e la
Navarra, sulla base di antichi “diritti storici” riconosciuti da secoli e recepiti dalla stessa
Costituzione, ma fino ad oggi le loro richieste non hanno avuto esito positivo
488.
Ma c’è un’altra caratteristica di questa sentenza che ha colpito in modo particolare
(negativamente) gli interpreti, l’opinione pubblica e persino alcuni membri dello stesso
Tribunale, tanto da far scrivere ad uno di essi chi si tratta di una “sentencia oculta que
manipula los preceptos del EAC, los modifica y desconoce su sistemática interna hasta
convertirlo en un embrollo de normas vacías, paralizadas, futuras o a las que se hace
decir lo que no dicen, ni han querido decir”
489.
Si tratta dell’uso, sicuramente eccessivo e deprecabile
490,
della
tecnica
dell’interpretazione costituzionalmente conforme, che il Tribunal ha applicato a
moltissime norme dell’Estatut.
Si tratta di una tecnica interpretativa frequentemente utilizzata dalle corti che sono
qualificate a svolgere un controllo di legittimità costituzionale sulla legislazione
ordinaria, e ben nota anche al Tribunal Constitucional iberico
491, secondo la quale,
488 C
ASTELLÀ ANDREU, The Proposal for Catalan Secession and the Crisis of the Spanish Autonomous State, cit., p. 439 precisa che la proposta dei partiti catalani consisteva nella conclusione di “a bilateral fiscal arrangement (known as the “fiscal pact”) between the State and Catalonia, along with an additional contribution to inter-regional solidarity”.
489 Sono le parole del giudice J. Rodríguez-Zapata Pérez, che così si esprime nel suo voto particular (istituto analogo alle opinioni dissenzienti note alle Corti supreme e costituzionali di altri ordinamenti), par. 6.
490 R
USSO, op. cit., slide 30, parla di “técnica de la interpretación conforme llevada al paroxismo”. 491 Per un’analisi assai dettagliata sull’uso che di questa tecnica è stato fatto nella sentenza in questione si veda R.IBRIDO, Il rebus dell’interpretazione conforme alla luce della recente sentenza sullo Statuto catalano, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n. 1/2011, pp. 54 ss., che traccia un breve quadro di del suo impiego da parte del Tribunal sin dalle sue origini, comparandola con le tendenze di altri ordinamenti (es. USA, Germania, Italia). Nella pronuncia del 2010 il risultato dell’interpretazione, oltre ad aprire “scenari non facilmente decifrabili per il futuro di un processo autonomico che negli ultimi anni si era incanalato lungo la via di una revisione della forma di Stato a costituzione invariata”, sembra
158
laddove possibile, il giudice delle leggi dovrebbe cercare di interpretare le disposizioni
impugnate in modo conforme alla Costituzione, scartando, dei possibili significati che
ad esse si possono attribuire, quelli sicuramente incostituzionali e solo se ciò non è
possibile optare per la dichiarazione di illegittimità costituzionale
492.
In questa decisione sono moltissime le previsioni statutarie a ricevere un trattamento del
genere
493, anche per quanto riguarda materie assai rilevanti, come l’uso della lingua
catalana, i simboli nazionali e i diritti storici della Catalogna, i rapporti degli organi
giudiziari territoriali con il Tribunal Supremo nazionale (materia di legge organica) e
ulteriori norme sulle competenze, la partecipazione fiscale e la perequazione (la cui
regolazione compete alla Costituzione e non può discostarsi dai suoi principi).
Si assiste all’imposizione di interpretazioni obbligate di norme che, in realtà, erano di
per sé in netto contrasto con il dettato costituzionale e alle quali ora ci si limita ad
attribuire un valore non vincolante, politico, nel tentativo di annullarne o ridurne il
allontanarsi dall’idea di origine kelseniana, intrattenuta da “una vasta area della cultura giuridica spagnola” e almeno fino a tempi recenti (es. sentenze 24/2004 e 138/2005) dallo stesso Tribunal (contrariamente agli orientamenti sorti in altri Paesi, come il nostro), secondo la quale una Corte costituzionale dovrebbe limitarsi ad essere un “legislatore negativo”, senza possibilità di manipolare o riscrivere la norma impugnata. In particolare le sentenze 4/1981 e 19/1982 avevano posto come capisaldi della giurisprudenza costituzionale in materia il dovere di dichiarare l’incostituzionalità solo quando fosse “indudable” l’impossibilità di un’interpretazione costituzionale e quello di preferire, fra più interpretazioni costituzionalmente conformi possibili, quella maggiormente conforme alla Carta.
492
Questa tecnica può essere impiegata anche in un sistema “multilivello”, dato dal sovrapporsi di norme di origine internazionale/sovranazionale, costituzionale, sub-costituzionale (come, appunto, gli Statuti di autonomia), per risolvere i conflitti fra disposizioni apparentemente in contrasto fra loro, come illustra MARTINICO, The Importance of Consistent Interpretation in Subnational Constitutional Contexts: Old Wine in New Bottles, cit. 13 ss. In questo modo si potrebbe attribuire “a legal ‘tone’ to otherwise political/cultural conflicts”, specie se si privilegiasse il ruolo dei giudici ordinari, lasciando alle Corti Supreme/Costituzionali “the last say in case of real conflicts that may not be solved by using the consistent interpretation doctrine”.
493 I
BRIDO, Il rebus dell’interpretazione conforme alla luce della recente sentenza sullo Statuto catalano pp. 61 ss. distingue “due diversi gruppi di disposizioni oggetto di una interpretazione conforme”, interpretazione che l’autore definisce nel primo caso “manifesta” e nel secondo “silenziosa”. Nel primo gruppo rientrano 27 disposizioni incluse nell’apartado 3 del fallo (quali quelle sui diritti storici e il regime linguistico), le quali “no son incostitucionales, siempre que se interpreten en los términos establecidos en el correspondiente fondamento jurídico que se indica”, formula definita come inusuale e “per molti versi ambigua e di difficile interpretazione”, accomunabile forse alla prassi italiana delle sentenze interpretative di rigetto, che operano come sentenze di rigetto, ma solo se il giudice ordinario non applica la norma in modo costituzionalmente conforme (e questo rischio sembra essere stato colto dall’opinione dissenziente del giudice Rodríguez Arribas). Nel secondo gruppo rientrano almeno una cinquantina di disposizioni, fra le quali spiccano quelle del catalogo dei diritti, e per le quali si applica la formula contenuta nell’apartado 4 di “desestinar el recurso de incostitucionalidad en todo lo demás”, per cui il dispositivo è formalmente di rigetto ma soggetto ad interpretazione per la quale si rinvia ai fundamentos juridicos (equivalenti più o meno al nostro “considerato in diritto”), secondo una prassi peraltro non sconosciuta al giudice delle leggi spagnolo. A giudizio dell’autore l’inclusione di tali disposizioni in questa seconda categoria (distinzione che, peraltro, per consolidata giurisprudenza, non comporta alcune differenza nell’efficacia dei due tipi di interpretazione) sarebbe dovuta principalmente a motivi politici, “privando di visibilità alcune delle disposizioni che maggiormente avevano proceduto a una “riscrittura” dello Statuto”.
159
potenziale rivoluzionario senza spingersi sino all’estremo, francamente poco
consigliabile, di annullare seccamente quasi l’intero Statuto
494.
Una sorte non migliore è toccata alle disposizioni sui diritti, anch’esse formalmente non
dichiarate incostituzionali ma di fatto svuotate di molto del loro significato
495.
Anche questo tema è interessante, poiché consente molto bene di sintetizzare
l’atteggiamento tenuto dal Tribunal di fronte ad una delle caratteristiche più innovative
e potenzialmente più problematiche della nuova generazione di Statuti di autonomia,
ovvero la previsione di veri e propri bills of rights regionali, che si aggiungono e
almeno in parte si sovrappongono all’elenco dei diritti fondamentali previsti dalla
Costituzione
496.
Anzitutto, i giudici costituzionali provvedono a definire i diritti fondamentali “aquellos
que, en garantía de la libertad y de la igualdad, vinculan a todos los legisladores, esto es,
a las Cortes Generales y a las Asambleas legislativas de las Comunidades Autónomas,
sin excepción”
497; tale forza vincolante per tutti i livelli di governo deriva loro proprio
dall’essere previsti dalla Costituzione, la norma suprema che si impone a tutti.
Risulta evidente, allora, che “Los derechos reconocidos en Estatutos de Autonomía han
de ser, por tanto, cosa distinta”
498, come parrebbe confermare lo stesso art. 37, 4°
comma dell’Estatut, ai sensi del quale la previsione di diritti e principi in un apposito
titolo statutario non comporta nessuna modifica della distribuzione di competenze, né le
sue disposizioni possono essere applicate o interpretate “in any way that reduces or
494 A
JA, op. cit., pp. 94 s., che non a caso riporta come tutti i magistrati del Tribunale in disaccordo con la sentenza redassero opinioni dissenzienti dettagliate e dai toni assai critici, che “suponían la práctica incostitucionalidad de todo el Estatuto”. Ad esempio, secondo Rodríguez-Zapata Pérez (par. 5 del suo voto particular), lo Statuto sarebbe affetto da “un vicio colosal de inconstitucionalidad formal por incompetencia en un sinfín de preceptos, que irrumpen en materias reservadas constitucionalmente a la Constitución y a las leyes estatales y autonómicas” e “contrario a la CE en su concepción técnica esencial por la que blinda las competencias estatales y entorpece el ejercicio democrático de las autonómicas, modifica la CE y convierte en letra muerta treinta años de jurisprudencia constitucional”. Proprio per questa sua portata dirompente ed eversiva, risulta inammissibile il tentativo della maggioranza del Tribunale di disinnescarlo considerandolo semplicemente “uno más entre dieci siete”.
495 Parr. 16 ss. dei Fundamentos jurídicos della decisione.
496 Sulle elencazioni di diritti e le norme di principio presenti in quasi tutti i nuovi Statuti, a differenza dei precedenti, si vedano DELLEDONNE -MARTINICO, op. cit., pp. 896 s., che notano come si tratti di “a relatively new question, since the old texts were silent on these points” e che comunque la dottrina maggioritaria spagnola ha raggiunto conclusioni simili a quelle prevalenti nell’ordinamento italiano. Nella parte di questo lavoro dedicata all’Italia parleremo brevemente di disposizioni analoghe reperibili in alcuni Statuti regionali.
497 Sent. 31/2010, par. 16 FJ. 498
160
restricts the fundamental rights recognised in the Constitution and in International
treatries and conventions ratified by Spain”
499.
In ogni caso non si nega la legittimità costituzionale delle disposizioni statutarie
concernenti principi e diritti, anzi, la si conferma con il richiamo alla giurisprudenza
precedente del Tribunal, in particolare alla sentenza 247/2007, che si era pronunciata su
analoghe previsioni contenute nello Statuto della Comunità Valenzana.
In esso la Corte aveva individuato una seconda categoria di diritti, distinti da quelli
costituzionali fondamentali, che non costituiscono “derechos subjetivos sino mandatos a
los poderes públicos”, non sono direttamente giustiziabili, ma richiedono
un’implementazione da parte dei pubblici poteri della Comunità e sono legittimi “si los
mandatos en ellos comprendidos vinculan exclusivamente al poder público catalán y,
naturalmente, si sólo pretenden hacerlo en el marco de sus competencias”
500.
In questo modo, anche senza bisogno di dichiarazioni di incostituzionalità o
interpretazioni conformi, si contribuisce a spogliare queste disposizioni di buona parte
della loro effettività, negando la diretta invocabilità dei diritti statutari in mancanza di
norme di attuazione e nei confronti di autorità diverse da quelle catalane.
Non è facile cercare di dare un giudizio su questa sentenza, specie se si considera il
clamore che, a torto o a ragione, ha suscitato.
Se ci si limita ad un punto di vista esclusivamente giuridico, la decisione presenta alcuni
aspetti positivi poiché il Tribunale riconosce alcune delle innovazioni apportate dallo
Statuto, specie in tema di diritti e competenze, né provoca ripercussioni negativi sullo
status generale della Comunità Autonoma
501.
499 Art. 37, 4° comma dello Statuto di autonomia catalano, citato (in inglese) da D
ELLEDONNE - MARTINICO, op. cit., p. 906.
500 Sent. 31/2010, par. 16 FJ. Al paragrafo successivo il Tribunal spiega che lo Statuto non può operare anche come legge organica di sviluppo dei diritti fondamentali ex art. 81 Cost., in quanto legge contenente principalmente previsioni astratte e di principio e non regolante l’esercizio dei diritti, compito questo rimesso al legislatore ordinario. M. CARRILLO, La sentencia del Tribunal Constitucional español sobre el Estatuto de autonomía de Cataluña, in Estudios constitucionales vol.9 no.1 Santiago 2011, pp. 365-388, pubblicato in http://www.scielo.cl/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S0718- 52002011000100013, parla a questo proposito di “degradación del valor normativo del Estatuto - en este