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LA SACRALIZZAZIONE DELLA CULTURA

LA PROPAGANDA IN GIAPPONE

LA SACRALIZZAZIONE DELLA CULTURA

Per poter esprimere al meglio l’“essenza giapponese” si ritenne necessario ridurre al minimo le influenze straniere nel cinema nipponico. Per questo motivo il governo si adoperò per una pulizia che, come venne definito, farà tornare il cinema al popolo. Per far fronte a ciò lo stile voluto si rifaceva ai film stranieri più classici, unendolo a ciò che veniva considerato come “classical Japanese design”54, spesso ambientati in epoche passate (rekishi eiga). Il risultato di questa unione venne descritto da Darrel William Davis: “In technique as well as subject matter…the films enact a canonization of history, an emphasis on indigenous art forms and design, and a corresponding technical repertoire of long takes and long shots, very slow camera movements, and a highly ceremonial manner of blocking, acting and set design.” Lo stile di guerra fu in grado di “transform Japanese traditions from a cultural legacy into a sacrament”.55

I rekishi eiga non si limitavano ad essere ambientati nel periodo Tokugawa, ma sfruttavano l’ambiente storico per enfatizzare le figure di eroi e il folklore nipponico, il tutto accompagnati da temi che dovevano educare gli spettatori.56 I film monumentali furono un filone derivante dai rekishi

eiga che si sviluppare prevalentemente dal 1938 in poi. Lo scopo di questo genere di film era quello

di santificare il sistema feudale. Questi generi di film furono sostenuti dl ministero dell’Educazione e dall’esercito che vedevano nel riferimento ad una tradizione più austera un ottimo metodo per contrastare la decadenza della cultura giapponese.

Un esempio di questa sacralizzazione della cultura è dato dal film di Mizoguchi Kenji Zangiku

monogatari (残菊物語, Racconto dei tardi crisantemi) del 1939. La trama tratta di una famiglia di attori kabuki, in un ritratto del sistema famigliare giapponese. La sua funzione è quella di “admonition to the Japanese people to return to their rightful place in the imperial lineage…the purer, straighter lines of the ancient régime” in un “strange, wonderful amalgam of moral tract and aesthetic rigor”.57 Allo

stesso tempo il film lega la rappresentazione del kabuki al teatro nō, al sumi-e, i giardini rocciosi di ispirazione Zen, l’architettura shoin, la cerimonia del the e le composizioni floreali ikebana. Tutte queste attività dagli anni Trenta furono collegate direttamente all’“essenza giapponese” e vennero sostenute dal ministero dell’Interno e dall’esercito che le sacralizzarono in quanto collegate direttamente alla tradizione giapponese più antica e, per questo motivo, potevano correggere la deriva culturale moderna.

54 RICHIE, A Hundred Years of Japanese Film, op. cit. p.101.

55 DAVIS, Picturing Japaneseness Monumental Style, National Identity, Japanese Film, op. cit. p.6. 56 DAVIS, Picturing Japaneseness Monumental Style, National Identity, Japanese Film, op. cit. p.41. 57 DAVIS, Picturing Japaneseness Monumental Style, National Identity, Japanese Film, op. cit. p.6.

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Altri esempi di questo genere di film sono: Abe ichizoku (阿部一族, La famiglia Abe, 1938) di Kumagai Hisatora, Kawanakajima kassen (川 中 島 合 戦, La battaglia di Kawanakajima, 1941) di Kinugasa Teinosuke, Hasegawa Roppa no Iemitsu to Hikoza (長谷川・ロッパの家光と彦左, lett. Iemitsu e Hikoza di Hasegawa Roppa; Lo Shōgun Iemitsu e il suo mentore Hikozaemon, 1941) di Makino Masahiro, Genroku Chūshingura (in due parti 1941-1942) di Mizoguchi.

Kawanakajima kassen tratta della faida tra due daimyō del periodo Segoku (1467-1568),

Takeda Shingen e Uesugi Kenshin. La battaglia non ebbe un riscontro storico particolarmente rilevante, ma il fatto che durante il periodo Edo venne ritenuta come ottimo esempio di tattica militare la rese perfetta per diventare soggetto di un film in tempo di guerra. Nella versione di Teinosuke, i due signori della guerra vengono rappresentati come eroi cavallereschi e la stessa battaglia di Kawanakajima è resa in modo particolarmente epico.58 Il fatto che nel film la guerra venga rappresentata come forza naturale rende la stessa estetizzata e naturale.59 Il film riprende il tema padre-figlio tra i soldati e i loro generali che si prendono cura dei loro sottoposti quasi in modo paterno. L’armata di Uesugi, infatti, rappresenta i soldati mangiare, marciare e cantare con i propri superiori. Nel film compare anche il sostegno del popolo verso la milizia: esso viene rappresentato da una ragazza e dai suoi amici che offrono aiuto medico ai soldati che a loro volta contraccambiano con del cibo.

Il film Genroku Chūshingura di Mizoguchi tratta la storia dei quarantasette rōnin60 nella forma approvata dal governo, ovvero la versione proveniente dal bunraku e dal kabuki di Mayama Seika del 1937. Nel film spicca la figura di Ōishi Kuranosuke, il rōnin che organizzò la vendetta. L’azione è ridotta al minimo e la vita di corte è rappresentata come un’eventuale soluzione anche per la società contemporanea. Genroku Chūshingura ha la particolarità di essere uno dei pochi film precedenti la Seconda guerra mondiale a mostrare il seppuku, il suicidio rituale, che, dagli anni Trenta, era diventato simbolo di sottomissione alle autorità.61 Il film da l’impressione che attraverso la lentezza, la serietà e l’estetica classica si ricrei una “giapponesità” dai fini nazionalistici. Infatti si riesce ad individuare l’abnegazione che si pretendeva dai kamikaze e la prevalenza del gruppo sul singolo.

Nel dopoguerra Mizoguchi andò a negare questa versione affermando che “he was escaping into history in order to avoid the demands of the troubled present”.62 A conferma di ciò le morti che

58 Kodansha Encyclopedia of Japan, vol. 4, p. 182, cit. in Davis, 1996, p.94.

59 DAVIS, Picturing Japaneseness Monumental Style, National Identity, Japanese Film, op. cit. p. 94.

60 Il Chūshingura narra la vicenda di quarantasette rōnin che vendicarono la morte del proprio padrone dopo due anni e,

maturata la loro vendetta, si suicidarono. La vicenda dei quarantasette rōnin fu oggetto del maggior numero di remake nella storia del cinema giapponese.

61 STANDISH, A New History of Japanese Cinema. A Century of Narrative Film, op. cit.p. 89. 62 RICHIE, A Hundred Years of Japanese Film, op. cit. p.102.

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Fig. 7) Il protagonista Ōishi, in piedi, che guarda la ragazza, al centro della scena, che ha compiuto seppuku, unico personaggio che ha compiuto il gesto a ricevere del tempo a schermo.

si vedono nel film non sono mai celebrative, smorza la violenza e non mostra direttamente il suicidio, ma lo accenna soltanto. Inoltre “it could be argued that Mizoguchi’s perennial preoccupation with women is the means by which he subtly sabotages the nationalism apparently promoted by the picture. Of all the ritual suicide that take place in the film, only a young woman’s is honored by occuring on screen. The implication is that the opportunity to witness a ritual suicide is an unparalleled privilege that legitimates the act and purifies the beholder”.63

Nel campo animato ritroviamo Kimigayo (君 が 代, Kimigayo), titolo dell’inno nazionale giapponese, del 1931 di Ōfuji Noburō, attraverso l’utilizzo di silhouette nere, ripercorre il mito della creazione dell’arcipelago giapponese, per evidenziare lo spirito del Giappone (Yamato damashii). Il testo dell’inno appare lateralmente sullo schermo scandito dal ritmo musicale, in quello che possiamo considerare come un antesignano del karaoke moderno. Gli spettatori venivano coinvolti dalla pellicola nell’esecuzione per far sì che tutti cantassero in coro. Kimigayo e Haru no uta (春の唄, La canzone della primavera, 1931), sempre di Ōfuji, ben si adattavano alle politiche governative e vennero proiettati anche nella colonia taiwanese.

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Nel 1941 uscì il film autocelebrativo Nihon eigashi (日本映画史, Storia del cinema giapponese), commissionato dalla Dai Nihon Eiga, in collaborazione con la Shōchiku. Il film era suddiviso in tre parti, di cui l’ultima andò perduta, e celebrava la Legge sul cinema del 1939. Nel film venivano mostrati diversi spezzoni di film precedenti andando così a ripercorre la storia del cinema.

La prima parte mostrava le origini del cinema. Nella seconda parte vi era presente anche una conferenza tenuta dal ministero dell’Istruzione del 1922, nel quale si cercava di stabilire i film adatti ad un uso pedagogico. Questo segmento è seguito da un breve filmato, sponsorizzato dal governo, sul terremoto del Kantō del 1923, in cui veniva messa in risalto la cooperazione e la riorganizzazione della popolazione giapponese. Questo film può essere visto come un tentativo da parte del governo di mostrare il progresso e il successo del cinema giapponese in chiave nazionalistica. 64 La pellicola venne distribuita anche nelle colonie.