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ETTERA

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Lettera non datata ma possiamo senza dubbio attribuirle una data ante quem: 12 novembre 1920, in quanto come vedremo nella lettera successiva (Lettera 4) datata 12 novembre 1920 vengono ripresi e approfonditi alcuni temi trattati in questa lettera: in particolare, come leggeremo, la descrizione particolareggiata delle «tattiche degli arditi».

Lo Presti appare sempre più esaltato dall’esperienza fiumana (ne è con- ferma la piccola intestazione al recto 1 «Qui/contra/nos?») e dall’affabilità di Ga- briele D’Annunzio: «Qui attraversiamo giorni di emozione vivissima. Sempre in rivoluzione e si canta si canta all’infinito e il Comandante assieme a noi come compagni di scuola e ora piglia uno ora l’altro sotto il braccio a conversare e a cantare».

Dopo aver comunicato al padre di aver, finalmente, sparato il proprio primo colpo di cannone da 65 mont, inizia a fare riferimento alle «tattiche degli arditi». Le tattiche, come Lo Presti spiegherà meglio al padre nella prossima let- tera 12 novembre 1920, sono un «finto assalto con tutti i suoi rombi di cannoni e trittici di mitraglia e scoppi di bombe a mano e lanciafiamme in eruzione!!!...» «E ogni volta ci costano da 10 a 15 fetiti, non gravi però», aggiunge Lo Presti, mentre prova a rassicurare il padre circa il proprio racconto.

La lettera è un bifolio 1 recto verso, 2 recto verso ed è, per la prima volta, numerata: da 1 a 3. Oltre a non essere datata, risulta essere anche incompleta: di fatti la numerazione di Lo Presti stava a indicare probabilmente l’ordine di lettura rispetto a un foglio a completamento. Notiamo anche che la foliazione riporta 1

per recto 1; 2 per verso 1 e recto 2; 3 per verso 2. La carta è identitica, anche per formato 13,5 cm x 14 cm alla Lettera 2 del 19 ottobre 1920. La lettera è stata inoltre composta con inchiostro blu.

Venendo alle singole descrizioni: Il recto 1, numerato 1, riporta 17 righe: da «Carissimo papà» a «noi» + 3 righe di intestazione («Qui / contra / nos?») in corpo minore. Tutto il testo del recto 1, inoltre, risulta ruotato di 45° a sinistra. L’intestazione quindi appare incastrata all’angolo in alto a sinistra.

Il verso 1 e il recto 2, numerati solo al verso 1: «2», riportano entrambi il testo ruotato di 90° a sinistra e assieme presentano 31 righe: da «come compagni di scuola» a «Viva la 4ª Roma!». Il verso 2 numerato 3, presenta invece 17 righe: da «Capirai» a «che non debbo nulla a nessuno; Se oggi».

Manca un altro bifoglio o un foglio sciolto, giacché il discorso rimane in sospeso, ma soprattutto mancano i Saluti sempre lunghi e affettuosi di Lo Presti alla famiglia. Notiamo infine al rigo 16-17 del verso 2 una certa irritazione del figlio nei confronti del padre: «Per la centomilionesima volta ti dico /che non debbo nulla a nessuno». Noi possiamo solo ipotizzare una certa apprensione del padre catanese nei confronti di un figlio diciassettenne, a Fiume con Gabriele D’Annunzio.

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Quis contra

nos?12

Carissimo papà

Oggi, finalmente, dopo tanta attesa, ricevo la tua lettera con la fotografia di Maria a cui faccio le mie congratulazioni per la buona riuscita. Che posa, caspita!!! Bene!

Le mie appena potrò le invierò assieme a una del Comandante D’Annunzio con la sua propria firma.

Qui attraversiamo giorni di emozione vivissima. Sempre in ri- voluzione e si canta si canta all’infinito e il Comandante as- sieme a noi come compagni di scuola e ora piglia uno ora l’al- tro sotto il braccio a conversare e a cantare.

Ogni giorno andiamo alle tattiche. Ieri ho sparato il mio 1° colpo di cannone da 65 mont13. Alalà

Tu non hai un’idea delle tattiche degli arditi. Questi in fila in- diana distesi avanzano ventre a terra strisciando sotto il tiro delle mitragliatrici che vomitano al disopra, a minima altezza,

12 È il motto della Reggenza Italiana del Carnaro, proclamata da Gabriele D’Annunzio l’8 settembre

1920. La Reggenza, com’è noto, venne dotata di una propria costituzione, La Carta del Carnaro, scritta da Alceste De Ambris e dallo stesso Gabriele D’Annunzio.

delle loro teste. E poi si lanciano all’assalto sotto un fitto lan- cio di bombe a mano e lanciando fiamme con gli appositi ap- parecchi. E ogni volta ci costano da 10 a 15 feriti, non gravi però.

Anch’io ho fatto di queste tattiche e non mi fanno più impres- sione. Da che mi trovo in artiglieria però, benché si lavori un po’ più, ma non troppo, non vado più sotto ma sto dietro il pezzo a sparare.

In risposta alla tua domanda:

Sì, fra non molto le invincibili fiamme nere di Fiume si batte- ranno a morte. O l’Italia sarà pulita o morremo coi nostri pu- gnali in pugno. Tutti i traditori cadranno e per mano nostra.

Viva la 4ª Roma!

Capirai!

E noi qui stiamo raccolti nell’attesa del nostro Duce adorato che ci urlerà “AVANTI”

E guai a chi sui nostri passi!

Noi portiamo sui maglioni14 neri la morte. Siamo della compagnia della morte.

Che il cuore dei miei non tremoli un minuto. Appartengo alla patria

149 Alalà Alalà Alalà

Le lettere mi arrivano chiuse generalmente. Non c’è censura ma ogni tanto c’è qualcuno che si diverte ad aprirle. (Inge- nuità!) forse!...

Per la centomilionesima volta ti dico che non debbo nulla a nessuno; Se oggi [Mutila]

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ETTERA

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In questa lettera datata «Fiume-Dalmazia o morte! / Città di vita 12 novembre 1920», il nostro Lo Presti approfondisce, a seguito della risposta del padre, il discorso iniziato nella lettera precedente giacché il padre aveva interpretato il termine «tattica» in maniera differente: «Ai tuoi tempi sì, tattica significava finta manovra. Ma dacché scoppiò la guerra, tattica significa (per gli arditi, che ai tuoi tempi nemmeno si immaginavano) finto assalto con tutti i suoi rombi di cannoni e trittici di mitraglia e scoppi di bombe a mano e lanciafiamme in eruzione!!!... […] La tattica che noi eseguiamo è propriamente come ti ho descritto innanzi. E ti ripeto ci costa ogni tanto qualche morto e quasi sempre dei feriti».

Il figlio inoltre propone al padre di leggere Noi arditi di Mario Carli, edito nel 1919 da Facchi a Milano. Mario Carli non ha più bisogno di presentazioni, essendoci già a lungo diffusi su di lui, in quanto dedicatario della rivista «Haschi- sch» della quale Lo Presti fu fra i principali animatori (ma ancora oggi risulta fondamentale quel suo noto articolo che spesso abbiamo citato, apparso su «La Sicilia» nel 1967, Il clamoroso lancio di Haschisch e i futuristi catanesi negli anni Venti).

Continuando a leggere la lettera si arriva a cogliere in filigrana la volontà del padre di far rientrare il figlio in licenza, un figlio apparso probabilmente ai proprî occhi un po’ troppo spericolato. Ecco, infatti, l’elenco delle motivazioni enumerate dal giovane Lo Presti per non tornare a casa, preludio dell’apice emo- tivo: «È appena un mese e mezzo che sto a Fiume!». Come a dire, sono appena arrivato, lasciatemi in pace!

151 Inoltre Lo Presti informa il padre del fatto che «i Legionari alpini del genio hanno occupato lo Scoglio di San Marco e hanno avuto un primo attacco coi serbi». E circa le trattative: quando anche Fiume venisse annessa all’Italia con il consenso degli Jugoslavi, gli arditi andranno in Dalmazia, laddove «infierisce di più la in- transigenza Jugoslava».

Ma anche nel caso in cui tutto si risolvesse per il meglio, Lo Presti, che ha ben colto lo spirito di Fiume, non crede che le Legioni abbiano intenzione di sciogliersi: «[…] io penso che quantanche [sic] Fiume e Dalmazia venissero ad essere annesse all’Italia, ci trasporteremmo ad aiutare l’Irlanda o l’Egitto o l’Al- bania o il Montenegro o l’Armenia che vogliono essere indipendenti. Nessuno forse ha capito la gesta di Fiume. Fiume è fiaccola di libertà che si leva in mezzo al buio degli irredentismi, indipendenze di tutto il mondo. È la squilla che sve- glierà tutti i sentimenti di patria e di libertà. A Fiume s’è fatta la Lega dei popoli oppressi, che si aiuteranno reciprocamente per il raggiungimento delle loro aspi- razioni d’indipendenza».

Ed è importantissima questa testimonianza di Lo Presti, in quanto dimo- stra come il nostro autore al tempo, ricordiamolo ancora, diciassettenne avesse già profonda coscienza del significato dell’esperimento fiumano, così bene espli- cato dalla più volte citata Claudia Salaris di Alla festa della rivoluzione: Artisti e liber- tari con D’Annunzio a Fiume.

La lettera è composta da un unico foglio di 65 cm, recto verso, ripiegato 7 volte. L’autore ha utilizzato un inchiostro blu. Al recto troviamo 61 righe: da «Fiume-Dalmazia o morte!» a «oltre il viaggio». Anche il verso riporta 61 righe: da «Solo così potrei venire» ad «allo zio e alla zia».

Fiume-Dalmazia o morte! Città di vita 12 – 9mbre 1920

Carissimo papà

Oggi, finalmente ricevo la tua lettera. Ai tuoi tempi sì, tattica significava finta manovra.

Ma dacché scoppiò la guerra, tattica significa (per gli arditi, che ai tuoi tempi nemmeno si immaginavano) finto assalto con tutti i suoi rombi di cannoni e trittici di mitraglia e scoppi di bombe a mano e lanciafiamme in eruzione!!!...

La scuola di coraggio, uguale tattica per gli arditi,15 incominciò

appena si fondarono i Reparti d’Assalto.

La tattica che noi eseguiamo16 è propriamente come ti ho de- scritto innanzi.

E ti ripeto ci costa ogni tanto qualche morto e quasi sempre dei feriti.

E questo si fa per abituare agli assalti. Capito?????????????????

Tu non hai mai sentito parlare mai [sic] di ciò. Potrai fartene un’idea leggendo “NOI ARDITI” del capitano ardito M. CARLI17 che tengo nel pacco dei miei libri.

15 Nella lettera dopo «La scuola di coraggio» troviamo un apice col numero 1 fra parentesi (1).

Questo riappare 2 righe dopo entro una parentesi contenente «uguale tattica per gli arditi». Più precisamente in questo modo «((1) uguale tattica per gli arditi)». Nostra, quindi, la decisione di

riportare il contenuto dell’apice accanto «La scuola di coraggio», e separarlo da questa per mezzo di una virgola, invece che lasciarlo entro le due parentesi tonde di apertura e di chiusura.

16 Si legge «La tattica che noi eseguimo». Ma «eseguimo» è evidentemente un refuso che noi

153 Del resto non credere che ti racconti fanfaronate o ti abbia

scritto ciò per pura fifa.

Io sin dai miei primi tempi mi sono sentito ardito e sono or- goglioso di avere indossata la divisa d’ardito e pronto a morire d’ardito. Ci vado così volentieri alle tattiche!

Nell’artiglieria fatico anche un po’ troppo cosicché (mercé la buona confidenza che ho con un tenente mio amico, che è al mio reparto) facilmente passerò o alla Sezione Lanciafiamme o in Compagnia.

Ti renderò noto a suo tempo.

In riguardo alla licenza per ora non è nemmeno da parlarne. Perché

(1°) Dovrei venire a mie spese (la bellezza di quasi 70 lire con gli scontrini di viaggio!!!)

(2°) Che qualora mi venisse data la licenza non mi concede- rebbero più di 15 giorni, viaggio compreso.

(3°) Ritorno a mie spese.

(4°) Per concedere licenze occorrono motivi gravissimi.

Dunque per ora pazienza! È appena un mese e mezzo che sto a Fiume! Potrei venire qualora mi mandassi i soldi per il viag- gio e qualora tu scrivessi al Comandante del18 13° Reparto d’Assalto adducendo intimi e gravi disturbi in famiglia per i quali mi occorrerebbe licenza di non meno di 10 giorni oltre il viaggio.

Solo così potrei venire. Ma immagina un po’ tu?? Fare tutte queste spese per 10 giorni!...

18 Leggiamo «il».

Abbiate pazienza un po’.

Chissà forse che le prossime trattative non portino alla solu- zione dell’insolubile problema Adriatico?

Non c’è da sperare molto, ma alle volte…chissà!

Intanto i Legionari alpini del genio hanno occupato lo Scoglio di San Marco e hanno avuto un primo attacco coi serbi. Adesso però tutto è relativamente calmo benché siamo tutti anelanti di batterci.

Le trattative o aggraveranno le nostre condizioni cioè porte- ranno ad una guerra vera e propria di noi Legionari contro gli Jugoslavi (ché venendo annessa Fiume all’Italia consenziente19 la Jugoslavia, ci porteremmo in Dalmazia su cui infierisce di più la intransigenza Jugoslava)

O che la soluzione avuto termine benigno

E non è da sperarlo lontanissimamente si scioglieranno (??) le legioni di Fiume.

Ma io penso che quantanche [sic] Fiume e Dalmazia venissero ad essere annesse all’Italia,20 ci trasporteremmo ad aiutare l’Ir-

landa o l’Egitto o l’Albania o il Montenegro o l’Armenia che vogliono essere indipendenti.

Nessuno forse ha capito la gesta di Fiume. Fiume è fiaccola di libertà che si leva in mezzo al buio degli irredentismi, indipen- denze di tutto il mondo.

19 Si legge «consentėnte»

155 È la squilla che sveglierà tutti i sentimenti di patria e di libertà.

A Fiume s’è fatta la Lega dei popoli oppressi, che si aiuteranno reciprocamente per il raggiungimento delle loro aspirazioni d’indipendenza.

È questo che rende più forte Fiume.

E ogni tanto si vedono arrivare da ammiratori armeni o irlan- desi ecc… soldi per le casse della Reggenza!

Fiume si apre strada nel mondo. Morte a tutti gli oppressori!

La mia posta? Niente è arrivato? Se sì, non mancare d’inviar- mela. Ho scritto a Pietro e non mi ha risposto (sono qualche 15 giorni). I bolscevichi guerreggiano……. con le lettere dei legionari!!!

Carissimi bacioni a te e alla mia sorella come pure ai miei cu- ginetti e a Pippo.21

Totò

Saluti a tutti gli amici, allo zio e alla zia.

21 Nella lettera sembra leggersi «Piappo». Tuttavia risulta un po’ bizzarro come nome e, quindi,

abbiamo congetturato il più comune «Pippo», avendo comunque avuto la cura di segnalare que- sta criticità.

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Lettera non datata, scritta da Lo Presti sull’Isola di Veglia. Considerando che lo stesso Lo Presti fa riferimento al Trattato di Rapallo 12 novembre 1920, questa diventa data post quem. Possiamo ancora osservare che proprio in questo Trattato si sanciva la cessione dell’Isola di Veglia ai Serbi, e che proprio a seguito di questo accordo D’Annunzio, all’opposto, si mosse verso Veglia assieme ai legionari di Fiume per tenerla.

Subito dopo ecco arrivare il nostro Lo Presti, «di rinforzo». Il nostro au- tore comunica ancora al padre di esser stato fregiato dallo stesso D’Annunzio della medaglia di Ronchi e di un pugnaletto d’oro. Non sarà un caso ritrovare un numero della nostra rivista «Haschisch» dedicata alla notte di Ronchi.

La lettera è un bifolio di 13 cm x 11,2 cm, 1 recto verso, 2 recto verso, non numerate. Non c’è filigrana. La lettera è scritta a matita. Il recto 1 - il solo a riportare delle bordature dorate - è composto da 10 righe: da «Caro papà» a «Noi la teniamo e la». Il verso 1 consta invece di 9 righe: da «terremo» a «Il Coman- dante».

Alle righe 7 e 8 del verso 1 troviamo scritto «Decisi / O Veglia o Morte» con un corpo assai più grande rispetto al testo. Il recto 2 contiene ancora 9 righe: da «D’Annunzio mi» fino a «italianissimi più». Alla riga 8 del recto 2, fra «calma» e «tutti i borghesi» troviamo un grafema indecifrabile: dato il contesto e la man- canza del solito trattino (-) di Lo Presti, possiamo congetturare che si trattasse di una semplice congiunzione «e».

157 Il verso 2 è composto da 11 righe: da «che a Fiume» fino a «Batteria D. Chiesa». Sempre al verso 2 bisogna segnalare che all’angolino alto a destra, deli- mitato da un segno a matita, troviamo scritto «Baci / ai nonni»; mentre all’ango- lino basso a destra, sempre delimitato a matita, troviamo scritto «Veglia». Infine alle righe 8 e 9, ancora una volta delimitato da un segno a matita, leggiamo: «è venuto un / marinario». Come al solito abbiamo trascritto «ha» in luogo di à, e «ho» in luogo di «ò».