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sapere come l’autorità avendo questa competenza deba decidere quanto allo suo statuto deontico Il caso

semplice sarebbe che ci sia una regola che dice come procedere. Ammettiamo che non ci sia una regola anteriormente stabilita relativa al modo di determinazione. Allora, poiché secondo l’ipotesi c’è solamente una competenza di determinazione discrezionale, un tale sistema contiene una clausola di chiusura particolare indiretta: ogni azione non altrimenti deonticamente determinata viene determinata quando c’è una autorità competente per determinarla. Quindi anche un sistema non esplicitamente completo è completo. Per il destinatario questo implica una certa incertezza e per il sistema un altro grado di arbitrario. Ma questo è un altro problema.

9 Il problema è chiaramente e concisamente formulato in termini di modalità da Aristotele: “πρός τε γὰρ τὴν ποίησιν αἱρετώτερον πιθανὸν ἀδύνατον ἢ ἀπίθανον καὶ δυνατόν” (Poetica 1461 b 5) < In relazione alla poesia è preferibile l’impossibile credibile che non l’incredibile ma possibile >. Mentre l’impossibile è una modalità aletica, l’impossibile credibile è una modalità intrafinzionale. Per una classica presentazione della teoria delle modalità cfr. ad esempio Georg Henrik von Wright, An Essay on Modal Logic North Holland, Amsterdam 1951. La definizione e la concezione contemporanea delle modalità è sopratutto dovuta a Saul Kripke, discussione ad esempio : Robert Stalnaker, “Possible Worlds”, in : Noûs, 10 (1976), pp.65-75; per

A New Introduction to

Max J. Cresswell, una presentazione didattica generale: G. George Edward Hughes,

- , 16 (1963), pp. 83

Acta Philosophica Fennica

al Considerations on Modal Logic,” in: , “Semantic

Modal Logic

94 Routledge London 1996. La trasposizione di queste ricerche alla critica letteraria inizia in prima con il ; cf. A, Harvard University Press 1986 , Cambridge, M

Fictional Worlds

seminale saggio di Thomas Pavel,

. 2010 CNRS éditions Paris

La théorie littéraire des mondes possibles,

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senso ritenuto più alto) – e neanche in un mondo giuridico storicamente passato, ma attuale nel senso modale (opposto ad un mondo meramente possibile). Il fatto di introdurre un problema giuridico in finzione solleva allora il problema di sapere qual è esattamente la funzione (intra- finzionale) di un tale dispositivo. E diverse funzioni possono essere combinate: produrre più tensione drammatica (un colpo di stato, un processo penale che minaccia la vita dell’eroe, l’uso del diritto matrimoniale per imporre l’autorità di un uomo non amato ad una donna) ma anche iniziare una riflessione sulla relazione tra dovere morale e dovere giuridico o ancora più in generale sulla funzione della normatività giuridica (la repressione penale, garantire una concezione conservatrice della famiglia), e ancora sulla natura, la funzione e la sostanza della normatività10. Né la funzione narrativa, né la funzione meta-narrativa di riflesso alla normatività

sono un problema giuridico. Tanto una riflessione giuridica quanto una riflessione indotta dalla letteratura fittizia possono spingere ad una riflessione filosofica e teorica. Il lavoro filosofico o teorico è però diverso sia dal lavoro dottrinale vero e proprio (che usa, ma non produce delle teorie), sia da quello letterario. L’incontro sarà quindi indiretto e contingente e un incontro indotto in natura non è una identità.

2. La funzione indiretta della normatività-in-finzione

In ciascun caso si apprezza in definitiva la specificità giuridica o letteraria del testo, ed è diverso quando si impone o si spiega una norma, dal racconto di una storia fittizia in cui sono presenti norme o anche problemi legati alla loro applicazione. Due esempi possono paradigmaticamente illustrare la funzione riflessiva indiretta del discorso letterario come i suoi limiti: l’uno, per l’uso ironico-metaforico, l’altro, per l’uso drammatico-propagandistico della forma giuridica-in-finzione. L’uno viene dal romanzo-fiume pastorale l’Astrée di Honoré d’Urfé, 1607; l’altro, molto vicino nel tempo di scrittura, da Riccardo III di Shakespeare. Sono esempi e perciò non esauriscono il mondo della creazione letteraria, ma illustrano proprio il confine dell’uso della normatività fittizia. E oltre la normatività fittizia la finzione non può andare.

A) L’amore asimmetrico d’innanzi il giudice non giuridico.

Tircis è amato sia da Cleona che da Laonice, pur ricambiando soltanto Cleona. Per sfuggire alle maldicenze e proteggere sua relazione con Cleona, finge di accogliere anche l’amore di Laonice, la quale crede di essere sinceramente riamata e di dover proteggere la buona reputazione di Tircis. Così Laonice accetta il gioco, portando lettere dell’uno all’altra e passeggiando con entrambi per tenere lontano ogni sospetto. La peste sopraggiunge e tra le vittime si trovano la madre di Cleona, poi lei stessa. Tircis la cura come può e contro ogni ragionevolezza, ma non può che assistere al decesso della fanciulla che gli chiede di amarla per sempre, di vivere e di farsi poi seppellire nella stessa tomba. Delusa e mortificata, Laonice chiede il giudizio dell’oracolo, che rinvia il caso a un tribunale d’arbitrato in cui compariranno Ila come avvocato di Laonice, Filli a difesa di Tircis, e Silvandro come arbitro chiamato a emanare la sentenza.

Ila presenta spiritosamente la questione e argomenta che scomparsa Cleona e avendo Laonice dato tutto per amore suo, a costei sia dovuto il meritato risarcimento. Ma Filli oppone che in amore si dà tutto e tutto in maniera perpetua e irrevocabile.

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"Celuy, respondit Phillis, qui ayme donne son ame mesme à la personne aimée, & la volonté n'en est qu'une puissance". Mais, repliqua Hylas, ceste Cleon à qui vous voulez qu'il l'ait remise, estant morte n'a plus rien de personne, & ainsi Tircis doit avoir repris ce qui estoit à soy. Ah ! Hylas, Hylas, respondit Phillis, tu parles bien en novice d'Amour : car "les donations qui sont faites par son authorité, sont à jamais irrevocables". Et que seroit donc devenuë, adjousta Hylas, ceste volonté depuis la mort de Cleon ? Ceste petite perte, reprit Phillis, a suivy l'extréme qu'il a faite en la perdant, que "si le plaisir est l'objet de la volonté, puis qu'il ne peut plus avoir de plaisir, qu'a-t'il affaire de volonté ?" & ainsi elle a suivy Cleon ; que si Cleon n'est plus, ny aussi sa volonté, car il n'en a jamais eu que pour elle : mais si Cleon est encore en quelque lieu, comme nos Druides nous enseignent, ceste volonté est entre ses mains si contente en tel lieu, que si elle-mesme la vouloit chasser, elle ne tourneroit pas vers Tircis, comme sçachant bien qu'elle y seroit inutilement, mais iroit dans le cercueil reposer avec ses os bien aimez”.11

Alla fine Silvandro emana la sentenza: “Il punto principale della causa che si è svolta dinanzi a noi sta nel sapere se Amore possa morire in seguito alla morte della cosa amata, al che noi rispondiamo che ‘deperibile Amore non è amore vero, perché l’amore deve seguire il soggetto che l’ha fatto nascere’. Ed è cosi che quelli che hanno amato solo il corpo devono chiudere il loro Amore in quella stessa tomba; ma quelli che oltre al corpo hanno anche amato lo spirito, devono con il loro Amore volare dietro lo spirito amato fino al cielo più alto, senza che nessuna distanza li possa separare. Tutto ciò ben considerato, ordiniamo che Tircis ami per sempre la sua Cleona (...) Che dunque siano vietati i tentativi di Laonice di tormentare ancora il riposo di Cleona: perché questa è la volontà del Dio che parla attraverso di me.”

Detto ciò, Silvandro parte velocemente12.

Messi da parte altri aspetti, questo passaggio sembra un esempio di “LinL” ossia di diritto nella letteratura. Molto brevemente, si tratta di un tardo caso di “corte d’amore”, vale a dire di trattamento giurisdizionale di un problema amoroso13. Al nostro proposito sono interessanti,

comunque, gli elementi seguenti:

1) C’è una problematica ontologica: al materialismo viene opposto un dualismo aristotelico spiritualizzato. Questo non pare essere rilevante per una discussione giuridica, salvo che il diritto

11 Honoré d’Urfé, L’Astrée, première partie. Edizione critica a cura di Delphine Denis, Champion Paris 2011, pp. 438-9.

12 La storia di Tircis e Laonice non finisce qui. Lei non accetta il giudizio ed è mossa dal desiderio di vendetta contro Filli e Silvandro. Provoca una rottura tra Filli e Lycidas e si traveste da fantasma di Cleona intimando a Tircis l’ordine di sposare Laonice , ordine a cui si Tircis sottomette affinché rimanga fedele a Cleona. 13 Le corti d’amore si sviluppano con la poesia cortese, essendo spesso i giudici donne di alta società che si pronunciano su una questione di teoria dell’amore o della sua applicazione ad un caso concreto. Una delle fonti più importanti rimane l’opera di Andreas Capellanus (Andreae Capellani regii Francorum de Amore

Libri Tres recensuit E. Trojel, Copenaghen, 1892). Per altri fonti cf. Carla Bozzolo, Hélène Loyau (a cura di), La Cour amoureuse, dite de Charles VI. 1, Étude et édition critique des sources manuscrites. Paris : le

Léopard d'or, 1982 – 1992. La bibliografia è piuttosto antica prima di conoscere un nuovo sviluppo, dovuto soprattutto al movimento L&L: ; Pio Rajna. Le Corti d'amore, Milano U. Hoepli, 1890 ; John Frederick Rowbotham, The Troubadours and Courts of Love, London, S. Sonnenschein & co.; New York, Macmillan & co 1895 ; Paul Remy, Les "cours d'amour": légende et réalité, Revue de l'Université de Bruxelles 7 (1955), pp. 179 ; Jacques Lafitte-Houssat, Troubadours et cours d'amour, 3° edizione Paris 1966; William Allan Neilson, The Origins and Sources of the Court of Love, New York, Russell & Russell 1967. Per una riappropriazione in prospettiva L&L, cf. Peter Goodrich, “Law in the Courts of Love: Andreas Capellanus and the Judgments of Love”, in: Stanford Law Review, 48 (1996), pp. 633-675.

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dei beni è stato ovviamente influenzato dalle ontologie antiche. In particolare si pone il problema della relazione tra bene principale e accessori.

2) C´è un problema di etica amorosa: se si deve essere fedele per sempre alla stessa persona anche scomparsa. Ma questo non pare rilevante per una discussione giuridica. Certo, il problema è presentato come se fosse giuridico: Cleona ha chiesto qualcosa a Tircis in articulo

mortis e si vuole quindi sapere se l’accettazione vale e può essere eseguita.

3) Filli evoca chiaramente un problema giuridico, quello della revocabilità di una donazione. Egli afferma che le donazioni sotto gli auspici di Amore sono irrevocabili e presenta ciò come una regola.

4) C’è un giudizio, formalmente pronunciato, definitivo e inappellabile. La motivazione sarà brevissima. Il giudizio è ovviamente considerato come una norma individuale. Tutti si sottomettono.

5) Capire minimamente questo passaggio richiede una conoscenza di almeno tre forme di sapere: quella della letteratura pastorale e dei suoi codici tanto sentimental-morali quanto giocosi, dei caratteri-personaggi e dei canoni della loro comunicazione; quella delle filosofie aristoteliche, platoniche ed epicuree come conosciute da una persona colta prima della rivoluzione galileo-cartesiana, il diritto romano-francese e consuetudinario-francese con i suoi concetti e le sue teorie dell’ultima volontà, del dono e delle obbligazioni unilaterali.

6) Il testo esige una conoscenza giuridica, ma non c’è proprio un problema giuridico se non per dire che tutta questa sequenza non risale al diritto. Non c’è veramente una regola o un insieme di regole per un tale caso. È assolutamente ovvio, infatti che l’obbligo amoris aeterni in

articulo mortis altrui giuridicamente non vale, né in diritto romano, né in diritto canonico.

Nessuno dei partecipanti attacca il problema con argomenti giuridici; di giuridico c´è unicamente il modo e la forma, più esattamente la forma del processo al di là di qualunque altra forma giuridica. Non è neanche un problema di regole implicite che richiedono un’estensione tramite un pronunciamento giurisdizionale – ammesso che sia ammissibile. Non c’è una regola che permette di stabilire una giurisdizione arbitrale e una sentenza emanata da un tale tribunale non può essere oggetto di una qualsiasi via d’esecuzione. La scena è proprio tragicamente ironica. Gli strumenti del diritto sono usati in modo letterario per illustrare l’impossibilità di una soluzione dell’eterno problema dell’amore asimmetrico. Mentre il giudizio giudiziario chiude un caso con tutte le conseguenze spesso devastanti che ne conseguono anche per coloro che vincono, applicando delle norme e ragionando circa la loro applicazione, il giudizio istituito dall’oracolo teorizza l’impossibilità di una soluzione in conseguenza di un assioma onto-teologico. L’Amore risale anche all’anima ed è quindi eterno, qualsivogliano le esigenze o i desideri dei sopravvissuti. Lo pseudo- giudice, che valuta le ragioni e gli argomenti delle parti, è più un prete che non un giudice vero proprio. La sua parola è di origine divina e la sua oggettività è assoluta e incontestabile.

L’uso ironico della forma e dei concetti giuridici illustra un problema amoroso in quanto morale, teologico, ontologico, non-giuridico. Per dirlo ancora altrimenti, la conoscenza del diritto è indispensabile per capire un problema non-giuridico. E se c’è qualcosa da capire in relazione più diretta con il diritto è di carattere metagiuridico e consiste nel problema del modo che scegliamo per risolvere un conflitto, delle regole e del grado di flessibilità che vorremmo dare ad un tale meccanismo, del problema di sapere se vogliamo farlo in modo processuale e perché si cerca l’arbitraggio o la sua parodia anche se il caso non rientra propriamente nell’ambito del diritto, salvo ovviamente che la povera Laonice presenti un atteggiamento al limite del patologico e dunque una minaccia per l’ordine pubblico. Ma il mondo del romanzo pastorale è da questa ipotesi di fatto assai lontano.

84 B) L’abuso del abuso di un diritto incerto.

Riccardo (Richard) Plantagenet, duca di Gloucester, cerca di succedere a suo fratello Eduardo IV e, almeno secondo le cronache di Holinshed14 e Shakespeare, fa uccidere in varie

maniere tutti quelli che considera un ostacolo sulla sua strada. Una delle sue ultime vittime è Lord Hastings, che rimane leale al figlio di Eduardo e s’oppone all’usurpazione di Riccardo che lo fa decapitare15.

A questo punto vediamo brevemente lo scrivano incaricato di redigere l’accusa, di fatto la condanna.

Atto III, 6 Scrivano:
”Ecco l'atto d'accusa del buon lord Hastings, trascritto a dovere in

caratteri cancellereschi, perché ne sia data lettura pubblica oggi in San Paolo. E osservate la perfetta successione dei fatti: da quando, ieri, Catesby me l'ha mandato, c’ho messo undici ore a ricopiarlo; a comporre l'originale ci sarà voluto altrettanto tempo, eppure fino a cinque ora fa Hastings era vivo, a piede libero, senza nessun sospetto d'accuse o inchiesta.
È proprio un bel mondo, questo! Chi è tanto ottuso da non accorgersi di questo trucco evidente? E tuttavia, chi è tanto ardito da non fingere di non accorgersene? È un mondo malvagio e finirà tutto in malora, quando bisogna limitarsi a vedere solo nel pensiero queste azioni infami”16.


Qui l’atto giuridico si presenta nella sua concreta e ultima violenza. L’atto di accusa è già il giudizio e il giudizio sarà eseguito in maniera celere senza appello, senza cassazione. L’atto legale è ovviamente un atto d’ingiustizia. Formalmente e giuridicamente però, anche se il testo non dice niente e lascia aperte le ipotesi, tutto è corretto.

Ci sono quindi tre problemi: 1) un problema d’ingiustizia che richiede una riforma del processo penale. Ma una riforma del diritto penale non è un problema di diritto penale, è un problema politico. 2) C`è un problema tipicamente intragiuridico che può apparire anche in un sistema dove ci sarebbero tutte le garanzie possibili: quello della giustificazione ex post facto. La decisione è già presa prima di considerare gli elementi del caso. La motivazione è una giustificazione retrospettiva giuridicamente incontestabile. Il problema è che il ragionamento è sostanzialmente falso e giuridicamente definitivo. Qual è quindi il valore giuridico di un tale ragionamento oltre il caso definitivamente così deciso? 3) E un problema anche teorico, perché il fatto che sia un giudizio sostanzialmente sbagliato suppone che i motivi possano essere scorretti e che un osservatore imparziale e oggettivo, vale a dire un giurista, possa identificare quando una applicazione giuridicamente valida, in quanto norma particolare, riposa su un’interpretazione e un ragionamento falso. E secondo Shakespeare ci sono casi, in cui tutti, lettori o spettatori, sono

14 Shakespaere si ispira ampiamente alle Chronicles of England, Scotland, and Ireland Londra, 1577 e 1587 oltre che all’opera di Sir Thomas More, History of King Richard the Thirde, Londra 1513, cfr. Edleen Begg, 'Shakespeare's debt to Hall and to Holinshed in Richard III', Studies in Philology 32 (1935), p. 189. Un’ampia bibliografia su Holinshed si trova in : http://www.cems.ox.ac.uk/holinshed/bibliography.shtml.

15 George W. Keeton Shakespeare and his legal problems, A. & C. Black, London, 1930, pp. 239 16 Per la traduzione: http://www.shakespeareweb.it/teatro/1591_riccardo_terzo/riccardo_terzo.htm Testo originale:

[Enter a Scrivener, with a paper in his hand]

Scrivener. This is the indictment of the good Lord Hastings; 
Which in a set hand fairly is engross'd, 
That it may be this day read over in Paul's. 
And mark how well the sequel hangs together: 
Eleven hours I spent to write it over,

For yesternight by Catesby was it brought me; 
The precedent was full as long a-doing: 
 And yet within these five hours lived Lord Hastings, 
Untainted, unexamined, free, at liberty 
Here's a good world the while! Why who's so gross, 
That seeth not this palpable device? 
Yet who's so blind, but says he sees it not? 
Bad is the world; and all will come to nought, 
When such bad dealings must be seen in thought.

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giuristi – e giuristi né realisti, né moralisti, né relativisti. Shakespeare è normativista e considera che lo siamo anche noi. Questo passaggio non richiede un’ampia conoscenza del diritto inglese della fine del Quattrocento. Non esige una sofisticata cultura filosofica o teologica, ma incide sui dibattiti della teoria contemporanea del diritto.

È ironico che anche Shakespeare si sia reso colpevole di falsificazione propagandista, presentando come un villano assoluto il re che la storiografia contemporanea analizza piuttosto come un monarca normale, ne più ne meno cattivo del proprio successore che lo scrittore cerca invece di far risaltare come l’eroe virtuoso che guiderà l’Inghilterra verso una nuova età dell’oro.

Non avremo quindi bisogno di una cultura giuridica particolare per capire l’argomento, ma di una sensibilità politica per la funzione del diritto, per il problema del potere arbitrario e per l’esigenza non solo di un’applicazione corretta della norma generale al caso particolare, vale a dire il problema della concretizzazione particolarizzante, ma anche quello della sua giustificazione argomentativa. Questo pero è solo un aspetto su cui si può concludere con l’analisi letteraria. Il discorso letterario sviluppa il problema dell’abuso di potere, ma non si appesantisce più del necessario su quello che non è principale per il dramma. Non si sofferma l’autore sul problema giuridico e non si sofferma il letterato sui problemi giuridici sollevati da questo passaggio. Il giurista che capisce il dramma non può non ammettere che il problema giuridico del dramma in quanto dramma non va oltre, perché il dramma non è un esercizio giurisprudenziale. La scelta di Shakespeare si manifesta peraltro nel fatto che lo scrivano non è neanche un personaggio, non ha nome, non ha personalità, è una mera funzione.

Comunque si può andare oltre il discorso letterario.

Lo si capisce assai facilmente, anche se non altrettanto facilmente si comprende il dibattito propriamente teorico dietro la questione politica, pure essendo una delle maggiori controversie del ventesimo e ventunesimo secolo, vale a dire quella relativa al realismo giuridico. Se hanno ragione i realisti, lo scrivano semplicemente spiega com’è prodotta una norma giuridica, qualunque sia il modo della sua elaborazione e il suo contenuto. Se hanno ragione i giusnaturalisti, lo scrivano spiega come si emana un atto che pur essendo poi applicato al povero Lord Hastings, non è affatto un atto giuridico perché ingiusto. Se hanno ragione i normativisti, lo scrivano spiega come si emana una norma formalmente valida nel sistema considerato, pur essendo, ammettiamo, difettosa rispetto alle esigenze di un equo processo e quindi appellabile (ma non appellabile concretamente perché qui, le autorità competenti non rispettano le norme processuali che richiedono un giudizio tramite jury imparziale di persone di rango uguale) e soprattutto appoggiato su un ragionamento falso, oppure, ammettiamo, non appellabile perché