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La scelta del biomateriale in cui caricare le cellule risulta di fondamentale importanza. Dal punto di vista biologico deve possedere proprietà di citocompatibilità e deve permettere l’adesione e la proliferazione cellulare; dal punto di vista fisico, deve possedere una viscosità adeguata all’estrusione in forma di filamento e al mantenimento della geometria desiderata una volta depositato [1].

Nel presente lavoro di tesi è stato scelto come biomateriale un blend di alginato e gelatina: la gelatina è largamente utilizzata in ingegneria dei tessuti poiché possiede una composizione molto simile al collagene, il maggior componente della matrice extra-cellulare [49]. La gelatina, inoltre, è soggetta a transizione sol-gel reversibile in dipendenza della temperatura; tale caratteristica però non basta a soddisfare i requisiti di stampabilità, motivo per cui viene spesso utilizzata in unione con altri idrogeli, quali l’alginato.

L’alginato possiede interessanti proprietà di viscosità, modulabili modificandone la concentrazione. Questo biomateriale può essere reticolato chimicamente tramite l’aggiunta di cationi bivalenti di calcio (Ca++).

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Il blend inizialmente utilizzato, derivato da un protocollo pubblicato da Chung et al. [1] non è risultato adatto alla stampa a causa della sua bassa viscosità. Questo è dovuto alla temperatura di estrusione: la composizione di idrogelo, costituita all’80% da alginato e 20% di gelatina, necessiterebbe di una temperatura di estrusione bassa (~4°C) al fine di consentire la gelazione del blend. Come mostrato in Figura 4.1, mentre la gelazione della gelatina avviene ad una temperatura di circa 25°C, il blend proposto in Chung et al. osservava una temperatura di gelazione più bassa (~11°C). Questo probabilmente dovuto alla bassa concentrazione di gelatina nell’idrogelo [1].

Tale blend è risultato, quindi, incompatibile con la tecnologia di 3D printing disponibile nel nostro laboratorio, dal momento che questo dispositivo permette solo il riscaldamento delle testine di stampa ad una temperatura superiore a quella ambiente, mentre non è fornito il sistema di raffreddamento.

Per ottenere migliori caratteristiche di stampabilità alle condizioni sperimentali accessibili nel nostro laboratorio, sono state ottimizzate le concentrazioni di alginato e gelatina per ottenere una viscosità maggiore dell’idrogelo ed una più alta temperatura di gelazione del blend. Tra le composizioni di idrogelo studiate, l’idrogelo A80G20 è risultato inadatto alla stampa a causa dell’alta percentuale di alginato: a valle dell’estrusione il filamento di

Figura 4.1: Comparazione dei test di temperature sweep effettuati a caratterizzazione della gelatina e di un blend di alginato e gelatina (2% Alg-10% Gel). La temperatura di gelazione è indicata da una freccia nel punto in cui si incrociano la curva blu (G’’) e la curva rossa (G’): la temperatura di gelazione della gelatina è circa 25 °C; la temperatura di gelazione del blend è circa 11°C (Chung et al., 2013 [1]).

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idrogelo ha mostrato tendenza a collassare sotto il proprio peso espandendosi nella piastra di Petri. Al contrario, l’idrogelo A20G80, ha mostrato una viscosità elevata che, sebbene permetta l’estrusione, produce filamenti dal profilo irregolare e poco omogeneo. La composizione di idrogelo più appropriata è risultata quella dell’idrogelo A50G50. Questo idrogelo ha mostrato una viscosità adeguata all’estrusione, producendo filamenti dal profilo più regolare ed omogeneo. Inoltre, la composizione al 50% in gelatina giustificherebbe l’incremento della temperatura di gelazione del blend, che permette di stampare a temperatura ambiente.

Sottoposto a test di stabilità l’idrogelo A50G50 ha mostrato una significativa degradazione in 24 ore. Questa rapida degradazione è teoricamente giustificabile per due ragioni: (i) la gelatina tende a liquefarsi a temperature superiori ai 25°C e (ii) l’alginato in soluzioni fisiologiche (e.g. PBS), rilascia ioni Ca++ a causa dello scambio ionico con gli ioni Na+ presenti nel PBS; questo processo è cineticamente favorito alle alte temperature [50]. Mentre questi fattori forniscono delle basi teoriche per spiegare i rapidi tempi di degradazione, va osservato che l’idrogelo descritto in Chung et al. [1] subisce una lenta perdita delle proprietà meccaniche sull’arco di 14 giorni; un secondo studio (Duan et al. [51]) di un blend 5% alginato e 6% gelatina, mostra che, dopo parziale e rapido degrado delle caratteristiche meccaniche in 24 ore, l’idrogelo si mantiene stabile per un successivo arco di 6 giorni. Entrambi gli studi hanno utilizzato il DMEM al posto del PBS; questa scelta potrebbe aver portato ad una più lenta degradazione dovuta al minore scambio ionico avvenuto con il DMEM che contiene una quantità minore di sali [50]. Un’altra caratteristica chiave risiede nella quantità di gelatina costituente l’idrogelo; la gelatina, infatti, aumenta la cinetica di degradazione a causa della solubilità a temperatura fisiologica.

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4.2 3D printing dello scaffold in idrogelo

Per la fabbricazione dello scaffold è risultata necessaria l’analisi dei parametri di processo utilizzati durante la stampa: (i) temperatura, (ii) pressione, (iv) velocità della testina di stampa e (v) distanza del puntale dal piatto di stampa e (vi) diametro del puntale, hanno particolare influenza sulla risoluzione di stampa (Figura 4.2).

Temperatura: la temperatura di stampa è un parametro difficilmente controllabile tramite la tecnologia di stampa utilizzata poiché è possibile solo scaldare la testina di stampa a partire dalla temperatura ambiente, mentre non è possibile il raffreddamento. Le prove di stampa sono state effettuate a temperature comprese tra i 19°C e i 27°C. Da osservazioni qualitative riguardanti la regolarità e lo spessore dei filamenti estrusi, è stata identificata una temperatura ottimale di stampa intorno ai 22°C, alla quale la deposizione è più precisa. Pressione: la pressione di stampa è fortemente dipendente dalla temperatura: all’aumentare della temperatura lo scioglimento della gelatina rende l’idrogelo più liquido e la pressione di estrusione diminuisce. La pressione si riduce di circa il 50% passando da 22°C a 27°C. L’idrogelo presenta quindi una discreta finestra di versatilità permettendo di stampare in un intervallo di valori di temperatura e pressione. Va tuttavia considerato che una stampa a temperatura più alta presuppone di sacrificare in parte l’accuratezza di stampa (i.e. i filamenti estrusi aumentano di diametro).

Figura 4.2: Schema riassuntivo dei parametri chiave di stampa (velocità testina, diametro del puntale, distanza del puntale dal piatto di stampa, temperatura e pressione di stampa) (He et al., 2016, [52]).

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Velocità di spostamento della testina di stampa: il diametro del filamento depositato può essere modulato variando la velocità della testina di stampa: all’aumentare della velocità di spostamento della testina, diminuisce lo spessore dei filamenti. I risultati riportati nel paragrafo 3.3.1 mostrano che stampando a 23°C con un puntale da 410 μm di diametro, lo spessore minimo del filamento ottenibile è di 0,83 mm, ovvero circa il doppio del diametro del puntale utilizzato; stampando con puntale da 250 μm, il diametro del filamento minimo ottenuto è 0.63 mm, anche in questo caso 2,5 volte maggiore del diametro del puntale. Tale aumento è per certi versi inevitabile data la gravità agente sul gel poco viscoso [52]; questo significa che il filamento si deforma sotto il suo peso a contatto con il piatto di stampa causando un aumento del diametro orizzontale (i.e. parallelo al piano di stampa) a dispetto di un decremento del diametro verticale (i.e. perpendicolare al piano di stampa).

La stampa a velocità maggiore (20 mm/s), sebbene consenta l’ottenimento di filamenti dal diametro minore, ha causato nelle prove effettuate la frammentazione del filamento depositato. Per questo, motivo, sono state identificate velocità di stampa ottimale tra i 10 mm/s e i 15 mm/s.

Distanza del puntale dal piatto di stampa: la calibrazione della distanza verticale tra il puntale e il piano di stampa (asse Z), inoltre, è regolata in modo tale che la deposizione avvenga a pochi micrometri dalla piastra di Petri, così da ottenere una deposizione più precisa. Tale vicinanza provoca lo schiacciamento del filamento e un ulteriore aumento dello spessore. In uno studio di He et al. [52], è riportato un’analisi più approfondita sulla relazione tra distanza puntale-substrato e diametro del filamento estruso.

Diametro del puntale: un ulteriore parametro di processo è il diametro del puntale connesso alla testina di stampa. Prove effettuate a 23°C con puntali da 410 μm e 250 μm hanno utilizzato pressioni rispettivamente di 95 kPa e 200 kPa. La pressione impostata per il puntale dal diametro minore risulta troppo alta e, oltre ad inficiare sulla regolarità del filamento estruso, in un eventuale applicazione come bioink, non sarebbe compatibile con i range di pressioni previste per la stampa di cellule, come predetto dal modello matematico di Nair et al. [53].

A seguito della stampa, il processo di reticolazione è fondamentale per ottenere dei filamenti in grado di mantenere l’integrità strutturale. La tecnica di stampa di A50G50 reticolato internamente è risultata fallimentare a causa della fragilità dell’idrogelo estruso. Tale

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risultato è probabilmente legato al fatto che la stampa è avvenuta in seguito alla gelazione dell’idrogelo. Inoltre, questa tecnica permette minore controllo sulla cinetica di gelazione dell’idrogelo. Per questi motivi la tecnica di reticolazione interna è stata scartata.

La scelta della strategia di reticolazione è ricaduta sull’utilizzo del calcio cloruro gocciolato sul costrutto subito dopo la stampa. Questa tecnica permette la stampa dell’idrogelo ad una bassa viscosità ed una facile e rapida reticolazione successiva alla stampa.

La strategia finale di stampa per la fabbricazione dello scaffold di idrogelo è riassunta in Figura 4.3.

Figura 4.3: Fasi successive della strategia utilizzata per la stampa dello scaffold in idrogelo. La testina di stampa è caricata con l’idrogelo; la deposizione avviene layer su layer e dopo la fabbricazione il costrutto viene immerso nella soluzione reticolante gocciolata tramite siringa (adattato da He et al., 2016, [52]).

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