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4.2 ELABORAZIONE DI BASE

4.2.3 Scelta della sequenza di elaborazione

Anche per l’elaborazione con PROMAX® sono stati compiuti vari tentativi ed utilizzati diversi tool, per individuare la migliore sequenza di passaggi che enfatizzi le informazioni presenti nelle linee acquisite.

I dati GPR generalmente necessitano di una minor quantità di passaggi di processing rispetto ai dati sismici, quindi probabilmente la sequenza finale ottenuta potrebbe assomigliare a quella definita nell’ambito dell’elaborazione con GPRslice®. Non è detto però che i risultati siano identici: come infatti già affermato, i due software lavorano con algoritmi diversi, che possono modificare in maniera sostanziale il risultato finale.

Il primo passaggio per l’elaborazione di base è stato un filtro passabanda, per eliminare le componenti spurie contenute all’interno dello spettro del segnale. Questo è stato seguito da un guadagno, per enfatizzare il segnale rispetto al rumore. Ed infine, prima di attuare la migrazione, è stato fatto un tentativo di deconvoluzione sul dato in esame.

4.2.4 Bandpass filter

Questa funzione applica un filtro nel dominio delle frequenze ad ogni traccia in input. I filtri sono a 4 frequenze Ormsby o Butterworth, e può essere a zero fase o fase minima.

Tra le opzioni, possono essere scelti tre tipi di filtro passabanda:

Single bandpass filter: che applica un filtro unico a tutte le tracce a tutti i tempi, e necessita di specificare solo le quattro frequenze cardine per il filtro Ormsby, o solo un gruppo (frequenza-pendenza-frequenza-pendenza) per il filtro Butterworth.

Time and spatially variant filter: applica una serie di filtri tempo varianti, che variano lungo la linea di acquisizione.

La scelta è ricaduta sul single bandpass filter, che è sufficiente per il tipo di dati a disposizione.

La visualizzazione dello spettro è stata effettuata con il processo Interactive spectral analysis, che utilizza la trasformata di Fourier. Lo spettro di potenza è calcolato con la fft (fast Fourier transform) delle tracce di input.

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Le tracce del segnale sono normalizzate in accordo alla visualizzazione usata per lo spettro di potenza.

Dopo aver visualizzato lo spettro del segnale (mostrato in figura 4.7), si notano due picchi: uno alle bassissime frequenze, e poi tutta la restante banda del segnale si concentra intorno ad un picco a 500 MHz. Probabilmente il picco iniziale corrisponde alla componente di corrente continua generata dalle antenne GPR: è una componente che non contiene informazioni sulla sottosuperficie, anzi rappresenta rumore, quindi sarebbe opportuno filtrarlo.

La banda utile del segnale è quella che comprende il picco a 500 MHz. Il risultato migliore è stato ottenuto impostando un filtro singolo Ormsby, con banda passante alle frequenze 100-200-800-1000 MHz (i risultati sono mostrati nelle figure 4.8 e 4.9). Si nota che, oltre 1 GHz, il segnale decresce rapidamente, ma senza generare effetti di ringing.

Fig. 4.7 – visualizzazione dello spettro del dato radar intero, comprendente sia le linee LID che le TID. Sono visibili i due picchi, quello alle bassissime frequenze, e l’altro intorno ai 500 MHz, dove è concentrata la maggior parte del segnale.

54 4.2.5 Gain

Il gain, come già esposto nel capitolo 2.0, è un’operazione che si compie sul dato per enfatizzare determinate frequenze. Uno degli algoritmi più utilizzati per effettuare il gain è l’AGC. PROMAX® propone però, oltre questo, diversi altri algoritmi. L’AGC amplifica in

Fig. 4.8 – visualizzazione dello spettro del dato dopo l’applicazione del filtro passabanda alle frequenze nominali 100- 200-800-1000 MHz. Il filtraggio è stato compiuto riuscendo ad evitare l’effetto

ringing.

Fig 4.9 – visualizzazione della prima linea del dato totale (corrispondente alla prima linea LID) dopo l’applicazione del filtro passabanda.

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maniera esagerata il rumore, quindi al fine di poter compiere la deconvoluzione come passaggio successivo, è opportuno utilizzare un filtro più delicato. Una funzione più adatta a questo scopo è il trace envelope gain: questo processo applica una funzione di guadagno tempo variante che processa ogni traccia singolarmente, ed è basato sull’inviluppo dell’ampiezza della traccia lisciata.

Prima di tutto viene calcolato l’inviluppo dell’ampiezza della traccia di input, viene applicato un filtro passabasso su di esso, e ricalcolato un inviluppo dell’ampiezza della traccia risultante. Ogni punto nella traccia originale è così divisa per il punto corrispondente dell’inviluppo della traccia filtrata.

Nelle impostazioni del trace envelope gain, si possono scegliere i parametri del filtro (figura 4.10) in modo da miniminazzare i lobe effects.

I parametri da impostare sono:

 Frequenza di angolo 100% tagliaalto: si immetta il punto, in Hz, al quale la rampa tagliaalto inizia per filtrare l’inviluppo di ampiezza;

 Frequenza di tagliaalto 0%: si immetta il punto, in Hz, al quale la rampa tagliaalto finisce per filtrare l’inviluppo di ampiezza.

Nel dettaglio, il processo calcola la trasformata di Hilbert: in questo modo vengono create la parte immaginaria e quella reale del segnale di partenza.

C = R + i I

Nell’algoritmo del software, successivamente viene calcolato il modulo dell’ampiezza a partire dai valori reale ed immaginario. Questo è l’inviluppo. Su di esso viene calcolata la fft (fast Fourier transform, che è concentrata a frequenze bassissime). Infine questa viene

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filtrata: il software si interfaccia con l’utente solo a questo punto, richiedendo i parametri del filtro, che è passabasso. Questo ha l’effetto di lisciare l’inviluppo.

Successivamente viene applicata la ifft, e si ottiene una funzione delle ampiezze, che sono elevate ai bassi tempi. Il reciproco di questa traccia è il guadagno da moltiplicare per la funzione di partenza.

La teoria sui dati sismici suggerisce che il 100% della frequenza debba essere mantenuta tra 2 e 5 Hz e lo 0% della frequenza abbia circa il doppio del 100% della frequenza. Questi valori devono però essere ricalibrati sul tipo di dato in esame, che è radar e non sismico: è stato scelto di verificare la validità dell’algoritmo del trace envelope gain su una traccia campione con la funzione trace math transform (è stata utilizzata la traccia 12 di TID1, figura 4.11).

La sequenza di operazioni da effettuare con il trace math transform sulla singola traccia è la seguente:

Reflection strength: calcola l’ampiezza complessa della traccia, o il suo inviluppo.

Forward transform: trasforma la traccia temporale in ampiezza e fase. L’ampiezza è nella prima metà della traccia e la fase è nella seconda metà.

Bandpass filter ormsby: qui è necessario definire le frequenze del filtro passabasso che meglio lisciano la traccia. La scelta migliore è risultata essere 0-0-100-300 MHz.

Inverse transform: antitrasforma il segnale di ampiezza e fase.

Trace(i) scalar: rilancia la traccia ad una potenza arbitraria.

Fig. 4.11 – Esempio di una traccia (per la precisione la traccia 12 di TID1) su cui mostrare i risultati del trace envelope gain.

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Quello ottenuto è il guadagno da moltiplicare ad ogni traccia del dato per ottenere il risultato del trace envelope gain.

Fig. 4.12 – Inviluppo della traccia 12 di TID1.

Fig. 4.13 – Trasformata di Fourier dell’inviluppo (visualizzazione del suo spettro).

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Come si può notare dal tentativo effettuato sulla traccia campione (figure 4.11, 4.12, 4.13 e 4.14 e 4.15), il risultato di questa serie di operazioni amplifica in maniera eccessiva il segnale ai tempi medi ed elevati.

Fig 4.14 – spettro dell’inviluppo filtrato alle frequenze cardinali 0- 0-100-300 MHz.

Fig. 4.15 – risultato finale della sequenza di passaggi, dopo l’applicazione della trasformata inversa di Fourier e del trace(i) scalar. Corrisponde al guadagno da moltiplicare alla traccia esaminata.

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Ciò era presumibile dalla visione della traccia isolata ma su cui non era ancora stato applicato il guadagno: al di sotto dei 40-50 ns, il segnale diventa così poco intenso che l’applicazione di una funzione inversa ne amplifica eccessivamente le componenti. La soluzione migliore è quindi quella di applicare il guadagno al dato in esame, ma non considerare utile all’elaborazione finale la porzione oltre i 50-60 ns, in modo da concentrare l’attenzione sulla parte più superficiale. A sostegno di questa decisione vi è anche la natura del segnale GPR, che in materiali geologici ha una profondità di penetrazione di pochi metri. Al di sotto di tali profondità, il rapporto segnale/rumore si sbilancia eccessivamente verso il rumore, e un guadagno in questa regione non ottiene altro che l’aumento di questo.

Nelle figure 4.16 e 4.17, è mostrato qualche radargramma appartenente sia alla serie LID che TID per evidenziare l’amplificazione del rumore alle elevate profondità. Sono visibili a profondità di circa 60 ns delle grosse iperboli, con velocità che, in prima approssimazione, potrebbero essere legate alla propagazione delle onde em in aria (quindi velocità di 30 cm/ns) e non alla propagazione delle stesse nel sottosuolo. Potrebbero essere state generate dalla riflessione del segnale GPR sul soffitto a volte dell’edificio. Questo confermerebbe l’idea di non utilizzare per l’elaborazione finale la porzione del dato che si trova al di sotto dei 60 ns. La veridicità di queste ipotesi verrà però confermata o smentita dall’applicazione della migrazione.

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Fig. 4.16 – Alcune linee LID (precisamente LID12 e LID81) dopo l’applicazione del

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Fig 4.17 - Alcune linee TID (precisamente TID6 e TID20) dopo l’applicazione del

62 4.2.6 Deconvoluzione

È già stata data la definizione del significato fisico di deconvoluzione nel paragrafo 2.2.5: essa permette di stimare gli effetti di riverberazioni e attenuazioni nella risposta della Terra come filtri lineari, e quindi disegnare ed applicare filtri inversi (PROMAX® Manual).

Ci sono diversi problemi quando si utilizza una deconvoluzione sismica standard su dati GPR. Il primo è causato dal fatto che il trasmettitore del segnale elettromagnetico è differente dalla controparte sismica. L’ondina della sorgente GPR approssima un monoimpulso in aria, mentre la sorgente sismica idealizzata è una perfetta sorgente impulsiva (Doria L. Kutrubes, Jie Zhang Ph.D, Determination of GPR processign capabilities using PROMAX®). Inoltre, la disparità di scala che esiste tra le ondine GPR e sismica può creare difficoltà nel modellare l’ondina della deconvoluzione, visto che i dati GPR sono generalmente acquisiti secondo una finestra temporale (time window) di 50-200 ns, mentre i dati sismici vengono registrati con finestre temporali dell’ordine dei secondi. Se ne deduce che l’ondina sorgente sismica può non essere una buona approssimazione della controparte radar. A complicare questo problema, l’ondina sorgente GPR cambia frequenza, ampiezza, e spesso fase quando è accoppiata con il suolo, dipendentemente dalle caratteristiche elettromagnetiche dei materiali sottosuperficiali.

Esistono anche differenze nella propagazione e nell’attenuazione di onde sismiche ed em, e questi possono essere fattori per cui la velocità delle onde GPR decresce con la profondità e l’attenuazione del segnale aumenta esponenzialmente (e spesso non linearmente) con la profondità. Quindi la costante Q può non essere valida per segnali GPR.

La deconvoluzione, inoltre, assume che la velocità all’interno di un layer orizzontale rimanga costante: anche questo è un fattore discriminante per i dati GPR, visto che anche leggere variazioni di umidità, contenuto in argilla o conduttività dei fluidi nei pori, sono in grado di influenzare la velocità delle onde GPR. E quindi l’ondina scelta per effettuare la deconvoluzione in un luogo può non essere significativa per tutta l’area indagata (soprattutto se vasta e con larghe variazioni di velocità laterali).

La frequenza apparente del segnale GPR riflesso (e quindi la forma dell’ondina GPR) varia con la frequenza dell’antenna-ricevitore, la finestra temporale in cui il dato è stato acquisito, il numero di campioni per scan e l’attenuazione del mezzo. Tutti questi fattori determinano l’efficacia della deconvoluzione.

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Anche per effettuare questo passaggio, PROMAX® offre diversi algoritmi. Tra questi, quello più completo è la Spiking/predictive decon: progetta e applica operatori di deconvoluzione spiking o predittiva utilizzando l’algoritmo ai minimi quadrati di Wiener- Levinson.

Dall’analisi dei radargrammi elaborati fino a questo punto, non sono risultate essere presenti riflessioni multiple. Quindi non è stata effettuata la deconvoluzione predittiva e l’attenzione è stata posta sulla deconvoluzione spiking, di cui sono stati compiuti diversi tentativi. I tentativi effettuati hanno puntato sulla variazione di due parametri: la scelta del tipo di operatore (a fase minima o a fase zero) e la sua lunghezza.

La lunghezza dell’operatore di deconvoluzione, (in millisecondi) è importante perchè determina la quantità di autocorrelazione da utilizzare.

Oltre a questi, è da tenere in considerazione il livello di rumore bianco nell’operatore: va inserito in percentuale, per ogni finestra di progettazione. Questo operatore specifica la percentuale di rumore bianco aggiunta alla risposta dello spike originario. Il rumore bianco è stato mantenuto a 0,01 s (come di default).

La scelta migliore è ricaduta su una lunghezza dell’operatore di 10 ns, con l’utilizzo di operatore a fase minima.

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Fig 4.18 – Alcuni esempi di linee LID (precisamente LID12 e LID84) dopo l’applicazione della deconvoluzione spiking.

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Fig 4.19 – Alcuni esempi di linee TID (precisamente TID6 e TID26) dopo l’applicazione della deconvoluzione spiking.

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4.3 MIGRAZIONE