4.3 I FILM DI S HURAYUKI HIME
4.3.6 Scelte stilistiche
Shurayuki hime è sicuramente il film più famoso del regista Fujita Toshiya, in cui vengono mantenuti intatti alcuni elementi cardine dei film in costume, come per esempio la presenza dei daikettō, i grandi duelli in cui uno solo fronteggia molti nemici. Il regista, tuttavia, sceglie di inserire alcune particolarità dal punto di vista dello stile narrativo, scelte a mio avviso interessanti e molto moderne per l'epoca. Visionando il primo film della serie, infatti, ci accorgiamo che Tarantino non ha ripreso solo alcune caratteristiche tematiche per girare Kill Bill, ma è sicuramente stato influenzato anche dalla struttura narrativa dell'opera del regista giapponese. Fujita divide la narrazione in capitoli, proprio come accade con il manga, scegliendo di rivelare la storia attraverso flashback e rimandi al passato, che vengono resi anche con l'uso di fermi- immagine e sequenze in bianco e nero narrando, a livello visivo, un passato che viene così confermato dagli espedienti cinematografici. Vengono inserite, inoltre, alcune tavole del manga originale come, per esempio, quelle che descrivono gli avvenimenti storici che hanno condotto ai "tumulti della tassa di sangue"; le immagini si susseguono velocemente per dare ritmo alla narrazione ed enfatizzare gli accadimenti.
Nonostante una narrazione interrotta più volte dai flashback, l'espediente funziona e gradualmente scopre "gli strati" che compongono il personaggio di Yuki, permettendo a Yuki stessa di svilupparsi ed evolvere insieme al film. D'altronde, la scelta del regista di costruire il film seguendo la struttura del manga funziona perfettamente visto che il manga stesso presenta, a sua volta, un approccio cinematografico sia dal punto di vista della narrazione, che da quello visivo. Grazie al suo tratto raffinato e "cinematico", Kamimura riesce a infondere alle scene di combattimento quel dinamismo che rende la velocità e la violenza dello scontro. L'abilità del mangaka sta anche in un consapevole ed efficace uso dei registri;
l'esempio usato da Tonio Troiani in un suo articolo per fumettologica.it calza perfettamente: «[...]gli scontri veloci e l’azione drammatica vengono alternati con lunghe sequenze silenziose e poetiche, piene di carica simbolica. Basterebbe la lunga sequenza iniziale dell’undicesimo capitolo: la marcia silenziosa lungo i binari alla ricerca del maestro Gaikotsu è forse tra i momenti migliori. La costruzione della tavola si verticalizza assecondando la fuga infinita della prospettiva. Ma, ogni capitolo è costellato di soluzioni di indubbio fascino e sagacia.».241
Il manga influenza molto anche l'estetica del film, dalle inquadrature al forte contrasto di colori, dati dal bianco e dal nero nel caso delle pagine stampate, ma reso vivido più che mai in entrambe le pellicole. Si parla del contrasto del rosso del sangue che macchia superfici immacolate come quella della neve. Bianchissima è la pelle di Yuki, simbolo della perduta umanità e del fantasma della madre ritornato per appagare la sua sete di vendetta e bianchi sono i suoi abiti che si sporcano del sangue dei nemici. Il contrasto cromatico è ripreso simbolicamente anche nella sequenza di apertura nella scena della nascita di Yuki: la neve che cade fuori dalla prigione vira di rosso, simboleggiando una nascita piena di rancore. Anche all'abito bianco del marito di Sayo viene attribuito lo stesso ruolo
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Tonio Troiani,La lunga strada della vendetta: Lady Snowblood di Koike e Kamimura, fumettologica.it, settembre 2014.
della neve, non fa altro che accentuare il rosso vivo del sangue che scorre inesorabile come un fiume.
L'intenso contrasto dei colori sembra essere diventato una prerogativa dei cineasti giapponesi nell'era della stilizzazione poetica e non fa altro che enfatizzare l'estrema violenza presente in entrambe le pellicole; Shurayuki hime è forse il primo film, in quegli anni, ad usare una violenza così intensa dal punto di vista visivo, con arti mozzati, un corpo diviso interamente a metà e fiotti di sangue che zampillano dai corpi (Tarantino non ha inventato nulla). Tuttavia, la brutalità di alcune scene è controbilanciata da veri momenti di lirismo, creando una vera e propria "estetica della violenza" o estetica della crudeltà (zankoku no bi). Il parallelismo con i drammi di teatro kabuki viene spontaneo. Wetmore, prendendo in prestito il pensiero di Hattori Yukio, fa notare che «il grottesco, malvagio, crudele e violento sono spesso trasformati in bellezza artistica nel teatro kabuki». 242 Le storie sulla vendetta sono spesso grottesche, violente e sopra le righe, poiché la vendetta ha le sue radici nella crudeltà: un atto crudele è la causa di una vendetta, che viene ripagato allo stesso modo ma anche in eccesso. Per questo i drammi di vendetta nel teatro kabuki si concentrano non solo sul danno emozionale e spirituale dei personaggi, ma anche su quello fisico, rappresentando torture, tormenti e ferite inferte. Accade proprio questo in Shurayuki hime, e - anzi - a proposito di violenza fisica connessa al danno psicologico, di grande impatto è la scena in cui Sayo viene portata all'interno di un vecchio mulino abbandonato dove
viene violentata ripetutamente dal gruppo: le immagini si susseguono solo con il suono stridulo della ruota del mulino e quello martellante e ripetitivo del mortaio come sottofondo, rendendo il tutto ancora più angosciante.
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Kevin J. Jr. Wetmore (a cura di), Revenge Drama in European Renaissance and Japanese Theatre: from Hamlet to Madame Butterfly, Basingstoke, Palgrave MacMillan, 2008, p. 14.
Questo rappresenta uno dei tanti complessi simbolismi relativi alla natura, in particolare all'acqua, presenti nei film giapponesi; l'immagine della grande ruota di un vecchio mulino alimentata continuamente l'acqua del fiume. Potrebbe forse rappresentare l'armonia delle attività agrarie - e per estensione dell'uomo - con la natura. Tutt'altro. In film come Daibosatsu Tōge (Sword of Doom) e, appunto, Shurayukihime, il muoversi ripetitivo, lento e pesante della ruota, rimarca l'atto dello stupro, sottolineandone l'aspetto inumano e angosciante. La ruota quindi diventa un'aberrazione: il suo martellare cupo e ossessivo evoca un clima di violenza e di straniamento e l'immagine della ruota che si frappone al corso del fiume rappresenta proprio quell'atto odioso e innaturale quale è la violazione del corpo di un essere umano.
E' interessante fare una digressione sull'importanza del mondo naturale nel cinema nipponico, soprattutto in quello dei jidaigeki. Anche nei film più violenti il paesaggio circostante rimane sempre un elemento fondamentale: un combattimento all'alba su di una spiaggia sconfinata, un massacro circondato da candida neve o un assassinio in mezzo ad una radura colpita dal sole (scene che vengono, peraltro, riproposte in Shurayuki hime) hanno tutte un proprio significato particolare e derivano da una tradizione artistica che ha dominato a lungo lo scenario dei film giapponesi. Ciò tende ad elevare il film e a porlo in un contesto più ampio. Molto spesso gli alberi sono testimoni silenti della follia sanguinaria degli uomini e delle loro spade. Altre volte il vento e la pioggia, o anche la neve, servono ad enfatizzare la furia e il caos totale di una battaglia.
La natura è quindi usata in modo simbolico per supportare un significato sottinteso, ma a volte questo simbolismo si perde nel viaggio verso l'occidente; un linguaggio codificato di una metafora, familiare ad ogni spettatore giapponese, deve essere reso esplicito agli occhi di un pubblico occidentale, il quale non può essere a conoscenza del fatto che la ripresa di un fiume può riferirsi all'impermanenza della vita, o che un fiore di ciliegio che si stacca dal ramo simbolizza la natura effimera della giovinezza ed il repentino avvicinarsi della morte. L'avvicendarsi delle stagioni
indica un cambiamento nella storia e spesso marca l'evoluzione o il decadimento di un determinato personaggio e delle relazioni che questi ha intrapreso con altri. Il tempo atmosferico rimanda sempre ad un qualcosa di altro: la pioggia può segnare l'inizio di un cambiamento nella trama o dare semplicemente enfasi. Si può concordare con quello che sostiene Donald Richie: «[...] se il cinema americano è forte nell'azione e quello europeo nella caratterizzazione, quello giapponese è ricco nel mood e nelle atmosfere, nel presentare i personaggi nel loro ambiente circostante.»243; e ancora aggiunge, avvalendosi delle parole del regista Juzō Itami: «Un regista giapponese può mostrare una singola immagine e l'audience immediatamente capirà tempo, luogo e background. Per questo i film giapponesi...risultano così singolari per gli stranieri.».244
In definitiva, Shurayuki hime è molto più di un semplice fukushū mono. Alle scelte stilistiche e alla poetica della violenza, si affianca anche una sensibilità storica e sociopolitica che descrive il Giappone di fine 1800, scelta questa, ancora una volta in linea con il manga. L'ambientazione è collocata alla fine dell'era Meiji, periodo di transizione e di cambiamenti, in cui i valori tradizionali si scontrarono con una sempre più influente incursione della cultura occidentale. Il primo film riporta gli accadimenti descritti nel manga; la storia parte nel 1873, ma il presente della narrazione è il 1894 e tutto racconta della corruzione della classe politica e della sfrenata corsa alla modernizzazione.
Il sequel, basato su una meno originale e più lineare struttura narrativa, è ancora più apertamente di carattere politico e, come si è visto, per alcune similitudini è stato decisamente ispirato dal contesto di Fukkatsu no shō. La storia ha inizio nel 1905, sullo sfondo della fine della guerra con la Russia nella decisiva battaglia di Tsushima dalla quale il Giappone uscì vittorioso, consolidando il suo status di potenza navale (simbolica la nave che si profila all'orizzonte prima che Yuki venga catturata) e si conclude due anni dopo, proprio nel giorno della commemorazione dell'evento.
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Donald Richie, Japanese Cinema - Film, Style and National Character, Garden City, New York, Anchor Books, 1971, p. xix.
Accanto alla critica al militarismo, alla corruzione della classe militare e del governo, si narra delle torture e delle ingiustizie subite dai dissidenti, dagli appartenenti al movimento anarchico e dalle classi povere del paese: una baraccopoli viene bruciata solo per gli scopi egoistici del governo, simbolo dello scarso valore dato alle vita umana.
«その頃、それら一切に背を向け、ひたすら修羅の旅を続ける女があった». 245
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Con questa citazione ho riportato in forma scritta una frase pronunciata dalla voce narrante nel film Shurayuki hime - Urami renka, 1974, regia di Fujita Toshiya. Di seguito ne fornisco la traslitterazione e la traduzione. TRASL.: sono koro, sorera issai ni se wo muke, hitasura shura no tabi wo tsuzukeru onna ga atta. TRAD.: A quel tempo, voltando le spalle a tutto questo, una donna continuava imperterrita il suo viaggio lungo la strada della carneficina.