Con l’inizio del 2006 si è avviata una nuova fase di espansione per l’economia italiana. L’incremento del Pil reale sul trimestre precedente è stato dello 0,8 per cento nel primo trimestre e pari allo 0,6 per cento nel secondo trimestre. Conformemente alle attese di una minore forza della fase espansiva, secondo la stima preliminare Istat, il Pil reale, a valori concatenati, destagionalizzato e corretto per i giorni lavorativi, nel terzo trimestre 2006, ha avuto un incremento congiunturale dello 0,3 per cento. Nel complesso, nei primi nove mesi dell’anno, il prodotto interno lordo italiano ha messo a segno una crescita dell’1,7 per cento sullo stesso periodo dell’anno precedente.
Le più recenti previsioni, di ottobre e novembre, sono state riviste al rialzo rispetto alle precedenti di giugno-luglio. Le attese relative alla variazione del Pil reale per il 2006 risultano comprese tra +1,7 per cento e +1,8 per cento, ma si conferma la prospettiva di un rallentamento della crescita nel corso del 2007, con incrementi attesi compresi tra +1,3 per cento e +1,4 per cento.
Il Governo, con la Relazione previsionale e programmatica di settembre ha rivisto lievemente al rialzo la stima di crescita per l’anno in corso portandola all’1,6 per cento. Il contributo più rilevante alla crescita giungerà dalla domanda interna, mentre sarà nullo il contributo delle esportazioni nette. Contestualmente il Governo ha rivisto lievemente al rialzo anche l’aumento del Pil (+1,3 per cento) per il 2007. La crescita continuerà comunque ad essere sostenuta dalla domanda interna, il cui contributo al netto delle scorte si attesterà all’1,1 per cento. Il contributo del commercio estero dovrebbe tornare positivo (+0,2 per cento).
Secondo i conti economici trimestrali, a valori concatenati, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi, in termini reali, nei primi sei mesi del 2006 le importazioni sono salite del 4,1 per cento, mentre le esportazioni sono aumentate del 5,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2005. La ripresa della crescita delle esportazioni, risultata superiore rispetto a quella delle importazioni, ha determinato un miglioramento del saldo del primo semestre.
Un andamento opposto risulta dall’analisi a valori correnti. Le importazioni sono aumentate del 15,1 per cento, ben oltre la crescita del 10,1 per cento fatta segnare dalle esportazioni. Il saldo estero è quindi passato da +1.435 milioni di euro della prima metà del 2005, a -4.668 milioni di euro nei primi sei mesi dell’anno in corso. Ciò testimonia la rilevanza dell’aumento dei prezzi dei beni importati, in particolare per le voci relative a energia e materie prime, per l’andamento del commercio estero della prima parte di quest’anno.
Secondo i dati doganali grezzi, in valore, riferiti solo alle merci, nei primi nove mesi del 2006, le importazioni sono aumentate del 12,8 per cento, ben più delle esportazioni, accresciutesi del 7,4 per cento. L’accelerazione della dinamica delle voci del commercio estero, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, non ha eliminato, anzi ha ampliato, il divario nei tassi di crescita a favore delle importazioni.
Il saldo negativo, si è quindi particolarmente appesantito rispetto allo scorso anno, passando da –6.118 a –18.675 milioni di euro.
Anche la dinamica del commercio con la sola Ue ha accelerato, rispetto allo scorso anno, ma continua a risultare nettamente inferiore a quella del commercio con i paesi extra Ue. Le esportazioni verso i paesi europei sono cresciute (+4,6 per cento) a tasso inferiore ma prossimo a quello delle importazioni dall’Europa (+6.5 per cento). Si è comunque determinato un peggioramento del saldo commerciale passato da un attivo di 1.593 milioni di euro ad un passivo di pari a 794 milioni di euro.
Sempre nei primi nove mesi dell’anno, rispetto all’analogo periodo del 2005, nel commercio con i paesi extra Ue25, su cui incide la componente energetica, le esportazioni sono aumentate dell’11,7 per cento, mentre le importazioni sono salite di ben il 21,3 per cento, una crescita doppia. Il saldo negativo dello scorso anno si è quindi più che raddoppiato, passando da -7.713 milioni di euro a -17.881 milioni di euro.
La tendenza è stata confermata dai dati provvisori riferiti a ottobre.
Nei primi nove mesi del 2006, la dinamica del commercio dei soli prodotti trasformati e manufatti è stata ampiamente superiore rispetto a quella dello stesso periodo del 2005. La crescita delle esportazioni è risultata inferiore ma prossima a quella delle importazioni. Le prime sono aumentate del 7,9 per cento, le seconde del 9,9 per cento; il saldo è risultato comunque positivo e pari a 28.450 milioni di euro.
Nelle valutazioni delle più recenti previsioni, elaborate tra ottobre e novembre, nel 2006, le esportazioni italiane, di beni e servizi, dovrebbero registrare una variazione reale attesa tra il +5,1 per cento e il +5,9
per cento. Per il 2007, coerentemente con l’attesa di un rallentamento dell’attività mondiale, la crescita delle esportazioni è indicata tra il 2,6 per cento e il 4,1 per cento. Le importazioni sono attese anch’esse in crescita, con variazioni comprese tra il 3,4 per cento e il 4,6 per cento, per il 2006, e in lieve decelerazione per il 2007, quando dovrebbero fare segnare tassi compresi tra il +3,2 e il +3,9 per cento.
L’evoluzione del breve periodo dipenderà sensibilmente dagli andamenti dei prezzi del petrolio e delle materie prime, oltre che dall’evoluzione del cambio euro/dollaro.
A settembre, rispetto a quanto indicato nel Dpef di luglio, il Governo ha innalzato in misura apprezzabile la crescita attesa per il 2006 delle esportazioni e delle importazioni di beni e servizi, stimate ora pari a +5,3 per cento e +5,0 per cento rispettivamente. Nel 2007 si prospettano incrementi del 4,2 per cento per le esportazioni e del 3,5 per cento per le importazioni.
Secondo Prometeia, le esportazioni di sole merci, a prezzi costanti, risulteranno in aumento del 4,6 per cento e le importazioni registreranno un espansione pari a +3,4 per cento, nel 2006, ma la crescita delle vendite all’estero si ridurrà nel 2007 al 2,3 per cento, tanto che la loro dinamica risulterà nuovamente inferiore a quella degli acquisti dall’estero (+3,1 per cento).
I dati dei conti economici trimestrali, a valori concatenati, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi, registrano per i primi sei mesi dell’anno un incremento degli investimenti del 3,3 per cento sullo stesso periodo del 2005, determinato dalla forte espansione della spesa per mezzi di trasporto. Ben inferiore è risultata la crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature (+2,4 per cento) e di quelli destinati alle costruzioni (+3,0 per cento).
A settembre, le attese del Governo relative alla variazione degli investimenti fissi lordi reali sono state riviste al rialzo, rispetto a luglio, in ampia misura con riferimento al 2006, sono passate da +2,2 a +2,8 per cento, e solo leggermente per il 2007, sono salite da +2,1 per cento a +2,3 per cento.
La recente indagine Banca d’Italia (svolta tra il 20 settembre e il 12 ottobre) sugli investimenti delle imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi privati non finanziari, con almeno 20 addetti, conferma il miglioramento della fase ciclica nella prima parte dell’anno e prefigura un’evoluzione positiva anche per i prossimi mesi. Nel 2006, per la prima volta negli ultimi cinque anni, le imprese che stimano di effettuare una spesa per investimenti fissi superiore ai piani iniziali sono più numerose di quelle che ne valutano una inferiore (21,2 e 16,2 per cento, rispettivamente). L’andamento appare essere migliore nei servizi, ove le imprese che prevedono di effettuare una spesa per investimenti superiore risultano essere il 21,7 per cento, rispetto al 20,9 per cento dell’industria. Con riferimento al 2007, le imprese che hanno programmato una spesa per investimenti in aumento rispetto all’anno in corso sono il 26,5 per cento, mentre sono il 18,8 per cento quelle che hanno intenzione di ridurla. Nell’anno prossimo, il ruolo trainante dovrebbe essere svolto dalle imprese del settore industriale, delle quali il 28,6 per cento intende incrementare i programmi di spesa per investimenti, mentre nel settore dei servizi questa quota si arresta al 23,5 per cento.
L’indice Isae del clima di fiducia dei consumatori, da novembre 2005, si è collocato su livelli superiori a quelli sperimentati nei due anni precedenti e lievemente superiori anche a quelli che avevano caratterizzato il 2003. Si tratta quindi di un chiaro miglioramento, ma relativamente agli ultimi quattro anni trascorsi, che avevano fatto seguito ad un vero è proprio crollo della fiducia dei consumatori. Si tratta
Tab. 1. Previsioni per l'economia italiana effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa indicazione.
2006
Governo Fmi CSC Prometeia Isae Ref.Irs Ue Com. Ocse
set-06 set-06 set-06 ott-06 ott-06 ott-06 nov-06 nov-06
Prodotto interno lordo 1,6 1,5 1,5 1,7 1,8 1,7 1,7 1,8
Importazioni 5,0 3,0 3,6 4,2 4,2 4,4 4,6 3,4
Esportazioni 5,3 4,5 4,8 5,5 5,1 5,2 5,9 5,1
Domanda interna n.d 1,2 n.d 1,4 n.d. n.d. 2,3 1,2
Consumi delle famiglie 1,6 1,3 1,5 1,6 1,5 1,4 [5] 1,6 1,6
Consumi collettivi n.d 0,7 n.d 0,9 0,6 1,7 0,7 0,7
Investimenti fissi lordi 2,8 2,3 2,6 3,4 3,2 3,6 3,3 3,7
- macc. attrez. mezzi trasp. n.d n.d. 3,2 4,3 4,1 4,8 4,3 [6] 4,8
- costruzioni n.d n.d. 2,2 2,2 2,2 2,3 2,3 2,3
Occupazione [a] 0,8 0,5 0,6 0,9 1,3 1,0 1,3 1,7
Disoccupazione [b] 7,1 7,6 7,5 7,1 7,0 n.d. 7,1 7,1
Prezzi al consumo 2,6 [7] 2,4 2,2 2,2 2,2 2,1 2,3 [1] 2,2
Saldo c. cor. Bil Pag [c] -2,4 -1,4 -1,5 [4] -1,9 [4] n.d. [4] -2,1 -1,4 -2,2
Avanzo primario [c] -0,3 n.d. 0,6 -0,2 -0,1 -0,2 -0,1 n.d.
Indebitamento A. P. [c] 4,8 4,0 4,0 4,8 4,6 4,8 4,7 4,8
Debito A. Pubblica [c] 107,6 107,5 107,6 107,5 107,4 107,8 107,2 n.d.
[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di inflazione armonizzato Ue. [2] Deflattore dei consumi
quindi di valori molto bassi considerati i livelli di più lungo periodo.
La media dell’indice grezzo ha raggiunto quota 108,4, nei primi undici mesi del 2006, rispetto ad un valore di 104,0 riferito allo stesso periodo dello scorso anno. L’avvio del terzo trimestre ha registrato una flessione della fiducia dei consumatori e a novembre, l’indice grezzo è sceso a 107,5.
Il sottoindice relativo al quadro economico generale del paese ha avuto una tendenza al recupero durante tutto l’anno, dopo un’ampia caduta registrata nella fase finale del 2005, mentre quello relativo alla situazione personale si è indebolito a inizio anno, ha avviato poi una fase di oscillazione laterale e non ha successivamente recuperato.
I consumi delle famiglie hanno avuto una buona crescita nel primo trimestre, ma sono risultati più deboli nel trimestre successivo. Sulla base dei dati dei conti economici trimestrali, a valori concatenati, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi, nei primi sei mesi del 2006, sullo stesso periodo del 2005, i consumi hanno fatto registrare un incremento dell’1,7 per cento, in linea con la crescita del prodotto interno lordo nella prima metà dell’anno.
Anche dai dati delle previsioni più recenti, emerge il continuo ma lento sviluppo della spesa per consumi delle famiglie, che sostiene la dinamica del Pil nelle fasi difficili, ma non ne supporta una vera forte ripresa. Le attese relative alla crescita dei consumi delle famiglie sono orientate verso tassi compresi tra l’1,4 per cento e l’1,6 per cento, per l’anno in corso, mentre per il 2007 le prospettive di un rallentamento della domanda portano ad indicare incrementi compresi tra l’1,0 per cento e l’1,6 per cento.
Il Governo, a settembre, ha rivisto la previsione di luglio della crescita della spesa delle famiglie, al rialzo per il 2006, all’1,6 per cento, e leggermente al ribasso per il 2007, all’1,2 per cento.
Le vendite complessive del commercio in Italia a prezzi correnti sono aumentate dell’1,3 per cento, nei primi nove mesi del 2006, sullo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di un miglioramento rispetto allo scorso anno, ma non di un’evoluzione chiaramente positiva, in particolare tenuto conto che la rilevazione avviene a prezzi correnti. A conferma della congiuntura non ancora positiva del commercio si rileva che, per forma distributiva, l’indice è salito del 2,3 per cento per la grande distribuzione, in particolare di ben il 4,4 per cento per gli hard discount, ma di solo lo 0,7 per cento per imprese operanti su piccole superfici. Considerate poi per settore, le vendite sono aumentate dell’1,9 per cento per gli alimentari e di solo l’1,0 per cento per i non alimentari.
L’andamento tendenziale trimestrale delle vendite nel Nord Est, pari a +2,0 per cento nel complesso, +2,1 per cento per gli alimentari e +2,0 per cento per i non alimentari, risulta quindi migliore di quello rilevato a livello nazionale.
L’indice del clima di fiducia delle imprese del commercio (Isae) è rimasto stabile nel primo trimestre dell’anno, ma ad aprile ha avuto un vero balzo in avanti, su livelli consolidati nei mesi successivi e che hanno costituito le basi per le nuove impennate registrate a settembre e a novembre, quando l’indice ha raggiunto quota 118,0, ben al di sopra dei precedenti massimi risalenti alla prima metà del 2000. La media dell’indice, nei primi undici mesi del 2006, si è collocata a quota 108,6, rispetto ad un valore di 101,2 riferito allo stesso periodo dello scorso anno. Tra le serie che entrano nella definizione di fiducia, sono migliorati i giudizi sull’andamento corrente degli affari e in particolare le attese sul volume futuro delle vendite, mentre, dopo un’iniziale fase di diminuzione, le valutazioni indicano un nuovo leggero incremento delle giacenze. Il clima di fiducia è comunque molto migliorato sia nella grande distribuzione, sia in quella tradizionale.
Dopo un positivo primo trimestre, l’indice grezzo del clima di fiducia dei servizi di mercato (Isae) ha mostrato un netto miglioramento, rispetto allo scorso anno, nel secondo e terzo trimestre. L’indice si è mantenuto lungamente sui valori massimi sperimentati dall’avvio della rilevazione, nel gennaio 2003, e ha chiuso i primi undici mesi dell’anno in media a quota 29,4, in netto aumento rispetto al livello di 13,1 riferito allo stesso periodo dello scorso anno.
La tensione sui prezzi delle materie prime si è mantenuta elevata nella prima parte dell’anno. Da agosto, con la discesa delle quotazioni del petrolio e successivamente con un consolidamento al di sotto dei massimi dei prezzi dei metalli, le materie prime hanno mostrato una dinamica inferiore, nonostante le quotazioni siano rimaste elevate. L’indice generale Confindustria in dollari, ponderato con le quote del commercio mondiale, ha rilevato un incremento del 21,6 per cento nei primi dieci mesi del 2006, sullo stesso periodo del 2005. Questo ulteriore incremento dell’indice fa seguito ad una serie di aumenti pari a +13,1 per cento nel 2003, +27,6 per cento nel 2004 e +31,6 per cento nel 2005. Nel complesso risulta che da gennaio 2002 l’incremento dell’indice è stato pari al 155,2 per cento. Sempre nei primi dieci mesi dell’anno, l'indice generale Confindustria in euro, ponderato con le quote del commercio italiano, ha segnato un aumento del 21,4 per cento. In questo caso, rispetto a gennaio 2002 l’incremento dell’indice è stato pari al 73,8 per cento. Al di là dell’effetto delle diverse quote di ponderazione, è grazie al contribuito fornito da un euro forte, che la dinamica di questi fattori di costo è stata contenuta a vantaggio dell’industria nazionale.
Sulla spinta dei prezzi di energia e materie prime, la dinamica dell’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali (Istat) ha segnato un incremento del 5,6 per cento, nei primi dieci mesi del 2006.
Nello stesso periodo, l’indice dei soli prodotti trasformati e manufatti ha registrato un aumento minore, pari al 3,7 per cento.
Secondo le previsioni di ottobre di Prometeia, la dinamica dell’indice generale dei prezzi alla produzione, risultata pari al 4,0 per cento nel 2005, subirà un’ulteriore accelerazione nel 2006 (+5,8 per cento). La crescita dell’indice dei prezzi dei soli manufatti non alimentari, risulta anch’essa in accelerazione quest’anno (+3,0 per cento), ma rallenterà l’anno prossimo (+1,8 per cento). I prodotti e beni intermedi provenienti dai paesi di recente industrializzazione esercitano sui nostri mercati una pressione al ribasso sia sui prezzi al consumo, sia su quelli alla produzione. Inoltre, l’attuale fase di graduale trasmissione a valle dei rincari dei prezzi degli input industriali, energetici e delle materie prime, dovrebbe perdere intensità per effetto della minore tensione su questi prezzi e per le condizioni di domanda meno favorevoli derivanti dal raffreddamento della fase ciclica.
A fine 2005, l’andamento dei prezzi al consumo, al netto dei tabacchi, ha fatto segnare un aumento dell’1,8 per cento dell’indice generale per l’intera collettività nazionale (NIC), del 1,7 per cento dell’indice generale per le famiglie di operai e impiegati (FOI) e del 2,2 per cento dell’indice generale armonizzato Ue (IPCA). Nel 2006, l’aumento dei prezzi è stato spinto in primo luogo dai prodotti energetici e quindi dai prodotti alimentari, mentre è rientrata l’inflazione dei servizi e, per effetto della concorrenza, l’incremento dei prezzi al consumo dei beni trasformati e manufatti rimane contenuto ed è pari allo 0,5 per cento. La dinamica dell’inflazione nel complesso mantiene comunque viva l’attenzione dei consumatori e soprattutto della Banca centrale europea. Nei primi dieci mesi del 2006, l’incremento degli indici, sempre al netto dei tabacchi, è stato pari al 2,1 per cento per la collettività nazionale e al 2,0 per cento per le famiglie di operai e impiegati. Nello stesso periodo l’indice armonizzato Ue ha fatto segnare un aumento del 2,3 per cento. In base alla stima provvisoria dell’Istat, riferita a novembre, nei primi undici mesi del 2006, la crescita è risultata del 2,2 per cento per l’indice armonizzato Ue.
Secondo il Governo, l'inflazione media annua, misurata dal deflattore dei consumi, dovrebbe toccare il 2,6 per cento nel 2006, per ridursi al 2,0 per cento nel 2007. Le previsioni più recenti indicano una crescita dei prezzi al consumo compresa tra il 2,1 per cento e il 2,3 per cento per il 2006. L’andamento recente dei prezzi delle materie prime, energetiche e non, e quello dei cambi, insieme con l’atteso rallentamento dell’attività economica a livello mondiale, inducono i principali centri studi a ritenere probabile un calo dell’inflazione, attesa in una fascia compresa tra l’1,8 per cento e il 2,0 per cento, nel 2007. Il contenimento della dinamica dei prezzi risulterà agevolato da tutte le misure che potranno favorire lo sviluppo dell’efficienza del sistema paese. In particolare potrà avere un rilevante effetto deflazionistico una maggiore liberalizzazione nel settore dei servizi e delle professioni, che determini condizioni di effettiva concorrenza tra gli operatori del settore, che costituisce premessa per una riduzione dell’onere dei servizi gravante sugli altri settori produttivi e sui consumatori. Analoghi interventi, ampiamente necessari, in campo agricolo dipendono però dall’azione della comunità europea.
I tassi di interesse. La Banca centrale europea ha tenuto il tasso di riferimento sulle operazioni di rifinanziamento principali al 2,0 per cento da giugno 2003 sino a dicembre 2005. La Bce è intervenuta con un aumento del tasso di riferimento già al primo preannuncio di una ripresa europea, mirando a contenere una ripresa dell’inflazione. Con cinque interventi successivi il tasso di riferimento sulle operazioni principali è stato portato dal 2 al 3,25 per cento e ulteriori interventi sono attesi a breve. Le aspettative sull’andamento della politica monetaria degli operatori non sono cambiate e si attendono ulteriori graduali aumenti dei tassi di interesse come risposta al miglioramento congiunturale e all’accentuarsi dei rischi di inflazione, nonostante gli interventi sulla Bce di alcuni governi europei, quello francese in particolare, in merito agli effetti dell’andamento dei tassi sul cambio euro/dollaro.
Dopo che tra giugno 2004 e giugno 2005, il tasso di riferimento negli Stati Uniti è stato progressivamente aumentato dall’1,0 per cento al 5,25 per cento, con incrementi di un quarto di punto ad ogni riunione del Federal OpenMarket Committee, nella seconda parte dell’anno, la Fed ha mantenuto invariati i tassi, asserendo che il rallentamento dell’attività economica avrebbe contribuito alla decelerazione della dinamica dei prezzi, e così determinando un mutamento delle aspettative degli operatori relative alla politica monetaria.
Secondo Prometeia, in media, il tasso sui Bot a tre mesi dovrebbe passare dal 2,0 per cento del 2005, al 2,8 per cento nel 2006, e continuare poi a salire ulteriormente per giungere al 3,2 per cento nel 2007. Il tasso medio sugli impieghi bancari dovrebbe seguire un’analoga tendenza, ma con incrementi più moderati, giungendo a toccare il 5,6 per cento nel 2006, rispetto al 5,3 per cento del 2005, per poi attestarsi al 5,9 per cento nel 2007. I tassi reali registreranno un lieve aumento, in particolare quelli finanziari a breve termine, le condizioni di credito si manterranno relativamente favorevoli, con un’elevata
Mercato del lavoro. Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, nel secondo trimestre 2006, l’offerta di lavoro è salita, rispetto al secondo trimestre 2005, dell’1,3 per cento (+320.000 unità) e le forze di lavoro hanno raggiunto una consistenza pari a 24 milioni e 808 mila unità. Il tasso di attività della popolazione dai 15 ai 64 anni è salito di sei decimi di punto rispetto a un anno prima, portandosi al 63,0 per cento. Gli occupati sono risultati 23 milioni 187 mila, con un incremento tendenziale del 2,4 per cento.
Contributi rilevanti alla crescita dell’occupazione sono derivati dalla componente straniera (+162 mila unità) e dalle persone di 50 anni e oltre (+242.000). Un ulteriore significativo apporto all’aumento del numero di occupati è fornito, tra la popolazione italiana con meno di 50 anni, dai lavoratori a tempo determinato (+120 mila unità). La variazione tendenziale dell’occupazione è stata pari a +5,7 per cento
Contributi rilevanti alla crescita dell’occupazione sono derivati dalla componente straniera (+162 mila unità) e dalle persone di 50 anni e oltre (+242.000). Un ulteriore significativo apporto all’aumento del numero di occupati è fornito, tra la popolazione italiana con meno di 50 anni, dai lavoratori a tempo determinato (+120 mila unità). La variazione tendenziale dell’occupazione è stata pari a +5,7 per cento