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La schizofrenia secondo il modello neuropsicologico cognitivo di C Frith

Nell’ambito di un filone di ricerca che promuove un rap- porto sempre più saldo tra impostazione cognitiva e neuro- scienze, C. Frith (1992) ha elaborato un modello di studio dei sintomi schizofrenici che ipotizza alla base del disturbo non solo il coinvolgimento di specifiche strutture cerebrali, ma anche l’esistenza di particolari deficit cognitivi. L’ipotesi centrale, scaturita dagli studi sperimentali dell’autore è che “tutti i sintomi della schizofrenia potrebbero riflettere diffe- renti deficit all’interno di un singolo meccanismo cognitivo: la “metarappresentazione” (o metacognizione).

Egli sostiene che l’unico modo per spiegare i sintomi della schizofrenia sia di spiegare i processi cognitivi sottostanti, perciò il suo obiettivo è quello di descrivere le anomalie che colpiscono i processi cognitivi sottesi ai sintomi. Dapprima, Frith e Done (1989) hanno formulato una teoria secondo la quale esisterebbero due modalità di controllo del compor- tamento: una modalità willed intentions (piani autogenerati) e una modalità stimulus driven (guidata dagli stimoli). La prima basata sulla volontà dell’individuo, la seconda legata a situazioni contingenti esterne. Nelle persone con schizo- frenia esisterebbe un deficit fondamentale di produzione o monitoraggio delle azioni intenzionali.

In particolare, secondo gli autori, che hanno messo in relazione i deficit cognitivi con i sintomi schizofrenici, i sin- tomi negativi deriverebbero dalla mancata generazione di atti intenzionali, con conseguente prevalenza a livello del controllo comportamentale della modalità stimulus driven.

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Questo meccanismo sarebbe alla base delle perseverazioni, delle stereotipie e del generale rallentamento psicomotorio tipico dei pazienti con prevalente sintomatologia negativa. I sintomi positivi, invece, sarebbero dovuti al mancato rico- noscimento dell’intenzionalità delle proprie azioni. Infine i sintomi disorganizzativi, come l’incongruenza affettiva e l’incoerenza del linguaggio, si manifesterebbero a causa della mancata inibizione della modalità stimulus driven del comportamento, piuttosto che a un’effettiva riduzione delle

willed intentions, come ipotizzato per spiegare la sintomato-

logia negativa. Gli autori sostengono che la ridotta genera- zione delle willed intentions deriverebbe da una disfunzione delle connessioni tra il sistema che comprende la corteccia prefrontale dorsolaterale, l’area supplementare motoria e la parte anteriore del cingolo (che costituisce la base neu- rofisiologica del Sistema Attentivo Supervisore di Norman e Shallice) e il nucleo striato (che riveste un ruolo fonda- mentale nell’esecuzione dei piani comportamentali). Una disfunzione nell’ambito dello stesso circuito potrebbe essere responsabile anche del comportamento perseverativo, stere- otipato o inadeguato che si riscontra spesso nei soggetti che hanno incongruenza affettiva e incoerenza del linguaggio, in cui esisterebbe proprio una incapacità di inibire le rispo- ste stimuls driven. Frith (1992) ha ulteriormente elaborato tale modello aggiungendo che alla base della schizofrenia esisterebbe una disfunzione del processo di metarappresen- tazione, dovuta a un suo sviluppo incompleto o a un’involu- zione, riferita soprattutto a un’ alterazione della capacità di formarsi un Teoria della Mente, che consiste nella capacità di comprendere il proprio comportamento e quello degli altri, sulla base di inferenze, intenzioni e sul riconoscimento dei propri e altrui stati mentali. Secondo questo modello i pazienti schizofrenici avrebbero almeno tre tipi di deficit della metarappresentazione:

– Disturbo dell’azione intenzionale: i soggetti sarebbero ca-

paci di compiere azioni abituali dietro un ‘adeguata sti- molazione ambientale, ma sarebbero invece incapaci di produrre azioni spontanee in assenza di stimoli, questo provoca povertà di azione, perseverazione, messa in atto di azioni inadeguate. Questo disturbo caratterizzerebbe essenzialmente la sintomatologia negativa.

Metacognizione, neuropsicologia e riabilitazione psichiatrica

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– Disturbo nella capacità di autocontrollo. I soggetti sono

cioè capaci di compiere azioni in assenza di stimoli, ma non riescono a percepire la propria intenzionalità. Questi soggetti non riescono a comprendere che ogni azione è legata a uno sforzo e a una intenzione, pertanto l’azione o i pensieri vengono percepiti come controllati da altri e ciò spiegherebbe allucinazioni uditive e alcuni tipi di delirio ad esempio di controllo.

– Disturbo del controllo delle intenzioni altrui, che consiste

nell’incapacità di compiere inferenze in modo adeguato sulle intenzioni degli altri. Ciò spiegherebbe i deliri para- noidei, il pensiero incoerente e le allucinazioni in forma di terza persona con voci commentanti le azioni del sog- getto.

Frith (1992), inoltre, basandosi su studi sperimentali di neu- rofisiopsicologia (Brothers 1990; Eslinger, Damasio 1985; Perret et al. 1986; Campbell et al. 1990; Kirkpatrick, Buchanan 1990; Frith 1991) ritiene di poter localizzare uno sviluppo incompleto o una compromissione dei circuiti comprendenti l’amigdala e la corteccia temporale da un lato e la cortec- cia frontale dall’altro, per quanto riguarda il disturbo della cognizione sociale che determina l’incapacità di meta rap- presentare. In atto grazie a molti studi che hanno descritto i disturbi della ToM (Frith 2004) è possibile affermare, con un buon livello di certezza, che i deficit nelle capacità di interazione sociale della schizofrenia, sono imputabili alla difficoltà di accesso alla ToM (Corcoran et al. 1995; Frith, Corcoran 1996; Langdon et al. 1997; Drury et al. 1998; Doody

et al. 1998; Sarfati 2000; Mazza et al. 2001; Roncone et al. 2002;

Mazza et al. 2003; Casacchia et al. 2004). Secondo il modello sviluppato da Frith, la caratteristica principale dei processi di mentalizzazione è rappresentata dalla capacità di riflettere e ragionare su come ci rappresentiamo il mondo, noi stessi e gli altri, con azioni, pensieri e sentimenti. Questa caratteri- stica viene definita dall’autore metarappresentazione ed è la base della autoconsapevolezza.

Nel riassumere il lavoro di Frith, si può sottolineare come i segni e i sintomi caratteristici della schizofrenia e i mec- canismi cognitivi sottesi a questi, sono tutti aspetti specifici legati proprio all’alterazione della metarappresentazione,

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funzione cardine della consapevolezza di sé. Dal punto di vista neuropsicologico, i correlati anatomofisiologici della meta-rappresentazione o meta cognizione sono riscontra- bili in diverse regioni corticali comprendenti vasti circuiti cortico-limbici. In particolare sembrano implicate le aree frontali orbitali (coinvolte nella capacità di instaurare re- lazioni sociali), l’amigdala (coinvolta nel riconoscimento e nell’elaborazione e regolazione delle emozioni) e l’area temporale superiore (coinvolta nel riconoscimento dei volti). La rappresentazione delle intenzioni altrui coinvolgerebbe un circuito comprendente le aree frontali, il nucleo caudato e l’area supplementare motoria. Una recente ipotesi postu- la che la “metarappresentazione”, ossia il sapere di sapere, richiede l’interazione tra le cortecce modalità-specifiche de- putate alla rappresentazione e quella prefrontale, non spe- cifica, preposta alla generazione di atti intenzionali. La schi- zofrenia sarebbe, dunque, una sindrome da disconnessione tra le regioni prefrontali e le aree modalità-specifiche, la cui interazione richiede complessi circuiti fronto-sottocorticali. Pertanto, la schizofrenia secondo l’autore si configurerebbe proprio come un disturbo della consapevolezza di sé.