di Giuseppe Pesenti
Nella parte centrale è tracciata molto bene l’antica strada della valle Brembana, detta “strada publica” o Priula, che si immette in via Caneva, af-fiancata poco lontano, verso il Brembo, da una roggia o “seriola” lunga cir-ca 450 metri di proprietà di un certo Giuseppe Monaci. In effetti questa mappa fu commissionata dal signor Monaci ad un “agrimensore”, il cui no-me è rimasto sconosciuto, per sostenere le proprie ragioni in una lite confi-naria con i vicini signori Sonzogni e Oprandi i cui orti e prati, assai vasti, ri-sultano a contatto con la roggia stessa.
Notevole è il fatto che questa “seriola” è larga due metri e che aziona tre cospicui e distinti opifici, anch’essi ben evidenziati: dai documenti allegati risultano essere due mulini e un follo, tutti di proprietà Monaci. La roggia ha inizio nello stesso luogo dove oggi si trova la diga dell’Enel sul Brembo e termina nel fiume in corrispondenza del citato centro commerciale. Il suo alveo, grazie alla sua ampiezza, nei secoli successivi fu dapprima sfruttato per azionare i tre opifici trasformati in un’unica grande filanderia dal signor Augusto Beaux nel corso del XIX secolo; poi fu adattato come primo tratto del canale che alimenta la centrale idroelettrica di Zogno dalla società Con-ti & C. di Milano agli inizi del XX secolo.
Sembra un risultato particolarmente importante di questa ricerca, e forse una novità assoluta, segnalare che l’imprenditore Augusto Beaux, di origini milanesi, risulta tra i soci fondatori dell’odierna Banca Popolare Commer-cio e Industria di Milano, nata il 28 dicembre 1888 col nome di “Società Anonima Cooperativa per la Stagionatura e l’Assaggio delle Sete ed Affi-ni”.1 È invece abbastanza risaputo che la società Conti divenne in seguito Edison e che fu assorbita dall’Enel nella seconda metà del XX secolo.
L’epoca della prima realizzazione di questa roggia, dal passato lungo e glorioso, rimane purtroppo sconosciuta ma nei documenti allegati a questo acquerello si dice che essa esisteva già da molto tempo, dunque è ragione-vole supporre che sia stata costruita assai prima del 1753.
Nel disegno è ben evidenziata anche la valletta detta degli Zocchi che trae le sue origini nei pressi della contrada Sussia, a circa 1000 metri di al-tezza, e che sbocca nel Brembo poco a nord della chiesa parrocchiale. Nella mappa si nota che la strada Priula, prima di immettersi in via Caneva, supe-ra questo torrente senza alcun ponte poichè, come si afferma nelle carte al-legate, essa era una comoda mulattiera larga circa due metri che con un
cu-1 Banca Popolare Commercio e Industria cu-1888 - 2002, La storia continua... Arti Grafiche Amilcare Pizzi, Cinisello Balsamo (MI), 2003.
nettone selciato scendeva dolcemente nell’alveo del torrente e risaliva dalla parte opposta. Dunque durante l’attraversamento della valle degli Zocchi le mandrie, le greggi, i cavalli e i muli, carichi o scarichi di merce, erano co-stretti ad entrare in acqua. Solo ai pedoni e, in modo particolare ai bambini e alle signore di un certo lignaggio, era riservato il passaggio su un ponti-cello di legno situato poco a monte di questo luogo e che si vede nel dise-gno.
Un’altra caratteristica importante di questa mappa è la rappresentazione della chiesa parrocchiale.
Essa rivolge la facciata verso la strada della valle (Priula), cioè in dire-zione ovest-est, sottolineata dalla indicadire-zione dei quattro punti cardinali e rispetta dunque le esigenze costruttive della tradizione classica cristiana.
La sagrestia e la canonica si trovano a immediato contatto sul lato sud, con la stessa forma e con le stesse finestre che si vedono oggi. Non si osserva invece l’ampia gradinata attuale che scende verso la strada provinciale poi-chè essa risale ad un periodo successivo, per l’esattezza ai primi anni del XIX secolo.
L’unico collegamento tra la strada della valle e la chiesa, separate da una lunga fila di case, appare costituito da una stretta mulattiera ancora oggi esi-stente che si trova a contatto, verso sud, dell’odierno albergo Papa e che
San Pellegrino in una mappa del 1753 (archivio di Stato, Venezia)
sbocca nella piazza San Francesco d’Assisi tenendosi adiacente al lato nord della chiesa stessa. Per inciso è interessante ricordare che gli abitanti non più giovanissimi di San Pellegrino Terme conoscono questa viuzza, che si incunea anche oggi tra le case antiche, col nome di “la stretta degli asini”.
Sembra dunque che l’ingresso principale della chiesa parrocchiale nel 1753 fosse posto non nella facciata a est ma a nord verso la valle degli Zoc-chi e verso le due contrade della Caneva e di Opel, quest’ultima posta a po-ca distanza dalla prima ma più lontana dai luoghi oggetto delle contestazio-ni e quindi schematizzata nel disegno con una sola casa.
L’ultimo elemento da sottolineare è la forma della facciata della chiesa.
Essa non presenta in alto il profilo triangolare del tetto con un grande ro-sone centrale, tipico di uno stile tardo gotico lombardo, ma due serie so-vrapposte di finestre ad arco a tutto tondo, con un corpo centrale rialzato e più ristretto della base. Questo corpo è inoltre sormontato da un piccolo timpano triangolare dotato al centro di un foro di alleggerimento del peso della muratura e nello stesso tempo di ornamento. Anche il portone di in-gresso, rettangolare, è sormontato da un timpano triangolare mancante però del vertice in alto. Queste caratteristiche, presenti non a caso tutte insieme, tradiscono senza ombra di dubbio le origini tardo rinascimentali di questa facciata2e lasciano supporre anche un rifacimento della chiesa, sconosciuto sino ad oggi, avvenuto in un periodo precedente a quello noto risalente al-l’epoca a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.
2 Le due serie di finestre sovrapposte a tutto tondo e la presenza di fori di alleggerimento e di orna-mento hanno un deciso richiamo allo stile della facciata della chiesa di San Zaccaria a Venezia del bergamasco Mauro Coducci (Codussi).
A
l compimento del processo d’unità nazionale (1859-1861) le comu-nità di Frerola e Pagliaro in Val Serina erano ormai un’unica entità amministrativa. L’aggregazione di Pagliaro a Frerola, avvenuta nel 1810 per disposizione del regime napoleonico, era stata mantenuta anche sotto il governo austriaco. In precedenza le due comunità si erano rette autonoma-mente per 260 anni (il documento notarile comprovante l’avvenuta separa-zione dei due comuni da Serina è datato 27 gennaio 1550).I due borghi avevano sempre condiviso il possesso promiscuo d’alcuni territori adibiti a pascolo e altri terreni boschivi situati sulle pendici del mon-te Pradai (oggi Predai). Pur non avendo conosciuto il feudalesimo nelle sue forme classiche, come del resto gran parte dell’area alpina e appenninica del nostro paese, alcuni elementi tipici del sistema signorile feudale si erano af-fermati anche nelle zone più remote come le valli alpine. Intendiamo i cosid-detti usi civici ovvero quei diritti di godimento quali la semina, il pascolo e il legnatico1che gli abitanti di un determinato territorio, amministrativamen-te ben definito, esercitavano sulle amministrativamen-terre di loro pertinenza. Tali usi civici eb-bero il loro massimo sviluppo durante il consolidamento dell’età feudale (secoli XI-XII) ma traevano origine dal sistema agricolo romano e germani-co di tipo germani-collettivistigermani-co. Dal XVIII segermani-colo in avanti vennero prese tutta una serie d’iniziative legislative volte a liberare da tali servitù agricole vasti ter-ritori da trasformare poi, tramite vendita all’incanto, in proprietà privata.
Contestualmente si sarebbe passati da un’agricoltura fortemente arretrata,
1 Legnatico: il diritto di tagliare e raccogliere la legna nei boschi situati nei territori comunali.