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Una “condotta” medica impegnativa in Alta Valle Brembana

di Tarcisio Salvetti

essa, in essecutione di che havendo anco li detti eletti trattato anzi concluso con detto ecc. mo Sig. Gervasoni che egli sarebbe venuto a servir questa Valle, et detti eletti di accettare detto ecc.mo Sig. Gervasoni con il salario, limittatione, oblighi et patti, de quali qui a basso, qual stabelimento et ac-cordo essendo anco per detto Conseglio sotto li 3 predetto statto rattifficato et approbato come si legge sopra il libro di detta Valle, et intendendo perciò li detti signori eletti et il predetto ecc. mo Sig. Gervasoni che delle cose fra loro patuite et acordate ne consti publica Scrittura, quindi è che

Il predetto ecc. mo Sig. Gio. Antonio Gervasoni del quondam signor Ia-como a stipulatione di detti signori eletti si convien e si obliga di venir a servir per medico fisico in questa Valle nel termine de giorni quattro et ivi habitar personalmente con la famiglia nel luogho di Valnegra, luogho più habile per benefficio di tutti li habitanti di questa Valle et all’incontro li det-ti signori eletdet-ti hanno accettato a detto nome il predetto ecc. mo Sig. Ger-vasoni a dover servir come sopra con li patti come qui sotto.

Et prima che detto Sig. Medico sii tenuto et obligato come si obliga di servir et medicar fisicamente tutti li habitanti di detta Valle niuno eccettua-to in ogni tempo come portarà il bisogno, et ciò con l’emolumeneccettua-to et mer-cede qui a basso limitata oltre il salario annuo infrascritto.

Che non possa absentarsi dalla predetta Valle in alcun tempo se non con precedente licenza di detti signori eletti, o la maggior parte di essi con pre-cedente cognitione di causa legitima.

Che il presente accordo duri e durar debba per anni cinque prossimi venturi da incominciarsi alli dieci instante.

Che sia obligata la detta Valle, come così li detti eletti a nome di essa et in virtù della libertà a loro impartita promettere di dar et pagar al detto ecc. mo Sig. Gervasoni ogni anno durante la presente condotta scudi cento da lire 7 l’uno (equivalenti, quindi, a lire 700), da esser ripartiti in Valle de Commune in Commune, conforme il caratado dell’estimo di cadauno di es-si Communi et ciò in due rathe, cioè la metà ogni sei mees-si et così d’anno in anno.

Con dichiaratione che occorrendo a detto ecc. mo Sig. Medico far visite de ammalati in qualche Commune di detta Valle aposta et che in tal occas-sione o passaggio in altri Communi di detta Valle occorresse ad altri la sua opera, non siano obligati detti tali a pagar a detto Sig. Medico se non quel-lo si paga dalli habitanti del Commune di Valnegra che sono soldi 24 per visita né possa detto Sig. Medico pretender né di mandar d’avantagio.

Che non pagando nelli tempi sudetti li Communi di essa Valle li sudetti scudi cento, che in tal caso siano tenuti detti eletti come così si obligano a detto nome far far essecutione alli Communi che non pagaranno per con-seguir l’intiero pagamento di detto danaro.

Che per occasione delle visite che farà in detta Valle non siano obligati li habitanti né alcun di essi pagar a detto Sig. Medico se non l’infrascritta mercede, et come sopra né possa pretender, né essi siano tenuti a contri-buirli cosa alcuna così cibaria, come per la cavalcatura.

Quali cose, et cadauna di esse dette parti si obligano et promettono a nome ut supra mantener et a detta essecutione de mandar, in pena et sotto obligo...”

Seguono le firme di tutti i diretti interessati, testimoni compresi.

Il secondo “accordo” venne concertato e concluso, invece, il 17 giugno dello stesso anno nell’ufficio del Vicario di Averara. Il medico prescelto fu ancora il dott. Gervasoni, del quale non è mai rivelata la provenienza.

Il contenuto dell’atto notarile, per quanto concerne gli “oblighi” imposti al “dottor fisico”, è, né più né meno, identico a quello rogato a Piazza Brem-bana il 6 maggio antecedente. Anche la durata del contratto resta immutata:

“...per anni cinque dal giorno d’hoggi et oltre...”. Non è indicato, però, per evidenti ragioni, il luogo nel quale il medico dovrà fissare la sua residenza.

Diverso, ovviamente, risulta anche il trattamento economico che sarà corrisposto al dottor Gervasoni direttamente dal Vicariato, sempre in due rate semestrali: “...lire ducento moneta corrente di Bergamo all’anno et a raggione di anno”. Da ultimo è precisata la “mercede” che ogni comunità verserà al medico stesso: le contrade di Mezzoldo lire 6, Olmo lire 3, la

“squadra” di Redivo lire 4 e soldi 10, la “squadra di mezzo” lire 5 e soldi 10, Cusio lire 6 e soldi 10, Ornica lire 8, Cassiglio lire 4 e soldi 10.

Lo strumento, oltre alle firme del dottor Gervasoni e dei testimoni di ri-to, porta quelle di Giovan Battista Maffei, Vicario in carica, e di Giacomo Guarinoni, che fu Vicario nel 1641, nel 1644 e lo sarà ancora negli anni 1649, 1652, 1653 e 1665.

Quanto abbiamo trascritto dalle due convenzioni non ha sicuramente bi-sogno di particolari chiarimenti, ma due parole di commento ci sembrano utili, per non dire indispensabili.

Quando pensiamo che, con quel duplice incarico, sulle spalle del dott.

Gervasoni gravava, praticamente, tutta l’Alta Valle Brembana, in

un’epo-ca, poi, nella quale in quella vastissima area montana le vie di comunica-zione erano scarse e malagevoli e l’unico mezzo di locomocomunica-zione era costi-tuito dal cavallo (oltre, beninteso, a quello, sempre disponibile, di San Francesco...), non vediamo proprio come quel medico condotto sia riuscito a tener duro per cinque anni e non abbia dovuto lasciare l’impresa a metà...

Ma, nel Seicento, la situazione era diversa e gli uomini, più temprati dalla fatica, sapevano sopportare, anche a lungo, sacrifici e disagi di ogni genere per mantenere fede ad un impegno. O tempora, o mores...!

U

n giorno del gennaio 1931 si recava in visita a Mussolini l’industriale e senatore Ettore Conti, amico del duce ma anche di Bortolo Belotti, allora confinato a Cava dei Tirreni (Sa) per decisione dello stesso duce. Su richiesta della famiglia del confinato, il Conti chiese a Mussolini della situazione di Be-lotti e si sentì rispondere queste testuali parole, riportate nel suo diario pubbli-cato pochi anni fa: “A Cava dei Tirreni, dove ha potuto portare moglie, balia, suocera; in ottimo clima, e dove gode la vista del mare e di Amalfi”.

La condizione di Belotti al confino fu certamente ben migliore e il perio-do più breve rispetto a tanti antifascisti, grazie all’interessamento di espo-nenti dell’economia nazionale, di amici ai vertici del partito fascista, di am-bienti della corte e vaticani e anche di contatti privati col duce tenuti da Lui-gi Veratti, vecchio compagno socialista del duce, suo medico personale, ol-tre che inquilino e amico di Bortolo Belotti. Pur considerato questo, nulla toglie al gesto di prevaricazione e alla limitazione della libertà personale, e per nulla si possono accettare quelle parole dettate da un’assoluta mancan-za di sensibilità umana.

Ma perché e in quale contesto avvenne l’arresto e l’invio al confino di Belotti?

Bortolo Belotti alla fine del primo conflitto mondiale era una figura emer-gente del movimento liberale nazionale: tra il 1919 e il 1920 era stato sotto-segretario al Tesoro nel governo guidato da Nitti. Successivamente nel 1921, in vista delle nuove elezioni, Belotti favorì il progetto di alleanza tra liberali e fascisti (inserì nella propria lista sia il futuro gerarca bergamasco Giacomo Suardo sia il ras bresciano Augusto Turati). Nel nuovo parlamento