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La scuola nell’esperienza educativa di don Bosco

Nel documento EDUCAZIONEECULTURA PER LA DONNA (pagine 39-64)

DELLA SCUOLA «NOSTRA SIGNORA DELLE GRAZIE»

1. La scuola nell’esperienza educativa di don Bosco

La dinam ica interna che si trova a ll’o rigin e e accom pagna lo sv i­

luppo delle istituzioni fondate da don Bosco segue cronologicam ente e logicam ente un percorso pedagogico segnato dalle tappe della benefi­

cenza, della valorizzazione educativa del tem po libero, della form azione religio sa (oratorio festivo, 1841) e d ell’istruzione popolare (scuole serali e festive, 1844-46; scuole ginnasiali, 1859-60).

Cronologicam ente è l’oratorio la prim a delle opere istituite d al­

l’educatore piem ontese per accogliere i giovani nei gio rn i extra la­

v o rativ i, poi l’ospizio, il collegio a cui si aggiun se im m ediatam ente la scuola.

La scuola, m entre si trova al term ine dei num erosi e audaci tentati­

vi escogitati da don Bosco per l ’educazione popolare gio van ile, si pone come sviluppo logico e pedagogico d ell’oratorio, quale punto di con­

vergenza di obiettivi e di contenuti culturali e pastorali.

L ’istituzione scolastica da lui ideata e realizzata non si riduce infat­

ti alla trasm issione di nozioni che abilitano ad un sapere in tellettu alisti­

co, ma è luogo di educazione integrale in cui l’assim ilazione della cu ltu ­ ra e della cultura cattolica si integra con la valorizzazione del tempo li­

bero, dei rapporti interpersonali, d ell’istruzione catechistica, della for­

m azione professionale.

Ne deriva u n ’istituzione che in tutta la sua svariata tip o lo gia (scuola festiva, serale, elem entare, ginnasiale, artigian ale, professionale) tende a preparare alla vita attraverso l ’assim ilazione di una cultura cri­

stianam ente ispirata e m ediata dalla presenza insostituibile di insegnanti professionalm ente com petenti e pedagogicam ente sensibili.

N elle pagine che seguiranno si tenterà appunto di individuare q ua­

le im m agine di scuola e di insegnante si può ricavare dagli scritti di don Bosco, quali le loro finalità e caratteristiche tipologiche.

E' risaputo che gli scritti di un educatore non contengono alcuna form alizzazione della realtà educativa sotto l’aspetto scientifico. Da essi tu ttavia è possibile e legittim o ricavare le linee di un metodo, le intui­

zioni pedagogiche, le scelte preferenziali, tanto più che don Bosco era consapevole di dover tram andare ai suoi collaboratori e seguaci gli orientam enti fondam entali della sua esperienza educativa.

Scaturiti dal vivo della sua p rolungata convivenza con i giovani e destinati agli educatori delle case che via via andava fondando in Italia e a ll’estero, g li scritti pedagogici di don Bosco contengono quindi an­

che im plicitam ente u n ’im m agine delle sue istituzioni e i tratti tipologici di coloro che le gestivano.

A n teced en ti s to r ic i e p e d a g o g ic i 41

1.1. Don Bosco e la sua concezione della scuola

Don Bosco si inserì in un periodo di intenso fervore educativo ca­

ratterizzato da un appassionato interesse per l’educazione e l ’istruzione delle classi p o p o lari.1

Anche in lui, come nei m igliori uom ini di pensiero e di azione del suo tem po, era presente una dichiarata fiducia n ell’istruzione p ro p ria­

mente detta. Per questo egli voleva aprire ai giovani in tutti i m odi l ’ac­

cesso alla cultura.

E gli stesso, che fin da fanciullo sperim entò con profonda soffe­

renza disagi e difficoltà per poter studiare, concesse largo spazio a ll’istruzione nelle sue opere educative, anzi, fin d all’inizio della sua at­

tività, si occupò della fondazione di scuole e, per quanto g li fu possibi­

le, si dedicò a com pilare testi scolastici.

«L a scuola», come ha afferm ato di recente Cesare Scurati al Con­

gresso Internazionale di studi su don Bosco, «costituisce una categoria n ativa della preoccupazione educativa di Don Bosco altrettanto quanto la ricreazione».2

La sua scelta non è prim a di tutto nella linea della difesa, del recu­

pero, del salvataggio in casi estrem i e dram m atici. Don Bosco adotta la strategia del prevenire, d ell’intervenire a tem po, quando il m ale non ha g ià messo radici troppo profonde nella vita di un ragazzo.

N ella m entalità d ell’educatore torinese intervenire opportunam en­

te, al tempo giusto, significava dare risposte adeguate ai bisogni dei giovani alla ricerca di identità personale e di inserim ento sociale. S ig n i­

ficava quindi porre le condizioni educative perché le energie del

giova-1 Cf Ta l a m o Giuseppe, Q uestione scolastica e R isorgim ento, in Chiosso Giorgio [ed.], Scuola e stam pa nel R isorgim ento = Collana Centro studi «Carlo Trabucco» di Torino 172, M ilano, Franco Angeli 1989, 21; cf G a m b a r o Angiolo, L a pedagogia ita­

liana nell’età del R isorgim ento, in Nuove questioni di storia della pedagogia II, Brescia, La Scuola 1977, 535-796; In., M ovimento pedagogico piem ontese nella prim a m età del sec.

X IX, in Salesianum 12 (1950) 2, 215-228.

2 S c u r a t i Cesare, Integrazione scuola-extrascuola nella prospettiva educativa di don Bosco (dattiloscritto in corso di stampa); B e l l e r a t e Bruno, Don Bosco e la scuola educa­

tiva salesiana, in A a . V v . , Pensiero e p ra ssi di Don Bosco nel 1° centenario della m orte — 31 gennaio 1888-1988, Roma, Libreria Ateneo Salesiano 1988, 75-108; Succo Michelina, A ppunti su Don Bosco, la sua scuola e le sue scuole, in Rivista di scien te d ell’educazione 16 (1978) 2/3, 186-195; Prover bio Germano, La scuola di don Bosco e l’insegnamento del lati­

no (1850-1900), in Tr a n iEl l o F. [ed.], Don Bosco nella storia della cultura popolare = Il popolo cristiano, Torino, Società Edlitrice Internazionale 1987, 143-185.

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ne potessero espandersi nel m odo m igliore a v an tag g io proprio e del­

l’am biente in cui egli viveva.

Don Bosco era guidato dal principio che un prete poteva fare il bene dovunque fosse opportuno e possibile. Lo scriveva al M inistro d egli Interni L u ig i Carlo Farini:

«Sono sem pre stato persuaso che un sacerdote può esercitare il suo m inistero di carità in qualsiasi tem po e luo go ; in mezzo a qualunque sorta di le g g i e di G overno, rispettando, anzi coadiuvando le autorità e tenersi rigorosam ente estraneo alla p o litica».3

Esercitare la carità «secondo le esigenze del secolo»4 era per don Bosco un dovere inalienabile, in quanto egli aveva profondam ente vivo il senso dei problem i sociali e possedeva lo spirito di autentica e fattiva solidarietà con il popolo e specialm ente con i gio van i poveri e abban­

donati «più abbandonati che p erv ersi».5

C ondividendo l ’orientam ento pedagogico del giornale L 'educatore p r im a rio,6 don Bosco concepiva la scuola in funzione della società e del­

la sua trasform azione, convinto che l’istruzione è fattore di cam biam en­

to sociale, una delle m odalità più ordinarie per porre rim edio ai m ali sociali del tempo.

E gli non si collocava tra coloro che, in seguito alle rivoluzioni della prim a m età d ell’O ttocento, ritenevano che l’istruzione potesse avere la paventata funzione rivoluzionaria o che contribuisse di per sé al pervertim ento m orale degli alunni insinuando in loro una m entalità atea e anticlericale.

3 Lettera del 12-6-1860, in E I 189 e cf pure ivi 190-192.273.

4 Cf Discorso di don Bosco ai cooperatori, in BS 8 (1884) 6, 90.

5 Lettera a Leone XIII (marzo 1878), in E III 317. Cf pure Ay m a rFrancesco, La scuola normale d i Pinerolo e i l movimento pedagogico e scolastico in Piem onte, Pinerolo, Tipografia Chiantore-Mascarelli 1898, 31. L ’autore include don Bosco e la sua opera ne] movimento pedagogico e scolastico sorto in Piemonte nel secolo scorso e, pur attribuendo alle istituzioni dell’educatore torinese «una soverchia preoccupazione religiosa», non tralascia di evidenziare il loro apporto educativo e civile.

6 Venne pubblicato per la prima volta il 10-1-1845. Fra diretto dal sacerdote biellese Agostino Fecia in collaborazione con altri noti pedagogisti ed educatori pie­

montesi. I punti di riferimento pedagogici sono da collegarsi a Rosmini, Aporti, Gi­

rard. L ’ispirazione della rivista era religiosa e cattolica; l’obiettivo immediato preva­

lentemente culturale e didattico (cf Br a ì d oPietro, S tili di educazione popolare cristiana alle soglie d el 1848, in Aa.Vv., Pedagogia f r a tradizione e innovazione. Studi in onore di A ldo A gazzÌ = Scienze pedagogiche 2, M ilano, Vita e Pensiero 1979, 383-404).

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A nche L a C iviltà C attolica, riflettendo un clim a di diffusa am b igu i­

tà nei confronti d ell’istruzione pubblica, ancora negli anni ’70 diffonde­

va le sue riserve circa l’obbligo scolastico scrivendo tra l’altro un a rti­

colo vivace e polem ico contro i liberali:

«O r credete che a vivere virtuosam ente sia mezzo indispensa­

bile il saper leggere? [...] Chi ha detto a cotesti signori che il pane d ell’anim a sia l’alfabeto? Il pane d ell’anim a è la verità; e l’alfabeto può servire per la verità e la bugia. La verità è som- m inistrata dal sano am m aestram ento; e questo può aversi be­

nissim o dalla voce del padre e del curato, senza bisogno di lettu ra».7

D on Bosco, m olto prim a che venisse em anata la L egge Casati (13- 11-1859) su ll’obbligatorietà della scuola per tutti, intraprese iniziative di carattere scolastico per i ragazzi provenienti dalle fasce sociali più povere e per quelli che o ggi definirem m o «a rischio». Q uesti avevano bisogno di essere educati più che puniti; si rendeva quindi necessario fornire loro un m inim o di istruzione e di form azione m orale e religiosa.

R ecenti ind agin i archivistiche, non viziate da precom prensioni o da inform azioni parziali, condotte presso l’A rchivio storico di T orino, hanno messo in luce come l ’am bito d ell’educazione come prevenzione, p rivilegiato da don Bosco, appariva totalm ente affidato a ll’iniziativa privata: «L a C ittà offriva tradizionalm ente iniziative sociali nel settore d egli ospedali [...]. Essa era organizzata per raccogliere g li ‘esposti’, i neonati abbandonati da chi non aveva i mezzi per allevarli. G arantiva poi i citati luoghi di punizione. D urante il regno di Carlo A lberto vi è un proliferare di iniziative a carattere assistenziale, attraverso la creazio­

ne di enti sorti per l ’interessam ento di persone facoltose, ma il campo di intervento scelto da D on Bosco appare scoperto, senza istituzioni specifiche».8

L ’opera di don Bosco, che si sforzava, seppur con grad u alità e cautela, di porsi in term ini corretti di fronte alla società civile, era utile

7 D ell’istruzione prim aria obbligatoria, in L a C iviltà Cattolica 23 (1872) vol. 8, fase. 535, 8-9. Anche l’Arcivescovo di Torino mons. Fransoni nella lettera pastorale per la Quaresima del 1841 guardava con sospetto «l'odierno impegno di volere in tutti eccitare la smania di leggere che lungi dal riuscire profittevole per la parte della Religione, diviene spesso agli individui delle classi inferiori gravemente dannosa an­

che per riguardo all’ordine pubblico». Citato in G a m b a r oA., Diabolie piem on tesi con­

tro un’opera d ell’A porti, in Il Saggiatore 2 (1952) 45.

8 B r a c c o Giuseppe, Don Bosco e le istituzioni, in Aa.Vv., Torino e Don Bosco I.

Saggi, Torino, Archivio storico della città di Torino 1989, 129.

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alla città di T orino che non disponeva di sufficienti strum enti per inter­

venire efficacemente.

L ’educatore piem ontese era consapevole che la vera libertà è in­

com patibile con l’ignoranza e quindi una delle prim e ricchezze che v o l­

le dare ai gio v an i poveri che frequentavano l’O ratorio fu quella d el­

l’istruzione. La considerava un’esigenza sociale ineludibile, una «parte di educazione che i tem pi reclam avano assolutam ente».9

La scuola apparteneva infatti all’O ratorio come elem ento «in te­

grante» e costitutivo della sua stessa identità e struttura.

D on Bosco lo scriveva in un opuscolo apologetico dal quale risu l­

ta che « l’O ratorio di S. Francesco di Sales» è un ospizio di beneficenza e che «le sue scuole ne form ano parte integrante, come quelle che son destinate alla educazione dei giovani in esso ric o v e rati».10

Costatando infatti il «gran bisogno» di istruzione nei gio van i che frequentavano l ’O ratorio, don Bosco diede inizio fin dal 1844 ad «una scuola dom enicale stabile» e, a partire dal 1846, anche ad «una scuola serale re g o la re »,11 che, col passare d egli anni, si articolò in un sistem a scolastico com pleto.

N ell’anno scolastico 1859-60 istituì le scuole gin nasiali interne e gradualm ente l’O ratorio di S. Francesco di Sales assunse la serietà di una scuola organizzata e attrezzata, dove erano intenzionalm ente arm o­

nizzate istanze religiose e culturali.

N on pare azzardato afferm are che don Bosco, pur partendo da dif­

ferenti prem esse, avrebbe fatto proprio il celebre m otto del F ilan gieri:

«A p rire una scuola è chiudere un carcere».12 In realtà la sua iniziale in ­ tenzione di contribuire a «dim inuire il num ero dei discoli e di q u elli che vanno ad abitare le p rig io n i» 13 sfociò concretam ente n ell’istituzione di un’articolata struttura educativa ispirata al «sistem a preventivo».

9 Bosco G., M em orie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 a l 1855, a cura cii Eugenio Ceria, Torino, SEI 1946, 185. Cf pure Am b r o s i n i Antonio, Scuole munici­

p a li in Torino dal 1848 a l 1898, Torino, Tipografia Eredi Botta 1898, 10. Torino fu la città dove le scuole popolari presero in poco tempo incremento e consistenza didat­

tica ed educativa.

10 Bosco G., Le scuole di beneficenza dell'O ratorio di S. Francesco di Sales in Torino davanti a l Consiglio di Stato, Torino, Tipografia Salesiana 1879, 14.

11 Cf Bosco, M em orie 183-184.

12 Citato in Ma r c h e s i n i Giovanni, Il problem a della scuola nella storia d ’Italia del secolo XIX. Conferenze svolte nell’anno accademico 1922-1923, Padova, Ed. Universitaria- Litotipo 1923, 42.

13 Bosco, M em orie 159.

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E gli aveva scelto una delle m odalità più ordinarie che favoriscono la crescita e la m aturazione in form a preventiva. Lo dichiarava senza am biguità: «L a civile istruzione, la m orale educazione della gioventù o abbandonata, o pericolante, per sottrarla a ll’ozio, al mal fare, al disono­

re, e forse anche alla p rigione, ecco a che m ira l’opera n o stra».14 In una struttura go vern ativa caratterizzata da una dannosa disor­

ganicità in campo di riform a scolastica e da una prospettiva fortem ente laicista quando non an ticlericale,15 occorreva agire, non attendendo provvedim enti statali, ma im pegnandosi in un’azione capillare e con­

creta.

Tale opera era riconosciuta e apprezzata anche dai protagonisti del m ovim ento pedagogico piem ontese quali il T ro ya, l’A porti, il R aineri, il Berti, il M iraglia. N ell’adunanza del Com itato centrale della Società d ’istruzione e d ’educazione svoltasi a T orino nel 1849, il relatore, prof.

Casim iro D anna, si riferì esplicitam ente a don Bosco trattando di que­

gli «Istituti p rivati tenuti da persone generose, i quali senza rum ore e quasi n ell’om bra, servono a educare un gran num ero di fa n c iu lli».16

La conferenza term inò con la deliberazione di pubblicare un «cen­

no onorato» di tali istituzioni educative sul giornale della Società, e fu lo stesso D anna a scrivere quello relativo a ll’O ratorio di V aldocco

evi-14 1J onomastico del Padre, in BS 7 (1883) 127-128. Viene riportato il discorso pronunciato da don Bosco il 24-6-1883 in occasione della festa di S. Giovanni Bat­

tista.

15 Cf Mi o t t iG.A., D ello spirito irreligioso dominante n ell’istruzione e nella letteratu­

ra odierna. P ericoli e provvedim enti, Milano, Boniardi-Pogliani 1878, 42-58; Dii i'o r t

Ester, Storia della scuola elem entare in Italia. 1: D all’unità a ll’età giolittiana = Biblioteca di storia contemporanea 434, M ilano, Feltrinelli 1979, 140-152. Nel Bollettino Salesia­

no, organo divulgativo d’informazione della Congregazione fondata da don Bosco, nel 1882 trovava largo spazio di valutazione critica il 111 Congresso dei maestri e delle maestre elementari d’Italia ove si deliberò di rendere la scuola non solo atea, ma anticlericale. L ’articolista, con buona probabilità il salesiano don Giovanni Bat­

tista Bonetti, denominò la decisione «diabolica». Cf Dionigi i/ tiranno e i m aestri irreli­

giosi, in BS 6 (1882) 10, 157-160.

16 Cf Da n n a Casimiro, Riunione de! C om itato centrale della «Società d'istruzione e d ’educazione» del 3-5-1849, in Giornale della Società d’istruzione e d ’educazione 1 (1849) 5, 240. Il testo integrale della relazione, con la sola variante della data, venne pure pubblicato in Mi r a g u a Matteo, / .a scuola fem m in ile « Domenico Berti» nell’ evoluzione del­

l ’insegnamento normale durante il cinquantennio storico 1848-98. M onografia, 'l'orino, Stabi­

limento G. Patrito 1898, 143-144.

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deliziando il carattere religioso e civile d ell’esperienza di don B osco.17 Il gruppo di educatori e pedagogisti che redigevano il giornale L 'educatore p r im a r io 18 non erano indifferenti alla passione educativa che anim ava don Bosco; basti notare che i prim i testi scolastici scritti da lui trovarono nella rivista positivo apprezzam ento in alcune recensioni.

Non deve infatti sfuggire nello studio delle realizzazioni

educative di don Bosco una delle sue p rio ritarie scelte p ed ago gi­

che a cui si dedicò con «instancabile le n a »19proprio nel periodo in cui era fortem ente angustiato dal problem a della sistem azione definitiva della prim a Casa detta appunto «O ratorio di S. Francesco di Sales»: la pubblicazione di testi scolastici come indispensabili mezzi didattico- educativi.

T ra il 1845 e il 1855 apparvero infatti: la S toria ecclesia stica a d uso d elle scuole (1845),20 II sistem a m etrico d ecim a le(1846),21 S toria sa cra p e r uso d elle scuole (1847),22 L a storia d ’Ita lia raccontata alla gioven tù (1855).23

Benché in questi scritti non si trovi o rigin alità di elaborazione e in

17 Cf Danna C., Va scuola domenicale di Don Bosco, in Giornale della Società d ’istruzione e d ’educazione 1 (1849) 1, 459-460. Casimiro Danna (1806-1884) era studio­

so e docente di lettere e grammatica e autore di testi scolastici. Per la fama del suo insegnamento gli fu assegnata nel 1845 la cattedra di metodica nella prima Scuola di Metodo di Torino. Nel 1847 ritornò agli studi preferiti, passando alla cattedra di In- stituzioni di Belle Lettere d d l’ Università di Torino. Cf pure B aricco Pietro, L'Istru­

zione popolare in Torino, Torino, Tipografia Fredi Botta 1865, 137-139. L’autore ri­

porta la statistica degli alunni delle scuole di don Bosco conosciute a Torino con il nome di Oratori di S. Francesco di Sales a Valdocco, di S. Luigi presso il Viale del Re e dell’ Angelo Custode in Valchiglia.

18 Cf L ’educatore prim ario 10 dicembre 1845, n. 34, 576.

19 Bosco Giovanni, C ircolare ai Salesiani p e r la diffusione dei buoni libri, Torino 19-3-1885, in E IV 319.

20 Cf ID., Storia ecclesiastica ad uso delle scuole utile p e r ogni ceto di persone, Torino, Speirani e Ferrero 1845.

21 Cf ID., I l sistem a m etrico decim ale ridotto a sem plicità preceduto dalle quattro ope­

razioni dell’aritm etica ad uso degli artigiani e della gen te di cam pagna, Torino, Paravia 21849. Non si possiedono più copie della prima edizione che, secondo le accurate ri­

cerche dello S te l l a, si deve ritenere del 1846 (cf Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. I: Vita e opere = Studi storici 3, Roma, Libreria Ateneo Salesiano 21979, 232, nota 13). Sui problemi relativi alla diffusione dell’operetta cf Ve r r i Carlo, / Fratelli delle Scuole Cristiane e la storia della scuola in Piem onte (1829-1959), E rba (Co­

mo), Casa Editrice «Sussidi» 1959, 109-112.

22 Cf ID., Storia Sacra p e r uso delle scuole utile ad ogni stato di persone, arricchita di analoghe incisioni, Torino, Speirani e Ferrerò 1847.

25 Cf ID., I .a storia d’Italia raccontata alla gioventù da’ suoi p rim i abitatori sino ai nostri giorn i corredata di una carta geografica d ’Italia, Torino, Paravia 1855.

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essi sia prevalente l’intento didascalico e a volte m oralistico, tali opere sono l’espressione di chi non restò estraneo alla questione scolastica ita­

liana e lottò per u n ’autentica libertà della scuola operando per renderla educativa.

C ondividendo u n ’opinione largam ente diffusa in quel tem po,24 an ­ che don Bosco non pare m isconoscere il nodo intorno a cui ruotava il problem a del rapporto fra questione scolastica e R isorgim ento. A n­

ch’egli seppe considerare i pericoli di un indiscrim inato accesso popola­

re a ll’istruzione che, di per sé, non è fautrice di progresso m orale e so­

ciale se non vengono poste determ inate condizioni.

D on Bosco quindi lavo rò in tutti i m odi perché la scuola fosse educativa. La sua concezione di scuola è quella di scuola cattolica e dunque di scuola che educa e contribuisce a trasform are d all’interno la società.

In una lettera al prof. Antonio M aria Belasio, autore d ell’opusco­

lo: D ella vera scuola p e r ravviare la so cietà 25 don Bosco dichiara di ricono­

scere nello scritto le sue «idee» sulla scuola. Afferm a inoltre di volerle adottare come introduzione alla collana dei classici latini e cristiani che intendeva pubblicare, tanto egli si riconosceva nella tesi vivacem ente difesa dal Belasio. L ’A utore sostiene che è indispensabile una «buona scuola», cioè la scuola cattolica, per rinnovare la società. Infatti solo la

«coltura cristiana» educa l ’uom o e lo guida verso il suo fine.26

L ’educatore piem ontese inserisce la scuola a ll’interno di una vasta gam m a di interessi di carattere assistenziale, pastorale e spirituale. La scuola è strutturata come «casa» in cui si convive fam iliarm ente con gli educatori e in cui i gio van i possono sviluppare le loro più diverse capa­

cità, da quelle intellettuali a quelle ludiche, em otive e artistiche.

Don Bosco è consapevole che l’apprendim ento è un processo che

Don Bosco è consapevole che l’apprendim ento è un processo che

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