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Seconda Parte

Nel documento Eureka! L'ultima Stagione del Living Theatre (pagine 188-192)

Trascrizione della video-intervista realizzata nell’ottobre del 2008 a New York, nell’appartamento di Judith Malina al 21 di Clinton Street, nel Lower East Side di Manhattan.

(L’intervista è stata rilasciata da Judith Malina in inglese, ma ne viene di seguito riportata la traduzione in italiano)

IO: Come è nata l’idea di mettere in scena Eureka?

JUDITH MALINA: Hanon Reznikov aveva letto il saggio di Edgar Allan Poe su

Eureka e disse: “Io posso estrapolare uno spettacolo teatrale da questo testo!”.

Ed io ho detto: “E’ impossibile! Non è un testo per lo spettacolo”. E lui ha risposto: “Ho un sacco di idee”. Così ha cominciato a stendere tantissime note, e a lavorarci sopra, ma poi lui è morto, e ha lasciato le note; così io ho finito di comporre il testo, perché ho pensato che fosse un’idea bellissima realizzare uno spettacolo che parlasse della creazione, e di come la creazione sia continua e vada sempre più avanti e avanti.

IO: Come avete lavorato per passare dal testo di Edgar Allan Poe allo script per il

teatro?

JUDITH MALINA: Non saprei dirtelo, non lo so! Il lavoro creativo non ha delle

vere regole. Non credo che abbiamo seguito delle nostre proprie regole. Semplicemente l’abbiamo fatto. Ho pensato alle differenti cose che si leggono in quel testo, a come la creazione sia continua, e a come l’audience partecipi. E poi ho messo insieme il tutto. Non so davvero! La creazione è creazione!

IO: Ecco! Tu appunto dicevi che Eureka! chiama in causa lo spettatore,

dimostrando in questo modo il suo intento sociale e politico…

JUDITH MALINA: Sì, è vero!

IO: … e si basa sull’idea di creazione collettiva, quindi tutte le sere gli attori in

scena coinvolgono in un lavoro di creazione collettiva l’audience. Come si lavora su questa cosa? Come si realizza questo effetto di creazione collettiva, con la sua carica di valore politico e sociale?

JUDITH MALINA: La creazione è sempre collettiva; la creazione è in perenne

fieri, in ogni minuto delle nostre vite. Quando l’audience entra per prendere parte al nostro spettacolo, noi lo guidiamo all’interno, così loro lavorano con noi, e sono creativi tanto quanto lo siamo noi.

IO: Nello spettacolo voi dite: “You have the answer!” Questo significa che noi

possiamo cambiare le cose?

JUDITH MALINA: Beh! Noi siamo anarchici! E gli anarchici credono che il

cambiamento venga dalla gente, ovunque, egualmente, che noi condividiamo i nostri poteri creativi, che qualche volta la società cerca di fermare ciò, ma poi sta agli anarchici e agli artisti sfondare questo muro. Julian Beck era solito dire:

“Ciascuno di noi è un artista sublime”. E per noi che lavoriamo nelle Arti, è

nostro lavoro, nostro obbligo quello di tirar fuori l’artista sublime che c’è dentro ognuno di noi. E questo è quello che noi cerchiamo di fare.

IO: Una cosa molto importante nello spettacolo è la musica. JUDITH MALINA: Infatti, è proprio così!

IO: Patrick ha scritto tutte le musiche di Eureka!. Gli avete dato dei suggerimenti,

dei consigli? Avevate specifiche richieste per lui, oppure lui è stato libero di comporre le musiche come voleva?

JUDITH MALINA: Noi abbiamo parlato insieme, ma lui è stato totalmente

libero. Ognuno di noi deve essere libero, ognuno è libero di fare quello che vuole. Certamente, un compositore creativo come Patrick, che ha realizzato così tanti spettacoli con noi, è sempre fonte di ispirazione per noi.

IO: Eureka! utilizza vari mezzi scenici: ci sono i corpi degli attori sulla scena,

però ci sono anche le proiezioni video sugli schermi, c’è la musica, e ci sono tanti mezzi tecnici. E’ un po’ l’idea di teatro totale che tu hai imparato dal tuo Maestro, Erwin Piscator?

JUDITH MALINA: Certo! Io sono un’allieva di Erwin Piscator, la cui foto tu

puoi vedere lì, sulla parete. Lui, insieme a Bertolt Brecht, ha inventato il moderno

teatro politico, ed io sono stata fortunata a poter studiare con lui. Lui mi ha

la quarta parete, per rompere le forme convenzionali, per cercare di trovare nuove forme di teatro… ed io cerco ancora, tutto il tempo, nuove forme di teatro.

IO: I ragazzi che recitano in Eureka! sono ragazzi nuovi, molti di loro sono alla

loro prima esperienza col Living Theatre. Anthony, Gene hanno già lavorato col Living. Tom Walker è uno storico componente del Living, invece per molti altri questa è la prima volta in cui si trovano a lavorare con il Living. Come hai scelto questi ragazzi e come hai lavorato con loro? Come hai trasmesso loro il significato del Living Theatre?

JUDITH MALINA: Loro si sono scelti da sé! Sono venuti da noi. Ed io dico

sempre che la gente che appartiene a noi viene a noi. E loro l’hanno fatto. Con tutto il loro talento, tutta la loro energia, e tutta la loro saggezza; sono stati loro a venire da noi. Noi non abbiamo fatto audizioni per nessuno di loro.

IO: Come hai trasmesso loro il significato che “il fare teatro” ha per il Living? E

come li hai preparati per questo spettacolo? Tu, in qualità di regista, come li hai aiutati a lavorare ad Eureka!, e che indicazioni di lavoro hai fornito loro?

JUDITH MALINA: E’ difficile da dire! In un certo senso ogni spettacolo ha il

suo specifico montaggio di evoluzione. Questo spettacolo, che possiede una così ampia base filosofica e letteraria, e che noi realizziamo in maniera completamente collettiva con i membri dell’audience, si è evoluto da sé a modo suo. Io ho scritto le scene, le ho presentate al gruppo, e qualche volta noi abbiamo chiesto a dei nostri amici di venire e di interpretare il ruolo dei membri dell’audience, cosicché noi potessimo abituarci a lavorare con persone che non dovevano fare le prove con noi. Ed è stato sempre molto vivace avere gente nuova, come succede tutte le notti, quando nuove persone entrano in teatro e non sanno cosa sta per accadere; e nemmeno noi sappiamo cosa succederà; abbiamo degli accordi perché abbiamo le prove, ma loro non hanno prove e sono spontanei.

IO: Qual è la risposta del pubblico newyorkese? Come hai visto il pubblico

newyorkese rispondere a questo nuovo spettacolo del Living?

JUDITH MALINA: Non lo so! Non mi piace comparare una città ad un’altra. È

IO: Parliamo un po’ del futuro del Living. Cosa c’è nel futuro del Living? Nel

2009 ricorre il cinquantesimo anniversario di The Connection… lo riproporrete? E volete anche riportare The Brig in tournée in Europa?

JUDITH MALINA: Noi siamo perennemente alla ricerca di nuove vie, nuovi

copioni, nuove idee, per provare cose nuove. Quando noi non le troviamo qualche volta torniamo a delle cose che abbiamo fatto prima, e le rifacciamo. Abbiamo riproposto Mysteries, The Brig, adesso stiamo per fare The Connection, perché ci sembrano pertinenti a quello che stiamo cercando. Cosa stiamo cercando? Un posto che prepari l’audience per la bella rivoluzione anarchica non violenta, e che lo prepari in modi differenti: qualche volta attraverso il fatto che le persone sanno che loro possono partecipare, mentre in altri spettacoli non sono chiamati ad una partecipazione diretta; per esempio in The Brig il pubblico non partecipa, in The

Connection c’è una partecipazione davvero minima. Ma c’è, in ogni spettacolo, un

senso di comprensione di alcuni aspetti dell’essere umano che può condurci a questa liberazione.

IO: Se tu dovessi spiegare agli studenti italiani di teatro cos’è il Living Theatre

oggi, cosa diresti loro?

JUDITH MALINA: Io direi loro: “Voi siete il Living Theatre!” Noi abbiamo un

piccolo ruolo nel partecipare a quello che voi state ricercando nel vostro viaggio. Ma ovviamente, quando stiamo con le nostre forze per cominciare la rivoluzione, la rivoluzione della quale noi parliamo è una condizione sociale, è il desiderio umano di libertà e creatività di ogni individuo. Così quello che direi a questi studenti è: “Esplorate! Andate più in profondità! Rompete le convenzioni e

INTERVISTA a HANON REZNIKOV:

Nel documento Eureka! L'ultima Stagione del Living Theatre (pagine 188-192)