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Seconda suggestione: Disinibitori e stordimento

Nel documento Ideologia, alienazione, reificazione (pagine 31-36)

1. IDEOLOGIA

1.7 Excursus: suggestioni heideggeriane

1.7.2 Seconda suggestione: Disinibitori e stordimento

In queste seconda suggestione proveremo ad associare la cieca immersione nell’ideologia allo stato dello stordimento animale descritto da Heidegger, seguendo le connessioni individuate da Giorgio Agamben45 tra gli studi biologici del barone Von Uexküll ( che di Heidegger fu studente, ma anche ispirazione ) e

43 Ivi, §35 44 Ivi, p. 161 45

Giorgio Agamben, L’aperto. L’uomo e l’animale, Bollati Boringhieri, Torino, 2002In particolare nelle pp.44-74

31 le riflessioni contenute nelle lezioni del corso del semestre invernale 1929-1930 all’università di Friburgo dello stesso Heidegger.

Jakob von Uexküll è stato uno dei massimi zoologi del Novecento, e viene considerato come uno tra i fondatori della moderna biologia.

Le sue riflessioni sono caratterizzate da una completa deantropocentrizzazione della prospettiva delle scienze della vita: bisogna abbandonare l’illusione che porta a considerare il mondo come unitario ( specificamente, il mondo unito sotto la prospettiva umana ) e a studiarlo come tale.

L’ambiente viene vissuto in modo differente da ogni animale, e anche spazio e tempo sono categorie da interpretare relativizzandole, associandole a come ogni animale le vive.

Per questo motivo, von Uexküll opera un’accurata distinzione tra Umgebung, ovvero lo spazio oggettivo in cui noi vediamo muoversi un essere vivente, e Umwelt, il mondo-ambiente che è costituito da una serie più o meno ampia di elementi che egli chiama << portatori di significato >> (Bedeutungsträger ) o di << marche >>, che sono in realtà i soli che interessano l’animale.

Non deve trarre in inganno il termine “oggettivo” riferito all’ Umgebung: esso non è altro, semplicemente, che la particolare Umwelt propria dell’uomo, senza alcuna dignità speciale e, oltretutto, anch’essa suscettibile di variazioni

prospettiche: << non esiste una foresta in quanto ambiente in quanto ambiente oggettivamente determinato: esiste una forest-per-la –guardia –forestale, una foresta-per – il – cacciatore, una foresta – per – il – botanico, una foresta – per – il viandante, una foresta – per –l’amico – della – natura, una foresta – per – il – legnaiolo >>.46

L’ambiente dell’animale, la sua Umwelt, non coincide con quello che l’uomo considera come mondo oggettivo ( l’Umgebung che coincide con la sua specifica Umwelt ): esso non “vede”, non considera come mondo, che una più o meno ristretta cerchia di elementi significativi.

32 L’esempio più immediato portato da von Uexküll è quello della zecca, la cui Umwelt può si limita sostanzialmente a soli tre “portatori di significato”: 1) l’odore dell’acido burritico contenuto nel sudore di tutti i mammiferi, 2) la temperatura di trentasette gradi corrispondente a quella del sangue dei mammiferi; 3) la tipologia della pelle propria dei mammiferi.

La sua vita si gioca tutta all’interno della relazione con questi tre elementi, il suo mondo consiste in essi, ed essa è completamente immersa nella sua connessione con essi.

Questo esempio mostra in modo eclatante come l’idea di un mondo unitario, dotato di oggettività assoluta, sia assolutamente infondata, e soprattutto infruttuosa, nel campo delle scienze della vita.

Nelle lezioni del semestre invernale 1929-1930, poi raccolte sotto il titolo I concetti fondamentali della metafisica, Heidegger avanza la nota triplice tesi secondo la quale “la pietra non ha mondo, l’animale è povero di mondo, l’uomo è creatore di mondo”, che costituirà il tema conduttore delle lezioni.

Nel descrivere la condizione animale, egli utilizza concetti direttamente collegabili a quelli di von Uexküll appena citati.

Agamben infatti osserva che << Heidegger chiama das Enthemmende, il disinibitore, ciò che Uexküll definiva “ portatore di significato “, e

Enthemmungsring, cerchio disinibitore, ciò che lo zoologo chiamava Umwelt, ambiente.>>47

Così come per von Uexküll, sebbene utilizzando una terminologia diversa, anche per Heidegger l’animale si trova chiuso nel cerchio dei suoi disinibitori, ovvero ciò che colpisce il suo essere-capace, ciò che “ha significato”, che lo attiva

istintivamente: il suo mondo è costituito da essi, e solo da essi, tutto il resto non rientra nel suo campo percettivo.

Ora, che tipo di rapporto è quello dell’animale con i propri disinibitori? Heidegger lo definisce con il termine “ stordimento “ (Benommenheit ).

33 L’animale è completamente assorbito nella relazione funzionale e istintiva con il suo disinibitore: una volta che il suo essere-capace- di, è stato attivato dallo specifico disinibitore, all’animale non è concessa una vera scelta, esso non può << avere una condotta >>, ma può soltanto << comportarsi >>: termine che vuole indicare il cieco automatismo istintivo con cui l’animale, meccanicamente, agisce in risposta alla percezione di uno disinibitori del suo “cerchio disinibente”. L’integrale assorbimento dell’animale nel rapporto col suo disinibitore, << possibile soltanto dove è presente un istintivo “verso”>>, << impedisce all’animale di porsi di fronte ad esso >>.48

L’animale non vede ciò in cui è immerso, non è in grado di vedere ciò che primariamente vede, similmente alla “svista” nella visione con cui abbiamo caratterizzato il fenomeno ideologico.

Ciò che è interessante per il nostro discorso, al di là di questi echi concettuali, è che la condizione di “stordimento” non è una prerogativa esclusiva dell’animale, o meglio, descrive si la condizione animale ma funge anche da “sfondo” dal quale fare emergere, per una sottile ma determinante differenza, una << vicinanza >> che è un << abisso >>, la condizione esistenziale umana.

Lo stordimento come essenza dell’animale << è in qualche modo il retroscena appropriato sul quale si può distaccare l’essenza dell’uomo >>.49

Non solo, lo stato di “stordimento” viene accostato da Heidegger, preliminarmente, anche all’uomo.

La grande maggioranza del tempo l’uomo la spende indaffarato ed occupato colle e nelle cose ( osservazione quanto mai attuale ed applicabile alla frenesia “incurante” della vita odierna, specie quella metropolitana già descritta da Simmel, il cui pensiero influenzerà infatti Heidegger ), in una condizione simile a quella che Heidegger descriverà come quella animale: << siamo assorbiti dalle

48 M. Heidegger, I concetti fondamentali della metafisica. Mondo – Finitezza – Solitudine, il

Melangolo, Genova 1999, cit. in G. Agamben, op. cit. p. 56

34 cose, addirittura perduti in esse, spesso persino storditi da esse >>.50 ( corsivo mio ).

In tale situazione, l’uomo, al pari dell’animale, non è in grado di mettersi di fronte alle cose, ma si trova in un rapporto di stordimento con esse, i propri disinibitori.

Il cerchio disinibitorio proprio dell’uomo è sicuramente ben più vasto e complesso di quello di qualsiasi altro animale, ma non è questo che lo rende qualitativamente diverso da esso, ed esperisce una simile condizione di completo assorbimento.

Il rapporto col proprio disinibitore, potremmo aggiungere, non è per lo più frutto di forza istintuale, ma la convenzione e la routine sembrano giocare un ruolo simile a quello giocato dall’istinto nell’animale.

Questa suggestione vuole proporre un accostamento tra la condizione di

stordimento e quella di una vita completamente sotto il giogo ideologico, dove ci si “comporta” automaticamente in reazione al contatto con i nostri disinibitori ( in questo caso sociali ), in un meccanismo dove l’istinto è sostituito dalla

convenzione e dall’abitudine irriflessa.

In ogni determinata situazione, l’uomo, nello stato di stordimento, reagisce ai disinibitori con cui entra in contatto in modo immediato, avendo a disposizione il comportamento convenzionalmente stabilito ( non per convenzione esplicita, ma per il procedimento di appropriazione inconscia dell’ambiente sociale circostante ), lo mette in atto con una cecità simile a quella dell’istintuale meccanismo azione-reazione animale.

Tuttavia, l’uomo non è limitato al pari dell’animale in questa condizione e confinato in essa.

Peculiare dell’uomo è infatti, secondo Heidegger, la possibilità, negata

all’animale, della sospensione del rapporto col disinibitore, mediante quello che Agamben definisce come << l’operatore metafisico >>51 della noia.

50

Ivi, p.67

35 Non ci addentreremo qui nell’analisi della noia quale condizione specificamente umana in cui avviene questa sospensione del rapporto animale col disinibitore. Ci limiteremo, come contestualizzazione, a definirla schematicamente con le parole di Agamben: << nella noia ci troviamo di colpo abbandonati nel vuoto. Ma, in questo vuoto, le cose non ci vengono semplicemente “ sottratte e annientate”, esse ci sono, ma “non hanno nulla da offrirci”, ci lasciano completamente indifferenti, in modo tale, però, che non possiamo liberarci da esse, perché siamo inchiodati e consegnati a ciò che ci annoia.>>52

Il fatto che nella noia le cose non abbiano “nulla da offrirci”, indica appunto l’avvenuta sospensione del disinibitore, indica l’assenza di una reazione

immediata, come avviene nel completo assorbimento tipico dello stordimento animale.

Possiamo allora concludere, completandolo, il nostro parallelo.

Il destarsi dall’ideologia è il destarsi dallo stordimento, un arrestarsi del flusso di “comportamenti” da automa che ci permette di prenderne visione, di metterceli di fronte piuttosto che, in modo immediato e cieco, viverli e attuarli.

Nei Manoscritti economico – filosofici di Marx troviamo una frase

significativamente simile alle considerazioni di stampo heideggeriano che abbiamo tracciato: << L’animale è immediatamente una cosa sola con la sua attività vitale. Non si distingue da essa. È quella stessa. >>

Invece, in questo distinguendosi dall’animale, l’uomo fa, o meglio ha la possibilità di fare << della sua attività vitale l’oggetto stesso della sua […] coscienza >>.53

Nel documento Ideologia, alienazione, reificazione (pagine 31-36)