2.3 LA MODIFICA NEL TEMPO DELLA CAPACITÀ DISTINTIVA
2.3.1 Il secondary meaning
L’assenza di capacità distintiva è ragione sufficiente sia per rigettare la domanda di registrazione di un marchio che per dichiararne la nullità qualora sia registrato.
100 Corte di Giustizia, L’Oréal SA, Lancôme parfums et beauté & Cie SNC, Laboratoire Garnier & Cie v. Bellure NV, Malaika Investments Ltd, Starion International Ltd, causa C-487/07, 18 giugno 2009, punto 50.
101 Cfr. Corte di Giustizia, Leno Merken BV v. Hagelkruis Beheer BV, causa C-149/11, 19 dicembre 2012; Corte di Giustizia, Alfredo Nieto Nuño v. Leonci Monlleó Franquet, causa C-328/06, 22 novembre 2007; Corte di Giustizia, Bovemij Verzekeringen NV v. Benelux-Merkenbureau, causa C-108/05, 7 settembre 2006; Trib. UE, Ella Valley Vineyards (Adulam) Ltd v. UAMI, Hachette Filipacchi Presse (HFP), causa T-32/10, 9 marzo 2012; Trib. I grado, CNH Global NV v. UAMI, causa T-378/07, 29 settembre 2010; Trib. I grado, Aktieselskabet af 21. november 2001 v. UAMI, TDK Kabushiki Kaisha (TDK Corp.), causa T-477/04, 6 febbraio 2007.
102 Corte di Giustizia, General Motors Corporation v. Yplon SA, cit., punto 28.
Tuttavia, l’art. 13, commi 2 e 3, c.p.i. dispone che “in deroga al comma 1, possono costituire
oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell’uso che ne sia stato fatto, abbiano acquistato carattere distintivo” e
che “il marchio non può essere dichiarato o considerato nullo se prima della proposizione della
domanda o dell’eccezione di nullità, il segno che ne forma oggetto, a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ha acquistato carattere distintivo”.
Da tali previsioni normative discende che un segno originariamente privo di capacità distintiva possa essere oggetto di valida registrazione se, prima della data di questa, abbia acquistato una propria efficacia individualizzante attraverso l’uso che ne sia stato fatto dal titolare. Si è dunque in presenza della sanatoria di un vizio originario del segno che, in deroga ai principi generali civilistici in tema di nullità, contempla espressamente la possibilità che un marchio nullo venga riabilitato grazie all’uso che se ne è fatto. La sanatoria può operare antecedentemente alla presentazione della domanda di registrazione104 o, persino, conseguentemente all’avvenuta registrazione, tuttavia, in entrambi i casi, conditio sine qua non per invocare queste norme è la riscontrabilità del segno anteriormente alla proposizione della domanda, o dell’eccezione, di nullità. La conseguenza sul piano pratico consiste nel fatto che le prove dell’avvenuta riabilitazione del segno devono essersi formate prima dell’inizio della controversia in cui si discute della validità del marchio, non potendo consistere in indagini richieste ex post dal titolare della registrazione.
Le norme summenzionate, mediante l’applicazione dell’istituto di matrice anglosassone, noto come secondary meaning105, innanzitutto configurano un sostanziale superamento del binomio tra la valutazione del segno in quanto tale e la sua validità come marchio d’impresa, inoltre riconoscono l’importanza dell’uso del segno e dell’evolversi del suo significato nel tempo, infine esprimono una maggiore consapevolezza del valore economico che il marchio acquista attraverso
104 Come si evince dall’art 13, comma 2, c.p.i. che riconosce l’applicabilità del principio del secondary meaning ai marchi di fatto.
105 Secondary meaning è traducibile, letteralmente, con l’espressione italiana “significato secondario” inteso sia come successivo che come aggiuntivo.
l’uso, la pubblicità, la propaganda e la diffusione. Infatti tale fenomeno si verifica ogniqualvolta “un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintiva per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, si trovi ad acquistare, in seguito, tali capacità, in conseguenza del consolidarsi del suo uso sul mercato”106 e, per di più, il concetto viene esteso a tutte le ipotesi in cui si verifica un’evoluzione della capacità distintiva, quindi anche nel caso in cui un marchio debole diventi forte107.
In altre parole, il secondary meaning consente “a un marchio nullo, in quanto generico o privo di capacità distintiva, di divenire nel tempo valido e ad un marchio debole, dotato di scarsa capacità distintiva, di divenire forte, tramite l’uso, l’accreditamento e la notorietà presso un’ampia fascia di consumatori”108, a cui consegue una significativa penetrazione nel mercato del prodotto. Si sottolinea, inoltre, la forte correlazione tra tale istituto, da un lato, e gli investimenti pubblicitari corredati da efficaci strategie di marketing, dall’altro: sono infatti questi ultimi a produrre l’elevata diffusione commerciale del marchio che, a sua volta, permette a questo di acquistare o rafforzare la propria capacità distintiva.
La Corte di Cassazione ha efficacemente enucleato il fenomeno in questione, statuendo che “la trasformazione di una indicazione descrittiva di un segno individualizzante” comporta un percorso all’inverso rispetto a quello fisiologico, col risultato che “è il prodotto che insistentemente marchiato con un certo segno giunge a far riconoscere quest’ultimo dal pubblico come tale” sino ad una piena identificazione tra segno e prodotto, configurandosi “un tipico meccanismo di adeguamento del diritto al fatto”109. Affinché questo avvenga, vi è la necessità di provare che il segno abbia acquisito una notorietà, intesa come identificazione che il mercato compie automaticamente, senza considerare la struttura del segno, tale per cui il prodotto così marchiato si discosti nettamente dai prodotti concorrenti nella percezione del pubblico.
106 Cass. Civ., Sez. I, 26 febbraio 2016, n. 7738.
107 Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 2 febbraio 2015, n. 1861; Cass. Civ., Sez. I, 3 aprile 2009, n. 8119; Cass. Civ., Sez. I, 16 aprile 2008, n. 10071; Cass. Civ., Sez. I, 9 novembre 2000, n. 14560; Cass. Civ., Sez. I, 26 gennaio 1999, n. 697, cit.
108 Trib. Roma, ord. 7 aprile 2004, Autogrill S.p.A. v. Pierluigi Iervese e Spizzo di Iervese Pierluigi S.n.c.
La dottrina italiana ha evidenziato che l’istituto della secondarizzazione, nel nostro Paese, presenta un ambito di applicazione ridotto a causa della maggiore flessibilità, in sede di registrazione, dei requisiti di validità del marchio – è infatti previsto un mero controllo dell’adempimento dei requisiti formali – rispetto all’approccio più rigoroso adottato nel sistema anglosassone. Ne consegue che l’evento che maggiormente si verifica nella pratica nazionale è il rafforzamento del marchio debole poiché l’utilizzo protratto nel tempo del segno finisce per confermarne la validità.
Per soddisfare l’onus probandi, non è sufficiente il mero uso del segno, bensì il titolare del marchio deve far riferimento ad elementi concreti quali l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso, l’entità degli investimenti pubblicitari di marketing e sponsorizzazione effettuati, la quota di mercato detenuta, le indagini demoscopiche in grado di individuare la percentuale di consumatori che, grazie al marchio, identifica il prodotto o servizio e le dichiarazioni delle Camere di Commercio e dell’Industria o di altre associazioni professionali110. Pertanto, la prova della sussistenza della secondarizzazione, “come ripetutamente precisato dalla Suprema Corte e dalla giurisprudenza comunitaria, deve essere apprezzata in modo estremamente severo e rigoroso”111.