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6 Dal SEEA alla strategia europea e i disegni di legge italiani sulla contabilità ambientale

Con la diffusione in “interim version” del SEEA 1993 si avvia un periodo fecondo di riflessione metodologica in ambito internazionale, accompagnato da altrettanto importanti sviluppi sul versante dei decisori politici. Gli avanzamenti conseguiti in particolare nel contesto europeo cominciano a delineare un percorso sempre più definito e di avanguardia. In Italia si afferma anche un dibattito politico specifico, senza precedenti in ambito internazionale, che potrebbe essere decisivo per lo sviluppo dei conti ambientali nella statistica ufficiale e che però rimane senza esito non potendo mai le iniziative potenzialmente più incisive giungere in porto per mancanza di stabilità politica.

1

Capitolo “XXI. Satellite analysis and accounts” sezione “D, Satellite system for integrated environmental and economic accounting”.

2

Ne fanno parte, oltre agli esperti di Istat e Feem, esponenti del Ministero dell’ambiente, dell’ENEA, della SIS e della Società Italiana degli Economisti.

3

Particolare attenzione è dedicata al lavoro svolto dalla Commissione interministeriale dei conti del patrimonio naturale istituita dal Governo francese (INSEE, 1986).

L’estensione della contabilità nazionale per includere gli aspetti sociali ed ambientali 11

6.1

Sviluppi in ambito internazionale

In concomitanza con la pubblicazione del SEEA 1993, in ambito UN-ECE la Task Force on Environmental Accounting della Conference of European Statisticians sviluppa tra il 1992 e il 1994 una riflessione sulla contabilità ambientale in unità fisiche, affrontando due tematiche specifiche: uso e copertura del suolo e impatto

ambientale delle sostanze nutrienti (Conference of European Statisticians, 1995)1. Gli

avanzamenti concettuali e metodologici realizzati, destinati a produrre effetti nel tempo, avranno in particolare significative ricadute nel progetto dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) sulla contabilità degli ecosistemi, avviato quindici anni più tardi.

Parallelamente all’avvio della sperimentazione nei vari continenti del SEEA 1993, inizia con la costituzione del London Group on Environmental Accounting nel 1994

una fase di approfondimento metodologico2. Nel 1997 la Commissione statistica

dell’ONU affida al London Group il compito di sviluppare avanzamenti metodologici per la revisione del SEEA 1993. L’Istat, sulla scia dell’esperienza realizzata con la Task Force on Environmental Accounting dell’UN-ECE, si unisce al London Group nel 1996 e partecipa ai lavori per la revisione del SEEA, a tal fine contribuendo anche, nel 1999, con un distacco temporaneo del proprio responsabile sulla materia presso l’ufficio statistico delle Nazioni Unite (UNSD). Al compimento della revisione, il SEEA 2003 (United Nations et alii, 2003) si presenta un po’ meno come “sistema”, rispetto al SEEA 1993, e un po’ più come “framework” basato sulle migliori pratiche, tra cui particolarmente rilevanti quelle sviluppate in Europa. Una prima applicazione tematica dei concetti del SEEA 2003 dà luogo al manuale dell’ONU-FAO della contabilità integrata ambientale ed economica per la pesca – SEEAF (UN-FAO, 2004).

La stagione iniziata con il SEEA 1993 è segnata da iniziative che rendono sempre più effettivo ed esplicito il legame tra l’offerta di informazione statistica sull’ambiente – tra cui i conti ambientali – e le esigenze conoscitive legate ai temi della sostenibilità. Significativo, in relazione all’obiettivo di estendere la contabilità nazionale agli aspetti sociali ed ambientali integrando i tre pilastri della sostenibilità, è il workshop organizzato dall’OCSE nel 2003 su “Accounting Frameworks to Measure Sustainable Development” (OECD, 2004a); l’Istat vi partecipa con diversi contributi, tra cui uno sulla contabilità ambientale (Costantino et alii, 2004). Presso Eurostat, a seguito dell’adozione della Strategia per lo sviluppo sostenibile dell’Ue (Commissione delle Comunità Europee, 2001) viene costituita, con la partecipazione di rappresentanti di ministeri ed agenzie per l’ambiente oltre che degli istituti Nazionali di Statistica (INS), una task force sugli indicatori di sviluppo sostenibile (TFSDI); l’Istat vi partecipa attivamente, proponendo l’adozione di alcuni indicatori di contabilità ambientale. Nel 2006 la rinnovata strategia per lo sviluppo sostenibile dell’Ue (Consiglio dell’Ue, 2006), nel sottolineare l’importanza di una “migliore comprensione delle interconnessioni fra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile”, prefigura tra l’altro un’estensione del quadro centrale della contabilità nazionale “mediante conti satellite”, ad esempio sulle spese ambientali e sui flussi materiali. Tra il 2005 e il 2008 il Joint UNECE/Eurostat/OECD Working Group on Statistics on Sustainable Development

1

L’Istat guida uno dei due gruppi pilota in cui la task force si articola. 2

Il gruppo, formato su base volontaria, include esperti degli Istituti nazionali di statistica (INS), ma non solo, e rappresentanti di Eurostat e dell’OCSE oltre che dell’ufficio di statistica delle Nazioni Unite (UNSD).

12 Marisa Civardi e Cesare Costantino (UN-ECE, 2009) avvia una discussione sul “capital approach”, un tema in cui ben si

colloca la contabilità ambientale, centrata com’è sul concetto di capitale naturale1.

In ambito OCSE viene sviluppato un programma ad hoc per dar seguito alla Raccomandazione adottata nel 2004 dal Consiglio su Flussi di materiali e produttività delle risorse (OECD 2004b). In particolare vengono realizzati una serie di workshop tra il 2004 e il 2007 ed una guida in tre volumi sulla misura e l’analisi dei flussi di materia (OECD, 2008a,b,c,d), con una parte dedicata ad un sistema contabile specifico, i conti dei flussi di materia a livello di sistema economico (MFA); l’Istat contribuisce con un workshop a Roma nel 2006 e con un distacco di un proprio esperto presso l’OCSE tra il 2006 e il 2007. Viene inoltre avviato, prendendo le mosse dal World Forum di Palermo del 2004 (OECD, 2004c), il progetto globale “Measuring the Progress of Societies”, che perviene nel 2007 alla Dichiarazione di Istanbul (OECD, 2004d). Questa, nell’affermare l’impegno verso misure del progresso delle società che coprano tutte le dimensioni rilevanti, anticipa di fatto l’avvio del processo “GDP and beyond” che si andrà affermando negli anni successivi in ambito Ue.

Il percorso del SEEA ha un nuovo e decisivo impulso con la costituzione nel 2005 dell’UNCEEA, il comitato di esperti di alto livello delle Nazioni Unite per la

contabilità integrata ambientale ed economica (United Nations, sito web)2. Il comitato

ha la funzione di assicurare strategia, coordinamento, priorità e orientamenti in materia di conti ambientali e statistiche correlate; i suoi obiettivi fondamentali sono stabilizzare nel sistema statistico internazionale la contabilità ambientale e le statistiche ad essa connesse, elevare il SEEA a standard internazionale e dare impulso alla sua implementazione. L’adozione dello standard internazionale è prevista per il 2012, al compimento di un processo di revisione cui si è deciso nel 2006 di sottoporre il SEEA 2003 (de Haan Mark, Edens Bram, 2010). A tal fine, sono passaggi cruciali l’individuazione puntuale delle questioni da affrontare, il loro approfondimento e la ricerca di un consenso sulle soluzioni; in tutto questo, un ruolo importante è svolto dal London Group sotto la supervisione dell’UNCEEA. Parallelamente alla revisione del SEEA, il comitato lavora al fine di armonizzare con i concetti, definizioni e classificazioni della contabilità integrata ambientale ed economica le statistiche ad essa connesse, in particolare quelle ambientali. Inoltre, l’UNCEEA sovraintende alla realizzazione di ulteriori applicazioni tematiche dei concetti del SEEA: SSEAW per le risorse idriche (UNSD, 2007), SEEAE per l’energia e SEEA-MFA per i flussi di materia a livello di sistema economico. Con la diffusione del rapporto Stern (Stern, 2007), e a seguito della conferenza internazionale “Climate Change and Official

Statistics”3, l’UNCEEA focalizza la propria attenzione sull’emergenza del

cambiamento climatico e sulla risposta che il sistema statistico internazionale deve dare alla domanda di informazione statistica su questo tema.

6.2

Il contesto statistico europeo

1

Il dibattito verrà ripreso successivamente nella Joint UNECE/Eurostat/OECD Task Force on Measuring Sustainable Development.

2

L’Istat è tra gli INS che ne fanno parte. 3

La conferenza è organizzata dallo UNSD in collaborazione con Eurostat, Banca mondiale e Statistics Norway (UNSD, 2008).

L’estensione della contabilità nazionale per includere gli aspetti sociali ed ambientali 13

Per quanto concerne Eurostat, dopo che sul finire degli anni ottanta l’attenzione alla contabilità ambientale era stata concentrata sulla spesa ambientale – anche per la tradizionale centralità del tema della competitività nel mercato comunitario – con il SEEA 1993 l’interesse si allarga all’intero spettro dei conti prefigurati nel manuale e alle problematiche in esso trattate. La prima preoccupazione è dare una risposta alla questione se gli INS debbano impegnarsi nella costruzione del “PIL verde”; inoltre Eurostat punta ad individuare i conti ambientali più rilevanti nel contesto europeo, da sviluppare prioritariamente.

La Commissione delle Comunità Europee definisce nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento Europeo COM(94) 670 una strategia per integrare l’informazione statistica su economia e ambiente (Commissione delle Comunità Europee, 1994). L’orientamento di fondo è concentrare il lavoro nel medio termine su pressioni ambientali e risposte del sistema economico – in particolare attraverso strumenti come la NAMEA (Eurostat, 2009a) e il SERIEE (Eurostat, 1994) – collocando in un orizzonte temporale di più ampio respiro i lavori tesi a migliorare le conoscenze metodologiche per la valutazione del danno ambientale; ciò che si prefigura è un sistema di contabilità ambientale di tipo satellite e non un calcolo del “PIL verde”. Per dar seguito a questa impostazione, il primo passo di Eurostat consiste nel delineare, tra il 1994 e il ‘95, un piano di azione su cui attivare i contabili nazionali dei paesi membri; a tal fine viene costituita una task force ristretta che include l’Istat. Dopo che per anni il dibattito si è sviluppato in buona parte tra economisti ed esperti di statistiche ambientali, scende dunque in campo la contabilità nazionale e si apre un periodo che vedrà i paesi membri dell’Ue ed Eurostat all’avanguardia.

A seguito della comunicazione COM(94) 670, si mobilita il sostegno finanziario della DG Environment, favorendo la stipula di numerosi “grant agreement” tra Eurostat e INS, che danno luogo all’avvio sistematico della costruzione di conti ambientali nei paesi membri attraverso progetti pilota. L’Istat, attivo in tutti i gruppi di lavoro e task force di Eurostat, si aggiudica finanziamenti in diverse tornate, arrivando in un caso ad ottenere quasi due terzi dei “grant agreement” offerti da Eurostat agli INS. A ciò si aggiungono anche finanziamenti accordati all’Istituto dal Ministero dell’ambiente. L’Istat realizza così una serie di progetti pilota che fanno dell’Istituto un’avanguardia

metodologica nel contesto europeo1.

In prossimità dell’adozione del SEEA 2003 Eurostat, dopo aver maturato una consistente esperienza in sinergia con gli INS dei paesi membri attraverso gruppi di lavoro e progetti pilota, avvia una riflessione strategica sull’implementazione del manuale internazionale nel contesto europeo. Una task force di alto livello, di cui l’Istat fa parte, lavora alla definizione della prima Strategia europea per la contabilità ambientale (ESEA); quale specifico contributo alla definizione della strategia, nel 2001 l’Istat realizza congiuntamente con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio una Tavola rotonda sulla domanda di contabilità ambientale in Italia. L’ESEA, adottata nel novembre 2003, è focalizzata sui bisogni degli utilizzatori e su conti ambientali relativi a tematiche prioritarie idonei a soddisfare tali bisogni attraverso un uso efficiente dei dati di base esistenti (Eurostat, 2003a).

Seguendo le priorità dell’ESEA, Eurostat sviluppa insieme agli INS metodologie operative che consentono di passare dalle linee guida del SEEA 2003 alla loro implementazione. Viene messa a punto una manualistica articolata su varie tematiche,

1

I principali risultati sono testimoniati nella collana Annali di statistica (Istat, 1999; 2003 e 2009).

14 Marisa Civardi e Cesare Costantino dalle imposte ambientali ai flussi di materia, dalla spesa ambientale alle foreste, dalle risorse del sottosuolo alle eco-industrie (Eurostat, 2001a,b; 2002a,b,c; 2003b; 2005; 2007); inoltre, grazie al progressivo avvio della raccolta di dati di contabilità ambientale presso i paesi membri – in particolare su spese ambientali, foreste, emissioni atmosferiche, imposte ambientali e flussi di materia – l’ufficio di statistica dell’Ue realizza le prime pubblicazioni di dati riferiti all’Europa.

La crescita della contabilità ambientale nel Sistema statistico europeo (ESS) trova un nuovo supporto con la costituzione nel 2005 del DIMESA, il gruppo di lavoro di Eurostat che raccoglie i direttori nazionali cui fanno capo statistiche e conti

ambientali1. All’indomani della Conferenza “Beyond GDP” del 20072 sono maturi i

tempi per una revisione dell’ESEA, essendo stati definiti i metodi per la compilazione di diverse tavole standard ed accumulati i risultati di numerosi progetti pilota condotti dai paesi membri; viene così adottata l’ESEA 2008 (Eurostat, 2008), messa a punto da una task force ristretta di cui l’Istat di nuovo fa parte. I principali obiettivi della nuova strategia sono dare priorità alla produzione su base regolare di un nucleo fondamentale di conti ambientali a scala europea e il mantenimento e l’espansione della contabilità ambientale presso gli INS assicurando armonizzazione, tempestività e buona qualità dei dati. Priorità viene data ai conti relativi ai flussi, prevedendo in primo luogo la costruzione di MFA, conti NAMEA delle emissioni atmosferiche e conti della spesa per la protezione dell’ambiente secondo il SERIEE. Nel medio termine sono previsti conti di tipo NAMEA per l’energia e per i rifiuti e l’estensione dell’informazione economica sull’ambiente a tasse e sussidi ambientali disaggregati per attività economica; rientrano invece in un’ottica di lungo periodo tematiche come le eco-industrie, la spesa per l’uso e la gestione delle risorse naturali, conti di tipo NAMEA per l’acqua e MFA disaggregati per attività economica. Sono elementi essenziali della strategia il sostegno alla revisione del SEEA 2003 e la cooperazione con l’EEA in materia di contabilità degli ecosistemi e dell’uso del suolo e il supporto alla stessa agenzia europea nell’uso di dati di contabilità ambientale a scopi di analisi e ricerca. È infine considerata un’area importante di lavoro la questione della produttività delle risorse, in sinergia con l’OCSE. Ma il fatto più nuovo è la raccomandazione di stabilire una base legale per la contabilità ambientale per la trasmissione obbligatoria di dati ad Eurostat, presupposto per la mobilitazione delle risorse necessarie a stabilire un sistema per la compilazione dei conti su base regolare.

6.3

Sviluppi specifici in Italia

In Italia, parallelamente agli sviluppi nell’ambito della comunità statistica internazionale, comincia a manifestarsi più forte alla vigilia del nuovo millennio l’interesse dei decisori politici per i conti ambientali. Dopo una stagione di generici riferimenti all’importanza della contabilità ambientale quale strumento necessario per lo sviluppo sostenibile – come ad esempio nel “Piano Nazionale per lo sviluppo

1

Dal 2009 il mandato del gruppo viene esteso per coprire anche le statistiche regionali e l’informazione spaziale.

2

La Conferenza è organizzata da Commissione Europea, Parlamento Europeo, Club di Roma, OECD e WWF.

L’estensione della contabilità nazionale per includere gli aspetti sociali ed ambientali 15

sostenibile in attuazione dell’Agenda 21” del 19931 – la “Strategia d’azione ambientale

per lo sviluppo sostenibile in Italia” del 2002 riafferma il potenziale dei conti ambientali quale strumento da affiancare a quelli tradizionalmente usati per misurare la ricchezza economica del Paese e, nel porre l’accento su uso sostenibile delle risorse naturali e dematerializzazione, chiama in causa in particolare la contabilità dei flussi di materia. Nel Rapporto sullo stato dell’ambiente comincia a trovare spazio una maggiore informazione proveniente dalla contabilità ambientale; inoltre, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio sponsorizza la messa a punto da parte dell’Istat di linee guida per riclassificare i rendiconti delle amministrazioni pubbliche al fine di individuare la spesa pubblica per la protezione dell’ambiente (Istat, 2007).

In vista di realizzare una convergenza crescente tra domanda e offerta di informazione statistica, tra il 2004 e il 2009 si sviluppa in più fasi una collaborazione tra l’Istat e il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione (DPS), diretta ad orientare ex ante verso i reali bisogni dei decisori l’offerta di informazione statistica. Attraverso un confronto tecnico tra gli esperti sul versante dell’offerta di conti ambientali e quelli sul versante dei potenziali utilizzatori, tale esperienza fa emergere l’importanza attribuita dai decisori alla realizzazione di conti ambientali anche a livello territoriale, in particolare regionale. Sulla base di considerazioni relative sia alla utilizzabilità e rilevanza dell’informazione per le politiche di sviluppo sia alla fattibilità tecnica e finanziaria della produzione di dati di contabilità ambientale a scala regionale, la priorità più elevata viene attribuita agli aggregati NAMEA e ai dati di spesa ambientale. Alle indicazioni emerse da questa esperienza congiunta Istat-DPS fa seguito la realizzazione da parte dell’Istituto di conti delle emissioni atmosferiche per tutte le regioni italiane e di dati relativi alla spesa ambientale delle amministrazioni regionali.

Ma le iniziative di maggiore spicco sono di natura legislativa ed accompagnano per un lungo periodo lo sviluppo della contabilità ambientale in Istat. Nel 1998 un disegno di legge di iniziativa parlamentare avvia un dibattito politico destinato a durare fino ad oggi, che per un decennio coinvolge organi costituzionali, o a rilevanza costituzionale, quali CNEL, Parlamento e Governo. L’obiettivo è introdurre un sistema di bilancio e contabilità ambientale nella pubblica amministrazione ai vari livelli di governo, basato sull’utilizzo di conti ambientali da produrre nell’ambito del Sistema statistico nazionale. Approvato in Senato, il disegno di legge giunge alla Camera dei Deputati, ma l’iter si interrompe per fine legislatura. La proposta viene poi reiterata nel 2001 e ancora nel 2004, di nuovo senza esito, ma qualche anno dopo il DPEF 2007-2010 considera la possibilità di adottare un sistema di contabilità ambientale nell’ambito del bilancio dello Stato e degli Enti territoriali. Infine il Governo presenta al Parlamento nel 2007 un disegno di legge delega per l’istituzione di un sistema integrato di contabilità ambientale, fondamentalmente simile alle proposte di legge che lo hanno

preceduto2; l’iniziativa governativa però si esaurisce anch’essa con la fine della

legislatura. Successivamente il dibattito continua sul piano della sperimentazione, limitatamente a quanto prefigurato per la scala locale.

1

Cfr. Ministero dell’ambiente (sito web). 2

16 Marisa Civardi e Cesare Costantino

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Oltre il PIL con il SEEA 2012 e il regolamento europeo