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PROCEDIMENTO PENALE ITALIANO

7. Segue: d) la mancanza di indicazioni sui criteri d

individuazione, scelta e nomina del’intermediario linguistico.

Altra lacuna della normativa sull’interprete attiene alla scarsa attenzione dedicata all’affidabilità dei risultati della prestazione linguistica(314). Infatti, non vi è alcuna norma, nel codice di rito, dalla quale l’autorità procedente possa trarre utili indicazioni sui criteri di individuazione, scelta e nomina del soggetto che presterà l’opera di intermediazione linguistica.

Tale vuoto normativo(315), richiede attenzione in ragione dei rischi e degli inconvenienti derivanti dalla discrezionalità nella nomina dell’interprete e dal libero apprezzamento dell’autorità

(311) V. Cass., 1° dicembre 2000, M., in C.E.D. Cass., 219058. (312) Così Cass., sez. un., 24 settembre 2003, Z., cit.

(313) Ancora Cass., sez. un., 24 settembre 2003, Z., cit. (314) In questi termini G.DE FAZIO, voce Interprete, cit., 220.

(315) Così F.CORDERO, Codice di procedura penale, II ed., Torino, 1992, 170.

giudiziaria sulla sussistenza delle capacità professionali e delle cognizioni inerenti il compito che l’interprete è chiamato a svolgere.

Peraltro, il rischio di far ricadere la scelta su soggetti privi degli adeguati requisiti di professionalità è sempre più alto in considerazione della crescente presenza di stranieri nelle aule di giustizia italiane: spesso si rende necessario reperire interpreti a supporto di soggetti parlanti lingue di rara o rarissima divulgazione nonché dialetti che divergono dalla stessa lingua straniera alla quale appartengono(316).

Una parte della dottrina ritiene necessario evitare che la valutazione concernente l’idoneità dell’interprete venga considerata mera questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito; piuttosto bisogna ancorarne la scelta ad elementi oggettivi(317). Inoltre, tale necessità assume maggiore rilievo se confrontata alla disciplina normativa delineata dal legislatore per la nomina del perito la cui soluzione adottata è diretta a realizzare “la più idonea competenza tecnica e scientifica”(318): “il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra le persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina” (art. 221, comma 1, c.p.p.). Tale previsione normativa vincola la designazione del

(316) Cfr. P.P.RIVELLO, La struttura, la documentazione e la traduzione degli atti, cit., 256.

(317) Testualmente D. CURTOTTI NAPPI, Il problema delle lingue nel

processo penale, cit., 402.

tecnico al contesto degli albi istituiti presso ogni tribunale (art. 67 disp. att. c.p.p.) così da comprimere entro un ambito più ristretto la discrezionalità del giudice attraverso una predeterminazione di nominativi tra cui effettuare la scelta, garantendo che essa sia limitata ad individui dotati di sufficienti competenze tecniche; anche se, poi, è la stessa norma in esame ad evitare di appiattire e bloccare il meccanismo di nomina su meri requisiti formali, che rischierebbero di rilevarsi inadeguati a fronteggiare i casi di necessità di indagini in materie di accentuata specializzazione o decisamente nuove, consentendo al giudice dei margini di discrezionalità di manovra(319).

Una simile architettura normativa potrebbe essere recepita pure nella determinazione dei criteri da seguire ai fini della nomina della persona cui affidare l’incarico di interprete. Del resto, tale figura risulta accostata a quella del perito sia dal punto di vista funzionale atteso che ambedue rendono un contributo tecnico-scientifico utile alla formazione del convincimento del giudice, sia dal punto di vista delle analogie intercorrenti tra le due discipline normative: nel processo penale, tanto l’assunzione dell’ufficio di interprete quanto quella del perito risultano impedite da eguali cause di incapacità ed incompatibilità (artt. 144 e 222 c.p.p.) e si assoggettano ad una similare procedura di astensione e ricusazione (artt. 145 e 233 c.p.p.).

(319) In questi termini D.CURTOTTI NAPPI, Il problema delle lingue nel

Alla luce di quanto argomentato appare ragionevole chiedersi perché l’accostamento normativo non possa estendersi pure alla previsione di analoghi presupposti di nomina. Ciò, in sostanza, si tradurrebbe nel prevedere anche per la designazione dell’interprete una procedura formale in virtù della quale il giudice possa scegliere e nominare l’esperto del linguaggio soltanto tra gli iscritti negli appositi albi istituiti presso i tribunali. Attualmente, nel nostro Paese non esiste un Albo degli interpreti e traduttori, i quali sono compresi nell’Albo dei consulenti tecnici e dei periti (come previsto dagli artt. 13 disp. att. c.p.c. e 67 disp. att. c.p.p.), insieme ad altre figure professionali appartenenti alle categorie più svariate, dalla medicina legale alla grafologia. Più precisamente, esistono due tipi di Albo: uno tenuto presso il tribunale civile, denominato Albo dei consulenti tecnici e uno istituito presso il tribunale penale definito Albo dei periti. Per quanto concerne l’Albo dei periti, ai sensi delle norme di attuazione disposte al riguardo, “possono ottenere l’iscrizione all’Albo le persone fornite di speciale competenza nella materia” per la quale si propongono come esperti (art. 69, comma 1, disp. att. c.p.p.). Per l’inserimento nel registro sono richiesti “titoli e documenti attestanti la speciale competenza del richiedente” (art. 69, comma 2, disp. att. c.p.p.), nonché requisiti di carattere giuridico e amministrativo (art. 69, comma 3, disp. att. c.p.p.). Un comitato provvede ogni due anni alla revisione del registro, al fine di cancellare gli iscritti non ritenuti più idonei o per i quali sia

“sorto un impedimento ad esercitare l’ufficio di perito” (art. 68, comma 4, disp. att. c.p.p.). Inoltre, per coloro che non abbiano atteso gli obblighi derivanti dal conferimento dell’incarico, possono essere disposte, su segnalazione dell’autorità procedente, la sospensione per un anno dall’Albo o la cancellazione dallo stesso (art. 70, comma 1, disp. att. c.p.p.).

Per poter svolgere la professione di interprete forense le regole di iscrizione all’Albo dei periti (ma anche a quello dei consulenti tecnici) variano, talvolta notevolmente, da città a città, con gravi conseguenze di ogni genere.

Se in molti tribunali i madrelingua degli idiomi meno diffusi vengono iscritti all’albo perfino senza titoli o comunque senza una sufficiente conoscenza della lingua italiana, è vero che il giudice può nominare “come perito un esperto non iscritto negli Albi” (art. 67, comma 3, disp. att. c.p.p.), indicando “specificatamente nell’ordinanza di nomina le ragioni della scelta” (art. 67, comma 4, disp. att. c.p.p.). In conseguenza di ciò, i tribunali non differenziano gli interpreti inseriti nell’Albo dei periti da quelli non iscritti. La cancellerie non consultano detto registro per procedere alle nomine degli intermediari. Dispongono, piuttosto, di una lista informale di nominativi a cui corrispondono soggetti che hanno previamente dimostrato di avere una certa competenza linguistica. I nomi hanno spesso specificazioni del tipo: “moglie di” o “cognato di” e indicazioni riguardo alla disponibilità di eseguire traduzioni.

Orbene, la situazione si presenta caotica e rende impellente l’istituzione di un “Ordine professionale dei traduttori e interpreti”. Tuttavia, le svariate proposte di legge(320) presentate in Parlamento al fine di valorizzare e definire le diverse competenze di interpreti e traduttori, garantendo loro un’adeguata tutela sul piano giuridico, professionale ed economico non hanno avuto seguito. In tale contesto merita di essere segnalato che l’onorario degli interpreti forensi é considerato “disastroso”. Nell’attesa di un Albo professionale che possa disporre compensi più calibrati rispetto alla difficoltà del ruolo dell’intermediario linguistico in ambito forense, i parametri delle retribuzioni vengono fissati a livello normativo e saltuariamente adeguati al variare del costo della vita. Il primo provvedimento in materia è la legge n. 319 dell’08/07/1980 che regola i “compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria”. È in questa sede (ex art. 4) che si stabilisce di commensurare gli onorari degli intermediari linguistici al tempo impiegato per l’espletamento dell’incarico: il compenso viene calcolato in base al sistema della vacazione (corrispondente a due ore di lavoro), ad oggi ancora valido. L’art. 10 della suddetta legge dispone la possibilità di un adeguamento triennale degli onorari, in relazione alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo, così come accertata dall’ISTAT. In realtà, in

(320) Il riferimento è ai Disegni di legge: n. C 766 presentato il 12 giugno 2001 (XIVa legislatura), n. C 1360 presentato il 13 luglio 2006 (XVa legislatura) e n. C 801 presentato il 7 maggio 2008 (XVIa legislatura).

diciassette anni gli aggiornamenti sono stati attuati solamente tre volte. L’ultimo in ordine di tempo segue quelli del 1988 e 1997 e trova applicazione con il Decreto del Ministero di Giustizia approvato il 30/05/2002, riferimento dell’attuale sistema di calcolo per i compensi degli interpreti forensi: a loro spettano 14,68 euro per la prima vacazione e 8,15 euro per ciascuna delle successive.

Per le prestazioni di eccezionale importanza e complessità rimane tuttora valido l’art. 5 della legge n. 319/1980, secondo il quale nelle suddette circostanze l’onorario può essere aumentato fino al doppio. Questa ed altre variazioni percentuali che aumentino il compenso destinato all’interprete forense sono affidate alla discrezione dell’autorità giudiziaria.

Tale situazione provoca continue lamentele di interpreti forensi, professionisti e non, che prestano il loro servizio per i motivi più svariati, ma di certo non economici. C’è chi continua ad assicurare la propria disponibilità in virtù di un interesse sincero per la professione. Altri (gli extracomunitari in particolare) sono restii ad abbandonare il tribunale in virtù di una maggiore tolleranza che le forze dell’ordine dimostrano di avere nei loro confronti in quanto funzionari dell’ambito forense.

In definitiva, si osserva che né la legge n. 319/1980 né i decreti successivi (compreso quello del 2002) dettano per gli interpreti forensi una disciplina specifica, pur menzionandoli nel titolo. Il loro ufficio viene compreso nella categoria generale delle prestazioni che non rientrano nelle tabelle giudiziarie.

Queste ultime risultano essere particolarmente dettagliate soprattutto nel più recente aggiornamento e riguardano perizie e consulenze tecniche negli ambiti più svariati (da quello amministrativo al chimico tossicologico). Purtroppo l’ennesimo riconoscimento mancato rivela, ancora una volta, la scarsa considerazione di cui godono gli esperti linguistici nella realtà forense del nostro Paese.

Giova segnalare che quanto argomentato riguarda la figura dell’intermediario di tribunale nominato d’ufficio dall’autorità giudiziaria. Gli interpreti di parte, invece, sono contrattualmente vincolati al soggetto che avanza la proposta di assistenza linguistica, il quale si fa carico dell’intermediario dal punto di vista logistico ed economico.

In conclusione, pure per quanto concerne l’individuazione, la scelta e la nomina del soggetto che presterà l’opera di intermediazione linguistica, l’esperienza applicativa denota la necessità di assicurare ulteriori margini di tutela se si vuole che la disciplina riesca a conseguire le finalità ipotizzate. E non può mettersi in dubbio che questo risultato sia pregiudicato in partenza tutte quelle volte in cui - e per la prassi è la normalità - l’individuazione delle persone da utilizzare quali interpreti risponda a criteri di urgenza e di praticità e non a quelli di professionalità e capacità(321)

(321) In questi termini L. KALB, La nuova sfida della direttiva 2010/64: un’assistenza linguistica di “qualità” per lo svolgimento di un procedimento effettivamente “equo”, Sezione II, Il rafforzamento del diritto e gli effetti nell’ordinamento italiano, in AA.VV., «Spazio europeo di

8. Segue: e) l’esigenza dell’assistente linguistico negli