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Segue Mancata determinazione del prezzo tra meccanismi di conclusione

L’analisi dei criteri di determinazione del prezzo in mancanza di previa fissazione di esso da parte dei contraenti è fondamentale per stabilire le conseguenze connesse alla mancata determinazione. Qualora le parti, malgrado l’indicazione dei criteri suppletivi posti dall’articolo 1474 c.c., non abbiano provveduto a determinare il prezzo, si pongono importanti questioni legate alla sorte del contratto. Può essere sostenuto, in tal caso, che il contratto sia stato concluso? È, quindi, possibile individuare il momento a partire dal quale il contratto passa dalla fase delle mere trattative alla sua conclusione? Oppure esso, mancando un elemento essenziale dell’accordo quale il prezzo, non può dirsi concluso?

Come per le tematiche inerenti l’oggetto del contratto, il dibattito della dottrina sul punto è vivo e gli orientamenti variegati. Accanto a chi ritiene che si sia in presenza di vera e propria mancata formazione dell’accordo contrattuale 245, si pone chi ritiene più

corretto, in questi casi, ricollegare al contratto privo di prezzo determinato e

245 C. M. BIANCA, La vendita e la permuta, cit., p. 461, il quale ritiene che «il prezzo che non è

determinabile in base alle indicazioni convenzionali né in base ai criteri legali è assolutamente incerto. L’assoluta incertezza del prezzo rende incerto l’oggetto della vendita ed esclude la perfezione del vincolo contrattuale». Unico caso, secondo la suindicata dottrina, in cui la vendita può considerarsi conclusa risiederebbe nell’eventualità in cui le parti abbiano già stabilito i criteri cui attenersi per la successiva

determinazione. Sul problema della formazione del contratto, si vedano: V. SCIALOJA, Sull’art. 37 del cod. di comm., in Riv. dir. comm., 1909, I, p. 479 ss.; A. CANDIAN, Questioni in tema di formazione dei contratti, in Riv. dir. comm., 1926, I, p. 854 ss.; I D., Punti riservati e formazione del contratto, in Temi, 1957, p. 117 ss.; F. CARNELUTTI, Formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1916, II, p. 308 ss.; I D., Ancora sulla formazione progressiva del

contratto, in Riv. dir. comm., 1917, II, p. 339 ss.; P. GALLO, Trattative precontrattuali e perfezionamento del contratto, in

Giur. compl. Cass., sez. civ., 1954, II, p. 160 ss.; P. SCHLESINGER, Complessità del procedimento di formazione del

consenso ed unità del negozio contrattuale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1964, II, p. 1345 ss.; G.B. FERRI, In tema di

formazione progressiva del contratto e di negozio formale “per relationem”, in Riv. dir. comm., 1964, p. 192 ss.; I D.,

Considerazioni sul problema della formazione del contratto, in Riv. dir. comm., 1969, I, p. 187 ss.; P. VITUCCI, Contenuto minimo e conclusione del contratto, in Foro pad., 1968, p. 481 ss.; I D., I profili della conclusione del contratto, Milano,

1968, passim; A. FUSARO, Questioni in tema di contratto, in Riv. dir. comm., 1984, II, p. 187 ss.; I D., In tema di formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1985, II, p. 201 ss.; A.M. PERRINO, Intese e procedimento

formativo del contratto, in Rass. dir. civ., 1998, II, p. 546 ss. Nella manualistica cfr., in particolare, F. GALGANO, Il

negozio giuridico, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, vol. III, t. I, Milano, 1988, p. 60 ss.;

F.CARRESI, Il contratto, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, vol. XXI, t. II, Milano, 1987, p. 704 ss.; E. ROPPO, Contratto, in Dig. disc. priv., sez. civ., IV, Torino, 1990, p. 107 ss.; C.M. BIANCA, Diritto

civile, III, Il contratto, Milano, 2000, p. 228; G. OSTI, Contratto, in Noviss. Dig. it., IV, Torino 1957, p. 513 ss.; R.

SCOGNAMIGLIO,Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma,

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determinabile la vera e propria inesistenza di esso 246. Così, contrariamente alle ipotesi di

impossibilità e di illiceità, l’indeterminatezza dell’oggetto si risolverebbe in una vera e propria causa di inesistenza del contratto. Il motivo risiederebbe nel fatto che mancherebbe il c.d. “contenuto minimo essenziale” necessario perché il contratto possa essere ritenuto valido.

In realtà, il riferimento al contenuto minimo contrattuale è stato utilizzato non tanto ai fini dell’esistenza o validità del vincolo contrattuale, ma come indice dell’avvenuta conclusione del contratto. In questa ottica, esso è concluso soltanto

quando l’accordo delle parti si è palesato sulle sue clausole essenziali 247. L’eventuale

mancato raggiungimento dell’accordo sulle clausole c.d. accessorie non incide sulla conclusione del contratto, ma le parti possono liberamente decidere nel senso di subordinare l’obbligatorietà degli effetti al raggiungimento dell’accordo su elementi secondari248.

246 F. CARRESI, Il contratto, cit., p. 227, ritiene che «se non può parlarsi di raggiunto accordo fino a

quando non sia stato determinato quello che è stato definito come il “minimo contrattuale”, bisognerà concludere che, a differenza della impossibilità e della illiceità, l’indeterminatezza si risolve in una causa di vera e propria inesistenza del contratto».

247 Cfr. F.CARNELUTTI, Formazione progressiva del contratto, cit., p. 310, che pone l’interrogativo centrale

ai fini della risoluzione del problema: «Quali sono i punti sui quali il conflitti di interessi deve essere regolato dalle parti,

perché possa sorgere tra di esse un contratto efficace? Si potrebbe chiamarlo il problema del contenuto minimo del

contratto». Di qui, la necessità di distinguere tra elementi essenziali e secondari (o accessori), ai fini della possibilità di ritenere raggiunto l’accordo negoziale. Secondo V. SCIALOJA, Sull’art. 37 del cod. di comm., cit., p.

479, l’”essenzialità” della clausola è da intendersi non in senso oggettivo (con riferimento al tipo di contratto), ma in senso soggettivo, dovendosi riconoscere che anche elementi astrattamente accessori possono, in concreto, assumere un valore determinante per le parti. «gli elementi essenziali del negozio sono soltanto quelli senza i quali un negozio o non può esistere in generale o non appartiene a quella determinata categoria giuridica; mentre per la formazione di un singolo contratto in concreto può avere per le parti valore decisivo uno degli elementi accidentali e l’ammissione o l’esclusione di uno degli elementi naturali». Contra P. VITUCCI,

I profili della conclusione del contratto, cit., p. 208 ss., rileva come tale impostazione ponesse in ombra «un adeguato

sviluppo di impostazioni più realistiche, quale quella che concretamente poneva di considerare quali punti fossero stati trattati dalle parti e quali non lo fossero stati, e nell’ambito dei primi quale fosse la portata di una riserva e quale il modo di apporla».

248 F.CARNELUTTI, Formazione progressiva del contratto, cit., p. 317 ss., nonché I D., Ancora sulla formazione

progressiva del contratto, cit., p. 339 ss., sosteneva che il contratto si perfeziona per il semplice raggiungimento del

consenso sugli elementi essenziali. Una volta intervenuto l’accordo delle parti su tali elementi, la riserva sui punti accessori non impedisce né sospende la formazione del contratto; si potrà, al più, far dipendere la formazione dall’avverarsi di una condizione sospensiva, consistente nel raggiungimento dell’ulteriore accordo sulla sua clausola accessoria. Si tratterebbe, in sostanza, di un “contratto perfetto sotto condizione”. Tale volontà dovrà comunque essere chiaramente manifestata dalle parti e non ritenuta implicita nella riserva di accordo futuro.

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Diversamente, si sostiene 249 che, perché il contratto possa dirsi concluso, è

necessario che l’accordo sia raggiunto su tutti i punti oggetto di trattativa, essenziali e secondari250.

Le disparità di posizioni dottrinarie nascondono le conseguenze di una confusione di piani, che necessitano di una separazione logica e strutturale, tra formazione del contratto e determinazione del contenuto di esso: altro è parlare di momento perfezionativo del contratto – e, quindi, valutare se è stato raggiunto il consenso su un determinato assetto di interessi – altro è apprezzare il grado di completezza dell’intervenuto accordo. «L’aspetto determinante della formazione del contratto va individuato nell’accordo e non nel contenuto e nella sua completezza»; da un lato, «vi può essere un accordo che si realizza su un contenuto incompleto», dall’altro, «può essere stata predisposta dalle parti una completa regolamentazione di interessi non ancora sorretta, però, da un accordo che sia espressione della volontà di contrarre»251.

249 Cfr. in questo senso F. MESSINEO, Il contratto in genere, cit., p. 344; A. CANDIAN, Questioni in tema di

formazione dei contratti, cit., p. 855; P. GALLO, Trattative precontrattuali e perfezionamento del contratto, cit., p. 160, per il quale «il contratto può dirsi perfetto ed impegnativo soltanto quando i contraenti abbiano raggiunto l’accordo su tutti, indistintamente, gli elementi che concorrono a costituirlo. (…) Né potrebbe, rettamente, farsi una distinzione tra clausole principali e clausole accessorie del contratto, nel senso che, raggiuntosi l’accordo degli interessati sulle prime, ciò sia sufficiente per costituire un contratto valido. Una distinzione tra elementi essenziali e non essenziali del contratto non è ammissibile, né lecita a questo proposito. Se le parti stabiliscono che per completare la regolamentazione dei loro interessi, occorre raggiungere l’accordo, oltre che sui punti essenziali, anche su altri elementi secondari della convenzione, i quali siano parimenti oggetto di dibattito tra loro, è indispensabile che il consenso si formi anche su questi ultimi elementi per potersi ritenere perfezionato il contratto».

250 Conferma della necessità che l’accordo investa tutti i punti, essenziali e secondari, dell’accordo si

trarrebbe anche dal dato legislativo: l’art. 1326, ult. co., c.c. stabilisce che un’accettazione non conforme alla proposta equivale a una controproposta, indipendentemente dalla rilevanza assunta nell’economia del contratto dai punti nei quali si concreta la non conformità. Cfr. D. VALENTINO, Globalizzazione economica e

disorder of law. Un esempio: la battle of forms e il principio del mirror-immage rule, in Contr. e impr., 2010, p. 392 ss., là dove l’A. afferma, in particolare, che «non si vuole individuare l’incerto confine tra trattative e accordo o tra accordo completo oppure no, ma definire se “il dissenso” (che non si può confondere con una riserva di ulteriori trattative o un rinvio a norme o usi) su alcuni punti non essenziali delle dichiarazioni prodromi che del proponente e\o dell’oblato possa impedire la produzione degli effetti contrattuali».

251 G.B.FERRI, Considerazioni sul problema della formazione del contratto, cit., p. 189 ss., nonché I D., In tema

di formazione progressiva del contratto, cit., p. 204, là dove afferma: «la distinzione degli elementi di un contratto in

essenziali e accessori è distinzione che ha senso fare soltanto quando sia sorto il contratto. (…) Durante le trattative, distinzioni di tal genere non sono possibili. Innanzitutto perché, prima della costituzione di un negozio, la differenza di un elemento essenziale da uno c.d. accessorio è puramente astratta e ha valore eminentemente descrittivo». Si pensi al caso, continua l’A., in cui le parti, essendo d’accordo su un pagamento rateizzato, non riescano ad accordarsi sul numero delle rate e sulla scadenza delle stesse; in una simile ipotesi, soltanto in teoria questi elementi possono essere ritenuti accessori, mentre nella pratica essi possono avere valore decisivo, se non addirittura determinante. Cfr., sul punto, Cass., 2 febbraio 2009, n. 2561, in Foro it., n. 354, là dove sembra orientata nel senso di accertare l’animus contrahendi, ai fini dell’accertamento del

perfezionamento del vincolo contrattuale. La Suprema Corte ritiene, infatti, che ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, sia necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi

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Da altra prospettiva, la giurisprudenza sembra orientata a ritenere che il mancato accordo sull’ammontare del prezzo o la impossibilità di una sua successiva determinazione comporti la conseguenza della nullità o della impossibilità che il contratto possa acquistare giuridica rilevanza252.

Non mancano pronunce nelle quali si sostiene, di contro, il mancato perfezionamento del vincolo contrattuale253.

È da rilevare, però, come entrambe le soluzioni siano superate dalla tendenza a ritenere concluso, valido ed efficace il regolamento di interessi dettato dalle parti contraenti, in un’ottica più ampia e rispondente all’obiettivo di conservazione del contratto, piuttosto che alla declaratoria della sua nullità254.