Capitolo 5: La relazione tra devolution scozzese e Brexit
5.6 Segue la pronuncia della Corte Suprema
Il 24 gennaio 2017 la Corte Suprema, con sentenza “R (Miller)V Secretary of State for Exit The European Union UKSC 5”, si è pronunciata sulla possibilità di attivare l’art. 50 TUE da parte del Governo, confermando, sostanzialmente, quanto stabilito dalla “High Court” di Londra il 3 novembre 2016, respingendo così il ricorso governativo con 8 voti contro 3.
Alla luce di tale pronuncia risultava confermato il principio che, per dichiarare ufficialmente in sede europea la volontà di recedere, ci sarebbe dovuto essere l’assenso del Parlamento.
Il punto centrale sollevato dal Governo, come osservato sopra, riguardava l’interpretazione della Sezione 2 dell’ECA 1972; le disposizioni dell’ECA non escludono, infatti, esplicitamente la possibilità per il Governo di condurre il Regno fuori dai Trattati, conferendo anzi ai ministri dell’Esecutivo la possibilità di stringere accordi e assumere impegni a livello europeo senza la previa autorizzazione delle Camere.
La Corte ha, tuttavia ritenuto che, una decisione come quella di attivare la procedura di fuoriuscita, avrebbe rappresentato un esercizio di potere, di fatto, irrevocabile, inibendo così ogni possibile intervento da parte del Parlamento (par. 92), evidenziando, inoltre, come il recesso dall’Unione avrebbe inciso su tutta una serie di diritti di cui i cittadini del Regno attualmente godono, non potendosi escludere da questo processo l’organo preposto a rappresentarli (par. 83).
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La Corte ha, inoltre, chiarito la questione dell’interpretazione della seconda sezione della ECA (parr. 78-80), sottolineando come sussista una significativa differenza tra la possibilità del Governo di partecipare alla formazione delle norme che vanno a modificare le norme interne del Regno e la sua facoltà di prendere una decisione politica in maniera unilaterale; ciò avrebbe ripercussioni su tutto il sistema costituzionale britannico, non solo dal punto di vista meramente politico.
La Corte, a tal proposito, ha evidenziato come il diritto europeo costituisca a tutti gli effetti una fonte di diritto interno, per cui l’uscita dai Trattati stipulati avrebbe significato l’eliminazione dal sistema costituzionale di una delle sue fonti, rendendo necessaria una ridefinizione interna del sistema delle fonti stesso, così come una definizione delle modalità di uscita dalla Giurisdizione della Corte di Giustizia; sebbene, con il “Great Repeal Bill”, la May si fosse impegnata alla riconversione in diritto interno della gran parte della legislazione europea in vigore.
In definitiva, ad avviso della Corte, questioni di tale rilevanza costituzionale era impensabile che venissero attuate con atti politici del Governo senza la necessaria partecipazione del Parlamento (par. 80), ribadendo, in particolare, (par. 118) come l’effetto di ogni referendum dipenda dal contenuto della legge che lo ha indetto, rilevando come il “Referendum Act del 2015” abbia previsto un referendum a carattere consultivo, il cui esito non può pertanto determinare alcuna modificazione legislativa (par 119).
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Il voto espresso dall’elettorato britannico, secondo la Corte Suprema, doveva essere dunque valutato ed implementato dal Parlamento di Westmister, al quale la Corte ha così conferito nuovo vigore70.
La parte più innovativa della pronuncia è da ricercarsi non tanto nella ragione per la quale le prerogative regie non hanno la forza ed il rango sufficienti per apportare significativi cambiamenti del tessuto costituzionale quanto, invece, nel fatto che dall’attivazione dell’art. 50 TUE consegue un profondo mutamento della Costituzione sul piano delle fonti di produzione del diritto.
Dunque, come già ribadito in dottrina, il dato centrale nelle argomentazioni della Corte risiede a monte, nel perché l’attivazione dell’art. 50 TUE comporterebbe
ex se una radicale modifica della Costituzione.
Asserendo che l’ECA 1972 ha dato vita ad una nuova fonte del diritto, i giudici superano il principio dualista. Una cosa è sostenere che la “section 2” dello Statuto costituzionale in parola operi come un condotto attraverso il quale la normativa europea produce effetti nell’ordinamento interno anche in assenza di atti funzionali al recepimento; del tutto diverso è affermare, come la Corte fa, l’esistenza di un nuovo processo legislativo che, dopo essere stato introdotto nell’ordinamento statale attraverso l’ECA, sia ora indipendente ed autonomo. È
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Cfr. Savastano, “La Corte Suprema ha confermato: bisogna passare da Westmister”, Rivista on line “federalismi.it”, Osservatorio Brexit 19 –25 gennaio 2017, n. 2/2017.
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ammettendo ciò che la Corte si discosta dalla classica impostazione dualista. La sua esistenza come fonte del diritto interno deriva dalla volontà parlamentare espressa nell’ECA 1972 in linea con il principio della sovranità parlamentare, ma il suo funzionamento agisce secondo schemi almeno parzialmente incompatibili con una simile caratterizzazione dei rapporti tra ordinamenti perché i Trattati europei non rappresentano più una fonte di “international law” bensì di “domestic law”; essi sono, infatti, parte del sistema costituzionale britannico non in ragione di un rinvio ad una fonte di produzione sovranazionale, ma perché sono stati pienamente integrati nello stesso dall’ECA 1972 in un modo tale per cui il recesso dall’Unione Europea non produrrà effetti solo sul piano dei rapporti internazionali ma comporterà un vero e proprio intervento di modifica costituzionale71.
Quando la norma comunitaria entra a far parte del diritto britannico non passa più attraverso la “section 2” dell’ECA, che ha già svolto la sua funzione integrandone la fonte, ma si inserisce in via diretta come una qualunque altra disposizione di rango primario. È chiaro, allora, il superamento del concetto dualistico come originariamente inteso72.
71F. ROSA, Westminster First, in DPCE Online, 27 gennaio 2017, reperibile all’indirizzo http://www.dpce.it/westminster- first/.
72 Cfr. Giannello S., Il caso Miller davanti alla UK Supreme Court: i principi del costituzionalismo britannico alla prova della Brexit., in AIC, Osservatorio Costituzionale, cit., pp. 18.
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Quella della Corte Suprema, dunque, non è una sentenza meramente ricognitiva dei principi generali del costituzionalismo britannico quanto, invece, è un esempio d’”interpretazione evolutiva”. Anche se alla fine giunge alle stesse conclusioni della “High Court”, ci arriva attraverso una riformulazione delle relazioni tra l’ordinamento interno e quello europeo, non più totalmente separati come vorrebbe la dottrina più ortodossa, ma strettamente intersecati a livello di fonti del diritto tanto che l’abbandono delle istituzioni comunitarie comporta un significativo mutamento costituzionale: “in tal senso, allora, è corretto affermare che la decisione in parola è destinata a rappresentare una pietra miliare del costituzionalismo britannico anche oltre la Brexit”73.
5.7 La Corte Suprema in merito al coinvolgimento delle amministrazioni