• Non ci sono risultati.

La semiologia del paesaggio: segni e simboli del paesaggio italiano

2. Raccontare i luoghi: la geografia in Rumiz

2.3. La semiologia del paesaggio: segni e simboli del paesaggio italiano

Se tutti i fenomeni di cultura si possono considerare sistemi di segni,70 anche il paesaggio culturalmente caratterizzato può essere analizzato come un sistema di segni.

Partendo dal presupposto che la geografia umanistica si propone di studiare il luogo nella sua rappresentazione – dove per luogo s’intende «quell'oggetto geografico prodotto dalla "strutturazione soggettiva dello spazio"»71–, questo (e il paesaggio riferito ad esso) diviene agli occhi del geografo (ma anche di un autore) una particolare forma di testo, con specifici attributi semiotici che lo rendono leggibile e intellegibile. Tali attributi riguardano appunto non solo gli elementi fisici del paesaggio, ma anche ciò che non è visibile ad un primo sguardo.

[…] "text" can also be something else: for example, the material texture of meanings, experiences, processes, and substances that make the life of places and beings.72

Il paesaggio dunque contiene segni portatori di significato. Oggi tuttavia non è possibile prescindere da un nuovo tipo di paesaggio italiano che non corrisponde né ad uno cittadino né ad uno di campagna: un paesaggio ibrido, diventato tale nel giro di pochi anni – a partire dagli anni ’80 del secolo scorso – (si parlerà in maniera più approfondita del concetto di «megalopoli» nel successivo paragrafo).

Senza essere catastrofisti, è necessario riconoscere che l’Italia

è mutata, che ha conosciuto un’evoluzione accelerata e sconvolgente in relazione a uno scatto storico rapidissimo e probabilmente sbagliato come «marcia ingranata», ma che proprio perciò va indagato nelle sue complesse motivazioni. Le trasformazioni, o più esattamente le mutazioni del paesaggio, vanno cioè correlate alle trasformazioni della vita politca, economica e sociale del paese, delle quali esse sono lo specchio fedele, immediato e vistoso […].73

Gli interventi di questi ultimi anni sono portatori di segni riconoscibili del mutamento economico e sociale di tale periodo. Sono riconoscibili se presi sincronicamente, ma nel momento in cui si pongono in un contesto diacronico e diatopico (in relazione, quindi,                                                                                                                

70Cfr. U. ECO, La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strutturale, Milano, Bompiani, 1994,

p. 191.

71Cfr. intr. in F. LANDO, Fatto e finzione, p. 1, (corsivo nel testo). 72S. IOVINO, Ecocriticism and Italy, p. 3.

con gli elementi preesistenti del paesaggio), allora ne si percepisce la discordanza, poiché, in genere, si tratta di un edificio o un’infrastruttura che «non nasce più da intime relazioni col luogo»74 (nella misura in cui per costruirlo non si utilizza più materiale locale, non corrisponde allo stile architettonico di quel luogo o non è legato alle dinamiche economiche di quel luogo). La discordanza nasce dalla «non leggibilità»75 di un determinato paesaggio. Tale perdita di leggibilità dipende

dai modi non pianificati e un po’ casuali secondo cui l’urbanizzazione è avvenuta. Il discorso rimanda alla persistenza di istituzioni che non sembrano più andare d’accordo con il processo di complessificazione […]. Voglio dire che la complessificazione non significa necessariamente perdita di leggibilità se organicamente si pianifica la città: le New Towns inglesi sono città moderne, ricche di servizi d’ogni genere, eppure sono leggibili perché organicamente progettate, perché in esse c’è una funzionalità distributiva degli oggetti nello spazio rapportata a tutte le esigenze degli individui.76

In Italia la perdita di leggibilità riguarda specialmente la neo-industrializzazione. La fabbrica (o il capannone industriale) costituisce uno dei nuovi elementi del paesaggio italiano: «ripetitivo, vario di dimensioni e di spicco nello spazio»77, non più legato a un corso d’acqua per il recupero di energia, ma indipendente grazie alla disponibilità ubiqua di energia elettrica.

L’utilizzo sempre più massiccio dell’automobile ha incoraggiato lo sviluppo di autostrade ed infrastrutture (stazioni di servizio, svincoli, predelle, raccordi ecc…) ad esse connesse. Oggi si potrebbe dire che tale meccanismo è un cane che si morde la coda: le autostrade sono state costruite per l’uso maggiore dell’automobile, ma oggi non si può fare a meno di essa per la massiccia costruzione di strade ad essa dedicate.

Questi sono solo alcuni dei segni78 del nuovo paesaggio, Turri ne elenca diversi in maniera più dettagliata nel suo saggio dedicato alla semiologia del paesaggio, a cui rimando79. Aggiungo solo un altro elemento (che verrà approfondito nel capitolo dedicato                                                                                                                

74Ivi, p. 53.

75Cfr. ivi, Turri specifica cosa si intende per «leggibilità», ovvero: «il grado di decodificazione dei segni,

[…] l’interpretazione della funzionalità degli oggetti spaziali sulla base dei «codici» che la cultura fornisce. […] il grado di leggibilità dipende sia dalla “cultura” impartita a scuola o dalle esperienze dirette di chi vive in quel luogo, sia da come gli oggetti si evidenziano nel paesaggio, attraverso le loro forme, il loro modo di organizzarsi ecc.», in nota, p. 48.

76Ivi, p. 54. 77Ivi, p. 50.

78 Cfr. anche E. TURRI, Il paesaggio degli uomini: la natura, la cultura, la storia, Bologna, Zanichelli,

2003, in cui chiarisce, in riferimento ai segni del paesaggio, il concetto di iconema: «le parti elementari del paesaggio stesso, che sono come parole di un discorso o brani di musica che vanno a incasellarsi panoramicamente nel tutto, formando l'immagine complessiva di un paese o di una regione.», p. 30.

a Morimondo, il reportage di Rumiz sul fiume Po) che può essere inserito nell’elenco dei nuovi segni del paesaggio, ovvero la diga. Certamente l’Italia ha esperienza secolare in fatto di chiuse o gestione delle acque80, ma quando mi riferisco alla diga intendo indicare quella struttura che, per alimentare le turbine delle centrali idro-elettriche (da cui proviene l’energia ubiquitaria citata poco più sopra), ha fermato ingenti quantità di acque nel loro naturale flusso, mutando considerevolmente il paesaggio idrico a valle della diga.

La rapidità del nuovo sviluppo industriale mostra il modo in cui sono stati assorbiti (o non ancora) i nuovi elementi del paesaggio. La mancanza di leggibilità è dettata anche dalla questione temporale:

Le modificazioni del paesaggio in passato erano lente, erano rapportate al ritmo dell’intervento manuale, paziente, prolungato nel tempo e quindi facilmente assorbibili sia dalla natura che dagli uomini: l’elemento nuovo gradualmente si inseriva nel quadro psicologico della gente. Ma quando l’inserimento, com’è accaduto negli ultimi decenni, è rapido, violento, l’assorbimento avviene con difficoltà o è rimandato alla successiva generazione.81

Probabilmente con la generazione dei millenials (i nati tra gli anni ’80 del secolo scorso e i primi anni 2000) sarà possibile vedere gli effetti di questo recente mutamento del paesaggio italiano. Mi riferisco soprattutto al processo di continuo inurbamento che sta subendo la pianura padana in questi ultimi anni, la Lombardia in particolar modo (come conseguenza dell’Expo di Milano nel 2015 ha subito notevoli interventi sul paesaggio, legati a questo evento di eco mondiale), ma anche il mutamento avvenuto nel Nordest, già notato da Rumiz una decina di anni fa:

Fino agli anni settanta il quadro era impressionante: contadini che non erano mai stati a Padova in vita loro. Di Venezia, neanche parlare: un altro pianeta. Padri- padroni, famiglie di nove, dieci fratelli; continue assenze da scuola per lavorare la campagna. Terre talvolta rosse o anarchiche; una povertà terribile, vissuta con rabbia. Un mondo del Quarto stato, fatto di fame, bestemmie e fatica da spezzare la schiena […]. Oggi il grande nulla tra l’Adige e il Brenta non è più povero, ma resta grigio, triste. La sua trasformazione è stata più violenta che in qualsiasi altro posto del Nordest. Si è affacciato per ultimo alla scorpacciata dello sviluppo, ma proprio per questo sente maggiormente il benessere come fragile ed effimero. Poca cultura; il dialetto usato come un’ossessione, quasi come un’arma estrema di difesa identitaria; le prospettive incerte del domani.82

                                                                                                               

80Basti pensare alla conformazione della pianura veneta e alla sua storia di competenza idrica, ma per un

approfondimento più specifico si rimanda a M. JAKOB, Paesaggio e letteratura, Firenze, Olschki, 2005; M. JAKOB, Il paesaggio (2008), trad. di A. Ghersi, Bologna, Il Mulino, 2009.

81E. TURRI, Semiologia del paesaggio italiano, p. 60. 82P. RUMIZ, La secessione leggera, p. 42.

Tali mutamenti recenti hanno contribuito a formare, entro questo territorio non ancora chiaramente leggibile, un paesaggio della marginalità. Forse proprio questo aspetto può essere utilizzato come chiave di volta per interpretare i nuovi elementi del paesaggio.