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La sentenza della Cassazione n 12546/2019: riflessi dello statuto penale del blogger sul regime di responsabilità del provider.

SULLA RESPONSABILITA’ PENALE DEL PROVIDER

3. La sentenza della Cassazione n 12546/2019: riflessi dello statuto penale del blogger sul regime di responsabilità del provider.

La responsabilità penale del blogger per commenti diffamatori pubblicati sulla piattaforma da costui gestita è stata recentemente oggetto di una sentenza della Corte di Cassazione con cui, per la prima volta apertamente, si è instaurato un parallelismo tra la figura del blogger e del provider. La vicenda portata all’attenzione della Suprema Corte ha ad oggetto due distinte condotte: la prima consiste nella pubblicazione su un blog, da parte del gestore dello stesso (appunto, il blogger), di una lettera aperta a contenuto diffamatorio; la seconda, invece, riguarda la pubblicazione, da parte di utenti anonimi, sempre sulla piattaforma gestita dal blogger, di innumerevoli commenti offensivi nei confronti della vittima della prima condotta diffamatoria, rimossi quasi tre anni dopo la pubblicazione degli stessi.

Richiamando quanto esposto nel paragrafo precedente, è incontroversa la responsabilità del blogger per il reato di diffamazione, aggravato in virtù del terzo comma, per il contenuto diffamatorio da egli stesso pubblicato. Per quanto riguarda, invece, la configurabilità di una responsabilità a titolo di diffamazione a carico del blogger per

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i commenti pubblicati da terzi sulla pagina virtuale da lui gestita, la Corte effettua il seguente ragionamento. Viene, in primo luogo, esclusa la configurabilità di una culpa in vigilando, ex art. 57 c.p., in capo al blogger posta la non assimilabilità del blog90 alla nozione di “stampa”91: i nuovi mezzi informatici di diffusione dell’informazione (quali blog, mailing list, forum di discussione..), infatti, si differenziano dal giornale (anche online) sia dal punto di vista strutturale (mancano la testata, così come la periodicità della pubblicazione, e una figura assimilabile a quella del direttore) che dal punto di vista finalistico (scopo di essi è scambiare opinioni, non raccogliere e diffondere professionalmente notizie)92.

In punto di responsabilità del blogger per concorso omissivo in fatto commissivo altrui, la Corte dinnanzi alle medesime criticità già prospettate nel caso del provider93, abbraccia la tesi, già prospettata da

90 Definito dalla Corte come «una sorta di agenda personale aperta e presente in rete, contenente diversi argomenti ordinati cronologicamente».

91 Cfr. supra, cap. II.

92 Orientamento questo più volte ribadito dalla Corte come, ad esempio, nella sentenza Cass. n. 16751/2018.

93 «Va tuttavia chiarito, per quanto concerne il riferimento nell'atto di ricorso al concorso omissivo nel reato commissivo altrui e al reato omissivo improprio, che entrambe le ipotesi presuppongono l'obbligo giuridico di impedire l'evento collegato ad una posizione di garanzia. Condizioni necessarie per la ricorrenza di una posizione di garanzia sono: 1. un bene che necessiti di essere protetto, perché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo adeguatamente; 2. una fonte giuridica - anche negoziale - che abbia la finalità di tutelarlo; 3. l'individuazione di una o più persone specificamente individuate, dotate di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, ovvero che siano ad esse riservati strumenti adeguati a sollecitare gli interventi necessari ad evitare che si verifichi l'evento dannoso (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini ed altri, Rv. 248849). Pertanto, ai fini dell'operatività della cosiddetta clausola di equivalenza di cui all'art. 40 capoverso del codice penale, nell'accertamento degli obblighi impeditivi gravanti sul soggetto che versa in posizione di garanzia, l'interprete deve considerare la fonte da cui deriva l'obbligo giuridico protettivo, che può essere la legge, il contratto, la precedente attività svolta o altra fonte obbligante (Sez. 4, n. 9855 del 27/1/2015, Chiappa, Rv. 262440). Nel caso che ci occupa, invece, non è configurabile una posizione di garanzia ed un conseguente obbligo giuridico di garanzia in capo all'amministratore di blog, giacché tale figura

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alcuni in dottrina, della pluralità dei reati: l’amministratore del blog che, giunto a conoscenza di contenuti diffamatori inseriti sulla propria piattaforma digitale, ometta di rimuoverli, li fa propri, finendo per porre in essere ulteriori condotte diffamatorie.

In conclusione, la Corte sembra scindere un’unica condotta in due condotte distinte: la prima consiste nella pubblicazione del post diffamatorio da parte di utenti terzi rispetto al blogger, sulla pagina virtuale dallo stesso gestita; la seconda nella ripubblicazione (o nell’omessa rimozione, la sentenza non lo specifica) del medesimo post ad opera di un soggetto diverso dal suo autore, il blogger94. A seconda che si voglia assimilare la condotta del blogger a una nuova pubblicazione del medesimo contenuto, o all’omessa rimozione del contenuto stesso, si avrebbe la configurabilità, in capo al gestore del blog, del reato di diffamazione in forma commissiva, ovvero in forma omissiva95.

Uno dei passaggi motivazionali più interessanti della sentenza in commento ha ad oggetto il parallelismo che la Suprema Corte, richiamando il caso Maffeis, instaura tra la figura del blogger e quella del provider. Entrambi, infatti, pur svolgendo due attività diverse sia in quanto a struttura che in quanto a professionalità del servizio offerto, si collocano, per così dire, in una posizione strumentale rispetto all’autore del contenuto offensivo-diffamatorio; in altre parole essi mettono a disposizione la piattaforma virtuale sulla quale viene pubblicato il contenuto illecito e attraverso la quale esso può

non è investita da alcuna fonte di poteri giuridici impeditivi di eventi offensivi di beni altrui, affidati alla sua tutela per l'incapacità dei titolari di adeguatamente proteggerli». 94 Cfr. C.PAGELLA, La cassazione sulla responsabibilità del blogger per contenuti diffamatori

(commenti) pubblicati da terzi, in Dir. pen. cont., 17 maggio 2019.

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dispiegare appieno le proprie potenzialità lesive. Sul piano giuridico di responsabilità penale, poi, specificamente, rispetto ad entrambi vengono in rilievo le medesime criticità in punto di configurabilità di concorso omissivo in fatto commissivo altrui, punto questo che consente alla Corte di implicitamente affermare come la soluzione argomentativa della pluralità dei reati e della reiterazione dell’offesa, che essa esplicitamente accoglie per la figura del blogger, si applichi anche al caso provider.

4. Riflessioni e spunti critici sulla figura della pluralità dei reati e