• Non ci sono risultati.

La responsabilità penale dell'internet service provider: spunti critici alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La responsabilità penale dell'internet service provider: spunti critici alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità"

Copied!
78
0
0

Testo completo

(1)

1

Scuola Superiore Sant’Anna

Classe Accademica di Scienze Sociali

Settore di Scienze Giuridiche

LA RESPONSABILITÀ PENALE DELL’INTERNET SERVICE

PROVIDER: SPUNTI CRITICI ALLA LUCE DELLA PIÙ RECENTE

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ

RELATORE

Chiar.ma Prof.ssa Gaetana

Morgante

CANDIDATO

Ilaria Chianca

TUTOR

Chiar.mo Prof. Emanuele

Rossi

(2)
(3)

3

INDICE

DIRITTO E NUOVE TECNOLOGIE INFORMATICHE NELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE... 5

1. Introduzione. ... 5 2. La società dell’informazione e nuove tecnologie ... 7 3. Il diritto nella società dell’informazione: l’informatica del diritto e il diritto dell’informatica. ... 10 4. Reati informatici e reati a mezzo internet. ... 16 5. Breve evoluzione storica del diritto penale dell’informatica. .. 18 LA RESPONSABILITA’ DI INTERMEDIAZIONE E DI

“PUBBLICAZIONE” DI CONTENUTI ILLECITI ONLINE E LA RESPONSABILITA’ PENALE DEL PROVIDER. ... 23

1. Introduzione. ... 23 2. La responsabilità penale del direttore della testata giornalistica telematica. ... 24 3. La responsabilità penale dell’Internet Service Provider (ISP) . 37 L’ EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE DELLO STATUTO PENALE DEL BLOGGER E I SUOI RIFLESSI SULLA

RESPONSABILITA’ PENALE DEL PROVIDER ... 58 1. Introduzione. ... 58 2. La responsabilità penale del blogger per contenuti diffamatori immessi sulla rete. ... 59 3. La sentenza della Cassazione n. 12546/2019: riflessi dello statuto penale del blogger sul regime di responsabilità del

provider. ... 61 4. Riflessioni e spunti critici sulla figura della pluralità dei reati e della perpetuazione dell’illecito. ... 64 Bibliografia ... 74

(4)
(5)

5

CAPITOLO PRIMO

DIRITTO E NUOVE TECNOLOGIE INFORMATICHE

NELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE.

Sommario: 1. Introduzione. 2. La società dell’informazione e nuove

tecnologie. 3. Il diritto nella società dell’informazione: l’informatica del diritto e il diritto dell’informatica. 4. Reati informatici e reati a mezzo internet. 5. Breve evoluzione storica del diritto penale dell’informatica.

1. Introduzione.

Le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), ed internet nello specifico, hanno svolto e continuano tuttora a svolgere un ruolo fondamentale nella società contemporanea. Il web, infatti, è diventato, ormai, uno degli elementi strutturali ed imprescindibili di sviluppo dell'uomo post-moderno e, in quanto tale, concorre in maniera determinante a dare vita e a definire nuove forme di socialità e di comunità. Al centro del sistema contemporaneo si colloca il flusso informativo incessante tra gli utenti della rete, luogo virtuale di scambio, produzione e condivisione di informazioni.

In questo scenario, dinnanzi alle interazioni dell’uomo contemporaneo con lo spazio cibernetico quale luogo di esplicazione

(6)

6

della personalità umana, ha avuto origine la riflessione dottrinale e giurisprudenziale in materia di limiti all’esercizio della libera manifestazione della personalità all’interno del mondo virtuale. A ciò si aggiunga la considerazione per la quale la celerità di espansione delle tecnologie informatiche ha determinato l’urgenza per il diritto di sviluppare nuove regole in modo tale da poter soddisfare la necessità di garanzia dei diritti che si esplicano nella nuova realtà o che sorgono in virtù di essa.

Il presente lavoro, si propone, dunque, di indagare se ed in quali termini possa essere configurabile in capo al fornitore dei servizi internet (il provider appunto) una responsabilità penale in quanto “intermediario” nella commissione di reati – legati alla manifestazione del pensiero ma non solo – da parte dei propri utenti. Il provider, infatti, non solo mette a disposizione dei propri utenti la piattaforma virtuale attraverso la quale i reati vengono commessi, ma fornisce, al contempo, strumenti che consentono al contenuto lesivo di propagarsi attraverso la rete, accrescendone potenzialmente ed esponenzialmente l’offensività.

Per svolgere tale indagine e comprendere pienamente le problematiche penali che il ruolo del provider porta con sé, pare opportuno, preliminarmente, approfondire il contesto in cui il reato informatico generalmente inteso trova realizzazione. Nel presente capitolo sarà necessario, dunque, introdurre le caratteristiche della cd. società dell’informazione; dare conto delle diverse e molteplici interazioni delle tecnologie informatiche dapprima con il diritto in generale e poi con specifico riferimento al diritto penale; infine, esporre sinteticamente i più rilevanti interventi normativi di derivazione sia nazionale che internazionale che concorrono a delineare il diritto penale dell’informatica attualmente in vigore.

(7)

7

2.

La società dell’informazione e nuove tecnologie

.

A partire degli ultimi anni si è assistito ad una profonda e pervasiva rivoluzione tecnologica ed industriale che ha segnato il passaggio dalla società industriale alla società cd. informazionale: il processo di informatizzazione – inteso come l’impiego diffuso e sistematico di macchine nell’elaborazione di informazioni – ha, infatti, contribuito in maniera decisiva alla formazione di un nuovo paradigma sociale e tecnologico a cui ci si riferisce con il termine “società dell’informazione”1. Rispetto alla centralità dell’industria nel XIX secolo e dell’economia nel XX secolo, lo sviluppo economico contemporaneo è strettamente dipendente dal concetto di innovazione che trova il proprio presupposto operativo fondamentale nella veicolazione e diffusione delle informazioni: alla base del progresso scientifico-tecnologico si trova, dunque, non solo la possibilità di accesso, di consultazione, di selezione ed estrazione delle informazioni ma anche, e primariamente, la capacità di relazionarle tra loro e rielaborarle, mediante processi di combinazione e integrazione, per la realizzazione di un bene innovativo. Si viene così a delineare un nuovo modello di produzione e di consumi che genera a sua volta un nuovo mercato, quello dell’informazione, dove le tecnologie informatiche e le reti telematiche rappresentano lo strumento imprescindibile per la

1 Cfr. M.BIASOTTI,G.SARTOR,F.TURCHI, Tecnologie e abilità informatiche per il diritto, Torino, 2018, p. 18.

(8)

8

veicolazione dell’informazione, merce immateriale fondamentale dello sviluppo e della crescita economica contemporanei2.

Il carattere pervasivo delle nuove tecnologie informatiche e comunicative (ICT) ha cambiato sia il mondo della produzione che quello dei consumi dando luogo ad un nuovo mercato dell'informazione3. Tale modello si caratterizza principalmente per la

compresenza dei seguenti elementi: al centro del sistema è posta l’informazione, bene immateriale sulla cui base operano le nuove tecnologie. Le nuove tecnologie, dunque, mediante l’elaborazione e la trasformazione di informazioni di input in informazioni di output, favoriscono l’interconnessione dei sistemi tecnologici e delle loro componenti interne4. Lo stretto collegamento che interessa tali sistemi fa sì che le tecnologie – da intendersi appunto come l’insieme di strumenti e di metodi funzionali all’elaborazione dell’informazione – che ne sono alla base tendano all’uniformazione e alla convergenza. Vengono così ad esistenza sistemi integrati dove una tecnologia fornisce il supporto o l’input per l’impiego di un’altra5.

L’affermarsi della società dell’informazione determina graduali e profonde trasformazioni sociali ed economiche. Per quanto concerne le prime, esse riguardano non solo l’individuo isolatamente

2 Cfr. M.CASTELLS, La nascita della società in rete, Milano, 2002, cap. I, passim.

3 Un’ulteriore riflessione che si innesta sulla teorizzazione proposta in questa sede riguarda quale valore aggiunto possa fornire il capitale umano nei processi produttivi e, più in generale, nella crescita economica. Come osserva P. LÉVY, L’intelligenza

collettiva, per un’antropologia del cyberspazio, Milano, 2002, p. 49, «non c’è niente che si

possa automatizzare meglio e più velocemente del trattamento o della trasmissione di informazioni. […] L’economia verterà – e verte già – intorno a ciò che non si potrà mai automatizzare completamente, intorno all’irriducibile: la produzione del legame sociale, l’ambito “relazionale”. Non parliamo solo di un’economia delle conoscenze, ma di un’economia dell’umano, più in generale, che includa l’economia della conoscenza come uno dei propri sottoinsiemi».

4 Cfr. M.BIASOTTI, Tecnologie, cit., p. 18. 5 Cfr. ibidem.

(9)

9

considerato6 ma anche le relazioni interindividuali e le modalità comunicative e interazionali7.

Le tecnologie dell’informazione, dall’altro lato, costituiscono un tassello fondamentale della cd. new economy. Uno degli aspetti più evidenti di tale nuova economia è da individuarsi nel rapido sviluppo dell’e-commerce, consistente nell’effettuazione di scambi commerciali attraverso lo sfruttamento delle reti telematiche. La nuova economia, che trova il proprio presupposto nella società dell’informazione, non sfrutta solamente le nuove tecnologie negli scambi telematici: quest’ultime, infatti, consentono l’elaborazione e l’analisi di notevoli quantità di dati da parte delle singole strutture produttive, e la conseguente adozione di decisioni complesse di carattere aziendale o imprenditoriale. Occorre, tuttavia, evidenziare come le stesse soluzioni tecnologiche, che consentono la conduzione delle attività economiche adattandole ai rapidi cambiamenti dei mercati globali, al contempo, proprio perché largamente utilizzate, determinino un’accresciuta complessità delle interazioni stesse e una conseguente difficoltà di anticipare e prevedere le dinamiche economiche future. In sostanza, si viene a creare un meccanismo per cui l’ampia disponibilità a accessibilità di informazioni e di strumenti tecnologici in grado di elaborarle rappresenti soluzione e parte del problema al tempo stesso: l’utilizzo di tali tecnologie diventa cioè una condizione imprescindibile

6 Grazie alle moderne tecnologie, infatti, «l’individuo acquista nuove opportunità di relazioni interindividuali e di partecipazione sociale» potendo egli comunicare con qualsiasi altro individuo a sua volta connesso alla rete tecnologica. «Di conseguenza, l’individuo tende a staccarsi dalle comunità locali, geografiche, di appartenenza, che tendono ad allentarsi e a disgregarsi. Le nuove opportunità offerte dalle comunicazioni tecnologiche comportano la perdita delle certezze offerte dal radicamento nel proprio ambiente socioculturale, e la perdita della garanzia di una propria identità fondata su tale radicamento».

7 Si pensi, ad esempio, all’impatto sociale e antropologico dell’avvento dei cd. social

(10)

10

affinché gli operatori economici possano accedere e restare nel mercato in continua evoluzione, sollecitato dall’intreccio di innovazioni tecnologiche, dinamiche sociali e sviluppo economico.

Le nuove tecnologie, infine, trovano proficua applicazione in settori non propriamente economici delle attività pubbliche e private: l’informatizzazione delle organizzazioni pubbliche, tanto all’interno quanto nei rapporti con i cittadini, delle imprese e degli altri enti ha dato luogo a fenomeni quali l’e-governance8, l’e-government9, l’e-democracy e l’e-participation10.

3. Il diritto nella società dell’informazione: l’informatica del

diritto e il diritto dell’informatica.

Secondo il quadro poc’anzi delineato, l’affermarsi della società dell’informazione porta con sé rilevanti trasformazioni

8 Ovverosia l’impiego delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni nelle attività di direzione, pianificazione e controllo delle organizzazioni, in questo caso, pubbliche.

9 Con l’espressione e-government «si intende comunemente il processo di informatizzazione, della pubblica amministrazione, attraverso il quale è possibile trattare la documentazione e gestire i documenti stessi tramite strumenti digitali, grazie alle strutture proprie dell’ICT allo scopo di rendere più snella ed agevole l’attività degli enti locali e dell’amministrazione pubblica in generale, potendo così offrire più servizi ai cittadini tramite la rete Internet», E. BASSOLI, E-government e privacy, in federalismi.it, 12, 2018, pp. 1 ss.

10 In uno studio sulla democrazia elettronica commissionato dal Parlamento europeo Prospect for e-democracy in Europe, consultabile al link

https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2018/603213/EPRS_STU(201 8)603213_EN.pdf – l’e-democracy viene definita come «the practice of democracy with the

support of digital media in political communication and participation». In questo senso, tra democracy e participation intercorre un rapporto di strumentalità nel senso che l’e-participation, da intendersi come l’uso delle tecnologie informatiche e comunicative al

fine di promuovere la partecipazione dei cittadini alle scelte collettive, è parte necessaria e funzionale dell’e-democracy latamente intesa.

(11)

11

socioeconomiche e, con esse, la nascita di nuovi interessi meritevoli di tutela e di nuovi conflitti che necessitano di disciplina giuridica. È inevitabile, infatti, che il diritto, storicamente preposto ad ordinare la società per assicurare la pacifica convivenza dei consociati e il rispetto dei valori che ne sono a fondamento, reagisca e si evolva a seguito di mutamenti sociali ed economici al fine di preservare intatta la propria funzione.

È bene evidenziare, tuttavia, come il diritto e l’attività giuridica non si limitino a reagire passivamente alle trasformazioni indotte dall’innovazione tecnologica ma al tempo stesso sfruttino essi stessi le tecnologie disponibili, contribuendone a determinare i modi di utilizzo11.

In buona sostanza, il rapporto che intercorre tra diritto e tecnologie informatiche e comunicative – a cui, per comodità, nelle pagine seguenti ci riferiremo semplicemente con il termine “informatica” – è un rapporto duplice e dinamico; duplice perché il diritto sia utilizza le tecnologie informatiche sia ne disciplina l’utilizzo; dinamico perché disciplinandone l’utilizzo il diritto influenza l’atteggiarsi delle soluzioni tecnologiche e ne indirizza l’andamento. Questa complessa rete di relazioni tra informatica e diritto ha dato vita ad un autonomo campo di studio e di disciplina che storicamente si è affermato con la locuzione “informatica giuridica”12. L’informatica giuridica pur

11 «Per esempio, la disciplina della protezione dei dati incide sulla soluzioni tecnologiche adottate nelle attività amministrative, la disciplina giuridica dei beni digitali concorre in modo decisivo nel determinare le forme della produzione e distribuzione di tali beni e così via.», M.BIASOTTI, Tecnologie, cit, p. 21.

12 L’espressione “informatica giuridica” si afferma verso la fine degli anni ’70, dopo un vivace dibattito terminologico che aveva visto ad un certo punto coinvolti anche il CED (Centro Elettronico di Documentazione giuridica istituito preso la Corte di Cassazione a Roma) e l’Accademia della Crusca. In precedenza, taluni autori avevano proposto il termine “Giuscibernetica” (cfr. M. G. LOSANO, Giuscibernetica. Macchine e modelli cibernetici del diritto, Torino, 1969) ovvero il termine “Giuritecnica” (cfr. V.FROSINI, La

(12)

12

presentandosi come una disciplina unitaria, dunque, si compone di due distinti ambiti di interesse: essa indaga da un lato, come il diritto affronti i problemi giuridici dell’informatica e ne regolamenti l’utilizzo – branca questa che prende il nome di “diritto dell’informatica” –, dall’altro, l’uso delle tecnologie informatiche nell’attività del giurista – ambito di interesse cui ci si riferisce con l’espressione “informatica del diritto”13.

L’informatica del diritto, pur essendo un ambito di disciplina in continua espansione, interessa principalmente i settori delle fonti di cognizione del diritto, dei sistemi informativi giuridici, della redazione dei documenti, delle prove informatiche, dell’apprendimento elettronico, dei modelli informatici del diritto, delle determinazioni giuridiche e, infine, della deontologia professionale. Le soluzioni informatiche funzionali all’attività dell’operatore giuridico trovano, poi, applicazione in diversi contesti a seconda della funzionalità che esse esprimono. Si individuano, così, i sistemi di informatica legislativa, di informatica giudiziaria, di informatica amministrativa e di informatica professionale: rispetto a ciascuno di questi settori le tecnologie informatiche propongono soluzioni e metodi funzionali ad agevolare l’attività degli apparati, rispettivamente, legislativi, giudiziari, amministrativi e professionali. Più in particolare, l’informatica legislativa si occupa di sistemi informatici che gestiscono i procedimenti legislativi e mette a disposizione strumenti finalizzati a migliorare il processo di elaborazione (ideazione, redazione e pubblicazione) delle disposizioni normative. L’informatica giudiziaria, invece, fornisce strumenti informatici idonei ad agevolare

13 Cfr. G. SARTOR, Nozione e settori dell’informatica giuridica, in G.PERUGINELLI e M. RAGONA (a cura di), "L' informatica giuridica in Italia. Cinquant'anni di studi, ricerche ed

(13)

13

l’attività degli attori del processo, a facilitare la redazione e la pubblicazione delle sentenze e a gestire le informazioni dei processi pendenti14. L’informatica amministrativa propone e sviluppa metodi informatici per la gestione delle procedure amministrative, l’archiviazione dei provvedimenti e della relativa documentazione, l’accesso ai dati pubblici e i canali comunicativi tra cittadini e pubblica amministrazione. Infine, l’informatica professionale propone sistemi informatici funzionali alla gestione degli uffici, alla trattazione delle pratiche e alla redazione dei relativi atti, alla loro comunicazione e archiviazione15.

L’informatica del diritto si pone, quindi, come principale obiettivo quello di accrescere generalmente l’efficienza del lavoro giuridico: tale macro-funzione viene per lo più realizzata attraverso la realizzazione e l’ottimizzazione di stadi intermedi quali ad esempio la razionalizzazione delle attività giuridiche, l’efficacia assiologica dell’ordinamento nella sua interezza, il perfezionamento metodologico per l’elaborazione delle informazioni giuridiche e l’applicazione delle regole ai casi pratici.

Per quanto riguarda, invece, il diritto dell’informatica esso si prepone principalmente tre fini, di cui uno proibitivo e due positivi: da un lato esso infatti, mira ad evitare che il ricorso alle tecnologie informatiche avvenga in modo tale da violare o aggirare valori

14 Ha suscitato scalpore il progetto, annunciato dal governo estone, di realizzazione e utilizzo cd. “giudice robotico” per la gestione delle cause più semplici e bagatellari. Il Ministero della Giustizia, grazie al ricorso di un pool di esperti, ha ufficialmente riconosciuto e approvato un sistema di intelligenza artificiale in grado di svolgere la funzione di giudice: il sistema ideato prevede che le parti carichino atti e documenti su una piattaforma per poi lasciare ad un algoritmo la decisione della causa, salva la possibilità di fare appello ad un giudice umano.

15 Cfr. supra, I, 2., nt 6, rispetto a quanto esposto in tema di e-governance. Essa, infatti, ha un campo di utilizzo più ampio rispetto all’e-government, potendosi ben applicare sia agli enti pubblici che alle organizzazioni private.

(14)

14

giuridici fondamentali, quali le libertà fondamentali della persona e l’integrità del suo patrimonio; dall’altro, esso si pone come obiettivo quello di risolvere i conflitti di interessi scaturenti dall’utilizzo pervasivo e generalizzato delle nuove tecnologie e promuovere l’impiego delle stesse in maniera funzionale alla realizzazione dei diritti individuali e delle esigenze sociali.

I profili principali e specifici attraverso i quali si esplica il diritto dell’informatica sono costituiti dalla proprietà intellettuale informatica, dalla tutela dei dati, dai documenti digitali, dalla presenza virtuale, dal commercio elettronico, dal governo elettronico e, infine, dai reati informatici.

La proprietà intellettuale informatica nasce per conciliare gli interessi dei produttori e dei fruitori di beni informatici immateriali – quali ad esempio software per computer – favorendo al contempo la diffusione del sapere e del dialogo critico. In tale campo, finora, si è per lo più ricorso agli istituti del dritto d’autore adattati, medianti specifici interventi legislativi, alle specificità dei contenuti digitali.

Quando si fa riferimento, invece, alla tutela dei dati si fa per lo più riferimento al trattamento dei dati personali, ovverosia l’elaborazione e la diffusione di informazioni riguardanti gli individui: rispetto a tale attività gli interventi normativi si sono preposti l’obiettivo di coniugare l’esigenza di tutela di libertà, dignità e riservatezza degli interessati con il diritto all’informazione e alla comunicazione. È opportuno evidenziare come tale campo, considerata la delicatezza e la particolare rilevanza dei valori in gioco, non sia esclusivamente oggetto di previsioni legislative e di codici di autoregolamentazione ma sia sottoposto alla vigilanza di un’apposita autorità amministrativa indipendente, il garante per la protezione dei dati personali.

(15)

15

Per quanto riguarda i documenti digitali, l’intervento normativo si è reso opportuno al fine di stabilire le condizioni di validità giuridica dei documenti digitali e delle firme elettroniche, di dettare regole volte a prevenire abusi e individuare relative responsabilità, di disciplinare l’uso di documenti e supporti informatici quali elementi di prova all’interno del processo.

Il tema della presenza virtuale, la cui rilevanza è oggi accresciuta dalla ben nota emergenza sanitaria che interessa il nostro paese e non solo16, ha posto la problematica di bilanciare le esigenze di libertà e di interconnessione con la tutela dell’identità personale, della sua certezza e di prevenzione di effetti confusori.

Per quanto concerne il commercio elettronico, il diritto si è occupato di disciplinare la formazione e l’esecuzione di contratti telematici al fine di favorirne lo sviluppo tutelando, al contempo, la posizione del consumatore telematico, contraente debole, attraverso la garanzia di diritti di informazione e di agevole accesso ai rimedi giuridici.

La disciplina del governo elettronico, infine, ha ad oggetto i temi dell’accesso all’informazione pubblica, dell’utilizzo dei documenti identificativi elettronici e delle reti nella pubblica amministrazione. In tale ambito, gli interventi normativi sono finalizzati a conciliare l’impiego delle tecnologie informatiche per accrescere l’efficienza e l’efficacia dell’attività amministrativa con le esigenze di trasparenza e sicurezza delle informazioni e delle comunicazioni.

16 Si pensi, ad esempio, ai problemi relativi all’effettuazione e alla gestione delle udienze telematiche e, in particolare, alla certificazione dell’identità delle parti processuali intervenienti, alla garanzia della privacy e della riservatezza delle stesse e, più in generale, alla tutela del contraddittorio.

(16)

16

Il tema dei reati informatici e dei reati effettuati per mezzo degli strumenti informatici, posta la specifica rilevanza che questi ricoprono ai fini della presente trattazione, sarà oggetto di uno specifico paragrafo.

4. Reati informatici e reati a mezzo internet.

L’avvento della società dell’informazione e, con essa, di internet e dei prodotti tecnologici ha fatto sì che, parimenti all’affermarsi di nuove possibilità di innovazione e di sviluppo economico, si accrescessero anche le possibilità di aggredire sia beni giuridici tradizionali che interessi totalmente nuovi, strettamente dipendenti dall’avvento delle nuove tecnologie e anch’essi meritevoli di tutela penale17.

Nel dibattito dottrinale contemporaneo, si usa fare riferimento a tale branca del diritto penale con la locuzione “criminalità informatica”, nella quale rientrano quei fatti criminosi che possono essere commessi attraverso la rete o nel cyberspace18 dall’utente, senza la necessaria presenza fisica della persona umana davanti allo schermo

17 Cfr. I.SALVADORI, L’accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. Una fattispecie

paradigmatica dei nuovi beni giuridici emergenti nel diritto penale dell’informatica in L.

PICOTTI (a cura di), Tutela penale della persona e nuove tecnologie, Padova, 2013, p. 125 ss., p. 149 ss; L.PICOTTI, Sistematica dei reati informatici, tecniche di formulazione legislativa e beni giuridici tutelati, in Il diritto penale dell’informatica nell’epoca di Internet, Padova, 2004,

p. 21 ss., p. 70 ss.

18 Con il termine cyberspace s’intende lo spazio virtuale attraverso il quale e sul quale l’informazione è creata, trasmessa, ricevuta, archiviata, processata ed eliminata: per le proprie caratteristiche intrinseche, esso rende difficoltosa sia la localizzazione delle risorse sia la collocazione cronologica delle attività che possono essere progettate e svolte attraverso operazioni automatizzate. Cfr. definizione di “ciberspazio”

sull’enciclopedia online Treccani, consultabile al link

(17)

17

di un computer. A tali comportamenti lesivi di interessi penalmente rilevanti ci si riferisce mediante l’ampia locuzione dei “reati informatici”. In tale estesa categoria, tuttavia, occorre, effettuare una distinzione tra reati informatici in senso stretto e reati in senso lato19. I primi, infatti, sono caratterizzati per elementi di tipizzazione collegati a processi di automatizzazione di dati o informazioni20: tale circostanza comporta che la connessione in rete e l’utilizzo del cyberspace ne rappresentino il fondamento e il presupposto. Nei secondi, invece, rientrano tutte quelle fattispecie penali che possono essere applicate a fatti che non abbiano le caratteristiche proprie della tecnologia, con la conseguenza che essi possono essere commessi non necessariamente attraverso l’utilizzo della rete o comunque nel cyberspace: essi, per così dire, possono essere qualificati più che come propri reati informatici come reati commessi per mezzo di internet o del ciberspazio21.

I reati informatici in senso stretto, dunque, si caratterizzano per un nuovo bene passivo – meritevole di tutela penale – che la condotta aggredisce oppure per il fatto che il prodotto informatico costituisca, in genere, lo strumento tipico di realizzazione del fatto criminoso22. I

19 Cfr. F. R. FULVI, La Convenzione Cybercrime e l’unificazione del diritto penale

dell’informatica, in dir. Pen. proc., 2009, p. 639 e ss.; R. FLOR, Lotta alla “criminalità

organizzata” e tutela di “tradizionali” e “nuovi” diritti fondamentali nell’era di internet, in Dir. pen. Cont.

20 Cfr.R.FLOR, Lotta, cit., p. 4.

21 L’esempio classico, e che trova un certo riscontro anche nell’esperienza casistica, di reato a mezzo internet è costituito dalla diffamazione (art. 595 c.p.) online. Oppure, ancora, si prenda in considerazione il reato di truffa (art. 640 c.p.), che può essere realizzato attraverso l’invio di email ingannevoli volte ad indurre il destinatario ad effettuare atti di disposizione patrimoniale su conti correnti online.

22 Questi sono anche conosciuti come «”delitti informatici” ovvero di quegli illeciti che devono necessariamente realizzarsi attraverso mezzi informatici o telematici (es. accesso abusivo all’interno di un sistema informatico o telematico, divulgazione di virus informatici) o che hanno ad oggetto un bene informatico (es. contraffazione del software, danneggiamento informatico)», G. CORRIAS, Informatica e diritto penale: elementi per una comparazione con il diritto statunitense, I parte, in Il diritto dell’informazione e dell’informatica, 1987, p.169 ss.; C.SARZANA, Informatica e diritto penale, Giuffrè, Milano, 1994, p.65; L.TRIA, Osservazioni in tema di «reati elettronici», in "Arch. Pen.", 1984, p. 283.

(18)

18

reati informatici in senso lato o a mezzo internet hanno ad oggetto comportamenti criminosi qualificati come illeciti in virtù del mezzo di aggressione e, come tali, realizzabili indipendentemente dalla rete e/o dall’informatica.

In virtù del principio di stretta legalità che vige in materia penale, con la conseguente impossibilità di ricorso all’analogia a fini di incriminazione, il legislatore è gradualmente intervenuto sia per l’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, sia per estendere l’ambito applicativo di altre già esistenti.

5. Breve evoluzione storica del diritto penale dell’informatica.

Il primo segnale di compiuta consapevolezza dell’importanza sociale e giuridica della criminalità informatica è da rinvenire nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 13 settembre 1989: sulla base dei risultati del rapporto elaborato dal Comitato Europeo per i problemi criminali, gli stati firmatari avvertono la necessità di rafforzare le politiche legislative in materia di reati informatici. La Raccomandazione viene stilata prevedendo una lista minima in cui sono indicate le principali condotte della criminalità informatica: rispetto a questi, gli stati si impegnano a adottare disposizioni che ne prevedano l’incriminazione23. Vi è, poi, una lista “facoltativa” di

23 La cd. lista minima riguardava le seguenti fattispecie criminose: la frode informatica, il falso informatico, il danneggiamento dei dati e dei programmi informatici, il sabotaggio informatico, l’accesso non autorizzato, la riproduzione non autorizzata di un programma informatico protetto, la riproduzione non autorizzata di una topografia informatica.

(19)

19

condotte, per le quali è lasciata discrezionalità ai singoli legislatori nazionali circa l’opportunità di prevederne la rilevanza penale24.

La maggior parte delle norme penali riferite all’uso delle tecnologie delle informazioni è stata introdotta nel codice penale attraverso la legge 23 dicembre 1993 n. 5472526: vengono previsti di tredici articoli che introducono nuove ipotesi di reato all’interno del codice penale o ampliano la portata di quelle già esistenti27.

In particolare, l’art. 1 integra l’art. 392 c. p., prevedendo che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose comprenda anche una fattispecie di violenza sulle cose realizzata attraverso il danneggiamento di software o l’impedimento del funzionamento di un sistema informatico.

L’art. 2 interviene in punto di delitti contro l’ordine pubblico, disponendo che si applichi l’art. 420 c.p. (avente ad oggetto l’attentato ad impianti di pubblica utilità) si applichi anche all’ipotesi di

24 Nella cd. lista facoltativa erano invece comprese le fattispecie di alterazione dei dati o dei programmi informatici, lo spionaggio informatico e l’utilizzazione non autorizzata di un programma informatico protetto.

25 Per una specifica e più approfondita trattazione del testo legislativo si rimanda a L. CUOMO –R.RAZZANTE, La nuova disciplina dei reati informatici, Torino, 2009, p. 29 e ss.;

F.RESTA, Virtualità del crimine. Dai reati informatici ai cybercrimes, in L’informatica del

diritto, giur. mer., 2006, 11, pp. 102 ss.

26 Prima di tale intervento organico, il legislatore era intervenuto in materia di fatti informatici sporadicamente o, comunque, con interventi privi di sistematici. In questo senso, si pensi ad esempio agli artt. 4 e 8 dello Statuto dei lavoratori, l. 300/1970 che vietano la schedatura dei laboratori e del controllo a distanza dell’attività lavorativa da essi svolta; all’art. 2, comma VII, della l. 26 gennaio 1983 avente ad oggetto l’alterazione del rilievo fiscale contenuto nello strumento elettronico; all’art. 12 della l. 197/1991 sull’uso indebito di carta di credito.

27 L’approccio del legislatore italiano rispetto alla criminalità informatica è stato ben diverso da quello adottato da altri paesi, come ad esempio è accaduto per gli Stati Uniti con il Counterfeit Access Device and Computer Fraud and Abuse Act, che hanno preferito adottare il modello della legge organica anziché introdurre nuove le nuove fattispecie incriminatrici all’interno dei codici preesistenti, affianco a disposizioni ad esse omogenee per bene prodotto o caratteristiche della condotta criminosa.

(20)

20

danneggiamento o distruzione di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità oppure di dati e del software in essi contenuti.

L’art. 3 aggiunge al codice penale l’art. 491-bis, consentendo la tutela penale del documento informatico, trattandolo, a seconda dei casi, alla stregua di un atto pubblico o di una scrittura privata.

L’art. 4 introduce gli artt.615-ter, quater e quinquies: acquisiscono, così, rilevanza penale le ipotesi di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, la detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso e la diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico.

Gli artt. 5, 6, 7 e 8 hanno ad oggetto l’inviolabilità dei segreti e della corrispondenza. Nello specifico, l’art. 5 integra l’art. 616 c.p. rendendolo applicabile anche alla violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza informatica. L’art. 6, invece, aggiunge tre nuove fattispecie di reato: in primo luogo l’intercettazione, l’impedimento e l’interruzione illecita di comunicazioni informatiche e telematiche (art. 617-quater); in secondo luogo, l’installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies); infine, la falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche e telematiche (art. 617-sexies). L’art. 7 modifica l’art. 621 c. p., che sanziona la rivelazione di segreti, includendo tra i documenti segreti anche i supporti informatici contenenti dei dati.

Con l’art. 8 si introduce l’art.623-ter c.p., una disposizione di chiusura con cui si prevede che il titolo V del codice, relativo ai delitti

(21)

21

contro l’inviolabilità dei segreti, trovi applicazione anche ad ogni altra trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati.

Gli articoli 9 e 10 della l. 547/1993 si occupano dei delitti contro il patrimonio. L’art. 9, infatti, introduce una fattispecie speciale di danneggiamento predicato ai sistemi informatici e telematici (art. 635-bis); il secondo introduce la nuova fattispecie di frode informatica (art. 640-ter).

Gli articoli 11,12 e 13 recano, infine, modifiche al codice di procedura penale28.

Sempre a livello sovranazionale, dinnanzi al rapido sviluppo delle tecnologie informatiche e, con esso, all’accrescersi della potenza lesiva dei reati informatici, il Consiglio d’Europa è giunto all’elaborazione della Convenzione sulla criminalità informatica, ossia sul cd. Cybercrime, stipulata il 23 novembre 2001 ed entrata in vigore nel 2004.

Alla base di tale accordo vi era la consapevolezza che i nuovi fenomeni di criminalità informatica, caratterizzati da una dimensione fisiologicamente transnazionale, potessero essere contrastati efficacemente solo attraverso un approccio unitario e omogeneo che passasse necessariamente attraverso l’armonizzazione delle legislazioni.

28 Nello specifico, l’art. 11 introduce l’art. 266-bis c.p.p., in base al quale sono consentite intercettazioni anche di comunicazioni telematiche e/o informatiche; l’art. 12 va a modificare l’art. 268 c.p.p. prevedendo la possibilità che l’acquisizione delle intercettazioni telematiche e/o informatiche possa avvenire anche avvalendosi di impianti appartenenti a privati; infine, l’art. 13 prevede che all'articolo 25-ter del decreto legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dopo le parole: "e di altre forme di telecomunicazione" si aggiunga la locuzione "ovvero del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici".

(22)

22

In quest’ottica, si era affermata la necessità di adottare nei singoli ordinamenti dei paesi firmatari nuove fattispecie incriminatrici, disposizioni processuali capaci di assicurare effettiva giustiziabilità ai reati previsti, e, infine, norme che consentissero di configurare una responsabilità delle imprese, o più in generale degli enti collettivi, per reati informatici commessi al loro interno. Per questo motivo, oltre alla modifica dei reati introdotti nel codice penale con la legge del 199329, l’aspetto forse più interessante della legge del 18 marzo 2008 n. 48 di ratifica di suddetta Convenzione ha riguardato la prevenzione e la repressione del cybercrime all’interno delle realtà aziendali: essa ha, infatti, ricompreso tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente la maggior parte dei reati informatici30.

29 Nello specifico, in primo luogo, si procede alla modifica dell’art. 615 quinquies, ampliandone il campo di applicazione, pur mantenendo il medesimo trattamento sanzionatorio. La condotta punita consiste nel “procurarsi, produrre, riprodurre, importare, diffondere, comunicare, consegnare, mettere a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici” e l’azione deve essere volontariamente e consapevolmente finalizzata a “danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad essi pertinenti” oppure a “favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento”. In particolare, si procede alla modifica dell’art. 615 quinquies, ampliandone il campo di applicazione, pur mantenendo il medesimo trattamento sanzionatorio. La condotta punita consiste nel “procurarsi, produrre, riprodurre, importare, diffondere, comunicare, consegnare, mettere a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici” e l’azione deve essere volontariamente e consapevolmente finalizzata a “danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad essi pertinenti” e a “favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento”. Si sostituisce il testo dell’originario art. 635 bis c.p. e si introducono ulteriori tre fattispecie (art. 635 ter, 635 quater, 635 quinquies c.p.), in conformità di quanto disposto dalla Convenzione che ha operato una distinzione tra danneggiamento dell’integrità dei dati e danneggiamento dell’integrità del sistema, differenziando inoltre la disciplina anche in relazione alla rilevanza pubblica o meno dell’oggetto della tutela. Accanto a modifiche di diritto penale sostanziale, la legge 48/2008 si è anche occupata di innovare alcune disposizioni di natura processuale. 30 V. sul punto H.BELLUTA, Cybercrime e responsabilità degli enti, in Sistema penale e

(23)

23

CAPITOLO SECONDO

LA RESPONSABILITA’ DI INTERMEDIAZIONE E DI

“PUBBLICAZIONE” DI CONTENUTI ILLECITI ONLINE E

LA RESPONSABILITA’ PENALE DEL PROVIDER.

Sommario: 1. Introduzione. 2. La responsabilità penale del direttore della

testata giornalistica telematica. 2.1. Excursus sulla libertà di stampa e sulla posizione giuridica del direttore della testata giornalistica. 2.2. L’estensione della disciplina dell’editoria e della stampa periodica alle piattaforme informative online. 2.3. La responsabilità del direttore del giornale telematico. 3. La responsabilità penale dell’Internet Service

Provider (ISP). 3.1. I Provider e natura della loro responsabilità giuridica.

3.2. Il d. lgs. 70/2003. 3.3. La (non) configurabilità della responsabilità penale del provider per il modello di incriminazione ex art. 57 c.p. 3.4. La responsabilità penale del provider come responsabilità concorsuale omissiva con specifico riferimento al reato di diffamazione. 3.5. La responsabilità concorsuale dell’hosting provider attivo.

1. Introduzione.

L’obiettivo di indagine del presente capitolo consiste nella configurabilità, in capo al fornitore di servizi internet, di una responsabilità penale per i contenuti illeciti che gli utenti caricano sulla rete. Trattasi, questa, di una responsabilità, per così dire, da

(24)

24

“intermediazione” nel senso che il provider, pur non essendo autore diretto dell’illecito, mette a disposizione la piattaforma virtuale attraverso la quale la fattispecie di reato viene ad esistenza. Nel corso delle prossime pagine, dunque, ci si interrogherà sulla possibile imputazione, in capo al provider, di una qualche responsabilità penale: il percorso interpretativo si svolgerà attraverso l’analisi delle prospettabili incriminazioni dell’ISP alla stregua dell’art. 57 c.p., tradizionalmente riferito al direttore e al vicedirettore della testata giornalistica; del concorso omissivo nel reato commesso online secondo lo schema che vede uniti l’art. 40, 2° comma c.p. e l’art. 110 c.p.; infine, del concorso commissivo limitatamente, però, ad una peculiare figura di provider, il cd. hosting provider attivo.

2. La responsabilità penale del direttore della testata giornalistica

telematica.

2.1. Excursus sulla libertà di stampa e sulla posizione

giuridica del direttore della testata giornalistica.

I semi della rilevanza della libertà di stampa come diritto universale della persona umana sono indubbiamente da ricercare nella spinta culturale impressa dalle rivoluzioni francese e americana e, di conseguenza, nelle prime carte dei diritti stilate alla fine del XVIII secolo31: l’affermarsi del pensiero liberale e, con esso, della libertà di

31 L’art. 11 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 recita che «la libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge»; il primo

(25)

25

stampa ha, dunque, portato alla graduale proliferazione dell’attività giornalistica e di figure professionali differenziate sia dal punto di vista gerarchico che delle mansioni effettivamente svolte nel settore dell’editoria32. In questo contesto fattuale, il quadro giuridico di riferimento era composto in primo luogo dall’art. 28 dello Statuto Albertino il quale configurava la stampa come oggetto di una libertà relativa in quanto comunque sottoposta ai limiti stabiliti dalla legge: la fonte normativa in questione era costituita dall'Editto sulla Stampa (r.d. 26 marzo 1848, n. 695) che — per quanto interessa in questa sede — istituiva l'obbligo di identificare un gerente responsabile per la stampa periodica, da indicarsi obbligatoriamente quale centro di imputazione di responsabilità per i reati commessi con il mezzo della stampa: in particolare, il gerente rispondeva degli articoli anonimi pubblicati sul giornale ed era considerato correo in caso di violazioni. Durante la stagione totalitaria, la libertà di stampa, parimenti a tutti gli altri diritti e libertà, subì pesanti limitazioni ed è proprio in tale specifico contesto politico-culturale che viene adottato l’art. 57, in occasione dell’entrata in vigore del nuovo codice penale: nella sua versione originaria, esso prevedeva un’ipotesi di responsabilità oggettiva del direttore del giornale del reato commesso, in concorso con l’autore della pubblicazione.

Caduto il regime e ristabilite le libertà democratiche, l'art. 21 della Costituzione rende la libertà di espressione – anche a mezzo stampa – oggetto di un diritto assoluto, in quanto tale incomprimibile

emendamento della Costituzione americana del 1787 prevede che «il Congresso non potrà fare alcuna legge che stabilisca una religione di Stato o che proibisca il libero esercizio di una religione; o che limiti la libertà di parola o di stampa; o il diritto del popolo di riunirsi pacificamente, e di rivolgere petizioni al governo per la riparazione di torti».

32 Cfr. S. PERON, Sull’applicabilità dell’art. 57 c.p. al direttore responsabile di testata

(26)

26

dalla legge ordinaria: a pena di invalidità della legge stessa, il legislatore costituzionale vieta, dunque, sia l’imposizione di qualsiasi autorizzazione preventiva in punto di produzione di stampati sia qualsivoglia censura sul contenuto di qualsiasi scritto33.

L'8 febbraio 1948 la stessa Assemblea costituente, con funzioni di legislatore ordinario, approvò la prima legge repubblicana in materia di stampa (l. 8 febbraio 1948, n. 47). Viene così data piena applicazione al principio dell’art. 21 della carta costituzionale, condizionando l'esercizio del diritto di stampa non più al rilascio di un’autorizzazione ma al solo obbligo di registrazione presso il Tribunale territorialmente competente che è obbligato ad effettuarla, previa verifica di mera regolarità dei documenti presentati (art. 5, l. n. 47/1948).

L'art. 1 della l. n. 47/1948 delimita l’ambito applicativo della legge stessa, considerando «stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione». L'art. 3, invece, stabilisce che «ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile», il quale dev'essere, cumulativamente, cittadino italiano (o cittadino di un Paese UE ex art. 9, l. 6 febbraio 1996, n. 52), giornalista professionista o pubblicista e in possesso dei requisiti per l'iscrizione nelle liste elettorali politiche34.

33 Misure restrittivo-impeditive, semmai, potranno verificarsi in un momento successivo tramite strumenti quali, ad esempio, il sequestro che, tuttavia, ai sensi dell'art. 21, comma 3, Cost., può effettuarsi «soltanto per atto motivato dell'autorità

giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili».

34 Attualmente, lo statuto giuridico del direttore responsabile è così delineabile: egli è, in primo luogo, autore di quell'opera collettiva dell'ingegno che è il giornale (art. 7, l. 22 aprile 1941, n. 633). Il direttore responsabile ha competenza, esclusiva e specifica, di «fissare ed impartire le direttive del lavoro redazionale e dare le disposizioni

(27)

27

Negli anni successivi, coerentemente con la progressiva affermazione del principio di colpevolezza quale principio cardine costituzionalmente garantito dell’ordinamento penale35, la l. 4 marzo 1958, n. 127 si occupò modificare l'art. 57 c.p. al fine di escludere la configurabilità di un’ipotesi di responsabilità oggettiva del direttore o del vice-direttore per il reato commesso dell’autore della pubblicazione36. Il testo modificato, attualmente in vigore, prevede che

la redazione e l'editore ha il «diritto di guidare la redazione, in tutta autonomia rispetto

all'editore», nonché la «facoltà di operare tagli, modifiche, integrazioni al testo scritto dal giornalista, salvo il diritto di quest'ultimo di non firmare l'articolo se non condivide le modifiche». Il direttore è, altresì, tenuto a far inserire gratuitamente, nella testata da lui

diretta, le rettifiche di coloro di cui siano state pubblicate notizie/immagini ritenute lesive della loro dignità o contrarie a verità, purché tali rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale e siano contenute nel limite delle 30 righe (art. 8, l. n. 47/1948). Infine, come meglio si vedrà nelle pagine successive della presente ricerca, egli risponde – ferma restando la responsabilità dell'articolista e salvo il caso di concorso – del reato di omesso controllo, ai sensi dell’art. 57 c.p.; in quest’ultimo caso, il direttore della testata è responsabile anche civilmente in solido con l'autore, il proprietario e l'editore, ex art. 11, l. n. 47/1948, cfr. S.PERON, Sull’applicabilità, cit., pp. 262 ss.

35 Nel dibattito prima dottrinale e poi giurisprudenziale si è ricavata, dall’analisi del combinato disposto degli artt. 27, 1° comma Cost. e 27, 3° comma Cost. l’imprescindibile necessità, ai fini dell’integrazione del requisito della colpevolezza, del concetto di rimproverabilità soggettiva rispetto al fatto costitutivo di reato. L’art. 27, I co., Cost. ha infatti subito un’importante evoluzione ermeneutica che, inevitabilmente, ha avuto riflessi interpretativi – in termini di soluzioni costituzionalmente orientate – e di legittimità costituzionale delle fattispecie penali del codice Rocco. Inizialmente, esso veniva infatti interpretato in senso limitativo come implicante il mero divieto di responsabilità per fatto altrui (in tal senso G.VASSALLI,

Sulla illegittimità costituzionale dell’art. 57 n. 1 c.p., in Giur. cost., 1956, pp. 218 ss.).

Successivamente, si avvertì la necessità di attribuirgli una portata più ampia e garantista: si impose così l’interpretazione per cui esso implicasse il divieto di responsabilità oggettiva (v. G.D.PISAPIA, La nuova disciplina della responsabilità per reati

commessi a mezzo stampa, in Riv. it. Dir. e proc. pen., 1958, p. 307), ponendo così le basi

del principio di colpevolezza così come oggi inteso: affinché il fatto possa essere imputato al suo autore materiale, questo deve essere a costui riferibile anche in termini psicologici, almeno in termini di prevedibilità, cioè di colpa. Con la storica sentenza della Corte Costituzionale n. 364 del 24 marzo 1988 della Corte Costituzionale (in Foro

it., 1988, 1, pp. 1385 ss., con nota di G.FIANDACA, Principio di colpevolezza ed ignoranza scusabile della legge penale: “prima lettura” della sentenza n. 364/88), la componente di

rimproverabilità soggettiva diventa, così, fondamentale nel giudizio di colpevolezza: tale approdo interpretativo ha influenzato il dibattito sulla legittimità costituzionale di diverse fattispecie, tra le quali, anche quella di cui all’art. 57 c.p.

36 Occorre evidenziare che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare la non assimilabilità delle figure di direttore responsabile e di direttore editoriale. Il primo, infatti, è colui che «assume la paternità di quanto pubblicato, ponendosi, per l'art. 57

(28)

28

«salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo». Si interrompe, così, il collegamento tra il mero fatto della titolarità dell'incarico di direttore e la responsabilità penale37; la nuova formulazione dell’art. 57 c.p. dà vita ad una fattispecie di responsabilità per fatto proprio di natura omissiva del direttore o del vice-direttore del periodico per ogni reato commesso con il mezzo della stampa. A differenza del testo previgente, nel rispetto del principio costituzionalmente rilevante di colpevolezza, la norma configura una responsabilità a titolo di colpa del direttore che, omettendo il dovuto controllo sul contenuto del

c.p., in posizione di garanzia, siccome tenuto ad esercitare il controllo atto ad impedire che, con la pubblicazione, vengano commessi reati». Il direttore editoriale, invece, detta le «linee di impostazione programmatica e politica del quotidiano, in rappresentanza dell'azienda editrice del prodotto giornalistico, poi elaborato e realizzato dal direttore responsabile, senza condividerne, tuttavia, la responsabilità esterna nella logica dell'art. 57 c.p.», Cass. pen., Sez. V, 2 maggio 2016, n. 42309.

D’altronde, la medesima giurisprudenza, precisa che «un'estensione

al direttore editoriale dei doveri di controllo e delle conseguenze penali comporterebbe un'applicazione di analogia in malam partem, che l'ordinamento penale, notoriamente, ripudia». Infine, si sottolinea che per l'omesso «controllo produttivo di un reato a mezzo stampa, non spiega alcun rilievo il conferimento delle funzioni di controllo al redattore capo delle edizioni decentrate, in quanto il controllo sul giornale, unitariamente considerato, compete, ex art. 57 c.p. e art. 3, l. n. 47/1948, in via esclusiva al direttore responsabile, con la conseguenza che non sussiste alcuna possibilità di delegarlo ad altri soggetti», Cass. Pen., 2 maggio 2016, n. 42309.

37 Cfr. Cass. pen., Sez. V, 25 febbraio 1983 «la responsabilità del direttore responsabile, che, con la sua condotta omissiva, abbia determinato una pubblicazione criminosa, scaturisce, a titolo di colpa e non oggettivamente, dalla violazione dell'obbligo giuridico di impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati». V., anche, per una trattazione completa del tema F.VERRI -V.CARDONE, Diffamazione a mezzo stampa e risarcimento del danno, Milano, Giuffrè, 2007; M. CLEMENTE – M.G. LODATO – V.ZENO-ZENCOVICH, La responsabilità professionale del giornalista e dell’editore, Padova, 1995; M.B.MAGRO, La responsabilità del direttore di stampa periodica ed il problema della determinazione della condotta tipica nei reati omissivi, in Cass Pen, 1992, p. 1235; G.

DELITALIA, Titolo e struttura della responsabilità penale del direttore del giornale per reati

(29)

29

giornale, abbia determinato la commissione di un reato a mezzo stampa: si tratta, dunque, di una responsabilità colposa per omesso impedimento dell’evento. In definitiva, l’art. 57 c.p. configura in capo al direttore o al vicedirettore del periodico un reato autonomo di agevolazione colposa del fatto illecito altrui38: è opportuno evidenziare che elemento negativo della fattispecie è la mancanza di un accordo tra direttore e autore della pubblicazione o, ad ogni modo, del dolo del direttore circa il carattere lesivo dello scritto. Questa precisazione vale a distinguere il reato proprio di cui all’art. 57 c.p. dall’ipotesi di responsabilità del direttore per concorso nel reato commesso a mezzo stampa: qualora, infatti, sussistessero i presupposti di cui all’art. 110 c.p., ovverosia laddove il direttore fosse consapevole del carattere lesivo dello scritto e ciononostante non ne abbia impedito la pubblicazione, egli risponderebbe del reato realizzatosi mediante la pubblicazione del documento in concorso con l’autore del documento stesso39. Tale circostanza, oltre ad essere espressamente ricavabile dal testo della disposizione in esame che ne prevede l’applicabilità «fuori dei casi di concorso», è ulteriormente confermato dall’art. 58-bis, 2° comma, c.p.: esso, infatti, estende all’autore della pubblicazione l’effetto della querela presentata contro il direttore responsabile, norma questa che si rivelerebbe superflua qualora l’art. 57 integrasse un’ipotesi di concorso, in quanto ricavabile dai principi generali del concorso di persone e, segnatamente, dall’art. 123 c. p.

38 Si configura, insomma, una fattispecie autonoma di reato consistente in una «forma di partecipazione materiale atipica causalmente qualificata», sorretta dalla colpa nel fatto altrui consistente in una fattispecie di parte speciale, cfr. F.STORTONI, Agevolazione

e concorso di persone nel reato, Padova, 1981, p. 138. Favorevoli a questa ricostruzione

sono anche G.DE FRANCESCO, Diritto penale. I fondamenti, Giappichelli, Torino 2008, pp.

469 ss. e T.PADOVANI, Diritto penale, Milano, IX ed., 2008, pp. 220 ss. 39 V. Cass. Sez. Un., 18 novembre 1958.

(30)

30

In ultima analisi, la nuova formulazione della disposizione dà vita ad una fattispecie complessa i cui elementi costitutivi sono rappresentati da un lato da un fatto colposo del direttore, consistente nell’omesso controllo sul contenuto del periodico, dall’altro da un evento coincidente con il reato commesso dall’autore della pubblicazione.

Il problema che storicamente ha maggiormente interessato il dibattito dottrinale sull’art. 57 c.p., posta la qualificazione della responsabilità del direttore della testata giornalistica come una fattispecie di natura colposa40, ha riguardato la determinazione della misura della diligenza richiesta a tale figura professionale nell’esercizio dell’attività di controllo sul contenuto del periodico. La tesi che oggi risulta prevalente è quella per cui la responsabilità per colpa del direttore debba essere provata in concreto41: lasciando da parte il caso della totale omissione di qualsiasi controllo, ai fini della valutazione dell’eventuale negligenza del direttore, dunque, occorrerà far riferimento all’insieme di norme giuridiche o di prassi che il direttore-modello avrebbe tenuto nello svolgimento dell’attività di controllo dello scritto la cui pubblicazione integra una fattispecie di reato42.

40 La prevalente dottrina e giurisprudenza ha, infatti, ritenuto che l’espressione “a titolo di colpa” indicasse la struttura del coefficiente soggettivo che sorregge la responsabilità del direttore. La fattispecie di cui all’art. 57 è integrata, dunque, dal fatto, strutturalmente colposo, di non aver impedito con il proprio controllo la commissione di reati a mezzo stampa. Cfr. in giurisprudenza Cass. SS. UU., 18 novembre 1959; in dottrina cfr. G.DELITALIA, Titolo e struttura della responsabilità penale

del direttore responsabile per reati commessi sulla stampa periodica, in Riv. it. Dir. proc. pen.,

1959, p. 553; P.NUVOLONE, Il diritto penale della stampa, Padova, 1971, p. 125; E.MUSCO, voce Stampa, diritto penale, in Enc. dir., Giuffré, Milano, 1990.

41 Cfr. T.PADOVANI, Diritto penale, Milano, 2008, p. 222.

42

Per i termini astratti ed omnicomprensivi con i quali è strutturata la norma, il punto focale della fattispecie risiede proprio nell’accertamento dell’elemento soggettivo; invero, una volta accertata la commissione di un reato da parte dell’autore del documento, può ben ritenersi che, con ogni probabilità, il direttore della testata

(31)

31

2.2.L’estensione della disciplina dell’editoria e della stampa

periodica alle piattaforme informative on-line.

La società dell’informazione e l’avvento delle tecnologie informatiche e di internet ha portato con sé il proliferare di piattaforme di carattere informativo agilmente accessibili sul web, tra cui veri e propri quotidiani e periodici telematici: dinnanzi a tale situazione di fatto, ci si è interrogati sull’applicabilità della disciplina prevista per il giornale cartaceo – e quindi in origine della l. 8 febbraio 1948 n. 47 – anche al periodico telematico. Sebbene vi fosse un orientamento minoritario favorevole in tal senso, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritenevano irrealizzabile l’estensione applicativa della legge in questione alle testate telematiche, valorizzando elementi propri del prodotto cartaceo, inesistenti nel periodico on-line. Tale orientamento restrittivo aveva dapprima subito un indebolimento con l’approvazione della l. finanziaria n. 388/2000 che, all’art. 53,

giornalistica abbia realizzato il fatto di cui all’art. 57 c.p. Ciò che è opportuno tenere presente, tuttavia è che, al fine di stabilire se il direttore abbia effettivamente omesso il controllo necessario all’impedimento dei reati a mezzo stampa, è imprescindibile un’attenta valutazione in merito all’integrazione dell’elemento psicologico. Come si è, infatti, già accennato la fattispecie di responsabilità delineata all’art. 57 c.p. richiede che si accerti che il direttore, nell’adempiere alla sua funzione di controllo, abbia omesso quelle operazioni che ci si attendeva da parte sua secondo quanto ci si sarebbe potuto attendere dall’agente modello, dal direttore che svolge diligentemente il proprio ruolo di supervisione del giornale; in sostanza, si deve dimostrare che il direttore abbia violato delle regole cautelari, sia specifiche, in quanto ricavate dalle

leges artis del giornalismo “positivizzate”, dalle norme contrattuali e deontologiche

rilevanti in materia, sia generiche, ricavate dall’esperienza comune e idonee ad integrare un comportamento improntato a diligenza, prudenza e perizia di volta in volta richiesto dalle circostanze del caso concreto, cfr. P.NUVOLONE, Il diritto penale

(32)

32

prevedeva l’obbligo per i quotidiani e i periodici telematici di registrarsi presso i tribunali. Successivamente, con l’entrata in vigore della l. del 7 marzo 2001 n. 62, si è previsto l’ampliamento della nozione di “prodotto editoriale” ricomprendendovi anche quello realizzato su supporti informatici o diffuso mediante mezzi elettronici: si assiste, così, ad un’equiparazione sul piano concettuale dei siti internet di carattere informativo e della stampa. Occorre evidenziare, tuttavia, come presupposto di tale estensione è il carattere strutturato e, lato sensu, professionale del servizio informativo fornito: è la stessa legge a specificare, infatti, che non vi sono soggetti i siti definiti non informativi e i siti cd. misti43. Sebbene tale intervento normativo prescrivesse, sulla carta, l’applicazione dell’art. 2 e dell’art. 5 della l. del 1948 ai siti online di informazione strutturata, tuttavia, l’interpretazione giurisprudenziale successiva ha notevolmente ridotto la portata normativa della novella legislativa del 2001. Si è ritenuto, infatti, in primo luogo che il giornale telematico non integrasse le «due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dalla l. n. 47/1948, art. 1, ossia: a) un'attività di riproduzione tipografica; b) la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività» con conseguente inapplicabilità dell’art. 2 della l. del 1948 alle testate telematiche. Ne conseguiva, dunque, che fosse astrattamente applicabile il solo art. 5 che prevede l'obbligo di registrazione «presso la cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi» e ciò al fine di consentire — in sede civile, penale ed amministrativa — l'individuazione dei soggetti

43 Il legislatore ha inteso escludere da tale nozione i siti aziendali e i siti di commercio elettronico: ad essi, dunque, non si estende l’applicazione della l. 47/1948, v. F.IPERTI,

La responsabilità dell’internet provider (internet e la legge sull’editoria, la normativa europea, le sente di giudici italiani e stranieri), consultabile al link http://www.newlaw.it/Documentazione_internet/Resp.%20int%20provider.html

(33)

33

responsabili44: si tratta, dunque, di una forma di pubblicità, «diretta alla tutela dei terzi»45. Dall’altro lato, si osservò che la normativa di cui alla l. n. 62/2001 avesse «introdotto la registrazione dei giornali on-line soltanto per ragioni amministrative ed esclusivamente ai fini della possibilità di usufruire delle provvidenze economiche previste per l'editoria»46, impedendo così la propagazione della responsabilità per reati commessi mediante pubblicazione online anche ai soggetti apicali della testata giornalistica telematica.

2.3. La responsabilità del direttore del giornale telematico.

Negli anni successivi, l’interpretazione restrittiva fornita dalla Suprema Corte sull’applicazione ai periodici online della disciplina riservata alle testate giornalistiche cartacee andò progressivamente ammorbidendosi, pur rimanendo ferma in seno alla giurisprudenza l’inapplicabilità in via analogica dell’art. 57 c.p. al direttore della testata giornalistica telematica. Le principali criticità che fondavano tale prospettazione risiedevano nella possibile incostituzionalità conseguente all’estensione analogica della disciplina penalistica– retta dai principi di tipicità, legalità, determinatezza e prevedibilità in senso forte – e ai relativi risvolti in malam partem ad una figura professionale non immediatamente ricompresa nell’alveo dell’applicazione soggettiva originaria della fattispecie penale, proprio per il richiamo che la stessa disposizione faceva, e tuttora fa, alla nozione di stampa.

44 Cfr. S.PERON, Sull’applicabilità, cit., pp. 262 ss. 45 Cass. civ., 19 maggio 1987, n. 4600, in DeJure.it. 46 Corte di Cassazione, sez. III, 10 maggio 2012, n. 23230.

Riferimenti

Documenti correlati

Il tenore delle suddette previsioni è quello per cui le frasi “conoscenza effettiva che il materiale o un’attività” è in violazione e “fatti o circostanze” che

Urokinase is a two-chain glycoprotein containing 411 amino acids with 12 disul fide bonds; it is present in human urine (from which it is commonly puri fied 6,7 ) in two active

Va inoltre ricordato che è stato possibile documentare anche un’altra fase di riuso di questi cocci, come dimostrano i numerosi frammenti di orli e pareti impiegati come stecche

78 Sostiene questa tesi Ibidem, 1160. 79 In questi termini P ICOTTI L., Fondamento e limiti della responsabilità penale dei service-provider in internet, 380.

È interessante notare che, nel ricostruire il rapporto fra diritto all’oblio e diritto alla rievocazione storica, le Sezioni Unite delineano l’interesse pubblico,

Il prestatore che esercita l'attività di caching (cd. caching provider) non è responsabile, a condizione che: a) non modifichi le informazioni; b) si conformi alle

a) effettuato nel contesto delle attività di uno stabilimento del responsabile del trattamento nel territorio dello Stato membro; qualora uno stesso responsabile

Si è stabilito che, anche nel caso in cui non sia stata contestata all'imputato l'aggravante dell'attribuzione di fatti determinati, nel valutare la sussistenza del reato