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Sentenze in materia di responsabilità del messo comunale

Cassazione civile sez. III n. 23462 19 novembre 2010 MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- In punto di fatto, l'Ufficio del Registro di Cremona aveva richiesto al Comune di Cremona di notificare un avviso di liquidazione di imposta di successione nell'(OMISSIS).

P a g i n a | 73 L'avviso, protocollato il 10 ottobre 1996, fu notificato il 15 gennaio 1997, oltre il termine di decadenza scaduto il 29 novembre 1996.

La contribuente impugnò avanti alla Commissione tributaria che dichiarò la decadenza della Amministrazione finanziaria dalla pretesa fiscale.

L'Amministrazione non impugnò la decisione che divenne definitiva.

Dalla sentenza impugnata emerge che il giudice dell'appello ha escluso che, in base alla normativa vigente, sia venuto meno l'obbligo per il Comune di mettere a disposizione i propri messi per le notifiche degli atti dell'Amministrazione finanziaria, sulla base della vigenza del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, che ha fatto sopravvivere la possibilità per detta Amministrazione di avvalersi dei messi comunali per la notifica di atti destinati al contribuente, in quanto in virtù di quella norma il Comune agirebbe come mandatario ex lege.

A simile argomentare, il Comune risponde che non è più configurabile da parte sua un rapporto di tale tipo, perché soccorrebbe l'abrogazione del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 273 e 274 e perché lo strumento utilizzato dalle norme speciali (D.P.R. n. 637 del 1972, art. 26; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60; L. n. 165 del 1982) dovrebbe essere ricondotto nella figura giuridica dell'avvalimento degli uffici (se si vuole escludere un incarico diretto al personale) o, comunque, nell'ambito della delegazione (o delega) intersoggettiva.

2.- La opinione del Comune va disattesa alla luce della giurisprudenza costante di questa Corte che, partendo da S.U. n. 10929/97, che la sentenza impugnata richiama, colloca il rapporto tra l'Amministrazione richiedente e il Comune nell'alveo del mandato ex lege.

Anzi, proprio in tema di avviso di accertamento tributario, e tale non può non considerarsi l'avviso di liquidazione di cui si tratta, si sono avute altre pronunce in tal senso (Cass. n. 5987/98 e Cass. n. 23679/08) con l'ulteriore precisazione che la violazione di quel mandato costituisce fonte di responsabilità esclusiva a carico del Comune, non essendo ravvisabile l'instaurazione di un rapporto di servizio diretto tra l'Amministrazione finanziaria e messo comunale che opera alle esclusive dipendenze del Comune.

Infatti, i messi comunali agiscono nell'adempimento degli obblighi di prestazione che derivano dal rapporto di impiego pubblico che li legano al comune, nella cui struttura sono inseriti e in questa rapporto trovano titolo e giuridico fondamento a ogni loro pretesa connessa con l'esercizio della attività notificatoria, ancorché svolta nell'interesse e per conto delle altre Amministrazioni (Cass. S.u. n. 6409/05; Cass. n.

26459/06).

Del resto, la disposta abrogazione che non riguardava solo la nomina prefettizia dei messi comunali, come erroneamente aveva deciso il giudice di primo grado, ma consente, per quanto qui interessa, l'impiego dei messi comunali per le notifiche a beneficio dell'amministrazione richiedente, prescrivendo la gratuità dell'adempimento,

P a g i n a | 74 non rileva per l'amministrazione finanziaria, in quanto per essa vige, come disciplina speciale, la norma di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60.

Il che riceve indirettamente conferma dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, che prevede per il messo comunale la notifica degli atti dell'Amministrazione finanziaria anche di natura processuale, eccetto il ricorso per cassazione (Cass. n. 18291/04).

2.- Ciò posto, non pare conferente il richiamo che fa il Comune alla figura giuridica dell'avvalimento, che è un istituto di collaborazione tra uffici di enti diversi e non esclude la responsabilità propria degli enti stessi.

Ne consegue che per il vero risulta incomprensibile il richiamo alla delegazione (o delega) intersoggettiva.

3.- Nè si possono invocare, sotto il profilo strettamente civilistico, le norme di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. onde pervenire al riconoscimento di una condotta giuridicamente dannosa dell'Amministrazione, che integrerebbe gli estremi della colpa grave in considerazione dell'art. 1227 c.c. per diminuire l'entità del risarcimento (v. p. 11-12 ricorso).

Questo profilo, che censura la sentenza impugnata sulla responsabilità del Comune va disatteso, in considerazione della cadenza temporale della vicenda; la sussistenza solo in capo al Comune del dovere di vigilare sull'operato dei suoi dipendenti, che erano tenuti ad adempiere con avvedutezza ed accortezza alla esecuzione dei loro obblighi, derivanti, appunto, dal mandato (art. 1710 c.c.); la circostanza che vi era un lasso di tempo sufficiente per operare la notifica e perché era indicato nell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione la data - nella prima pagina - della relativa dichiarazione (29 novembre 1993).

Pertanto, è da escludere anche l'errore scusabile, perché il ritardo nella notificazione non può far carico alla parte (nella specie, l'Amministrazione finanziaria) che tempestivamente si era attivata a quel fine (v. Corte cost. 20 novembre 2002 n. 477;

Cass. n. 2001/9891 e Cons. St. Sez. 5^, 17 marzo 2003 n. 1370) 4 .-Ne consegue che il profilo di censura sull'esame da parte del messo dell'atto e di conoscere la disciplina dei termini appare insostenibile giuridicamente, in quanto, in considerazione proprio del principio di ragionevolezza sancito dalla Corte costituzionale e richiamato nel ricorso, non sembra che esso risulti violato per il semplice motivo che in presenza di un atto, quale quello in esame, per il quale non si sarebbe dovuto e potuto fra trascorrere oltre tre mesi per adempiere, peraltro nello stesso Comune, una simile notifica.

5.- Nè rileva che l'Amministrazione non abbia impugnato la decisione tributaria, essendo l'eventuale impugnazione rimessa alla strategia difensiva di essa, per cui non può costituire concorso di colpa anche perché la omissione era evidente e a nulla avrebbe potuto portare una sua eventuale impugnazione.

Ma anche il richiamo al riassetto del procedimento di notifica, così come operato dalla Corte costituzionale, pure insistentemente richiamato dal Comune ricorrente, non può giocare a favore dell'Amministrazione: semmai, il contrario.

P a g i n a | 75 L'Amministrazione ha tempestivamente proceduto perché l'atto venisse notificato, ma per il notificato la notifica è pienamente realizzata al momento del suo ricevimento, che, è pacifico, si è realizzato tardivamente.

6.- Infine, per quanto concerne la maggiorazione per interessi e svalutazione non è esatto quanto si deduce nel motivo, trattandosi di obbligazione risarcitoria e, quindi, di debito di valore e la soluzione adottata dal giudice dell'appello è conforme alla costante giurisprudenza di questa Corte, anche per la determinazione in via equitativa del tasso mensile di interessi.

In conclusione, la responsabilità del Comune nei confronti dell'Amministrazione finanziaria per la tardiva notifica è risultata accertata e l'autore esclusivo del danno non è riuscito a dimostrare e non ha dedotto l'infondatezza della statuizione di appello, ovvero la ricorrenza di impedimenti inderogabili ad un adempimento in tempo utile del mandato, tempestivamente, peraltro, ad esso conferito per attuare l'adempimento richiesto.

Cassazione civile sez. un. n. 23677 del 9.11.2009

l'Ufficio IVA di Avellino ebbe a richiedere al Comune di S. Angelo dei Lombardi di provvedere alla notificazione nei confronti di C.C., discende che il rapporto si è instaurato tra il predetto Ufficio ed il predetto Ente e da ciò consegue ulteriormente che solo il Comune di S. Angelo dei Lombardi poteva essere chiamato a rispondere del danno addebitabile al messo notificatore, salvo rivalsa, e la relativa controversia rientrerebbe, perciò, nella giurisdizione dell'AGO. 2. Il ricorso è infondato.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

2.1. Giusta la testuale previsione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 4 (come risultante per effetto del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, art. 3, comma 1, lett. c/bis, convertito nella L. 20 dicembre 1996, n. 639) la Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quanto il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, per i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

La L. 20 dicembre 1996, n. 639, di conversione - con modifiche - del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 21 dicembre 1996 e - giusta la puntuale previsione contenuta all'art. 1, comma 4, della stessa è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, pertanto, il 22 dicembre 1996.

2.2. Non controverso, in diritto, quanto precede si osserva che nel caso di specie la condotta causativa del danno per cui si procede è stata posta in essere dal S. non prima del 31 dicembre 1996 cfr., al riguardo, accertamento in fatto, contenuto a pagina 6 della sentenza ora oggetto di ricorso, in alcun modo contestato dalla difesa del ricorrente e, quindi, nel vigore della disposizione sopra trascritta.

P a g i n a | 76 E' palese, di conseguenza, che è totalmente irrilevante - al fine di escludere la giurisdizione della Corte dei conti a conoscere della controversia - la circostanza che il danno reclamato (e per cui è stato promosso il presente giudizio) sia stato patito dall'erario dello Stato (e per esso dell'Ufficio Iva di Avellino) mentre il S. non era - all'epoca - dipendente di detto Ufficio, ma del Comune di S. Angelo dei Lombardi.

Come espressamente previsto dalla L. n. 20 del 1994, art. 1, comma 4, sopra trascritto, infatti, per i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, cioè in epoca successiva al 22 dicembre 1996 come puntualmente nella specie la Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa dei ...dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza.

2.3. In alcun modo pertinente, al fine del decidere, è - quindi - l'insegnamento contenuto in Cass., sez. un., 7 novembre 1997, n. 10929 resa con riguardo a fattispecie verificatasi nel vigore di un diverso quadro normativo, atteso che nella specie - come risulta dalla parte espositiva della ricordata pronunzia Cass., sez. un., n. 10929 del 1997, l'Ufficio distrettuale delle II.DD. di Livorno aveva richiesto a un Comune di far notificare ad un contribuente un avviso di accertamento dei redditi IRPEF ed ILOR per il 1982 nel novembre 1988.

3. Risultato infondato, il proposto ricorso - come anticipato - deve rigettarsi.

Cassazione civile sez. I n. 1743 del 26.1.2007

Il Ministero delle Finanze, con atti di citazione notificati il 14 e il 21 agosto 1992, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bologna, il Comune di Modena e M.M., messo notificatore dipendente di detto ente locale, e ne chiedeva la condanna in solido al risarcimento dei danni ad esso provocati con la notificazione tardiva, perchè oltre il termine di decadenza del 31 dicembre 1980 e in data 5 gennaio 1981, di un avviso di accertamento del locale Ufficio delle imposte, relativo ai redditi del contribuente C. R., il quale, per tale ritardo, aveva chiesto e ottenuto in sede giurisdizionale l'annullamento dell'atto indicato.

I convenuti avevano domandato il rigetto della domanda che era stata invece accolta dal Tribunale di Bologna nel 1999 nei confronti del solo ente locale condannato a pagare, a titolo di risarcimento dei danni, alla Amministrazione finanziaria, L.

15.000.000, perchè, pur essendovi tra le parti un mandato ex lege regolato dall'art. 1710 c.c. non vi era colpa grave del comune il quale, per la limitata negligenza evidenziata, doveva rispondere dei danni nella modesta misura sopra liquidata.

Ogni domanda era rigettata verso il messo notificatore M., dipendente dell'ente locale, mancando ogni rapporto tra detta persona fisica e l'Amministrazione Finanziaria e dovendosi quindi negare la stessa legittimazione sostanziale passiva di tale convenuto.

Il gravame del Comune di Modena nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria e contro la pronuncia del Tribunale è stato accolto dalla Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 9 settembre 2002, nella contumacia del M..

P a g i n a | 77 La Corte ha ritenuto fondato l'appello, per la totale mancanza di colpa del Comune di Modena nello espletamento del mandato;

qualificata la fattispecie come mandato gratuito, nel quale la responsabilità per colpa del mandatario, comunque tenuto all'esecuzione del contratto con la diligenza del buon padre di famiglia, è valutata con minor rigore, la Corte ha affermato che nel caso comunque non sussisteva un comportamento colposo del personale dell'ente locale. Ha rilevato la Corte territoriale che l'avviso da notificare fu trasmesso dall'Ufficio Imposte dirette di Modena il 9 dicembre 1980, pervenendo al Comune il successivo 16 dicembre 1980.

Era quindi prevedibile la mancata notifica nel termine del successivo 31 dicembre, tenuto conto delle festività natalizie e del particolare impegno profuso dal personale comunale nella attività di assistenza dei moltissimi terremotati sfollati a Modena dopo il sisma che in quel periodo aveva colpito l'Italia meridionale.

Ad avviso dei giudici di appello, la mancanza di istruzioni da parte della mandante in ordine ai tempi di esecuzione del mandato, che l'ente locale avrebbe dovuto di certo osservare se sussistenti, esimeva il comune da ogni responsabilità, anche perchè non poteva rilevarsi l'urgenza della notificazione dal tipo di atto da consegnare, indicato solo come "mod. 7/740 n. 29" e trasmesso, ultimo con altri trentotto avvisi, al Comune di Modena per la notificazione ai contribuenti. Non emergendo alcuna negligenza del messo notificatore che provvide alla consegna dell'atto il 5 gennaio 1981 subito dopo averlo ricevuto, era da confermare la sua carente legittimazione passiva per la immedesimazione organica di lui con l'ente locale, la cui condotta non poteva essere considerata colpevole per la mancata conoscenza del termine di decadenza di cui sopra non comunicatogli dalla mandante nè desumibile da altri elementi dei quali esso aveva o doveva avere conoscenza.

La Corte ha accolto l'appello principale del Comune di Modena e rigettato la domanda dell'Amministrazione finanziaria, compensando le spese del primo grado e ponendo a carico del Ministero solo quelle del giudizio di appello.

Avverso questa sentenza, notificata il 9 ottobre 2002 propone ricorso per Cassazione notificato il 9 dicembre successivo, il Ministero delle Finanze e, per quanto occorra, l'Agenzia dell'entrate con unico articolato motivo e il Comune di Modena si difende con controricorso, notificato il 15 dicembre 2002 e illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c., non svolgendo attività difensiva il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale deve osservarsi che l'Agenzia delle Entrate di Modena, ricorrente

"per quanto occorra" come precisato nell'atto di impugnazione, è priva di legittimazione processuale, non avendo partecipato al giudizio di merito, come risulta con chiarezza dalla sentenza impugnata.

P a g i n a | 78 1. Il ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1710, 2697 c.c., L. 24 febbraio 1971, n. 114, artt. 1 e 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 108, e R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 273 e 274.

Afferma l'Amministrazione finanziaria che, come chiarito da Cass. 6 giugno 1997 n.

5069, nella fattispecie, si è avuto un mandato ex lege, per il quale il mandatario deve risarcire la mandante, per aver fatto eseguire tardivamente, dal suo dipendente M. con funzioni di messo di conciliazione, la notificazione dell'atto di accertamento tributario, con condotta effetto della negligenza e imperizia del personale alle dipendenze dell'ente locale.

L'accertamento di tale responsabilità va compiuto in base ai principi sanciti nell'art.

1710 c.c. e, secondo il Ministero, erroneamente si è ritenuto che, nella notifica ai sensi del D.P.R. 600 del 1973, art. 60, l'attività del messo comunale fosse gratuita, mentre essa è onerosa, ai sensi della L. n. 114 del 1971, con la conseguenza che il mandatario risponde anche di colpa lieve, per non avere eseguito "senza indugio" la notificazione, come imposto normativamente dal D.P.R. n. 1229 del 1959, art. 108, e non invece dalla legge erroneamente richiamata in ricorso e successiva a detta ritardata notifica 6 febbraio 1981, n. 42, di ratifica della Convenzione relativa alla notificazione all'estero di atti civili o commerciali adottata a L'Aja il 15 novembre 1965, non applicabile al caso.

La Corte d'appello non ha tenuto conto che il Ministero deve provvedere alle notifiche necessariamente a mezzo dei messi comunali ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, instaurando così un rapporto di mandato ex lege a titolo oneroso, che il comune deve eseguire con la diligenza del buon padre di famiglia (artt. 1176 e 1170 c.c.), con conseguente responsabilità del mandatario anche per colpa lieve. Nessuna norma impone all'Amministrazione finanziaria di indicare la scadenza del termine di notifica, che deve eseguirsi senza indugio, mentre nel caso l'avviso è stato trattenuto oltre venti giorni prima di essere inoltrato al suo destinatario, con consegna allo stesso messo notificatore in data 5 gennaio 1981, dovendosi qualificare come diligenza normale quella disattesa dall'ente locale, che aveva provveduto con ritardo alla consegna dell'atto al messo di conciliazione per la notificazione.

Appare poi palese, per l'Amministrazione ricorrente, che la misura del danno è rapportabile alla pretesa tributaria di cui all'atto non notificato, da presumersi corretta, salvo prova della inesistenza della perdita da parte dell'inadempiente ovvero nella ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore che avessero provocato l'ingiusto danno.

Il comune controricorrente deduce che la Corte d'appello, pur ritenendo che nella fattispecie vi era un mandato gratuito, ha negato la esistenza stessa di ogni colpa del mandatario, ritenuto esente dalla responsabilità dedotta da controparte.

Nel caso, infatti, l'inoltro dell'avviso di accertamento da consegnare a mezzo del messo al contribuente, inserito come ultimo in un gruppo di trentanove atti da notificare, era avvenuto in data 16 dicembre 1980 alla quale soltanto gli atti spediti a mezzo posta in data precedente erano giunti alla sede dell'ente locale.

P a g i n a | 79 In ordine alla esecuzione del mandato mancava ogni indicazioni della mandante sulla particolare urgenza della notificazione o sul termine in cui questa doveva eseguirsi a pena di decadenza dei poteri accertativi della mandante.

La prossimità delle vacanze natalizie (comprensive di almeno 4 giorni di chiusura degli uffici) e l'impegno, di parte dei vigili che svolgevano anche funzioni di messi, nel soccorso alle vittime del terremoto dell'Irpinia del novembre di quello stesso anno 1980 sfollate a Modena, avevano giustificato il ritardo della notificazione, in nessun modo sollecitata dalla Amministrazione finanziaria.

La Corte di merito ha negato ogni colpa del Comune per la notifica in data 5 gennaio 1981 e non entro il 31 dicembre 1980.

A conferma di tale tesi, che esclude ogni responsabilità del comune controricorrente, questo deduce che solo successivamente si è disposto, con circolare del Ministero ai propri uffici periferici, l'obbligo di indicare l'urgenza o i termini di scadenza della notificazione, nel chiedere l'esecuzione di quest'ultima agli enti locali.

2. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. E' invero costante la giurisprudenza di questa Corte, che inquadra la fattispecie delle notificazioni degli atti tributari a mezzo dei messi di conciliazione, disciplinata nei modi di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n.

600, art. 60, nell'istituto del mandato ex lege (in tal senso, Cass. 11 maggio 2005 n. 9914, 21 giugno 2004 n. 11469, 16 giugno 1998 n. 5987 e S.U. 7 il novembre 1997 n. 10929, tra molte).

L'esistenza del mandato ex lege, se comporta la esigenza che il mandatario esegua la sua prestazione con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 c.c.) e con l'osservanza delle regole di correttezza e buona fede di cui all'art. 1176 c.c. comunque non può prescindere dal contenuto delle attività che il mandatario ha l'incarico di svolgere per conto del mandante, in base alla legge stessa.

Anche per tale mandato non vi sono deroghe alle regole generali in materia di responsabilità da inadempimento e all'onere della prova ex art. 2697 c.c., con riferimento all'applicazione della norma specifica in materia, che è quella dell'art. 1218 c.c..

Nella fattispecie, tra l'Amministrazione ricorrente e il Comune di Modena, il mandato dall'una conferito all'altro di eseguire la notificazione dell'avviso di accertamento al contribuente a mezzo del messo notificatore suo dipendente, è fonte di una obbligazione, il cui inadempimento può essere provato secondo le norme in genere applicabili ad ogni rapporto obbligatorio.

Pertanto al creditore che lamenta un "tardivo" adempimento compete solo di provare la fonte del suo diritto, nel caso costituita dalla legge e dal termine entro il quale la prestazione andava eseguita, circostanza che da sola costituisce l'obbligo che può determinare l'inesatto adempimento per tardività a base della richiesta del risarcimento (cfr., in tal senso, tra molte, le recenti Cass. 13 giugno 2006 n. 13674, 12 aprile 2006 n.

8615, 9 febbraio 2004 n. 2387, che si rifanno tutte a S.U. 30 ottobre 2001 n. 13533).

P a g i n a | 80 Appare allora evidente che nel caso la Corte di merito non ha valutato con minor rigore la responsabilità del mandatario per essere gratuito il mandato, ma ha escluso lo stesso inesatto adempimento a base della domanda risarcitoria dell'Amministrazione finanziaria. Neppure il ricorso indica le ragioni per le quali il Comune di Modena quale mandatario era tenuto a fare eseguire la notifica al suo dipendente entro il 31 dicembre 1980 e doveva considerare soggetta a detto termine la sua prestazione.

Con l'impugnazione si censura esattamente la erroneità della qualificazione di

"mandato gratuito" attribuito alla fonte dell'obbligazione nella fattispecie dalla Corte di merito, senza rilevare però che gli stessi giudici d'appello hanno escluso ogni responsabilità dell'ente locale, non applicando quindi l'art. 1710 c.c. per la parte relativa al caso di mandato non oneroso, norma inutilmente invocata nell'impugnazione perché

"mandato gratuito" attribuito alla fonte dell'obbligazione nella fattispecie dalla Corte di merito, senza rilevare però che gli stessi giudici d'appello hanno escluso ogni responsabilità dell'ente locale, non applicando quindi l'art. 1710 c.c. per la parte relativa al caso di mandato non oneroso, norma inutilmente invocata nell'impugnazione perché