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BOOK OF ABSTRACT

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S02-T04/4 L’accoglienza dei minori migranti secondo una prospettiva europea: l’orientamento ai minori tramite

strumenti child-friendly

accoglienza, minori, child friendly

Leonforte Silvana

Assistente Sociale Specialista, Fondazione Nazionale Assistenti Sociali

Storaci Mariaconcetta

Descrizione dell’area di indagine

I bambini migranti e rifugiati continuano ad essere uno dei gruppi più vulnerabili in Europa oggi. Il minore ha diritto all’informazione, ha diritto di essere ascoltato e che si tenga conto delle proprie opinioni in base all’età e alla maturità. Tali informazioni devono essere “a misura di bambino”, cioè adattate all’età, alla maturità, alla lingua, al genere e alla cultura del minore. Il lavoro presentato indaga gli strumenti della relazione di aiuto nell’accoglienza dei minori stranieri, affinché la trasmissione delle prime informazioni siano veramente accessibili e garantire un passaggio strategico per l’inclusione.

Metodi di ricerca

Attraverso la costituzione di un tavolo tematico in ambito internazionale presso la Divisione dei Diritti del Fanciullo del Consiglio d’Europa, professionisti di diversi paesi hanno messo a confronto le modalità di accoglienza dei minori migranti, le procedure ad essi riferite, gli strumenti per l’accoglienza nei diversi momenti dell’arrivo dei migranti in Europa, dallo sbarco all’inserimento nelle strutture di accoglienza, alla frontiera dove molti minori transitano orientati dai trafficanti. Oltre alla prospettiva comparativa, l’indagine è stata rivolta alla raccolta e selezione di buone pratiche per l’avvio di una comunicazione adeguata al minore accolto, cosiddetta modalità “child-friendly”, ritenute valide e applicabili ai diversi contesti nazionali.

Risultati

L’intento del lavoro, confluito nella redazione di un manuale per professionisti è stato quello di fornire a professionisti e volontari che interagiscono con i minori migranti e rifugiati strumenti e una selezione di buone pratiche internazionali, in relazione al principio del migliore interesse del minore di essere adeguatamente informato circa i diritti e le procedure che li riguardano, indipendentemente dal loro stato di immigrazione, dalla loro età o dal loro stato di famiglia, siano essi non accompagnati, separati o accompagnati.

Implicazioni per la pratica del servizio sociale

In un’ottica di accoglienza attraverso la relazione di aiuto, il Servizio sociale acquisisce una nuova specificità tenendo conto di un adattamento dei propri metodi e strumenti secondo un’ottica interculturale, che tiene conto dell’affrontare l’aggancio dell’utenza in termini relazionali, tenendo conto delle derivazioni culturali diverse e disomogenee di chi si incontra e del tempo a disposizione per la relazione, anch’esso “migrante”, in movimento.

S02-T04/3

I minori stranieri non accompagnati

L’accoglienza nell’Italia meridionale: il Salento

Minori, Stranieri, Non, Accompagnati, Accoglienza

Fiorentino Massimiliano

Assistente Sociale Specialista, ASL/Brindisi

I Minori Stranieri Non Accompagnati (di seguito MSNA) sono una particolare categoria di migranti, dalla cui terminologia è già possibile cogliere la complessità del fenomeno, poiché la stessa definizione di MSNA è contrassegnata dall’intersezione di tre categorie: la minore età, l’immigrazione e lo stato di abbandono. L’obiettivo della ricerca è quello di indagare alcuni importanti e centrali aspetti del nostro sistema di welfare, quali l’accoglienza e l’inserimento sociale dei MSNA nel Salento, avvalendosi della ricerca etnografica e della sua “cassetta degli attrezzi”, ovvero: interviste semi-strutturate, storie di vita, osservazione partecipante, diario di bordo, partecipazione ad eventi formativi e raccolta di documenti.

Il Salento, nel corso della storia, ma soprattutto negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, si è contraddistinto per la predisposizione e la realizzazione di interventi organizzati a protezione degli ebrei, sottrattisi alla persecuzione nazista e rifugiatisi nel tacco dello stivale d’Italia, in attesa di partire per terre lontane. Nel corso degli anni novanta del secolo scorso, poi, si ricorda l’esodo massiccio di migliaia di albanesi in fuga dal loro Paese ed approdati nei porti di Brindisi e Otranto.

I risultati dell’indagine hanno evidenziato una serie di criticità legate, soprattutto, alle procedure di identificazione, all’accertamento dell’età e alla provvisoria collocazione dei MSNA in una particolare tipologia di struttura. Per gli operatori fortemente motivati ed orientati alla mission, l’accoglienza costituisce un valore significativo, allorquando essi si spingono oltre l’attività di supporto e s’impegnano nello sviluppo di una sintesi delle due culture di appartenenza (la propria e quella del giovane migrante).

La promozione di vecchi istituti, come l’affido familiare, e l’adozione di nuovi strumenti come i tutori volontari, assieme alla piena applicazione della Legge n. 47/2017, costituiscono - attualmente - una sfida quanto mai irrinunciabile per tutti gli attori della rete.

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S02-T04/6 I minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo. Un’indagine sulle modalità di accoglienza nel

comune di Grosseto

immigrazione, minori stranieri, osservazione, richiedenti asilo, accoglienza

Sposito Francesca

Assistente Sociale, COeSO SdS Grosseto

Il lavoro di tesi riguarda il sistema di accoglienza per minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo indagato attraverso una ricerca sul campo in tre strutture del comune di Grosseto. Lo scopo è stato quello di indagare tale sistema a partire da varie prospettive, al fine di evidenziare come l’accoglienza influenzi il percorso di integrazione del minore nella realtà di arrivo.

L’analisi della normativa di riferimento (europea e nazionale), mi ha permesso di enucleare quelli che sono i requisiti indicati dalle normative attraverso uno studio approfondito sul sistema di accoglienza nazionale dei minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, in particolare analizzando il sistema di accoglienza SPRAR e il sistema di accoglienza dei centri CAS.

Come anticipato la ricerca è stata effettuata all’interno di tre strutture di accoglienza e si suddivide in due fasi: una prima parte (quantitativa) verte sull’analisi dei dati relativi all’accoglienza dei minorianalizzando le caratteristiche dei minori accolti nelle strutture del comune di riferimento divisi per genere, età e nazionalità; la parte empirica, invece, è focalizzata sullo studio della documentazione, dei regolamenti di struttura e dei patti educativi, con un’attenzione particolare ai progetti educativi. La seconda fase (qualitativa), invece, si è incentrata sull’osservazione dei tre casi di studio, attraverso la partecipazione alla vita di comunità.

Le osservazioni sono state precedute dalla realizzazione di una mappa concettuale che mi ha permesso di prendere in esame tre dimensioni: strutturale, per l’analisi degli aspetti interni ed esterni delle strutture; organizzativa, basata sull’osservazione dell’organizzazione della quotidianità e del lavoro del personale a disposizione; relazionale, bastata sulle dinamiche relazionali tra operatori, tra operatori-minori e tra operatori e servizi territoriali. Le osservazioni sul campo sono state coadiuvate dalla raccolta delle note etnografiche e organizzate in una griglia concettuale, utilizzata anche per l’analisi della documentazione, che racchiudeva le tre dimensioni sopraindicate.

L’analisi su queste dimensioni ha permesso di volgere un’attenzione particolare su concetti come istituzionalizzazione e violenza sommersa, che solitamente scaturiscono da forme di isolamento, standardizzazione, rigidità delle regole e spersonalizzazione delle attività e delle relazioni, permettendo di cogliere pregi e difetti nelle modalità di accoglienza.

S02-T04/5

Nuova governance nella tutela dei minori non accompagnati; il ruolo del servizio sociale

minori non accompagnati, tutori volontari, sostegno, governance, europa

Peris Cancio Lluis Francesc

Docente di Metodi e Tecniche del Servizio Sociale, Sapienza Università di Roma

La legge 47/2017 nel suo articolo 11 introduce la novità dei tutori volontari, regolamentando una prassi già presente in altri contesti europei, sebbene con modalità variegate e sovente assai lontane di quella prevista in Italia. Il testo di legge articolando una policy complessa che vede coinvolti i Garanti regionali e delle provincie autonome per quanto riguarda la formazione iniziale dei candidati, l’Ufficio del Giudice Tutelare (successivamente sostituito dal Tribunale per i minorenni con il d.lgs. 220/217) per la nomina e l’abbinamento, e rimanendo ai servizi territoriali la gestione complessiva dell’accoglienza.

L’iter di formazione dei tutori volontari e di composizione dell’elenco da consegnare ai Tribunali è stato realizzato in ciascun territorio con alcune differenze in qualche modo caratterizzanti: il coinvolgimento come gestori di enti internazionali e associazioni del terzo settore, i percorsi di formazione unico anche per tutori che svolgeranno il suo ruolo in favore di minori non necessariamente “non accompagnati”, la certificazione o meno della formazione, l’integrazione di trainings formativi, ecc.

Nell’implementazione del nuovo sistema sorge una questione fondamentale: a quale istituzione appartiene il compito di accompagnare e sostenere i tutori volontari nello espletamento del suo ruolo?

Da una parte i Garanti regionali e delle Provincie Autonome sono stati centrali nella formazione, e parrebbe logico che dessero continuità a questa funzione, ma si trovano di fronte con una limitata capacità di gestione e con budget ristretti, per cui faticano a dare una risposta se non sostenuti da altre istituzioni.

Secondo l’art. 5 della legge i servizi sociali professionali sono responsabili dell’intervento in un rapporto istituzionale non meglio definito con i tutori volontari, in quanto potenzialmente detentori di un bagaglio superiore di competenze (skills) e di strategie nell’intervento. Tuttavia, dal punto di vista formale, nessun testo delinea ancora le modalità di coinvolgimento nel sostegno ai tutori volontari.

È così che durante l’anno 2018 si stiano creando modalità locali di gestione e sostegno della figura. Il paper che si presenta offre un’analisi delle modalità di gestione dei tutori volontari oggi in Italia attraverso l’osservazione attenta di quanto sta succedendo nei diversi territori, come esplorazione di un divenire in continua evoluzione, e in particolare un approfondimento delle modalità esperimentate nel contesto romano.

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S02-T07/2 Le conseguenze sociali della pianificazione urbana privata

Politiche urbane, Governo locale, Pianificazione, Periferia, Esclusione sociale

Galli Elena

Assistente Sociale, Comune tramite Cooperativa Sociale

La ricerca indaga le conseguenze sociali determinate dal processo di urbanizzazione capitalista nella città di Roma, compiendo un’analisi strutturale: storica ed economica, in riferimento alle teorie di interpretazione marxista, adottando la teoria dei circuiti di accumulazione di David Harvey. La frazione di capitale analizzata per osservare i processi di urbanizzazione è quella della rendita fondiaria, poiché il capitalismo che contraddistingue la città di Roma è storicamente quello fondiario. Nuova Ponte di Nona è il quartiere di Roma scelto, per condurre la ricerca, perché consente di osservare in modo evidente il ruolo della rendita nei processi di metropolizzazione e accumulazione capitalistica.

I risultati della ricerca si basano sull’analisi di undici interviste condotte in profondità, qualitative e semi- strutturate che indagano varie dimensioni, rivolte ai residenti del quartiere.

Si evidenzia la privatizzazione dei vantaggi derivante da questo assetto urbano, la socializzazione dei costi e la depoliticizzazione delle questioni sociali. La difesa della cultura privatistica, non calcolando come le concessioni edilizie se non gestite con un forte ritorno di utilità pubblica possano avere impatti fortissimi sulla condizione sociale delle persone e l’assenza di una pianificazione di sviluppo urbano razionale e pubblico, conducono alla configurazione di una città non democratica ed escludente. Le condizioni sociali sono la conseguenza di un privato accesso alle risorse pubbliche e comuni: le persone rischiano di rimanere intrappolate in questi territori senza nessuna opportunità sociale, di partecipazione sociale, aumentando la distanza geografica, sociale e culturale tra periferia e centro. Non potrà mai essere garantito un benessere tipico di un sistema di welfare urbano ed un uso dignitoso della città.

Si auspica e rende necessario un coinvolgimento forte e attivo delle politiche sociali all’interno della contrattazione per la pianificazione urbana. Il ruolo dell’Assistente Sociale è fondamentale nei processi comunitari per far emergere condizioni e bisogni della popolazione, da tenere in considerazione in sede pianificatoria. Si deve correlare il disagio sociale come esito strutturale di un mancato accesso alle risorse materiali e di una mancata redistribuzione sociale dei profitti privati, collocandosi professionalmente e attivamente sul piano politico e pianificatorio.

S02-T07/1

Governance e partecipazione nelle politiche della tossicodipendenza della Regione Lazio. Studio di caso: progetto “CARE”

Governance, Politica, Tossicodipendenza, Integrazione, Partecipazione

Gaglianò Veronica

sociologa, assistente sociale, nessuno

Il lavoro di ricerca ha come oggetto di studio la governance e partecipazione nelle politiche della tossicodipendenza della Regione Lazio. La ricerca in questione ha l’intento di portare i lettori nella condizione di conoscere la realtà della tossicodipendenza, le sue politiche, la posizione e le relazioni a riguardo dei diversi attori (partnership pubblico-privato) e settori coinvolti (integrazione sociosanitaria) implicati nella programmazione, implementazione e gestione degli interventi. La Regione Lazio è stata travolta, nel corso degli anni, da una serie di leggi (interne e esterne) che hanno modificato la governance e la partecipazione nelle politiche della tossicodipendenza. Le leggi in questione sono le sopracitate: 328/2000 che è stata anticipata dalle leggi regionali 38/1996 e 88/2013. In generale, il concetto di governance richiama un modello di gestione delle relazioni basato sui principi della collaborazione, della condivisione, del consenso e del coordinamento. Dall’analisi dei dati rilevati, tramite la metodologia qualitativa delle interviste, si osserva come, nella Regione Lazio, non è possibile parlare di governance in quanto non si riscontrano gli elementi sopramenzionati. Nonostante la presenza di una normativa specifica questa non è contemplata operativamente generando interventi settoriali, non condivisi e poco efficaci e efficienti. Quest’ultimi producono la necessità di operare in una direzione opposta ricorrendo ai rapporti informali come soluzione definitiva a causa di un rimpallo di responsabilità, mancanza di finanziamenti e di strategie di azioni politiche obsolete e disinteressate. Quindi, si può parlare di una forma di governance non istituzionalizzata che vede la partecipazione occasionale di diversi attori nella programmazione e gestione di interventi nelle politiche della tossicodipendenza. La soluzione evidente e banale da perseguire è l’attuazione stessa della norma e la realizzazione di servizi che prendono come esempio casi di rilevante successo, inerente alla cogestione di servizi tra pubblico-privato, quale il caso CARE.

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