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La sessualità e il sessismo visti attraverso la razza

3. LEGGERE L’ITALIA D’OGGI ATTRAVERSO LE OPERE DI ALI FARAH

3.1 Il razzismo e la costruzione della razza in Italia

3.1.1 La sessualità e il sessismo visti attraverso la razza

L’idea di bellezza femminile in Madre piccola offre un esempio simile a quello appena riportato di come l’egemonia culturale funzioni in una maniera razzista anche dentro le comunità subalterne quando Taageere, l’io narrante in questo capitolo, parla di cosa significhi essere mulatta con Domenica Axad: “Questa storia che le mulatte sono delle poco di buono l’ha stufata. Io le dico che quello che so è che le mulatte sono famose per essere belle, non poco di buono. Perché siete razzisti, dice lei, essere chiari deve essere per forza bello”.24 Questo episodio è anche l’unico in tutto il romanzo in cui il razzismo viene nominato esplicitamente. Domenica Axad afferma, giustamente, che gli standard di bellezza eurocentrici influenzano anche quei corpi che non sono o che non portano caratteri europei. Grazie alla colonizzazione in primo luogo, e in secondo luogo alla diffusione dei mass media dovuta alla globalizzazione del mondo, l’idea che la bellezza risieda dentro le qualità considerate tradizionalmente bianche è stabile tutt’oggi. Infatti, se guardiamo la propaganda che cercava di limitare il madamismo nelle colonie per poter assicurare la ‘purezza’ della razza bianca,25 si può vedere come i corpi femminili bianchi e neri venissero a essere considerati come due poli opposti. La propaganda non accettava che il corpo maschile bianco e il corpo femminile nero fossero accettabili come un legittimo accoppiamento. In questa maniera la donna nera veniva svalutata e vista come incompatibile con l’uomo bianco. L’unica alternativa alla donna nera era quella italiana, cioè una donna bianca. Tale ragionamento costruiva la donna nera e quella bianca come due contrasti e innalzava il corpo femminile bianco su un piedistallo, facendo sì che le donne bianche fossero viste come più fisicamente attraenti e le donne nere come più brutte. Inoltre, sessualizza ulteriormente le donne nere, che venivano viste come oggetti, mentre crea un’immagine angelica della donna bianca. L’immagine della donna bianca è stata modificata ancora sotto una luce positiva grazie al fatto che “l’eventualità di rapporti

24 Ali Farah, 2007b, p. 202.

sessuali tra donne italiane e uomini neri era sempre stata combattuta e stigmatizzata con forza”,26 più del madamismo, che fu controllato soltanto a partire dal 1937.

Anche nelle colonie i popoli indigeni commettevano la stessa stigmatizzazione di quei rapporti misti. A conferma di questo è l’episodio in Madre piccola quando Taarikh, il padre di Domenica Axad, si sposa con un’italiana e un suo fratello corre per portare la notizia al loro padre. Il padre, vedendo suo figlio senza fiato e chiaramente stupito, gli chiede il perché di tutta quell’agitazione:

Lo zio Foodcadde dice che quando la mamma e il papà stavano tornando in Somalia lui è corso subito dal nonno e gli ha detto, aabbee, padre, Taarikh sta tornando e porta con sé una moglie. Allora il nonno gli ha chiesto, e cos’ha questa moglie che me lo dici così senza fiato? Allora lo zio ha risposto niente, solo che è italiana, e il nonno, be’, è normale, stava in Italia e si è sposato con una donna italiana!27

Tale brano dimostra lo scandalo che suscita l’annuncio del matrimonio misto. Foodcadde si presenta al padre anticipando che quest’ultimo avrebbe biasimato l’unione del figlio nero con la donna bianca. Il padre invece cerca di dissuadere dal figlio le preoccupazioni razziali, proponendo che l’accoppiatura sia normale siccome Taarikh viveva in Italia.

Anche la pubblicità di massa in Italia nel secondo dopoguerra contribuiva ad aumentare la stigmatizzazione del corpo nero: spesso la donna italiana bianca insieme a dei bambini neri veniva rappresentata come un’infermiera.28 Così facendo, i mass media esageravano le caratteristiche angeliche della donna bianca attraverso la sua rappresentazione come una figura curativa. Allo stesso tempo, la donna bianca non veniva mai rappresentata come una madre dei figli neri — cosa che sarebbe stato impossibile secondo la propaganda popolare — creando una separazione netta tra il corpo nero e quello bianco che colpevolizzava ancora la donna nera in quanto madre mancante. In seguito, l’abbandono dei figli ‘misti’ dopo la fine della Seconda guerra mondiale in primis e dopo l’amministrazione fiduciaria italiana della Somalia in secundus, mostra come la comunità bianca italiana cercasse di far svanire ogni traccia residua del colonialismo per rafforzare le tradizionali scale di potere. Come osserva Tatiana Petrovich Njegosh, Professoressa di Lingua e letteratura angloamericana all’Università di Macerata,

[l]’occultamento del meticciato è cruciale perché cela il fatto che la ‘mescolanza razziale’ sia avvenuta, […] mette in discussione la presunzione di mutua esclusività tra le categorie

26 Perilli, 2015, p. 147.

27 Ali Farah, 2007b, p. 11.

di italianità e nerezza; e infine rivela l’instabilità di lungo periodo della bianchezza italiana.29

I figli meticci erano anche abbandonati dalla comunità somala, creando così i missioni e questo porta all’idea citata in Madre piccola delle mulatte viste come “poco di buono”, ma porta anche alla loro sessualizzazione perché sono in parte bianche, e perciò, secondo la vecchia gerarchia coloniale, più belle e pure.

Come ben dimostrano le parole rivolte a Domenica Axad, le persone mulatte sono oggetti di una forma di discriminazione molto peculiare in quanto possono essere rifiutate oppure feticizzate sia dalla cultura bianca sia da quella nera. Il personaggio di Domenica Axad fornisce un esempio di come la comunità somala respinga i mulatti con queste parole rivoltele a una festa: “Tutto qui: si vede che tua madre è una gaal. Mezza bianca che non sa come ci si comporta”.30 Mentre i somali respingono gli italosomali negando che questi ultimi appartengano alla loro comunità, anche gli italiani si comportano nella stessa maniera. Per esempio, la suora alla scuola italiana a Mogadiscio aveva la classe composta solo di italosomali ma comunque non faceva differenza, i suoi atteggiamenti razzisti si manifestavano come se la classe non fosse in parte italiana: “la suora disse che […] eravamo uguali a tutti i somali, pigri e refrattari all’impegno”.31 Infatti, come sottolinea Silvia Patriarca, Professoressa di Storia alla Fordham University, “il linguaggio con cui questi bambini venivano descritti ne sottolineava […] l’alterità: per quanto per la legge fossero italiani […] erano definiti dalla loro supposta appartenenza razziale”.32

Inoltre, questa forma di razzismo può avere effetti molto gravi, come ben dimostra il caso del 1953 quando un bambino mulatto di sei anni, stanco del bullismo che doveva sopportare in classe e abusato anche dal patrigno bianco italiano, si suicidò saltando da un campanile.33 Anche l’idealizzazione degli italosomali può comportare effetti negativi. Per esempio, Taageere rifiuta di chiamare Domenica con il suo nome somalo Axad e, come si è visto, esalta le sue caratteristiche italiane, come spiega la donna: “Quello che Taageere vedeva di me era il versante occidentale”.34 Ciò lascia supporre che Taageere avesse solo l’intenzione di usare Domenica Axad sessualmente, tant’è vero che alla fine

29 Njegosh, p. 221.

30 Ali Farah, 2007b, p. 103.

31 Ali Farah, 2007b, p. 228.

32 S. Patriarca. 2015. “‘Gli italiani non sono razzisti’: costruzioni dell’italianità tra gli anni Cinquanta e il 1968.” In Il colore della nazione, a cura di Gaia Giuliani. Milano: Le Monnier Università, p. 35.

33 Patriarca, p. 35.

del libro non ha ancora deciso se raggiungerla in Italia o meno anche se hanno già un figlio che sta con lei.

Dunque, così come l’ipervisibilizzazione e l’invisibilizzazione dei corpi neri vanno insieme, anche l’idea della supposta bruttezza o attrazione minore dei corpi che non sono bianchi è abbinata alla ipersessualizzazione del corpo specificamente nero (e non generalmente il corpo degli altri o dei subalterni), e entrambi gli atteggiamenti hanno una chiara radice coloniale. Ali Farah prende in mano quest’ultimo fenomeno ne Il

comandante del fiume attraverso il personaggio di Yabar e anche quello di Rosa. Quando

Stella porta Yabar a un corso di teatro in cui lei è l’unica bianca e tutti gli altri ragazzi sono “diversi”, come li definisce Yabar, quest’ultimo è altamente cosciente della sua collocazione all’interno del gruppo e, quando gli viene fatta una domanda, pensa: “Avevo molta rabbia dentro perché immaginavo che a nessuno sarebbe importata la mia risposta se non fossi stato nero”.35 Questa citazione rivela come Yabar sia consapevole del fatto che gli altri possono feticizzarlo ed esoticizzarlo, idealizzando proprio quelle caratteristiche che fanno sì che il personaggio appartenga a una comunità discriminata in Italia. Alla fine, Yabar si accorge che questo non è il caso del corso di teatro e che aveva reagito in modo troppo brusco proprio perché sa di dover sempre stare in guardia contro assimilazioni di questo tipo. Yabar è sempre iper-consapevole della sua pelle nera perché, come dichiara, “sono io stesso il tabù, ed è il mio colore qui, in questa città, lungo il fiume, a essere un tabù”.36

Diverso è il caso di Rosa che, a mio parere, viene feticizzata dal suo ex-compagno Max, un italiano bianco. Infatti, gli atteggiamenti che Rosa è costretta a subire da parte della popolazione bianca sono differenti perché, come afferma Sara Farris, Professoressa di Sociologia alla Univeristy of London, le donne migranti (nere, italosomale) “abitano modi e vivono esperienze molto diverse, fortemente caratterizzati da forti differenze di classe e di razza”.37 La prima volta che si conoscono Max si sente sollevato alla vista di Rosa, una donna nera: “non ne posso più di vedere così tanti bianchi in giro”.38 Anche se Rosa non denuncia mai l’ex-compagno di razzismo nello svolgimento della trama del libro, c’è una correlazione interessante tra questi e lo sfruttamento sessuale delle donne

35 Ali Farah, 2014, p. 72.

36 Ali Farah, 2014, p. 37.

37 Farris, p. 182.

nere colonizzate. Così come i soldati italiani seducevano, sposavano o stupravano le donne somale per poi abbandonare loro e i figli nati da tali unioni, anche Max corteggia Rosa e fa nascere una figlia, poi però decide di non rimanere con la famiglia. Il rapporto fra Max e Rosa ristabilisce la gerarchia di potere coloniale in cui, soprattutto durante l’epoca fascista “una donna nera poteva avvicinarsi all’universo dei bianchi solo da serva o prostituta”.39 Max, la rappresentazione dell’uomo bianco, può e vuole avvicinarsi, a sua volta, ancora di più al mondo africano attraverso lo sfruttamento sessuale della donna nera. Tant’è vero che quando nasce la loro figlia e si presentano nuovi obblighi, Max si tira indietro. Sebbene sia vero che il personaggio di Max a volte ritorna e passa del tempo insieme alla figlia, sarebbe riduttivo pensare che la sua presenza occasionale non rappresenti vecchi ideali coloniali di carattere razziale/razzista. Infatti, come si è visto con il padre di Rosa, la presenza e il mantenimento da parte di un uomo bianco non riduce l’impatto negativo che le sue credenze politiche e razziste possono avere sulle persone che gli stanno attorno. Inoltre, Max riesce a sedurre Rosa con la sua conoscenza del continente africano, approfittando del periodo nella vita di quest’ultima in cui si sente confusa riguardo alla sua identità e cerca di recuperare il passato. Max riesce a donarle una parte di quel passato perduto che le è stato negato proprio dai fascisti, cioè dai colonizzatori italiani. Max si appropria della cultura e del passato del continente africano, cose che entrambe sono state rubate a Rosa a causa del colonialismo e del fascismo, in cambio di una specie di ri-educazione del ‘civilizzatore’ bianco.