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Sommario – Introduzione – 1.La natura giuridica delle quote latte – 1.1.La tesi pubblicistica – 1.2. La tesi privatistica. – 1.3.La posizione della giurisprudenza comunitaria. – 2.La disponibilità del bene quota latte: i passaggi fondamentali – 2.1.La cessione a titolo provvisorio :l’affitto. – 2.2.La cessione a titolo definitivo: la vendita. – 2.3.La decadenza della quota. - 2.4. Gli obblighi di natura contabile del regime delle quote latte. – 3.La giurisprudenza della CGUE – 3.1.Principio di non discriminazione e quote latte. – 3.2.Prinicipio di proporzionalità e quote latte. – 3.3.Principio di legittimo affidamento e quote latte. – 3.4.Bilanciamento fra diritto di proprietà e strumenti di regolamentazione del mercato.

Introduzione

In questo capitolo si analizzerà il carattere privato delle quote latte, dalla loro discussa natura fra il privato e il pubblico, per poi guardare con occhio più critico l’evoluzione della normativa in materia di circolazione delle quote , di decadenza per inutilizzabilità e gl’obblighi documentari che sono imposti a tutti i soggetti coinvolti nella “vita” delle quote.

In ultima istanza si tratterà la lunga giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale ha posto ,con occhio critico, il proprio interesse sulla legittimità dei numerosi atti normativi emanati in materia di

quote latte alla luce dei principi fondamentali contenuti nei Trattati dell’Unione.

1.La natura giuridica delle quote latte.

La funzione principale della “quota latte” nella sua veste di strumento di regolazione ,è quella di rendere il mercato il più efficiente possibile e per tanto risulta opportuno cercare di capire come essa si inserisca nello schema organizzativo della azienda lattiera, e di come la mobilità della stessa sia stata rimessa , in virtù della logica di una miglior allocazione,completamente alla autonomia dei privati ,anche se comunque sottoposta ad un regime di controllo affidato ad autorità amministrative ad hoc.

La scelta di affidare ai privati la gestione della quota sembra sostenuta

dall’idea che siano proprio i privati, in primis le numerosissime aziende

lattiere della produzione primaria, i soggetti a cui vengono attribuiti i

quantitativi di riferimento e che possano decidere di allocare nel modo più

efficiente possibile i quantitativi inutilizzati , attraverso o cessioni

temporanee o definitive (anche slegatamente alla cessione dell’azienda per

l’intero),senza che ciò possa in alcun modo compromettere gli obbiettivi di

stabilità del mercato comunitario data la presenza di norme entro le quali è

ammessa una circolazione di quote individuali. Inoltre la previsione di una

effetti della mobilità delle quote abbia un impatto assai limitato rispetto al

controllo del mercato[21].

L’attribuzione della quota ai privati non scioglie però un quesito:quale è la

natura della quota?

Proprio su questo punto la dottrina è dovuta intervenire: gli interpreti si sono trovati ad affrontare il problema della classificazione giuridica delle “quote latte”.

Dato il silenzio del legislatore europeo al riguardo , si sono raffrontate due teorie opposte ,una di natura “pubblicistica “e una di natura”privatistica”.

1.1.La posizione pubblicistica

La teoria pubblicistica sostenuta da una parte della dottrina [22] ha

ipotizzato come la quota possa essere accostata ad una sorta di autorizzazione amministrativa o più precisamente una licenza di commercio indicante il genere di merce che un soggetto può vendere e ,una volta rilasciata,consenta al titolare di accedere al mercato e conseguentemente vendere il prodotto indicato nella suddetta licenza senza incorrere in penalità. In tal modo la quota si configurerebbe come un’autorizzazione a commercializzare, rilasciata dall’ente nazionale competente al produttore sulla base di una situazione giuridica rilevante preesistente connessa con l’attività dell’impresa e la cui operatività è

(21 )I. Canfora La cessione delle quote di produzione in Trattato di diritto agrario pag.335.

(22 ) Germanò Le quote di produzione nel diritto comunitario dell’agricoltura e Carmignani Profili pubblicistici e

subordinata al potere dell’organo competente a rimuovere i limiti gravanti su di essa [23] .

Ma tale tesi è poco convincente. Infatti se lo schema sopra espresso ha un ragion d’essere per i nuovi produttori per i quali la licenza attributiva del quantitativo di riferimento potrebbe porsi come autorizzazione a produrre e commercializzare latte in esenzione del prelievo supplettivo , poco senso ne ha per coloro che già operano sul mercato poiché ,in questo caso,la quota si configurerebbe più come un ostacolo piuttosto che la rimozione dello stesso. A questo si aggiunge la totale mancanza di riferimenti normativi ,poiché i regolamenti non vietano ne la produzione oltre i limiti fissati dalla quota ,ne tanto meno la produzione in totale assenza di autorizzazione con la conseguenza di rendere tale attività fortemente antieconomica a causa di un prelievo estremamente alto.

1.2.La teoria privatistica

La tesi privatistica invece muove da presupposti totalmente diversi.

Secondo tale opinione la quota si configura come un elemento variabile tra i beni aziendali potendo essere assegnata in misura più o meno ampia e essendo suscettibile a modifiche con il passare del tempo. Conseguentemente, prendendo in esame queste caratteristiche, si ci persuade ad escludere un parallelismo delle quote con le autorizzazioni commerciali poiché ,pur essendo necessarie al fine dell’inizio di una attività economica, non incidono sulla rimuneratività dell’impresa che è invece un connotato della quota. Infatti l’oscillazione dei quantitativi concessi ai produttori determina un aumento o meno del valore delle

(23 ) Carmignani sostiene una necessaria cautela nel ricondurre il sistema di quotizzazione alla categoria delle autorizzazioni ,prefigurando ,piuttosto,l’imposizione di un ordine a chi è già sul mercato (c.d. ordine “omissivo”) di non produrre e commercializzare un quantitativo superiore alla quota assegnata.

singole aziende produttrici ,più è alta la quota che l’allevatore può commercializzare senza incorrere in penalità tanto più elevata sarà la predisposizione dell’azienda a generare reddito.

In definitiva la quota consiste in un’entità giuridica di notevole valore economico per l’esercizio dell’impresa lattiero - casearia, pressoché imprescindibile nell’organizzazione aziendale, dato che la mancanza risulterebbe antieconomica. Pertanto la parte di dottrina che accoglie l’impostazione privatistica tende ad inquadrare la quota tra i beni dell’azienda: la quota quindi è un bene in senso giuridico,un bene immateriale con uno spiccato valore economico, soggetta alla circolazione, per cui meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico. In senso favorevole all’inquadramento delle quote nella categoria beni d’impresa deve essere letta la risoluzione del 04/04/2006 n.51 dell’Agenzia delle Entrate la quale,interrogata circa la disciplina fiscale applicabile ai fini Irpef ed Iva alla cessione di quote latte e diritti di reimpianto vigneti,ha espresso il suo pensiero nel senso di riconoscere il carattere di necessaria connessione che la titolarità del diritto riveste rispetto al legittimo svolgimento delle attività agricole in questione e ciò consente di inquadrare le quote latte tra le componenti dell’azienda ed in particolare nella categoria dei beni immateriali [24]. La scelta del legislatore comunitario di

rimettere all’autonomia dei privati le vicende circa la mobilità della quota (cessione temporanea o definitiva ) sembra ancor più suffragare la tesi che colloca la quota tra i beni giuridici di impresa. Tuttavia tale l’inquadramento non deve trarre in inganno; la “quota latte”è e rimane da

(24) La risoluzione continua : “Ne consegue che il trasferimento temporaneo o definitivo di tali diritti regolamentati ad altri

allocare in un contesto giuridico ben preciso cioè la regolamentazione delle quote di produzione é quindi non riferibile agli schemi classici del diritto di proprietà: il fatto che sia possibile oggetto di contrattazione fra privati non esclude il fatto che possa condizionare l’esistenza stessa dell’impresa grazie alla determinazione di un ricavo ulteriore e indiretto[25] (la

commercializzazione libera dal prelievo) ed in ogni caso è modificabile dall’ordinamento comunitario a seconda delle diverse esigenze di politica economica.

La quota quindi fa parte di quei nuovi beni immateriali la cui esistenza è legata sul piano temporale ad un periodo limitato di utilizzazione nell’interesse collettivo di governo dell’economia. Un bene, comunque, distinto dai beni immateriali quali brevetti e diritti d’autore ,che ,pur avendo una protezione temporanea ,consistono in situazioni giuridiche meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento nell’ottica del diritto dei singoli nello sfruttare il valore economico delle proprie idee,invenzioni o attività intellettuali. In pratica la temporaneità dei brevetti e dei diritti d’autore si configurerebbe in un bilanciamento fra i diritti del singolo e l’interesse della collettività ad ampliare le proprie conoscenze, mentre ,nel caso delle quote latte, la temporaneità dipenderebbe dalle scelte di politica economica e i diritti che ne derivano per i singoli sono solo un riflesso rispetto l’uso di uno strumento di regolamentazione del mercato[26].

1.3La posizione della giurisprudenza comunitaria

(25) A. Tommasini Quote latte,diritti d’impianto e titolo all’aiuto pag.64

Anche la quota tuttavia ha come fondo il bilanciamento fra due principi che inevitabilmente entrano in conflitto: il diritto di proprietà e d’impresa e la necessità di una politica agricola il più coesa possibile e proprio in questo senso si è mossa per lo più la giurisprudenza comunitaria.

Infatti, la Corte di Giustizia già nel ’79 nella sentenza Hauer ,si è preoccupata di affermare come non sussista un’incompatibilità fra gli strumenti di contingentamento della produzione e la proprietà dei singoli qualora “tali restrizioni perseguano effettivamente scopi di interesse generale propri della comunità e non costituiscano ,rispetto allo scopo perseguito,un intervento sproporzionato e inaccettabile nelle prerogative del proprietario ,tali da

ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà”. Nella sentenza Mulligan la

Corte di Giustizia si è pronunciata sull’opportunità da parte degli Stati membri di prevedere come, in caso di vendita o di locazione delle aziende lattiere, i quantitativi di riferimento ad esse corrispondenti non siano trasferiti unitamente con tali aziende, ma che una parte di suddetti quantitativi confluisca nella riserva nazionale attraverso un provvedimento di recupero («clawback») senza la previsione di un indennizzo a favore di quei produttori che si sono visti decurtati di una parte della quota.

La Corte in sostanza ha affermato come la cedibilità della quota ,dalla quale si può trarre la sua considerazione in termini di bene giuridico d’impresa ,sia connessa con le esigenze di politica economica e regolazione del mercato ,esigenze tuttavia che devono essere sostenute senza che vengano sacrificati gli obbiettivi dell’OMC del settore lattiero ,sulla base di criteri oggettivi e in conformità con i principi generali comunitari tra i quali il principio di certezza del diritto e la tutela del legittimo affidamento,di proporzionalità e non discriminazione. Infine un orientamento favorevole

alla qualificazione giuridica della quota come bene immateriale, modificabile a seconda delle esigenze produttive dell’azienda,si riscontra anche nelle conclusioni finali della sentenza Demand(C-186/96) dell’AG Colomer il quale afferma che le quote sono“ uno strumento d’intervento sul

mercato convertito sul piano giuridico in un bene patrimoniale”:ciò costituisce

una base comune per tutte le legislazioni nazionali che hanno così la facoltà di armonizzare il contenuto di tale diritto con la relativa disciplina interna del diritto civile, per es. regolando in un determinato modo la circolazione o la cessione a terzi.

2. La disponibilità del bene quote latte : i passaggi fondamentali.

Il problema inerente la circolazione della quota latte è strettamente correlata alla sua non univoca natura di bene d’azienda. Come descritto in precedenza anche se la giurisprudenza e la dottrina hanno ampiamente dimostrato come la natura giuridica dei quantitativi di riferimento debba rientrare nel’alveo dei beni immateriali ,la connotazione della quota a strumento di accesso a un mercato per così dire “chiuso” ha fatto si che ,almeno inizialmente, la circolazione non fosse permessa in nome della stabilità della politica agraria. Infatti la mobilità della quota ,originariamente ,è stata frenata dalla Comunità stessa. Venne sostenuto che la creazione di un mercato apposito per le quote avrebbe rischiato di gravare sugli obbiettivi prefissati e generato situazioni difficili come i reiterati tentativi di metter in atto schemi contrattuali in frode alla legge. La cedibilità della quota, così come poteva dedursi dall’art.7 reg.Cee 856/84,era strettamente legata alla circolazione del fondo tanto che si parlò

di “non negoziabilità “e “indisponibilità” delle stesse [27]. Infatti la quota

poteva circolare solo nel caso di locazione,vendita o trasmissione per via ereditaria dell’azienda[28] e l’art.5 prevedeva che nel caso di

locazione,vendita o trasmissione per via ereditaria della totalità dell’azienda anche la quota veniva ceduta integralmente al subentrante mentre nel caso di locazione,vendita o trasmissione di uno o più parti dell’azienda,la quota veniva suddivisa fra i coloro che rilevavano l’azienda in funzione delle superfici utilizzate per la produzione lattiera o di altri criteri obbiettivi stabiliti dagli Stati membri[29]. Con il reg.590/85 il quale

riformulò l’art.7 del reg.856/84,furono introdotte le prime deroghe circa il vincolo fra il fondo e la quota; per esempio, all’affittuario che non aveva ottenuto il rinnovo dell’affitto a condizioni analoghe a quello appena terminato poteva essere concesso in tutto o in parte il quantitativo di riferimento attribuito all’azienda qualora decidesse di continuare la produzione di latte.

2.1. La cessione a titolo temporaneo: l’affitto

Tuttavia per poter registrare la prima forma di cessione delle quote separatamente dal fondo si dovette aspettare l’approvazione del reg.1234/2007 che ne introdusse l’affitto .Da questo momento parliamo quindi proprio del regime di cessione temporanea delle quote latte.

(27 ) A. Di Lauro L’accesso al mercato lattiero-caseario pag.42

(28) L’art. 12 del regolamento 856/84 chiarisce che per azienda si intende “il complesso delle unità per la

produzione gestite dal produttore e situate nel territorio geografico della Comunità” ; nel 1993 con il reg. CEE 1560 le parole “nel territorio geografico della Comunità” sono state sostituite con “nel territorio geografico di

uno Stato Membro”.

L’art.73 comma 1 del reg. n. 1234/2007 prevede la possibilità per gli Stati membri di autorizzare “cessioni temporanee di una parte delle quote individuali

che i produttori che ne hanno ancora disponibilità non intendono utilizzare”, Il

secondo comma invece riconosce la facoltà di ”disciplinare le cessioni tenendo

conto delle categorie di produttori o delle strutture della produzione lattiera”e

stabilisce limiti territoriali(per esempio una regione) entro i quali effettuare la cessione; inoltre gli Stati membri possono autorizzare la cessione totale delle suddette quote nei casi previsti dal paragrafo 3 dell’art.72 (forza maggiore o casi giustificati che comportano una temporanea incapacità produttiva)oppure possono altresì escluderla.

A livello di legislazione nazionale, è l’art.10 comma 15,l.119/2003, che recepisce tale previsione comunitaria. L’articolo infatti prevede la cessione temporanea a titolo d’affitto,anche separatamente dall’azienda, partendo dal presupposto che l’allevatore si trovi in una situazione di impossibilità temporanea di utilizzo a pieno regime dei propri impianti; pertanto la cessione è possibile solo per il periodo della singola campagna lattiera. Il contratto deve aver forma scritta ed è soggetto a registrazione;deve essere inoltrato alla regione o provincia autonoma in cui opera il cessionario e, entro 15 giorni dalla comunicazione ,registrato nel SIAN dopo che le autorità competenti hanno verificato:

- l’avvenuta commercializzazione di latte nel periodo di riferimento;

- che il quantitativo oggetto del trasferimento non sia già stato usato;

- il pagamento delle imposte richieste.

Al comma 19 dell’art.10 si enuncia come i contratti d’affitto d’azienda,comodato d’azienda e qualsiasi altro contratto a termine (in

quest’ipotesi la quota viene trasferita unitamente all’azienda e non separatamente come invece prevede il comma 15 come sopra esposto) devono avere una durata minima di 12 mesi e una scadenza corrispondente con l’ultimo giorno di un periodo di commercializzazione per essere rilevanti ai fini del regime delle quote latte. Qualora si abbia una risoluzione anticipata del contratto ha efficacia riguardo la titolarità della quota partendo dal periodo di commercializzazione successivo rispetto a quello in corso alla data di comunicazione circa la risoluzione alla regione o provincia autonoma competente.

2.2. La cessione a titolo definitivo:la vendita.

Passiamo alla cessione definitiva della quota. Ricordiamo che successivamente al 1992,con il reg.3950,il diritto comunitario ha introdotto, lasciando però piena discrezione agli Stati membri di utilizzarla , la possibilità della cessione definitiva della quota separatamente dall’azienda, anche se, all’onor del vero, già in alcune realtà erano state adottati meccanismi di cessione ,come la Gran Bretagna.

Pertanto l’art.75 lett. f) del reg. 1234/2007(che ha sostituito il regolamento del 1992) legittima ad autorizzare il trasferimento delle quote senza conseguente trasferimento di terre o allo scopo di migliorare la produzione al livello d’impresa o di consentirne l’estensivizzazione[30]. Il legislatore

italiano ha recepito tale possibilità tramite il decreto 31 luglio 2003,attuativo della l.119/2003, disponendo tramite l’art.17 che i contratti

(30 )L’art.76 lascia agli Stati membri la possibilità di trattenere, per riversarla nella riserva nazionale, una parte delle quote individuali, in base a criteri obiettivi (sent .Mulligan) non determinando alcun tipo di compensazione economica sempre seguendo la logica che inquadra la quota primariamente i uno strumento di regolazione del mercato.

in materia devono essere stipulati entro e non oltre il 15 dicembre di ogni anno e trasmessi ,entro 15 giorni dalla data successiva la stipulazione, all’ufficio regionale competente ,il quale deve entro il 15 febbraio di ogni anno autorizzare o meno il trasferimento. Il contratto deve essere in forma scritta, pena la nullità, e registrato nel SIAN. Nel caso di cessione interregionale,il rilevante ha l’onere di trasmettere copia del contratto ad ambedue le regioni e sarà la regione dove opera il rilevante, competente a decidere sul trasferimento e svolgere i controlli amministrativi del caso. In ragione di ciò ,gli organi competenti devono disporre un’istruttoria, verificando:

-che le aziende titolari delle quote ,dislocate in zona montane o svantaggiate, trasferiscano il proprio quantitativo soltanto ad altre aziende situate anch’esse in zone di montagna o svantaggiate;

-che venga rispettato il limite massimo del 70 per cento del quantitativo di riferimento dell'azienda cedente qualora il trasferimento sia tra aziende situate in regioni o province autonome differenti (la soglia è del 50% se le regioni sono insulari) ;

-che il produttore cedente, “se socio di cooperativa o aderente ad una

organizzazione di produttori, abbia espletato la procedura per l’esercizio del diritto

di prelazione”;

-che acquistino aziende che non sono titolari di un quantitativo individuale superiore a 30 tonnellate annue per ettaro di superficie agricola utilizzata; -che l’acquirente abbia prontamente comunicato alle regioni in caso di trasferimento tra regioni differenti;

Necessaria è una puntualizzazione circa il diritto di prelazione: sulla base dell’art.18 del decreto attuativo della legge 119 nel caso sia presente una società cooperativa di lavorazione, trasformazione e raccolta di latte e uno dei soci decida di vendere la propria quota è riconosciuto,come detto,agli altri soci o agli aderenti alle organizzazioni di produttori [31] il diritto di

prelazione. Il produttore che intende vendere ne dà comunicazione, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, entro e non oltre il 10 novembre, indicando i termini dell’offerta ricevuta dal terzo, al presidente della cooperativa e al presidente dell’organizzazione di produttori. Gli interessati ad esercitare il diritto di prelazione[32] devono darne

comunicazione ai presidenti della cooperativa e dell’organizzazione di produttori tramite telegramma entro 30 giorni dalla comunicazione del produttore cedente. Scaduto il termine la quota può esser venduta a terzi secondo le modalità comunicate ,inoltrando una copia dell’atto di vendita al presidente della cooperativa e al presidente dell’organizzazione di produttori (5 comma).

2.3.Decadeza della quota.

Oltre le previsioni di cessione temporanea e definitiva le norme europee ,e di conseguenza anche la normativa italiana,ha previsto l’ipotesi di decadenza della quota a causa di inattività. Ai sensi dell’art.72 del Reg. CE 1234/2007 è disciplinata infatti la casistica circa la possibilità per un produttore di “perdere “il quantitativo riconosciutogli; secondo il primo comma dell’articolo la persona fisica o giuridica che perde i requisiti

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