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SEZIONE II Effettività̀ e diritti fondamental

2. PRIMA PARTE Effettività e Procura europea

2.1. TITOLO PRIMO Significato e portata dell'effettività̀ nel diritto penale europeo

2.1.1. CAPITOLO PRIMO Il principio di effettività̀ nel diritto penale europeo

2.1.1.2. SEZIONE II Effettività̀ e diritti fondamental

Effet utile, effettività e sovranità nazionale

La necessità di dover effettuare un test di proporzionalità̀ nello scegliere le sanzioni punitive più adeguate e l'esigenza di garantire il rispetto dei diritti fondamentali che, dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, sono stati consacrati nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, porta a interrogarci circa il futuro del principio di effettività nel diritto penale europeo. I diritti fondamentali concernenti il diritto sostanziale e processuale penale sono disciplinati negli articoli da 47 a 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea208, come vedremo nel Capitolo successivo209.

La Corte di Giustizia, nel bilanciamento tra principio di effettività, declinato nella veste di principio volto ad assicurare l'efficace attuazione del diritto dell'Unione, e diritti fondamentali in materia penale ha assunto un atteggiamento ambivalente, che ha portato in alcuni casi a riconoscere la prevalenza del diritto fondamentale che si riteneva leso nel caso di specie e in talaltri a far prevalere il principio di effettività e l'effettiva attuazione del diritto europeo. È possibile valutare la posizione che la Corte ha assunto a tal proposito analizzando, in particolare, tre casi.

Pur non soffermandoci ad analizzare in tale sede210 la posizione della Corte in merito al

bilanciamento tra principio di effettività e diritti fondamentali in materia di cooperazione giudiziaria, con particolare riferimento ai casi concernenti il Mandato di Arresto europeo, ci limiteremo ad esaminare il ragionamento svolto dalla Corte nel caso West211. L'analisi di tale sentenza ci permette, altresì, di analizzare un altro aspetto strettamente collegato al principio di effettività, ossia l'effetto indiretto delle norme di diritto europeo, il quale è stato altresì fatto discendere nell'interpretazione della Corte dall'articolo 4, par. 3 TUE212. Si parla, al proposito,

208Per un commento, si veda S. PEERS, T. HERVEY, J. KENNER, A. WARD (a cura di), The EU Charter of

Fundamental Rights. A Commentary, Hart/Beck, 2014.

209Per un'analisi dei principi fondamentali a livello europeo si legga il Capitolo Secondo del Titolo Primo della

Parte Prima.

210Si veda, al proposito, questo medesimo Capitolo, Titolo Secondo, Parte Prima.

211Corte di Giustizia, sentenza West, causa C-192/12 PPU, del 28 giugno 2012, in Racc. p. 414.

212Al proposti, assume un rilievo fondamentale la sentenza Pupino, in cui la Corte ha affermato che le autorità

giudiziarie nazionali sono tenute ad interpretare il diritto nazionale in conformità al diritto europeo, anche nel caso in cui le norme di diritto europeo siano rappresentate da una decisione quadro, emanata, quindi, nell'ambito dell'ex Terzo Pilastro, al fine di garantire la corretta attuazione dell'articolo 4. par. 3 TUE. In dottrina (E. HERLIN-KARNELL, The Constitutional Dimension of European Criminal Law, Hart, 2012, p. 44) è stato affermato che il principio di leale cooperazione di cui all'articolo 4, par. 3 del TUE ha giocato un ruolo fondamentale nel definire i contorni dell'effettività del diritto europeo. L'esempio tratto a conferma di tale assunto è proprio il fatto che il principio di cui all'articolo 4, par. 3 TUE “has given birth to the doctrine

87 di effetto indiretto, in quanto che il giudice nazionale è tenuto ad interpretare la norma nazionale che dà attuazione o rientra nell'ambito di applicazione del diritto europeo213

conformemente al contenuto e all'obiettivo perseguito dal diritto europeo. Tuttavia, la norma che trova applicazione al rapporto tra privati è pur sempre la norma nazionale214.

Al proposito, il principio di effettività, declinato nel senso di effet utile, assume un ruolo molto penetrante nel definire l'interpretazione da fornire al diritto nazionale adottato in attuazione di norme di diritto europeo. In base al principio dell'effetto utile, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione non può avere quale risultato quello di privare l'atto oggetto di interpretazione di ogni effetto utile215; il giudice nazionale deve interpretare la disciplina europea in un senso che consenta di conseguirne un effetto utile, ossia di raggiungere gli obiettivi dalla stessa perseguiti.

Al riguardo, occorre osservare che recenti pronunce della Corte di Giustizia in materia di cooperazione giudiziaria in materia penale illustrano chiaramente ed in modo esplicito che la necessità di assicurare l'effettività del diritto europeo, inteso nel senso di garantire l'effetto utile degli atti adottati in ambito europeo, può avere profondi effetti sia sugli ordinamenti giuridici nazionali che, in alcuni casi, addirittura, sulla definizione delle teorie generali di diritto penale degli Stati membri.

Nella pronuncia West la Corte si è occupata della questione se fosse necessario il consenso di tutti gli Stati membri coinvolti nel caso in cui fossero stati adottati molteplici Mandati di Arresto Europeo nei confronti di una medesima persona da parte di diversi Stati membri216. La

of indirect effect”. A sostegno di tale affermazione, l'autrice cita la sentenza della Corte di Giustizia Marleasing, causa C-106/89, del 1990, in Racc. p. I-4135.

213Per una definizione di cosa debba intendersi per ambito applicativo del diritto europeo, si legga la sentenza

Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, causa C-617/10, del 26 febbraio 2013, pubblicata nella Raccolta

digitale (Raccolta generale), la quale ha definito l'espressione “nell'attuazione del diritto dell'Unione” contenuta nell'articolo 51 della Carta.

214La Corte ha chiarito ulteriormente definito la nozioni di effetto diretto, effetto indiretto e interpretazione

conforme nella sentenza Pfeiffer (Corte di Giustizia, sentenza Pfeiffer e altri, cause riunite C-397 a C-403/01, del 5 ottobre 2004, in Racc. 2004, p. I-8835). In tale pronuncia, dopo avere ribadito l'impossibilità di far valere una direttiva direttamente nei confronti dei singoli, la Corte ha ribadito che l'obbligo di interpretazione conforme rappresenta una tecnica che consente di superare la situazione di contrasto tra diritto europeo e diritto nazionale senza tradire il legittimo affidamento riposto dai singoli nel diritto nazionale. Il problema degli effetti orizzontali si è presentato nuovamente all'attenzione della Corte di Giustizia negli anni successivi. Si leggano, in particolare, le note sentenze Mangold, causa 144/04, del 25 novembre 2005, in Racc. 2005, p. I-9981, par. 74 e seguenti e Kücükdeveci, causa 555/07, del 19 gennaio 2010, in Racc. p. I-365. Per un'approfondimento sulla giurisprudenza della Corte in materia di effetti diretti e indiretti delle direttive, si legga P. CRAIG,

Directives: direct effect, indirect effect and the construction of national legislation, ELR, 22, 1997, 542; M.

DOUGAN, Disguised vertical direct effect of directive, in Cambridge Law Journal, 2000, p. 586 e seguenti; A. ARNULL, The incidental effect of directives, ELR, 1999, p. 1 e seguenti; S. PRECHAL, Directives in EC

Law, Oxford University Press, 2005.

215In tal senso, Corte di Giustizia, sentenza Commissione c. Belgio, causa C-437/04, del 22 marzo 2007, in Racc.

p. I-02513, par. 56.

88 Corte in tal caso risolse la questione basando il proprio ragionamento principalmente sulla necessità di garantire l'effettività della procedura prevista per l'emissione di un Mandato di Arresto Europeo.

Sulla scorta dell'argomento per cui l'obiettivo della decisione quadro sul Mandato di Arresto Europeo è quello di accelerare e semplificare la cooperazione giudiziaria tra Stati membri217, la Corte ha stabilito in tale pronuncia che richiedere il consenso di tutti gli Stati membri coinvolti avrebbe inficiato e minato l'effettività della procedura di emissione di un MAE. Per questo motivo, ritenne nel caso di specie che l'articolo 28, par. 2 della Decisione quadro sul Mandato di Arresto Europeo andasse interpretata nel senso che, quando una persona è stata oggetto di più di una consegna tra Stati membri a seguito di successivi mandati d’arresto europei, la consegna successiva della medesima persona ad uno Stato membro diverso dallo Stato membro che l’ha consegnata da ultimo è subordinata unicamente all’assenso dello Stato membro che ha proceduto a tale ultima consegna.218. In base a tale ragionamento, la Corte fece, pertanto, prevalere in tale occasione la necessità di garantire l'effettività del sistema di cooperazione giudiziaria in materia penale instaurato dalla decisione quadro sul Mandato di Arresto Europeo rispetto ad altri argomenti che erano stati sostenuti dalle parti in causa, quali il Governo finlandese, il quale aveva sostenuto che una tale interpretazione avrebbe leso la sovranità dello Stato membro che per primo aveva eseguito il MAE219.

In nome della garanzia dell'effettiva attuazione degli obiettivi propri dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la Corte ritenne inconsistente questo come gli altri argomenti proposti contro tale interpretazione. La prevalenza dell'effettività del diritto europeo è stata affermata dalla Corte di Giustizia anche in altre pronunce, in cui il bilanciamento da effettuare non era solamente tra principio di effettività e sovranità statale, ma piuttosto tra garanzia dell'effettività delle politiche europee e diritti fondamentali.

Considerata la giurisprudenza della Corte di Giustizia in punto di principio di effettività e effet

utile, occorre ora passare ad esaminare come tale giurisprudenza si sia tradotta nel dettato

normativo europeo. Oltre all'articolo 325 del TFUE che viene in rilievo per quanto concerne la tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, nel corpo del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea è stata inserita un'altra previsione, di carattere generale, che in parte

(Raccolta generale), par. 30. Il caso riguardava una procedura in cui erano stati emanati numerosi Mandati di Arresto Europeo. Il signor West era stato, infatti, assoggettato a tre successivi Mandati di Arresto Europeo; il primo era stato adottato dalle autorità francesi, il secondo da quelle finlandesi e il terzo dalle autorità ungheresi.

217Corte di Giustizia, sentenza West, causa C-192/12 PPU, del 28 giugno 2012, cit., par. 54-56.

218Corte di Giustizia, sentenza West, causa C-192/12 PPU, del 28 giugno 2012, cit., par. 80. Nel caso di specie,

pertanto, era sufficiente il consenso delle autorità ungheresi.

89 codifica la giurisprudenza della Corte di Giustizia relativa al principio di effettività, ossia l'articolo 83 del TFUE220. Il secondo paragrafo dell'articolo 83 TFUE stabilisce che allorché́ il

ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si riveli indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione possono essere stabilite tramite direttive221. Come è possibile notare ad una prima lettura della disposizione, essa non contiene il riferimento alla creazione di una parte generale del diritto penale mediante misure di armonizzazione tramite direttive, riferendosi, invece, solamente all'adozione di “norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni”. L'approccio adottato dal legislatore europeo, seppure funzionale all'efficace attuazione delle politiche europee, risulta pertanto minimale222. Tale impostazione è il risultato della concezione tradizionale in base alla quale la definizione della parte generale del diritto penale, rappresentando le fondamenta su cui ogni sistema di giustizia penale poggia223, è una prerogativa statale e non può essere oggetto di armonizzazione a livello europeo224.

D'altra parte, non può sottacersi che molti strumenti diretti ad armonizzare certi settori del diritto penale a livello europeo, inevitabilmente, influenzano e obbligano gli Stati membri a rimodulare in conformità al diritto europeo alcuni istituti della parte generale del diritto penale. Molte direttive contengono, infatti, disposizioni concernenti il tentativo di reato, il concorso nel reato di altri soggetti225 o la previsione di specifici requisiti soggettivi226. Queste

220Per un'analisi di tale disposizione, si rinvia al Capitolo Primo, Titolo Primo, Parte Prima.

221In tal senso si esprime l'articolo 83, par. del TFUE, il quale integralmente dispone: “Allorché il ravvicinamento

delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si rivela indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione possono essere stabilite tramite direttive. Tali direttive sono adottate secondo la stessa procedura legislativa ordinaria o speciale utilizzata per l'adozione delle misure di armonizzazione in questione, fatto salvo l'articolo 76”.

222Si legga, al riguardo, S. MELANDER, Effectiveness in EU Criminal Law and Its Effects on the General Part

of Criminal Law, cit., p. 290.

223Al riguardo, si veda A. KLIP, Towards a General Part of Criminal Law for the European Union, in A. KLIP (a

cura di), Substantive Criminal Law of The European Union, Maklu Publishers, 2012, p. 15 e seguenti.

224Cfr., ad esempio, A. KLIP, European Criminal Law, Intersentia, 2009, 166-168. Sulle interrelazioni con

l'articolo 4, par. 2 TUE, si legga, altresì, A. VON BOGDANDY, S. SCHILL, Overcoming Absolute Primacy:

Respect for the National Identity Under the Lisbon Treaty, in Common Market Law Review, 48, 2011, p. 1417.

225Tra i molti esempi in tal senso, si può citare l'articolo 3 della Direttiva 2011/36/EU sulla prevenzione e la lotta

contro il traffico di esseri umani e a protezione delle vittime, che sostituisce la Decisione Quadro del Consiglio 2002/629/JHA, in GU L 101, 15 aprile 2011, p. 1.

226Un esempio è costituito in tal senso dalla decisione quadro sulla lotta al terrorismo, in cui è prevista una forma

di dolo specifico in relazione alla commissione dei reati. (articolo 1 della decisione quadro del Consiglio 2002/475/JHA sulla lotta contro il terrorismo, in GU L 164, 22 giugno 2003, p. 3, in cui si legge: “[c]ommitted with the aim of: seriously intimidating a population, or unduly compelling a Government or international organisation to perform or abstain from performing any act, or seriously destabilising or destroying the

90 disposizioni, tuttavia, non hanno l'obiettivo di armonizzare i fondamenti della parte generale del diritto penale degli Stati membri, ma cercano solamente di regolare in modo uniforme la disciplina prevista a livello europeo per gli istituti disciplinati dalla direttiva. Tali atti europei di diritto derivato, in un certo senso, hanno creato una propria disciplina parziale di parte generale in relazione ai soli reati ivi disciplinati227.

Il processo di integrazione europea ha, pertanto, portato ad avvicinare la parte generale di diritto penale degli Stati membri, ma solo parzialmente e in alcuni specifici settori228.

Al fine di garantire l'efficace attuazione delle politiche dell'Unione, la Corte di Giustizia è, tuttavia, giunta in alcuni casi a fornire una definizione generale a livello europeo, applicabile, quindi, nel territorio di tutti gli Stati membri, di alcuni concetti di diritto penale di parte generale, quali quello di colpa, di responsabilità oggettiva o del tentativo. In particolare, la Corte ha definito il concetto di negligenza grave usato nella direttiva sull'inquinamento prodotto da navi nella sentenza Intertanko229, il concetto di presunzione dell'elemento soggettivo del reato e di responsabilità oggettiva nelle sentenze Spector Photo230, Urbán231 e

fundamental political, constitutional, economic or social structures of a country or an international organisation”). Per l'analisi della disciplina dell'elemento soggettivo del reato a livello di diritto penale europeo, si legga il Capitolo Secondo, Parte Prima, Titolo Primo.

227In tal senso, anche A. KLIP, European Criminal Law, Intersentia, 2009, p. 167.

228Come evidenziato da parte della dottrina, pertanto, il progetto di creare un diritto penale europeo sarebbe

incompleto se la parte generale del diritto penale non fosse armonizzata a livello europeo, dal momento che è quest'ultima che rappresenta l'identità di un sistema di giustizia penale. Si veda, sul tema, K. AMBOS, Is the

Development of a Common Substantive Criminal Law for Europe Possible? Some Preliminary Reflections, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 12, 2005, p. 175.

229Occorre sottolineare che in tale pronuncia la Corte ha fornito una nozione generale, idonea ad influire sul

concetto di negligenza grave, almeno a livello interpretativo della legislazione di diritto interno adottata in attuazione del diritto europeo, ma non ha fatto espresso riferimento all'esigenza di assicurare l'effettività del diritto dell'Unione in tale pronuncia. Corte di Giustizia, sentenza Intertanko, causa C-308/06, del 3 giugno 2008, in Racc. p. 4057 par. 69-80. Sono state svolte osservazioni critiche da V. MITSILEGAS, The Third Wave

of Third Pillar Law: Which Direction for EU Criminal Justice, in European Law Review, 34, 2009, p. 534.

230In tale pronuncia la Corte ha fatto esplicito riferimento all'esigenza di garantire l'effettiva attuazione della

direttiva al paragrafo 37, in cui si legge: “L’attuazione effettiva del divieto delle operazioni di mercato si basa

quindi su una struttura semplice nella quale i mezzi soggettivi di difesa sono limitati al fine non solo di sanzionare, ma anche di prevenire efficacemente le violazioni di tale divieto”. Corte di Giustizia, sentenza Spector Photo Group and Van Raemdonck, causa C-45/08, del 23 dicembre 2009, in Racc. p. I- 12073. In tale

sentenza la Corte di Giustizia ha ritenuto rispettosa della presunzione di innocenza, come sancita dall'art. 6, par. 2 della CEDU, la direttiva in materia di abuso di informazioni privilegiate 2003/6, che definisce le pratiche vietate senza alcuna indicazione esplicita circa la consapevolezza dell'operazione vietata, richiesta invece dalla precedente normativa europea di settore. Al riguardo la Corte ha stabilito che gli elementi costitutivi della fattispecie di abuso di informazioni privilegiate consentono di supporne l'intenzione, salvo il diritto di confutare la presunzione. La Corte ha negato il carattere intenzionale o negligente della condotta ai fini della responsabilità per le pratiche vietate; infatti, a suo avviso, per la sussistenza dell'illecito punitivo rimesso alla disciplina sanzionatoria degli Stati membri, risulterebbe sufficiente la constatazione della pratica delle operazioni di mercato descritte dal legislatore europeo sugli strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono, indipendentemente dalla consapevolezza del loro carattere privilegiato da parte dell'insider primario. Per una descrizione della fattispecie si legga G. PANEBIANCO, Il principio nulla poena sine culpa

al crocevia delle giurisdizioni europee, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, fasc. 3, 2014, p.

1326.

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Hansen232, nonché, infine, il concetto di tentativo nella sentenza Ebony Maritime233.

L'elemento comune in tutti queste pronunce che hanno portato, di fatto, ad armonizzare la nozione di tali concetti a livello nazionale era l'esigenza di garantire l'effettiva attuazione del diritto dell'Unione. La Corte ha sostenuto tale posizione in casi concernenti misure diverse; vi sono sentenze della Corte al riguardo sia in ambito di Mandato di Arresto Europeo, che in materia di principio di ne bis in idem, che con riguardo al principio di legalità o ad altri principi consacrati agli articoli da 47 a 50 della Carta.

Per quanto riguarda il principio di legalità, la Corte di Giustizia ha stabilito dei limiti piuttosto stringenti alla facoltà degli Stati membri di prevedere nuove fattispecie di reato, anche in casi in cui la necessità di adottare la legislazione penale fosse stata ritenuta necessaria per assicurare l'effettività del diritto dell'Unione. Nella sentenza Berlusconi234, per esempio, la Corte ha ritenuto prevalente il principio di applicazione retroattiva della legge più favorevole al reo rispetto al principio di assimilazione, che è stato comunque citato nella motivazione della sentenza235.

Il principio di proporzionalità è intervenuto altresì a limitare la predisposizione di sanzioni penali a livello nazionale, seppure non in via diretta, limitando il potere di rendere penalmente sanzionabili determinate condotte, in modo indiretto nel contesto della cooperazione giudiziaria, con particolare riferimento al Mandato di Arresto Europeo. La prospettiva di rifiutare l'esecuzione di un Mandato di Arresto europeo perché emesso in violazione del principio di proporzionalità̀ era stata avanzata dall'Avvocato Generale nelle proprie conclusioni nella causa Radu236. Il principio di proporzionalità̀ in questo caso potrebbe, quindi, svolgere il ruolo di limite indiretto ad un'eccessiva criminalizzazione.

Vi è stato chi ha sottolineato che il ruolo dei diritti fondamentali in ambito di cooperazione giudiziaria in materia penale è ancora troppo poco definito, mentre un approccio orientato in senso securitario e l'effettiva attuazione delle politiche europee sono molto sviluppati237. I casi

(raccolta generale), par. 64.

232Corte di Giustizia, sentenza Anklagemyndigheden c. Hansen and Søn I/S, causa C-326/88, del 10 luglio 1990,

in Racc. p. I-2930.

233Corte di Giustizia, sentenza Ebony Maritime, causa C-177/95, del 27 febbraio 1997, in Racc. p. I-1111, par. 25. 234Corte di Giustizia, sentenza Berlusconi, Adelchi, Dell’Utri e altri, procedimenti riuniti C-387/02, C-391/02, C-

403/02, del 3 maggio 2005, in Racc. p. I-3585.

235 Corte di Giustizia, sentenza Berlusconi, Adelchi, Dell’Utri e altri, procedimenti riuniti C-387/02, C-391/02, C-

403/02, del 3 maggio 2005, cit., par. 68, 69 e 65, in cui la Corte fa riferimento al principio di assimilazione.

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